Prospettive assistenziali, n. 25, gennaio-marzo 1974

 

 

ATTUALITÀ

 

REFERENDUM E «DIVORZI» ASSISTENZIALI

 

 

È stato chiesto alla nostra redazione di espri­mersi sul referendum abrogativo del divorzio. Essendo la nostra rivista l'organo dell'Associa­zione famiglie adottive e affidatarie, del Centro italiano per l'adozione internazionale, dell'Unio­ne italiana per la promozione dei diritti del mi­nore e per la lotta contro l'emarginazione sociale non riteniamo dar spazio ad una tribuna politica, pur essendo perfettamente consci che nell'im­pegnarci nella ricerca di prospettive alternative d'assistenza abbiamo scelto un'azione politica. Essendo inoltre la nostra redazione composta di cattolici e laici, pensiamo che quello del divor­zio sì e del divorzio no, sia una scelta consa­pevole e libera che deve però rispettare le diverse concezioni della vita di ognuno. Ma pro­prio perché il nostro impegno è volto ad una convivenza sociale nell'accettazione della diffe­renza, la nostra scelta civile si dissocia da quanti utilizzino il referendum come colpo di coda del conservatorismo intransigente così da trovarsi volenti o nolenti al fianco della destra nazio­nale. Quella destra nazionale che ci siamo sem­pre trovata contro in tutte le nostre lotte e che è stata la causa di tutti i «divorzi assistenziali» che abbiamo combattuto.

Chi ha infatti «divorziato» gli immigrati delle città industriali del Nord? Chi ha diviso le loro famiglie? Uomini al nord, vedove bianche al sud a mille chilometri, bambini in istituto?

E quali sono i rapporti di questi minori isti­tuzionalizzati, con le loro famiglie e con l'am­biente di origine, se da un'indagine, condotta nel 1972, dal tribunale per i minorenni di Bologna in un istituto nella provincia di Modena è risultato che su 249 fanciulli ricoverati, solo 15 erano della regione: 32 provenivano dal Piemonte, 76 dalla Lombardia, 31 dalla Liguria, 10 dalla Toscana, 13 dagli Abruzzi, 11 dalle Puglie, 15 dal­la Basilicata, 8 dalla Calabria, 19 dalla Sardegna e gli altri da altre regioni?

Quali complicità ci sono state negli anni del dopoguerra nella compravendita di bambini av­venuta nella parte meridionale del nostro paese? (cfr. «Compriamo bambini», Sugar Editore, 1963). Quali interessi ci sono sotto questi « di­vorzi » di minori se ancora oggi vi è la prova di una vera e propria incetta di fanciulli compiuta nelle zone più povere e sottosviluppate del pae­se? (cfr. «Il paese dei Celestini», Einaudi, 1973). Non è il Ministero dell'interno, ad istanza della Pontificia Opera di Assistenza, che ha autoriz­zato l'espatrio di minori per adozioni che trae­vano origine da domande avanzate da coniugi stranieri e non dalla necessità dei bambini ita­liani? (cfr. «Prospettive assistenziali», n. 7. Let­tera inviata al Ministero dell'interno, ai questori di Roma, Milano, Como, Pavia, Sondrio, Varese dal presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, per richiamarli alla norma dell'art. 314/5 della legge n. 431 del 1967 e per punire quei funzionari che si fossero resi rei in base all'art. 347 C.P.).

Sono proprio quelle forze collegate con una linea di intransigentismo ottocentesco (On. Lu­cifredi della destra D.C. e gruppo parlamentare M.S.I.) che ci hanno ostacolato nella legge dell'adozione speciale, la quale ha lo scopo esclusi­vo di dare una famiglia al bimbo che ne è privo, per cui l'adottato assume lo stato di figlio legit­timo e stabilisce rapporti di parentela con la famiglia, sostenendo invece una semplice modi­fica dell'adozione tradizionale, istituto che ha solo lo scopo di trasmettere cognome e patri­monio, senza modificare lo status originario dell'adottato.

Le stesse forze che ora si fanno paladine della famiglia, hanno permesso violazioni ed arbitri a danno di minori, per cui molti istituti hanno fun­zionato senza l'autorizzazione prevista dalla leg­ge, altri si son sottratti all'obbligo di trasmet­tere al giudice tutelare gli elenchi trimestrali dei ricoverati sì da consentire di accertare quali si trovino in stato di abbandono, altri, molto peggio, hanno potuto consumare reati anche gravi a danno di minori, senza che intervenisse con­trollo alcuno (vedi Grottaferrata e cfr. «Prospet­tive assistenziali», n. 17).

Quegli stessi che oggi non tollerano che ci sia prima di tutto una dignità dell'uomo da ri­spettare, non possono che essere quelli che già sono entrati nella logica dell'esclusione discri­minando i «diversi». Sono gli stessi che espel­lono coloro che hanno sbagliato, i ragazzi «dif­ficili», gli handicappati, gli anziani, i «pazzi», i bimbi «illegittimi», riconoscendo loro al mas­simo il mantenimento per placare le false co­scienze, ma privandoli materialmente o sotto il peso di pregiudizi sociali, delle esperienze più naturali, estraniandoli dalla vita dei propri si­mili, «divorziandoli» dalla propria famiglia.

 

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