Prospettive assistenziali, n. 25, gennaio-marzo
1974
NOTIZIE
CONVEGNO « GIOVANI » DELLA PRO CIVITATE CHRISTIANA
1973
Dal 27 al 31 dicembre ad Assisi ha avuto luogo il 28° convegno promosso dalla Pro Civitate Christiana. Ad esso hanno
partecipato oltre 600 giovani: studenti, operai, studiosi del settore: a pag.
53 di questo stesso numero abbiamo riportato la comune piattaforma di analisi,
risultato delle proposte dei gruppi di lavoro che così si erano ripartiti:
1) Assistenza e
unità locale dei servizi; relatori: Giorgio Battistacci
e Francesco Santanera.
2) Mito e realtà del ragazzo
deviante; relatore: Carlo Brutti.
3) Ruolo della psichiatria nella istituzione carceraria: Quale psichiatria? relatore: Luigi Cancrini.
4) Per una
politica educativa: tra presente e futuro; relatore: Celso Coppola.
5) Il ruolo dell'immaginazione nella problematica della devianza; relatore: Luigi De Paoli.
6) Droga e libertà; relatore: Emma Fantozzi.
7) Repressione e
comunità: esperienza di un giudice dei minori; relatore: Gianpaolo Meucci.
8) Emarginazione e comunità ecclesiale;
relatore: Giovanni Franzoni.
9) Carcere e comunità; relatore:
Giulio Salierno.
10) La piattaforma
rivendicativa delle rivolte carcerarie; relatori: Lello Rauty,
Piero Giacchè e Tullio Seppilli.
11) Esperienze alternative;
relatore: Gruppo Abele di Torino.
12) Esperienze alternative;
relatore: Gruppo affido terapeutico di Milano.
Per
mancanza di spazio pubblichiamo solo la relazione di alcuni
gruppi.
Gruppo I: Assistenza e
unità locale dei servizi
Il gruppo constata che le
caratteristiche del sistema assistenziale attuale
sono:
1) l'offerta di
una semplice e insufficiente prestazione economica erogata ai «poveri» in maniera
discrezionale e arbitraria;
2) il prevalere di
interventi di carattere chiuso e istituzionalizzante che culminano nelle
case di rieducazione e nelle carceri minorili;
3) la settorializzazione
e la frammentarietà degli interventi sulla base di
artificiose categorie di assistiti.
Si rileva che la logica di tale
sistema viene individuata (sulla base delle stesse
dichiarazioni degli organi responsabili) nella difesa e nel controllo sociale
nei confronti di situazioni individuali e collettive ritenute pericolose e
conflittuali rispetto all'ordine sociale esistente; si rileva altresì che
tale organizzazione assistenziale deriva direttamente da una logica
capitalistica fondata sul profitto e non sulla soddisfazione di esigenze
personali, familiari e sociali.
Il gruppo ritiene che il
ribaltamento della situazione attuale debba partire da un'azione rivolta ad
eliminare non solo gli effetti, ma soprattutto le
cause dei bisogni reali dei cittadini e quindi anche dei minori; ciò significa
una diversa linea politica che riguardi le forme strutturali relative alla
piena occupazione, alla scuola, all'assetto del territorio, alla casa,
all'assistenza sanitaria, alla giustizia, ecc., che determini un diverso
sviluppo del paese per realizzare un'effettiva uguaglianza di tutti i
cittadini.
In questa prospettiva l'assistenza è
soltanto un momento transitorio della vita del cittadino in difficoltà, che gli
consente di rimanere inserito nel vivo dei rapporti sociali.
Si rileva pertanto che l'intervento assistenziale, inteso soprattutto come prestazione di servizi,
deve essere rivolto a tutti i cittadini, senza discriminazione, e quindi legato
ad ambiti territoriali in cui tutti i servizi (sanitari, scolastici,
abitativi, sociali in genere) possono trovare la loro unificazione (unità
locale dei servizi).
Tale unificazione può realizzarsi
solo nell'ambito delle comunità locali e ciò non tanto per rispondere a una esigenza di efficienza, quanto soprattutto per rendere
possibile un'effettiva partecipazione e controllo da parte di tutti i cittadini.
Condizione necessaria per conseguire
tali obiettivi sono:
1) Il trasferimento integrale di tutte
le competenze assistenziali alle regioni.
2) La gestione
politico-amministrativa delle ULS da parte dei comuni o delle loro diverse articolazioni
nell'ambito della programmazione regionale.
Il gruppo rileva che tali finalità
non possono essere conseguite con un'azione individuale e isolata, ma con un
impegno concreto anche sul piano politico e sindacale; di qui la necessità di
un collegamento da parte di tutti gli interessati con le forze politiche e
sindacali che agiscono per una reale e generale alternativa
all'attuale sistema sociale.
Tale collegamento richiede anche
un'azione rivolta ad ottenere che tali forze assumano la lotta contro
l'emarginazione come momento qualificante della loro azione politica.
Gruppo XI: Esperienze
concrete
L'analisi fatta da gruppi che
operano tra ragazzi ospitati da Istituti di rieducazione e penali ha fatto emergere le seguenti constatazioni:
1) L'emarginazione nasce come
prodotto di una società capitalistica selettiva e di classe, preoccupata
unicamente del profitto e non del valore della persona. Di conseguenza è
necessaria una chiarezza di analisi politica e una
precisa scelta di classe.
2) Le istituzioni totali non
servono, anzi producono e potenziano il disadattamento e la delinquenza.
3) L'attuale disinteresse degli enti
locali e delle forze politiche competenti impediscono di creare un'alternativa al carcere e di impostare una nuova politica
dell'assistenza.
4) La preoccupazione della chiesa di
mantenere l'alleanza col potere avalla e potenzia la situazione attuale (per
esempio Istituti rieducativi retti da religiosi, figura del cappellano nelle
carceri) .
5) La cultura dominante che passa
attraverso la scuola e gli organi di informazione ecc.
continua ad emarginare il ragazzo anche al di fuori dei suddetti istituti.
Sono quindi emerse le seguenti istanze:
1) Rifiuto alla
costruzione di nuove carceri e di qualunque altra «istituzione totale».
2) Necessità di elevare
l'imputabilità del ragazzo al di sopra dei 18 anni.
3) Necessità di sensibilizzare
l'opinione pubblica e richiamare l'interesse degli organi locali competenti a
creare alternative al carcere e agli Istituti di
rieducazione sulla linea del decentramento e della gestione democratica di
base.
4) Necessità di creare una base di
convergenza e di raccordo tra quanti sono sensibili al problema. Tale
convergenza dovrebbe favorire lo sviluppo di una cultura alternativa non emarginante.
In linea pratica il gruppo propone
al convegno e alla Pro Civitate Christiana:
1) Collegamento costante attraverso qualche
organo di stampa già esistente che si occupi di questo problema particolare.
2) Opportunità di
creare un servizio di collegamento, di sostegno ed elaborazione culturale.
3) Opportunità di riprendere queste tematiche in incontri regionali affinché diventino più aderenti
alla realtà locale e alle scelte pratiche.
4) Eventuale appuntamento ad un
convegno nazionale.
Gruppo III: Ruolo della psichiatria nelle istituzioni
carcerarie. Quale psichiatria?
In relazione all'aspetto psichiatrico del recupero
del «deviato», si afferma, come premessa di fondo, che carcerati, agenti di
custodia ed emarginati in genere, sono in effetti tutti uniti dal comune
determinatore della depersonalizzazione.
ricordando:
1) Che attualmente
non è possibile, secondo la dichiarazione dei «diritti dell'uomo», riconoscere
in ogni uomo la propria dignità umana.
2) Che sulla base dell'art. 3 della
Costituzione, non é possibile riconoscere nel detenuto «l'uomo libero»,
soggetto e non oggetto di diritto.
3) Che, inoltre, l'art. 27 della
Costituzione «il carcere ha la funzione di rieducatore»,
lascia presupporre un'educazione precedente inesistente.
afferma
che è contradditorio
a) rieducare detenendo;
b) fare del
«processo educativo» un riadattamento ad una norma ricostituita.
Premette che gli obiettivi seguenti sono soltanto una fase intermedia per il raggiungimento di
una rivoluzione culturale e totale che porti alla rivalutazione effettiva
dell'uomo.
Denuncia l'urgenza che la linea
fondamentale dell'intervento sia quella di affidare
alle Regioni, alle Province, ai Comuni e Consorzi di competenza, fino alle
Unità Sanitarie Locali, le competenze sanitarie in tutte le situazioni.
Ciò comporterebbe:
Per il minore
a) a livello dell'osservazione e del trattamento
in esternato: confluenza di particolari servizi in quelli propri dell'Ente
Locale responsabile.
b) a livello del trattamento di intervento: tendenza all'abolizione progressiva delle
Case di Rieducazione e del Carcere Minorile come luogo in cui il minore conduce
tutta la sua esistenza (è essenziale, ad esempio, favorire la frequenza di
scuole esterne ed ogni altro tipo di possibili iniziative fuori).
Per l'adulto
a) Abolizione del Manicomio
Giudiziario e restituzione di questo tipo di Istituzioni
alla sua naturale situazione amministrativa (competenza delle Province e delle
Regioni). Appare essenziale che il personale non dipenda
dal Ministero di Grazia e Giustizia.
b) Riconoscimento del diritto alla cure di tipo psichiatrico e psicoterapeutico da parte
del detenuto che ne esprima il bisogno. Il servizio, gratuite, deve essere
assicurato dal personale dell'ente locale competente per il territorio; a
questo proposito si sottolinea l'esigenza che tale
intervento avvenga all'esterno delle strutture carcerarie.
In tutti e due
i casi.
a) Il personale in gran parte
precario, che attualmente fornisce servizi assistenziali
a favore dei detenuti e degli esterni, comunque in rapporto col Tribunale
Minorile o con le Istituzioni Carcerarie, deve essere passato nel ruolo degli
Enti locali che sono responsabili dell'assistenza in quel territorio. Tale
personale, il cui effettivo è estremamente «carente»
come numero, deve aver acquisito in precedenza una sicurezza e collaudata
preparazione professionale in ospedali non militari, nonché aver maturato
contemporaneamente una coscienza politica, affinché non ci sia soltanto un
intervento di tipo tecnico.
b) Gli enti locali devono
esercitare, attraverso gli organi competenti, un controllo sulle condizioni in
cui si svolge l'attività di tutti gli Istituti (carcere ecc.), non solo dal
punto di vista igienico sanitario, ma anche dal punto di vista politico
attraverso il collegamento dell'interno dell'istituzione con le strutture
sociali del territorio (consiglio di quartiere, consiglio
di zona).
Obiettivo a breve
termine: abolizione dell'attuale divieto per i «non addetti ai lavori»
di entrare nel carcere.
SERVIZIO CIVILE CONTRO L'EMARGINAZIONE
Gli obiettori di coscienza sono
individui che si rifiutano con motivazioni di ordine
filosofico, morale, religioso, politico, di compiere il servizio militare,
dichiarandosi «cittadini del mondo» rinnegandone quindi la suddivisione in
stati sovrani e il mito dei sacri confini, nella consapevolezza che è sacro
ciò che unisce ali uomini e non ciò che li divide. Gli obiettori sono persone
che per una interiore esigenza di fedeltà ad un più
alto principio sociale mettono in discussione un certo ordine stabilito,
sacrificando la loro libertà fisica, la loro reputazione sociale e la loro
stessa vita.
Fino ad oggi gli obiettori di
coscienza sono sempre andati in carcere, preferendo pagare con la galera il
loro rifiuto a servire gli interessi di una classe dominante che attraverso la
scuola, la fabbrica, le caserme inculca il mito della
patria e parla di ipotetici nemici, di interessi superiori, ecc... evitando
però di parlare di sfruttamento, emarginazione, e di un mondo che, come giustamente
Don Milani diceva, non si divide in patrie, ma in
sfruttati e sfruttatori.
Dopo la prima obiezione politica in
Italia (Pietro Pinna, 1948), hanno influito sul
fenomeno obiezione le battaglie politiche che i movimenti democratici hanno
condotto dal dopoguerra ad oggi.
Le lotte nelle fabbriche, nelle
scuole, nei quartieri, portate avanti dal movimento sindacale e dal movimento studentesco, hanno prodotto quella coscienza di
classe che dal '68 ad oggi ha permesso ai lavoratori ed alle classi sfruttate
di riconoscersi uniti nella lotta al fascismo di stato per la conquista dei
propri diritti e della propria libertà. Questo processo di sensibilizzazione e
di maturazione ha investito naturalmente anche i giovani che sempre più
numerosi si sono dichiarati obiettori riconoscendo nella obiezione
politica l'espressione più radicale e completa di opposizione al sistema.
Con il passaggio della legge
15-12-1972, n. 772 sulla obiezione di coscienza, si è
aperta una nuova prospettiva di lavoro per i giovani che si rifiutano di
servire la società attraverso una struttura autoritaria e violenta come
l'esercito, che costa attualmente ai lavoratori oltre 2500 miliardi l'arino,
pari a sette miliardi al giorno.
Il testo della legge citata all'art.
6 prevede che: «i giovani ammessi ai benefici della presente legge devono
prestare servizio militare non armato, o servizio civile sostitutivo, per un
tempo superiore di otto mesi alla durata del servizio
di leva cui sarebbero tenuti. Il governo della Repubblica
è autorizzato ad emanare le norme regolamentari relative all'attuazione della
presente legge. Qualora l'interessato opti per il
servizio sostitutivo civile, il ministro della difesa, nell'attesa
dell'istituzione del servizio civile nazionale, distacca gli ammessi presso
enti, organizzazioni, o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione
civile e di tutela e incremento del patrimonio forestale, previa stipulazione,
ove occorra, di speciali convenzioni con gli enti, organizzazioni o corpi presso
i quali avviene il distacco».
Nella
situazione attuale in cui non esiste un corpo di servizio civile nazionale, e
non si prevede che esso venga attuato entro breve
termine, gli obiettori dovrebbero essere distaccati presso enti ed associazioni
che ne facciano esplicita richiesta.
Tale richiesta è a tutt'oggi
avanzata tra l'altro dalla Regione Toscana e da varie associazioni che
intendono impiegare gli obiettori come educatori (doposcuola), accompagnatori
per emarginati (ciechi o inabili a muoversi) e per l'assistenza all'infanzia.
Gli obiettori da parte loro hanno
avanzato esplicita richiesta di essere distaccati presso determinati enti in
cui si possa svolgere un reale servizio alla società
in difesa dei veri interessi del popolo impiegando in modo radicalmente
diverso i mesi di «naja», rifiutando la divisa, ma
optando per un servizio civile alternativo per maturare attraverso questa
esperienza, una maggiore coscienza politico-sociale attraverso l'intervento
concreto nelle situazioni di sfruttamento e di emarginazione sociale; fornire
un vero servizio alla collettività e non ai padroni; costruire dal basso
alternative alla gestione autoritaria del potere delle classi dominanti.
Poiché a questa richiesta il
ministro della difesa, on.le Tanassi, si è finora
rifiutato di rispondere, o ha risposto invitando gli obiettori di coscienza a
diventare pompieri (!!), alcuni obiettori hanno già iniziato concretamente a
svolgere in modo volontario un servizio civile. Esistono esempi a Brescia, Pomaretto, Torino, Igea Marina, Capodarco.
Occorre
che un forte movimento di opinione pubblica prema
affinché gli obiettori vengano sollecitamente ed espressamente distaccati
presso enti che intendono utilizzarli nella lotta contro l'emarginazione
sociale.
In difesa degli obiettori è sorta
Le
richieste vanno indirizzate al ministro della difesa e redatte in carta da bollo, una copia della stessa è opportuno inviarla
alla L.O.C. affinché tale possibilità di servizio venga pubblicizzato fra gli
obiettori.
Informazioni più precise si possono
avere alla sede centrale della L.O.C. a Roma, Via Torre Argentina 18 e per
l'area piemontese dalla sede L.O.C. di Via Venaria 85/8, 10148 Torino.
BEPPE MARASSO
TRAM GRATIS AI PENSIONATI DI TORINO
Più
volte abbiamo scritto su Prospettive assistenziali che la linea da perseguire
è il superamento dell'assistenza, mediante riforme non emarginanti nei settori
della tutela della salute, della casa, della scuola, dei trasporti, ecc.
Per
quanto concerne quest'ultimo settore, segnaliamo l'azione svolta a Torino
dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e riportiamo uno stralcio
dell'articolo di Gianni Alasia pubblicato su Rassegna
sindacale, n. 272-273, 29 settembre 1973, pag. 28 e segg.
«L'impegno delle organizzazioni
torinesi della CGIL - CISL - UIL in tema di trasporti si era già espresso a suo
tempo sulla piattaforma formulata unitariamente dai sindacati. Tuttavia soltanto adesso, a due anni dalla sua
presentazione, si è entrati in una fase che presenta alcuni punti, sia pure
parziali, di grande interesse.
La rivendicazione della gratuità per
lavoratori, studenti, pensionati è stata vista non solo per affrontare i costi
finanziari, ma anche per il valore che essa ha al
fine di introdurre, nel complessivo sistema di trasporto, fattori di novità
tesi ad affermare la priorità del mezzo collettivo, la limitazione della
vischiosità conseguente alla abnorme motorizzazione individuale ed una gestione
ispirata a criteri pubblici, e non più fondata sul concetto aziendalistico dei "costi e ricavi".
In questi ultimi due anni la lotta
dei lavoratori ha conseguito intanto il blocco delle tariffe su ATM e SATTI
(due importanti servizi pubblici) quando già fin dall'estate del 1971, dopo una
tambureggiante campagna sul crescente del deficit pubblico, il Sindaco di
Torino allora in carica, ribadendo la tradizionale
politica secondo la quale il riequilibrio del disavanzo doveva essere a carico
della collettività, intendeva praticare forti aumenti tariffari. Le lotte dei
lavoratori, gli scioperi generali sviluppati a Torino e in Piemonte sulle
rivendicazioni sociali, nelle quali hanno un preciso posto quelle dei
trasporti, hanno determinato condizioni politiche, anche interne alla giunta
comunale, che portarono a battere questa posizione. Ma,
pur subendo il blocco tariffario, il Sindaco aveva nettamente respinto la
rivendicazione della CGIL - CISL - UIL, avanzata dopo gli scioperi di fine '72
e inizia '73, per "primi provvedimenti di parziale gratuità per andare
alla gratuità totale".
Nel luglio del 1973, dopo lotte
generali e movimenti articolati di varia natura, il nuovo Sindaco
riconsiderava il problema, ed in Consiglio è stata
assunta la delibera per un primo parziale provvedimento di gratuità sulla rete
ATM per i pensionati. Le organizzazioni sindacali hanno colto il significato positivo di questo atto tenendo conto che interesserà una
vastissima area di pensionati. Nel contempo ne hanno però
criticato i limiti: pensione non superiore alle lire 45.000 per poter fruire
della gratuità; limitazione a due linee a scelta dell'interessato e limite nei
giorni feriali ad una fascia oraria che esclude le ore di punta e serali.
Il provvedimento si presenta come
"sperimentale". In questo senso le organizzazioni sindacali hanno
rivendicato che esso non si configuri con un carattere
assistenziale, ma come un primo provvedimento per andare all'estensione e generalizzazione
della gratuità. Nell'immediato la richiesta è di elevare il limite a 100 mila
lire mensili di pensione, anche tenendo conto di realizzazioni già in atto in
altre province e di estendere il provvedimento sulle altre aziende di trasporto
ad incominciare da quelle pubbliche quali
ORDINE DEL GIORNO SULL'ASSISTENZA PSICHIATRICA
I partecipanti al Convegno Nazionale
dell'Unione delle Province d'Italia riunitisi a
Trieste nei giorni 14 e 15 gennaio 1974 sul tema «La realtà manicomiale ed i
servizi di salute mentale nella prospettiva della
Riforma Sanitaria»;
richiamando
la preoccupante situazione esistente
nel settore dell'assistenza psichiatrica, sorretta ancora da una legislazione
arcaica che condanna giuridicamente il malato di mente e trova nella struttura
manicomiale o in misure custodialistiche, l'aspetto prevalente di intervento, che
il sistema manicomiale - così come altre istituzioni - aggrava anziché
attenuare le malattie mentali, portando di fatto all'emarginazione ed
all'esclusione sociale dei cittadini colpiti;
riaffermano
che la tutela del benessere sociale
psico-fisico delle popolazioni deve considerarsi l'obiettivo primario di un
sistema di sicurezza sociale, possibile a realizzarsi solo attraverso concrete
ed urgenti misure di riforma sanitaria, articolata sull'unitarietà e globalità
dell'intervento (preventivo, curativo, riabilitativo), e sulla democraticità
delle strutture imperniate sul sistema regionale e delle autonomie locali;
atteso
che provvedimenti reali di riforma
sanitaria costituiscono la condizione fondamentale per avviare a soluzione i
problemi dell'assistenza psichiatrica, tale da garantire la tutela della
salute mentale mediante l'eliminazione delle condizioni di segregazione e la
reintegrazione sociale attraverso servizi decentrati e flessibili nel
territorio, diretti dagli enti locali ed inseriti in un complesso organico di
interventi indirizzati a rimuovere le cause sociali delle malattie mentali, i
partecipanti al Convegno;
approvano
l'iniziativa dell'UPI e la relazione
del Presidente Zanetti;
richiamano
le elaborazioni emerse dai convegni
dell'UPI e delle Province svoltisi a Venezia, Reggio Emilia
ed Arezzo e
si
impegnano
nel contempo, ad una verifica ed a un
adeguamento delle elaborazioni richiamate alle singole realtà locali,
regionali e ai processi di maturazione che sul piano politico, culturale e
scientifico, si potranno verificare nel nostro Paese;
si
impegnano
pertanto, a sviluppare iniziative tendenti
al raggiungimento di questi obiettivi nel settore dell'assistenza psichiatrica:
- progressivo
superamento delle attuali strutture manicomiali di qualsiasi ordine e tipo;
- creazione e
potenziamento dei servizi nel territorio in direzione preventiva e di filtro
nei confronti delle strutture manicomiali, ma anche in funzione riabilitativa e di
reinserimento sociale degli attuali degenti in OP;
- graduale integrazione dei servizi
psichiatrici con gli altri servizi sociali che
operano nel territorio, realizzabili con i Consorzi tra gli Enti locali,
promuovendo interventi ed anticipando la creazione delle unità locali.
- considerato che il malato di mente
ha diritto e dignità così come ogni altro ammalato, I'UPI
chiede, come previsto dalla legge, I'assoluta
competenza economica dell'assistenza medica di ricovero ed extraospedaliera da
parte degli istituti mutuo-assicurativi in attesa
della riforma sanitaria nazionale.
I partecipanti al Convegno, per
l'attuazione delle proposte fatte,
invitano
i Consigli Provinciali a dibattere
con urgenza questi problemi per elaborare proposte concrete aderenti alla nuova
tematica sviluppatasi in questi anni.
L'UPI chiede di essere sentita dal
Governo e dalle Commissioni competenti per approfondire e prendere in esame la
riforma sanitaria da attuare in tempi brevi, riforma che tenga
conto della potestà legislativa e amministrativa delle Regioni in materia
sanitaria.
www.fondazionepromozionesociale.it