Prospettive assistenziali, n. 26, aprile-giugno
1974
NOTIZIARIO DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE ADOTTIVE E AFFIDATARIE
Con la sentenza n. 76 del 7 marzo
1974,
La richiesta di illegittimità
costituzionale avanzata dal tribunale per i minorenni di Messina si fondava
sull'affermazione, a nostro avviso giusta, che la situazione di bisogno del
minore abbandonato per comportamento comunque attribuibile a coloro che
sarebbero tenuti a prestargli assistenza non si differenzia assolutamente da
quella del minore privo di assistenza materiale e morale per causa di forza
maggiore.
Ne deriva, sempre secondo il
tribunale per i minorenni di Messina, che l'esclusione dalla
dichiarazione di adottabilità dei minori in situazione di abbandono
per cause di forza maggiore si concretizza in una discriminazione ingiustificata.
Nel respingere l'istanza
del Tribunale per i minorenni di Messina,
Tutta la legge sull'adozione è
impostata sul preminente interesse del minore e non appare pertanto
giustificata l'affermazione della Corte costituzionale che nel pronunciare la
dichiarazione di stato di adottabilità «deve tenersi
anche conto dell'esigenza, di evidente contenuto umano e sociale, di
conservare sino al limite i legami
naturali con la famiglia di origine».
L'unico «limite» riconosciuto dalla
legge sull'adozione speciale e l'unico, «limite» rispondente alle esigenze del
bambino è quello di non essere in situazione di abbandono
materiale e morale.
Non sono pertanto nemmeno
accettabili le altre affermazioni della Corte costituzionale che «non risponde
pertanto ad una necessità costante che, nel conflitto gli interessi del minore
debbano prevalere in modo assorbente su quelli della famiglia d'origine» e che
«elemento determinante, ai fini della prevalenza fra l'esigenza di intervenire
a favore del minore da una parte, e quella di salvaguardare i diritti della
predetta famiglia, dall'altra, è stato razionalmente identificato, dal
legislatore, nella esistenza di constatati motivi di
forza maggiore alla base del comportamento omissivo. Motivi di tal natura, invero,
che escludono la riferibilità dell'abbandono alla
volontà degli obbligati, conferirebbero al previsto distacco definitivo,
secondo la valutazione politico-sociale del legislatore, il carattere di un
rigorismo eccessivo e, come tale, da respingere».
A tali affermazioni
La giustificazione contenuta nella
sentenza, che possano avere «finalità concorrenti o comuni»
uguali all'adozione speciale «le norme circa l'assistenza pubblica all'infanzia
abbandonata» non solo non regge in quanto la legge sull'adozione speciale
venne presentata e fu approvata dal Parlamenta proprio per dare una effettiva
tutela ai minori a causa dei risultati distruttivi degli interventi della
pubblica assistenza.
Non regge nemmeno il riferimento
fatto dalla Corte costituzionale agli altri istituti quali l'affidamento,
l'affiliazione e l'adozione ordinaria in quanto da un lato le finalità degli
istituti suddetti non sono quelle di dare una famiglia ai bambini che ne sono
privi. Ci stupisce anche che
Dunque solo quando vi è stata (fino
al momento della convocazione dei parenti al giudice) mancanza di assistenza materiale e morale dovuta a forza maggiore e
il giudice accerta che vi è la possibilità di ovviarvi, il giudice non deve
procedere alla dichiarazione dello stato di adottabilità.
LETTERA AL MINISTRO DEL LAVORO BERTOLDI
Oggetto:
Richiesta di modifica della circolare del Ministero del lavoro del 2-7-1973 n.
2839/33/12, Direz. Gen. del
collocamento della manodopera, Div. VIII.
Con la circolare in oggetto e con
quella n. XIV/ 1493/33/12 del 5-4-1972, il Ministero del lavoro ha disposto
l'erogazione di un contributo nella misura del 50% o comunque
per una cifra non eccedente le 30.000 lire per il pagamento delle rette mensili
corrisposte dai lavoratori emigrati per i loro figli ricoverati in istituti,
asili e brefotrofi.
A questo riguardo si segnala che
tutte le ricerche scientifiche condotte in Italia e all'estero (famosa quella eseguita dal Bowlby per
conto delle Nazioni Unite) hanno dimostrato che i ricoveri in istituti
(compresi quelli con personale adeguato e specializzato) provoca nei bambini
dei danni gravi e durevoli che intaccano profondamente la loro personalità.
Questa associazione Le chiede
pertanto di revocare la disposizione suddetta che da un lato costituisce una incentivazione dei ricoveri e d'altro lato non fornisce nessun
aiuto ai lavoratori emigrati che provvedono ai loro figli in modo adeguato
affidandoli al coniuge o a parenti o a conoscenti o portandoli con sé
all'estero.
Si chiede che i contributi per il
pagamento di rette agli istituti di ricovero siano sostituiti da un assegno
versato a tutti i lavoratori emigrati che abbiano figli minori degli anni 18
(oppure degli anni 15). L'erogazione di tale assegno -
uguale per tutti - è giustificata dalle maggiori spese
che i lavoratori emigranti incontrano per l'educazione dei loro figli sia nei
casi in cui li conducano con loro all'estero, sia nei casi in cui li lascino in
Italia.
Torino, 29 marzo 1974.
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