Prospettive assistenziali, n. 26, aprile-giugno
1974
ATTUALITÀ
FORZE POLITICHE,
SINDACALI E SOCIALI TORINESI CONTRO L'EMARGINAZIONE DEGLI ANZIANI
Lo
scopo principale dell'Unione italiana per la promozione dei
diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale è quello di
ottenere che partiti, sindacati e forze sociali si assumano i problemi
dell'emarginazione.
Segnaliamo
pertanto come particolarmente importante il convegno tenutosi a Torino il 6-5-1974 «Mezzo milione di pensionati e di
anziani torinesi non vogliono essere esclusi dalla famiglia e dalla
società», organizzato da PCI, PSI e ACLI.
La
manifestazione, alla quale hanno partecipato oltre 1000 persone, in stragrande
maggioranza pensionati, è stata preceduta da una quarantina di
assemblee di base di anziani. Al convegno hanno aderito, oltre all'Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per
la lotta contro l'emarginazione sociale e il Coordinamento dei comitati di
quartiere di Torino, le seguenti organizzazioni provinciali: CGIL, Camera
confederale del lavoro; Sindacato pensionati CGIL; UIL - Camera sindacale;
Sindacato pensionati UIL; Lega per le autonomie ed i poteri locali; Unione
donne italiane e Associazione per la lotta contro le
malattie mentali.
Pubblichiamo
la relazione introduttiva, concordata fra gli enti organizzatori e aderenti,
che è stata tenuta da Pinuccia Bertone,
vice presidente delle ACLI torinesi.
Il
convegno si è concluso con l'approvazione della
piattaforma rivendicativa proposta dalla relazione introduttiva e la
definizione di iniziative operative per il conseguimento di obiettivi generali
e specifici.
RELAZIONE INTRODUTTIVA
Questo convegno si riallaccia
idealmente alla riflessione iniziata dalle organizzazioni dei lavoratori e dai partiti della sinistra a Torino nel
novembre 1970 con il convegno su «L'emarginazione», proseguita poi con il convegno
sulla scuola e quello «Dall'assistenza emarginante ai servizi sociali aperti a
tutti», del 1971, dei quali continua il discorso e dai quali, e dalle concrete
esperienze di lavoro e di lotta che li hanno seguiti, trae conoscenza dei
problemi e seria capacità di proposta.
Potrebbe apparire ad alcuni un
momento mal scelto questo per un convegno del genere, un momento in cui molti e
gravi problemi travagliano il nostro paese ed
occupano sindacati e partiti, dalla situazione economica tuttora molto
difficile alla questione del referendum che nasconde oscure, ma non molto,
manovre involutive.
Direi, e non vi paia
un paradosso, che proprio per questi motivi, abbiamo voluto fare ora questo
convegno.
Ci è parso importante riaffermare che non siamo disposti ad accettare che i
costi di uno sviluppo economico sbagliato e delle crisi di assestamento
di un sistema sociale che non è il nostro, non è quello che noi vogliamo, siano
fatti pagare ai più deboli, a coloro che hanno i redditi più bassi ed in più,
come nel vostro caso, hanno limitato potere contrattuale e scarsa possibilità
di difesa.
D'altro lato, proprio in un momento
in cui si spendono 40 miliardi almeno per un referendum che ha chiaramente (e questo
è dimostrato tra le altre cose, dalla protervia con cui
Abbiamo affrontato proprio questo
tema perché, come ho già detto, è il naturale
proseguimento di un lavoro già iniziato e perché è in realtà oggi uno dei
problemi più importanti e gravi e che richiede immediate iniziative e soluzioni.
Le persone che hanno superato i 60 anni sono in Italia circa 9 milioni, il 16% della
popolazione (che si avvia a diventare presto il 20% per l'aumento dell'età
media); larga parte di queste persone vive con pensioni minime o di poco superiori
al minimo (nel 1972 le pensioni minime erano il 64,1% delle pensioni
complessivamente pagate, l'11,2 per cento erano inferiori ai minimi, solo il
3,6% superava le L. 80.000).
Sono dati che si commentano da sé e
che bastano ad evocare stenti, difficoltà, umiliazioni in un periodo della
vita in cui, più che in altri, si ha bisogno di serenità e benessere.
Questa situazione, già in sé grave e
difficile acquista maggior rilievo nel momento politicoeconomico attuale. Il
pauroso rincaro del costo della vita (6% negli ultimi 3 mesi, solo in marzo
3,2%), la speculazione sui generi di prima necessità, l'inflazione, hanno drasticamente ridotto la capacità di acquisto dei
redditi minori.
In più le misure economiche prese dal governo in questi giorni: restrizione del
credito, blocco delle importazioni, ecc. colpiscono soprattutto i consumi
alimentari (anche a causa della grave crisi in cui versa l'agricoltura) e provocano
presumibilmente un ulteriore aumento del costo della vita pari al 2% che si
aggiunge a quelli già altissimi dei mesi scorsi.
Pensioni e salari già taglieggiati,
perdono ulteriormente la loro capacità di acquisto,
anche perché i meccanismi di adeguamento al costo della vita sono
insufficienti e lenti a scattare. Ed è pur doveroso dire
che, a nostro parere, che è anche il parere delle confederazioni sindacali così
come lo hanno espresso al governo nell'incontro del 3 maggio, queste misure,
che pesano così gravemente sugli strati più poveri della popolazione, sono
inadeguate ed inadatte a risolvere i problemi economici del paese.
In crisi oggi sono i modi stessi
dello sviluppo capitalistico, è l'organizzazione della società fondata sul
profitto, che ha al centro, come motore, la crescita incontrollata dei beni di
consumo individuale, e vive in una pura logica produttivistica
che, di per ciò stesso, non considera ed emargina chi non produce e non consuma
(anziani, ammalati, bambini handicappati, diversi).
Oggi questo sistema mostra la corda
ed i padroni tentano di uscire dalla stretta facendone pagare a noi il prezzo.
Ma a questa
strategia i sindacati, i partiti della sinistra, le organizzazioni del
movimento operaio, ne contrappongono un'altra: ampliare il mercato interno,
aumentare le pensioni, lottare contro la disoccupazione, intervenire al sud,
fare una politica volta ad ampliare gli investimenti pubblici ed i consumi
sociali: scuole, ospedali, asili, servizi sociali che, se da un lato rispondono
ai bisogni reali della comunità, dall'altro producono occupazione, e fanno da
volano alla ripresa economica.
Sono cioè
anche «paganti» dal punto di vista economico.
È un modello di sviluppo nuovo
quello che proponiamo, che ha al centro l'uomo e le
sue esigenze ed attorno a queste articola l'economia.
Non vi sembrino queste cose uno
scantonamento dai problemi che oggi dobbiamo discutere,
non lo sono. Non possiamo affrontare i problemi dell'anziano isolandoli dal contesto sociale, né vogliamo guardare all'anziano come ad
un cittadino solo da proteggere, curare ed assistere, perché già estraneo ai
problemi della società, anzi è proprio questa logica che deve essere battuta a
tutti i livelli perché è da essa che parte l'emarginazione.
Siamo convinti che i vostri problemi
si risolvono con i problemi di tutti, ma anche che i
problemi di tutti si risolvono con il vostro apporto ed impegno.
È chiaro d'altra parte che la
condizione degli anziani è una delle conseguenze dei mali che stanno alla base
della nostra società: pensiamo solo che cosa significa per tutti, ma in particolare
per gli anziani, l'abbandono delle campagne,
l'emigrazione, la vita nelle grandi città del nord, ostili ed estranee, il tipo
di famiglia parcellizzata e dispersa che la società industriale impone, la
speculazione edilizia e le carenze dell'edilizia popolare che relegano
l'anziano in case malsane con, per unica alternativa, il ricovero.
Ne discende quindi che parlare di
nuova collocazione dell'anziano nella società
significa affrontare i grandi temi della riforma sanitaria ed assistenziale,
della casa, della organizzazione della città e dello sviluppo urbanistico ed i
nodi dello sviluppo economico.
Questo non significa che non si possa, anzi non si debba, partire, tenendo conto del quadro
generale, dai problemi specifici degli anziani, anzi ogni problema specifico affrontato
concorre al miglioramento generale delle condizioni di vita.
Appare evidente che il primo e più
immediato problema da affrontare è quello delle pensioni. Nel nostro paese vi
sono circa 12 milioni di pensionati. In Piemonte essi sono 1.160.000; in
provincia di Torino ve ne sono circa mezzo milione, solo dell'INPS. Se si tiene poi conto dei pensionati statali e degli
inabili, il loro numero diventa veramente imponente.
Come vivono
queste persone possiamo immaginarlo da queste poche cifre: nella provincia di
Torino, che non è certamente una di quelle a più basso reddito, i pensionati
INPS che usufruiscono del minimo previsto per i lavoratori dipendenti sono il
55,6% del totale; globalmente il 90% delle pensioni erogate ai lavoratori dipendenti
è inferiore alle L. 70.000 mensili.
Fra i pensionati coltivatori
diretti, artigiani e commercianti, solo l'11% supera
il minimo per loro previsto che, peraltro, è già inferiore a quello stabilito
per gli altri lavoratori. A tutti questi che già vivono in condizioni molto
difficili, dobbiamo aggiungere coloro che percepiscono
solo la pensione sociale o le pensioni degli invalidi civili, sordomuti, ecc.
L'evidente inadeguatezza delle
pensioni è stata recentemente aggravata dalla cosiddetta riforma fiscale che si
è preoccupata di decurtarla ulteriormente, colpendo anche le pensioni di poco
superiori alle L. 80.000.
In questi anni la mobilitazione dei
pensionati e dei lavoratori con le loro organizzazioni ha
conseguito alcune significative conquiste: l'avvio della riforma dell'INPS,
l'agganciamento della pensione alla retribuzione precedentemente percepita;
l'introduzione della scala mobile, la rivalutazione delle vecchie pensioni,
l'aumento dei minimi.
È chiaro però che queste sono
conquiste parziali perché, da un lato, i miglioramenti economici sono stati
rimangiati dall'aumento del costo della vita e troppe pensioni non consentono
un livello dignitoso di vita e, dall'altro, la riforma del sistema
previdenziale ha avuto una battuta d'arresto con le note vicende parlamentari
dell'ultima proposta di legge.
In queste condizioni è
indispensabile il rilancio di una mobilitazione che veda
impegnati in prima persona i pensionati stessi, a fianco di tutti i lavoratori.
Il convegno di oggi vuol avere proprio questo scopo e
le organizzazioni che qui sono rappresentate, pur nella loro autonomia, si
impegnano a promuovere e portare avanti tutte le possibili iniziative in tal
senso.
Le organizzazioni sindacali, nel già
citato incontro del 3 maggio, hanno ribadito la richiesta
di detassare i bassi redditi, di rapportare i minimi
ad almeno 1/3 del livello delle retribuzioni dell'industria dal 1975 e di
portarli progressivamente al raggiungimento del minimo vitale, di collegare
tutte le pensioni alla dinamica salariale dell'industria.
Ciò in concreto significa che
l'aumento delle pensioni non è più legato solo all'aumento del costo della vita
che, oltretutto, con il sistema attuale scatta soltanto una volta all'anno, ma a mano a mano che i lavoratori ottengono
miglioramenti salariali si ha un automatico adeguamento.
Se questo agganciamento
fosse già in atto, l'aumento delle pensioni per il 1973 anziché del 4,8%
sarebbe stato del 12,8% e nel 1974 anziché del 9,8% sarebbe stato del 14,3%.
Questo obiettivo è certamente di
notevole portata anche perché compone in un unico schieramento lavoratori
attivi ed ex lavoratori rafforzando così l'unità del movimento.
Oltre a queste richieste che hanno
già preso corpo in una precisa rivendicazione e che dobbiamo sostenere con la
nostra mobilitazione, ve ne sono altre sulle quali anche occorre sviluppare il
massimo d'impegno per consentirne la progressiva realizzazione.
Sono anzitutto l'unificazione del
minimo delle pensioni e dell'età pensionabile fra lavoratori autonomi e
lavoratori dipendenti (portandola per tutti a 55 e 60 anni), l'aumento delle
pensioni sociali, il completamento della riforma previdenziale in particolare
per ciò che riguarda la riscossione unificata e la creazione delle condizioni
perché la gestione dell'INPS diventi realmente democratica.
Alle richieste per ottenere un
livello di pensione dignitoso dobbiamo affiancare la
battaglia per far sì che siano garantiti alcuni servizi fondamentali: casa,
assistenza sanitaria e sociale, ecc.
Più servizi significa
anche meno costi. Ad esempio, se l'anziano potrà finalmente accedere
agli alloggi dell'edilizia sovvenzionata dallo stato, dovrà pagare meno di
affitto e quindi avere maggiore disponibilità per soddisfare gli altri bisogni.
In questo campo però vi è una estrema arretratezza
dovuta alla scarsa sensibilità su questi temi. Da anni si discute su leggi di
riforma che non trovano una via di attuazione: in
particolare la riforma sanitaria e dell'assistenza che sono i cardini su cui
dovrebbe poggiare il nuovo modo, più articolato e funzionale e insieme più democratico,
di fornire i servizi sociali e sanitari ai cittadini.
Gli stessi provvedimenti per
l'edilizia popolare hanno dato risultati molto
limitati e non hanno risposto alle esigenze degli anziani.
Molte delle resistenze che vi sono
rispetto alla realizzazione di queste riforme sono
legate da un lato ad un modo tradizionale, superato di intendere l'assistenza
come beneficenza, o peggio alla pratica di espellere dalla società chi non
rientra nella sua logica produttivistica e, dall'altro, a precisi interessi
clientelari.
Infatti le istituzioni in cui oggi si
realizza l'assistenza sono spesso rilevanti centri di potere economico e
politico. Solo per l'assistenza si spendono in Italia per 40.000 Enti più di
1.500 miliardi all'anno che vanno in buona parte ad
istituti privati.
Nonostante queste difficoltà, il
movimento su questi obiettivi è cresciuto, e malgrado la limitatezza
delle competenze trasferite dallo stato alle regioni, alcune di esse hanno
realizzato significativi interventi legislativi e, con comuni e province,
hanno dato l'avvio alle riforme gestendo in modo nuovo i servizi.
Anche nella nostra
regione numerose sono state le iniziative di lotta per trasformare o
almeno migliorare l'assistenza agli anziani erogata dai ricoveri
(particolarmente significative quelle condotte a Torino nell'Istituto di corso
Unione Sovietica e a Novara) e per ottenere forme di assistenza alternativa
condotte dai sindacati e dai diversi comitati di quartiere di Torino.
Alcune prime realizzazioni,
anche se parziali si sono avute:
- trasporto gratuito a Torino per
gli anziani che non superano le L. 45.000 di pensione
(a tutt'oggi
hanno ottenuto il beneficio circa 16.000 persone). Vi è inoltre un impegno
formale preso dalla Torino-Rivoli con i sindacati non solo
di estendere a questa linea il trasporto gratuito, ma di elevare l'importo
massimo della pensione ed abolire la fascia oraria;
- il comune di Torino e alcuni
comuni della provincia svolgono assistenza domiciliare sia pure in forma ancora
limitata, sia quantitativamente che qualitativamente
(vi è solo l'assistenza per i lavori domestici) ;
- numerosi comuni, in particolare
quelli della cintura, da tempo inviano centinaia di anziani
al mare per un periodo di vacanze.
Continua a svilupparsi, sia pure tra
molti ostacoli, l'iniziativa della provincia di Torino tendente
a creare un nuovo servizio psichiatrico che punta soprattutto a prevenire i
ricoveri mediante équipes che operano nel territorio.
Un'indagine ufficiale ha accertato
che gran parte dei ricoverati nell'Ospedale psichiatrico sono
anziani che potrebbero essere immediatamente dimessi. Ma non per essere
rinchiusi in gerontocomi come da qualche parte si vorrebbe e come si è fatto in
alcuni casi, ma per tornare al loro ambiente di origine
adeguatamente assistiti secondo i nuovi criteri, ovviamente con le cautele e
le protezioni che i singoli casi richiedono.
Nella maggior parte dei casi gli
anziani non ricevono alcuna assistenza e il mezzo più
frequente per rispondere ai loro bisogni è ancora il ricovero.
Infatti in Piemonte numerosi ricoveri sono
in via di realizzazione con il contributo della Regione in contrasto con le
affermazioni verbali e scritte dell'assessore all'assistenza, ma in linea con
il programma presentato dal presidente della giunta regionale, Calleri nel 1972,
Assistiamo poi a tentativi che
cercano di contrastare i sia pur timidi cenni di
riforma, imponendo forme di assistenza agli anziani antiquate o provvedimenti
parziali a scopo propagandistico.
Particolare rilievo ha acquistato in
questo senso l'iniziativa del presidente dell'istituto di riposo di corso Unione Sovietica, che ha in corso una trattativa
per cedere l'attuale edificio, adibito a ricovero, all'università, e che vuole
ristrutturare l'istituto con l'impiego di 20-25 miliardi ottenuti tramite un
mutuo, dando vita a un ospedale geriatrico di 250
posti, 3 gerontocomi di 250 posti e 11 case albergo di circa 100 posti.
È indubbiamente una grossa occasione
per predisporre servizi per gli anziani; tuttavia le soluzioni prospettate,
anche se razionalizzano l'attuale sistema assistenziale,
rimangono nell'ambito della tradizione emarginante. Sarebbe invece sufficiente
una diversa volontà politica per utilizzare i miliardi
disponibili in modo da istituire servizi aperti, alloggi per anziani, piccole
comunità di quartiere, ecc. che meglio rispondono alle esigenze attuali.
Inoltre è risultata
particolarmente indicativa la proposta di legge regionale per l'assistenza domiciliare
agli anziani presentata dall'assessore Vietti che, in
sede di consultazione con i comuni e le altre forze sociali, ha ricevuto
numerose critiche, provenienti da ogni parte politica. Se in generale è positiva l'istituzione del servizio di assistenza
domiciliare, nella proposta di legge subisce tali limitazioni da snaturare il
valore o da far venire il sospetto che la si voglia attuare soltanto perché
costa meno del pagamento delle rette degli istituti.
Infatti il servizio di assistenza
domiciliare viene inteso come semplice aiuto domestico senza alcuna assistenza
sanitaria, neppure infermieristica, e rischia di non raggiungere i risultati
che con esso ci si propone se non è sostenuto da altre forme di intervento che
sarebbero immediatamente possibili quali l'aiuto economico, l'assegnazione di
alloggi, l'istituzione di piccole comunità di quartiere.
La stessa istituzione di centri
sociali per anziani, come viene prevista dalla
proposta di legge, anche se si riconosce che essi possono essere annessi a
centri sociali aperti a tutti, finisce per favorire il sorgere di strutture
esclusivamente per gli anziani, che non giovano certamente al loro
inserimento sociale.
Ma ciò che è più grave è che nella
proposta di legge è prevista la possibilità da parte dei comuni di stipulare
convenzioni con enti pubblici e privati.
Ciò dimostra che la reale volontà
politica non è quella di riformare il settore sanitario e assistenziale giungendo,
sia pure gradualmente, all'unità locale dei servizi, gestita dai Comuni, singoli
o associati, ma quella di perpetuare l'attuale sistema assistenziale
con gli IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) e gli istituti
privati.
Di fronte a questi tentativi
conservatori si sta sviluppando l'iniziativa della Lega per le autonomie ed i
poteri locali che ha elaborato una proposta di legge
per l'istituzione dei comitati sanitari e sociali di zona (1), che dovrebbero
anticipare la riforma sanitaria e sociale e preparare il sorgere delle future
unità locali dei servizi, e che prevede incentivi economici ai comuni per
realizzare una serie di servizi alternativi per la medicina del lavoro, per
l'età evolutiva e per l'assistenza sanitaria e sociale di minori, handicappati
e anziani.
Ma, quali sono i contenuti specifici della nostra linea di
intervento?
Ecco riteniamo che i bisogni degli
anziani debbano essere affrontati innanzitutto a
livello di prevenzione, lottando contro il decadimento fisico e psichico
causato dalle condizioni del processo lavorativo e dell'ambiente (inquinamento,
strutture urbanistiche, trasporti, ecc.) ed affermando che la salute non
consiste soltanto nell'assenza di malattie, ma nel massimo benessere fisico e
psichico. Perciò solo realizzando le riforme, creando nel territorio idonei
servizi che favoriscono il costituirsi di una vita
comunitaria ricca di comunicazioni e rapporti sociali è possibile evitare
l'attuale situazione di abbandono e di emarginazione in cui si trovano la
maggior parte degli anziani.
Vi sono poi alcuni provvedimenti
specifici che possono favorire il mantenimento nel tessuto
sociale, e cioè prestazioni sanitarie specialistiche per gli anziani erogate
non da strutture particolari, ma dal servizio sanitario previsto per tutti i
cittadini, e interventi assistenziali specifici che anch'essi devono trovare
posto nei servizi aperti a tutti. Cioè le prestazioni
per gli anziani devono trovare posto nell'unità locale dei servizi intesa non
come nuovo ente, ma come un complesso di servizi sanitari, sociali, culturali,
ricreativi, ecc. di zona gestiti dai comuni o consorzi di comuni e controllato
dai cittadini.
*
* *
Se avere una abitazione
con affitti accessibili è una necessità di tutti i lavoratori, il problema è,
come è ovvio, particolarmente acuto per gli anziani.
L'impossibilità di
avere una casa è spesso una delle cause che costringono gli anziani al
ricovero. Pertanto una quota degli alloggi costruiti con sovvenzioni pubbliche
deve essere messa a loro disposizione in modo da offrire diverse possibilità:
alloggi per persone sole, per coniugi o per piccole comunità. Questi alloggi
dovranno essere inseriti in modo sparso nelle comuni case di abitazione.
Occorre tener conto delle esigenze
degli anziani anche rispetto alla funzionalità degli alloggi.
Se è interesse di tutti, per essi è indispensabile
che le case siano più razionali e comode. Quindi
bisogna che gli alloggi per i lavoratori siano costruiti in modo da essere
utilizzati anche quando essi non saranno più giovani. Perché le case di abitazione e gli edifici pubblici possano essere agibili
a tutti devono risultare privi di barriere architettoniche o comunque devono essere
dotati di strutture idonee a superare i dislivelli.
Più in generale la riforma della
casa deve tener conto di tutte le strutture occorrenti
per i servizi collettivi e per la vita comunitaria. Ciò è possibile avviando
una nuova politica del territorio che dia maggior
importanza al complesso delle attrezzature sociali rispetto alle strutture
produttive.
Le forze più retrive vorrebbero
continuare a creare strutture sanitarie ed assistenziali
riservate ai soli anziani, quali ospedali geriatrici,
psico-gerontocomi, gerontocomi, centri geriatrici,
ecc. Bisogna certamente prevedere interventi specialistici, sanitari e sociali,
ma essi devono far parte dei servizi preventivi, curativi e riabilitativi
aperti a tutti i cittadini. Dovranno perciò sorgere servizi geriatrici
presso i comuni ospedali. In particolare, presso le
strutture sanitarie decentrate nel territorio, ospedali di zona, ambulatori,
ecc.
Anche il problema dei cosiddetti lungo
degenti deve essere affrontato in modo nuovo e con strutture non emarginanti. I
malati acuti devono trovare posto nei comuni ospedali e gli anziani non
autosufficienti che non hanno bisogno di cure propriamente ospedaliere (terapie
altamente specialistiche, apparecchiature speciali, ecc.) dovranno essere
curati, quando è possibile, in famiglia, dai servizi territoriali, o in
ospedali diurni, o trovare posto in piccole comunità di quartiere collegate sia
con i servizi sanitari che con quelli sociali di zona,
in modo da garantire al più possibile agli assistiti contatti con l'ambiente
sociale di origine. Inoltre le ridotte dimensioni della comunità hanno il
vantaggio di favorire l'instaurarsi di rapporti meno spersonalizzati, rispetto
a quanto avviene nei ricoveri, di cui potranno giovarsi sia gli ospiti, sia gli
stessi operatori.
I servizi sociali devono far sì che
l'anziano conservi la sua autosufficienza ed impedire l'istituzionalizzazione.
Inoltre è necessario istituire e
potenziare il servizio di assistenza domiciliare di
cui potranno usufruire tutti i cittadini ed in particolare, ovviamente, gli
anziani. Si dovrà assicurare altresì ad essi
l'utilizzazione di centri ricreativi e culturali anch'essi aperti a tutti.
Per realizzare i servizi indicati è
necessario formare il personale idoneo ad attuarli.
Da un lato occorre formare nuovi
operatori sociali e sanitari e dall'altro riqualificare quelli attualmente in servizio nelle strutture esistenti.
I corsi di riqualificazione del
personale dovranno essere realizzati secondo il criterio della formazione
permanente, vale a dire attuando una formazione che colleghi strettamente il momento
della preparazione e dell'approfondimento a quello lavorativo, lavorando in équipe, pur conservando ciascuno le specifiche competenze e
offrendo agli operatori la possibilità di un continuo aggiornamento.
Abbiamo indicato, sia pur
brevemente, le linee secondo cui deve essere impostata
una assistenza agli anziani più moderna ed adeguata ai loro reali problemi.
Come abbiamo
già detto, il problema degli anziani si può risolvere soltanto in relazione
alla soluzione dei grossi problemi sociali del paese che riguardano tutti i
cittadini; perciò la premessa indispensabile a questo nuovo tipo di assistenza
è la attuazione delle riforme riguardanti il sistema pensionistico, la casa, i
trasporti, la sanità e l'assistenza per le quali le forze politiche e sociali
presenti a questo convegno ribadiscono il loro fermo impegno a livello
nazionale.
Il fatto che le riforme ancora non
ci siano non deve essere un motivo per giustificare un atteggiamento di attesa che in realtà nasconde la mancanza di volontà
politica nel cominciare ad affrontare i problemi dell'anziano.
Infatti, nonostante le difficoltà,
gli strumenti per operare in tal senso non mancano, come è
dimostrato da numerose leggi regionali (Lombardia, Toscana, Umbria, Emilia,
Liguria) e dalla proposta di legge elaborata dalla Lega per le autonomie e i
poteri locali e presentata alla Regione Piemonte dal comune di Settimo.
Quindi è necessario che da questa
manifestazione si esca con l'impegno di elaborare, dopo aver verificato le
esigenze reali zona per zona, una piattaforma articolata di rivendicazioni nei
confronti degli enti locali, che noi individuiamo come i più adatti a
legiferare in materia e a gestire i servizi.
Riteniamo importante ribadire e proporre fin da ora i punti di questa
piattaforma, che diventa particolarmente significativa proprio per l'articolazione
delle forze che qui si impegnano a portarla avanti, nei modi a ciascuno
connaturati.
Alla
Regione chiediamo di:
- trasferire le deleghe in materia
sanitaria e assistenziale, ai comuni;
- realizzare la zonizzazione del
territorio in modo che i comuni appartenenti alle varie zone possano cominciare
ad aggregarsi ed organizzarsi;
- approvare la legge della Lega per
i poteri e le autonomie locali che favorisce proprio
questa gestione consorziata dei servizi da parte dei comuni stessi che è un
primo passo per realizzare le unità locali dei servizi;
- bloccare i
finanziamenti delle case di riposo e degli ECA e bloccare la stipula di
convenzioni con gli istituti privati.
Alla
Provincia di Torino
chiediamo l'accelerazione della riforma dei servizi psichiatrici e la
dimissione degli anziani che non abbisognano di cure psichiatriche e l'utilizzazione del risparmio così ottenuto per aiutare i
comuni, che si prendono in carico i dimessi, a costituire piccole comunità.
Al
Comune di Torino chiediamo
l'estensione del trasporto gratuito fino a L. 100.000
di pensione, l'abbandono delle fasce orarie e la possibilità di usufruire di tutte
le linee (anziché delle attuali 2 linee), superando così il carattere di
sperimentazione che si era dato al primo parziale
provvedimento.
Ancora
al Comune di Torino e agli altri comuni della
provincia chiediamo:
- l'estensione dell'assistenza
domiciliare, non solo per gli anziani ma per tutti coloro
che ne abbisognano, integrata con l'assistenza infermieristica e sanitaria;
- l'apertura di centri sociali per
tutti nei quartieri;
- l'assegnazione di congrui assegni
sostitutivi del ricovero;
- la creazione di piccole comunità e
di case albergo a disposizione di tutti i cittadini che ne abbiano
bisogno.
A
ciascun ente locale,
secondo le sue competenze, chiediamo l'avvio di un lavoro di formazione del
personale e una politica volta allo svuotamento ed al superamento dei ricoveri,
che riteniamo una vergognosa e disumana forma di
segregazione.
*
* *
Abbiamo scritto nel titolo del
nostro convegno che «mezzo milione di pensionati e di anziani
torinesi non vogliono essere esclusi dalla famiglia e dalla società».
Questa di oggi
è una prima iniziativa per far sì che questo non resti uno slogan, ma diventi
una realtà.
Al convegno dovranno seguire
analoghe iniziative a livello di zona, di quartiere, di comuni, per allargare
il consenso nei confronti di queste linee e per trovare nuove alleanze in quell'intreccio tra sindacati, partiti, associazioni che
oggi arricchisce e dà forza alle posizioni esposte, coinvolgendoli, dalla base,
assieme a pensionati, lavoratori, operatori sociali, in un dibattito ed in un
impegno di lotta.
I padroni ed i loro alleati politici
ci hanno rubato anche il diritto ad una vecchiaia serena: tocca a noi
riconquistarcelo.
(1) Pubblicata sul n° 25 di Prospettive
assistenziali, pag. 19 e segg.
www.fondazionepromozionesociale.it