Prospettive assistenziali, n. 26, aprile-giugno 1974

 

 

NOTIZIARIO DEL CENTRO ITALIANO PER L'ADOZIONE INTERNAZIONALE

 

 

CONVEGNO DI BOMBAY

 

L'ultima assemblea dei soci ha approvato l'ini­ziativa di un viaggio-convegno in India. La data presunta è dal 16 ottobre al 5 novembre 1974. I giorni dedicati al convegno di Bombay: 29-30-31 ottobre. Il costo approssimativo del viaggio, com­preso alberghi e spostamenti in India, è di Lire 360.000. L'assemblea ha deciso che la somma di L. 1.000.000 venga dal CIAI messa a disposizione dell'Associazione indiana per la promozione dell'adozione alla quale spetterà il gravoso compito di predisporre in Bombay tutta l'organizzazione del convegno.

 

 

I BIANCHI DEVONO ADOTTARE I BAMBINI NEGRI?

 

MAE NEELY (1)

La mia preoccupazione maggiore è il benes­sere del bambino. Lavoro per un'agenzia di New York che porta avanti una politica che, ideal­mente, non fa discriminazioni contro i potenziali genitori adottivi a causa del loro colore.

Noi selezioniamo molto attentamente gli aspi­ranti bianchi che vogliono adottare bambini non bianchi. Vogliamo conoscere le loro motivazioni, le loro esperienze con gruppi etnici diversi, gli interessi e gli atteggiamenti di amici e parenti. Vogliamo conoscere il loro credo religioso, la loro maturità. Vogliamo sapere se si rendono con­to dei problemi che devono affrontare nell'offrire la loro casa a questi bambini.

Sono sicura che le famiglie bianche a cui abbiamo affidato bambini negri sono adeguate. Sentiamo che i genitori adottivi hanno la forza e la comprensione adatta per offrire ai bambini una famiglia duratura.

Comunque noi diamo la precedenza a aspiranti negri, ma il loro numero non è sufficiente, pur tuttavia pensiamo che man mano che i negri verranno a conoscenza del sussidio di Stato il numero delle loro domande di adozione aumen­terà. Lo Stato infatti ha disposto un sussidio per quei genitori adottivi le cui entrate sono inade­guate o minime.

So del grande dilemma circa la possibilità per un bambino negro di trovare la sua identità in una famiglia bianca. È difficile dire cos'è giusto, ci sono infatti dei problemi insiti nell'adozione che trascendono la razza. Dobbiamo accertarci che i genitori adottivi comprendano cosa signi­fica avere un bambino che non è nato da loro.

Desideriamo che questi genitori aiutino il bam­bino a capire cos'è l'adozione e lo aiutino a tro­vare la sua identità etnica. Ci sono delle per­sone che non sono negre e che lo possono fare, altri invece no. Ci sono allo stesso modo degli aspiranti negri che non sono in grado di aiutare il bambino a superare le difficoltà dell'esperienza adottiva. Bisogna pertanto saper valutare caso per caso.

Si studiano le personalità, le motivazioni, le aspettative. Alcuni desiderano un bambino che possa andare all'università, altre, uno che abbia certe inclinazioni professionali; noi studiamo i nostri bambini e diciamo onestamente a questi genitori che non possiamo garantire quali sa­ranno le loro future inclinazioni. La gente ha delle aspettative e noi cerchiamo di capire i bisogni dei bambini e le aspettative dei geni­tori sia che essi siano bianchi oppure negri.

Abbiamo registrato pochi insuccessi; ci sono stati sì dei fallimenti, ma non sono imputabili ad alcuno in particolare. Sono lieta di poter affermare che nessuno di questi insuccessi è stato registrato per le adozioni internazionali. Se è possibile trovare una casa per un bambino con genitori del suo stesso gruppo razziale è pro­babilmente meglio per lui, infatti noi cerchiamo di trovare una casa con genitori portoricani per un bambino portoricano, e con genitori ebrei per un bambino ebreo, cerchiamo cioè di abbinarli secondo il loro gruppo etnico tutte le volte che ciò è possibile.

Ma la cosa più importante per un bambino nei suoi anni di formazione è il sentire che appar­tiene a qualcuno, poiché per lui ciò è psicologica­mente la cosa più importante. Se il bambino sen­te che appartiene a qualcuno non credo che la differenza etnica sia un problema importante.

 

DAVID SMITH - Co-fondatore Council on Adopta­ble Children

«Il fatto che la gente negra non adotta» è una bugia sostenuta dal sistema di assistenza all'infanzia bianco. È una bugia che è stata acqui­sita dagli Assistenti Sociali negri, sebbene ciò sia contrario all'esperienza della maggior parte della comunità negra.

La gente negra adotta, essa adotta più spesso dei bianchi.

Uno studio del 1961 ha dimostrato che le fa­miglie negre povere adottano solo leggermente meno di quanto adottino i bianchi. Tra le famiglie che hanno un livello superiore i negri adottano con una percentuale di 5/1000 famiglie contro il 3,5/1000 famiglie bianche. A ciò bisogna aggiun­gere tutti quei bambini negri adottati privata­mente senza passare attraverso il sistema e bi­sogna riconoscere che la comunità negra si sforza sempre più di curarsi dei suoi membri di quanto lo faccia la comunità bianca.

La gente negra si sforza molto saggiamente di preoccuparsi per la cura dei bambini prima che essi cadano nelle mani del sistema assisten­ziale, ciò nonostante ce ne sono ancora troppi che crescono in istituti e famiglie affidatarie.

Nella città di New York ci sono 28.000 bam­bini in assistenza e la maggior parte sono bianchi o portoricani. Solo la metà di questi bambini rientrano in seno alle loro famiglie biologiche. Su 10.000 bambini 8.000 sono potenzialmente adottabili. La maggior parte di essi vengono po­sti in affidamento a causa del sistema econo­mico che opprime e spesso distrugge le famiglie povere e non bianche.

Nel campo dell'assistenza sociale è necessario dare la priorità assoluta ai programmi intesi ad aiutare il mantenimento delle famiglie non bian­che così che non ci saranno più costi tanti bam­bini senza genitori.

Questi programmi non intendono aiutare i bam­bini che sono già caduti nelle trappole del si­stema; questi bambini hanno bisogno di una famiglia adesso. La nostra organizzazione con­ferisce priorità assoluta al reclutare e all'aiutare le famiglie negre e del terzo mondo ad adottare questi bambini, ma resta da vedere se potremo ottenere ancora di più dalla comunità che sta già facendo tanto.

Noi crediamo che alcune famiglie bianche sia­no in grado di allevare bambini negri belli, sani, forti, ma la maggior parte delle famiglie non ne è capace. Coloro che adottano bambini negri pro­babilmente hanno qualche problema; una famiglia bianca che adotta un negro non fa altro che vi­vere come una famiglia non bianca.

La maggior parte di queste famiglie che hanno «adottato» la comunità negra hanno trovato in essa tanto calore e molte persone negre accol­gono ben volentieri queste famiglie e le aiutano a dare ai loro bambini sia bianchi che negri, il tipo di educazione di cui hanno bisogno per sopravvivere in questo mondo ostile.

Non vogliamo che un bambino rimanga senza famiglia più del tempo necessario.

Il «Council on Adoptable Children» aiuta qual­siasi persona che voglia adottare, siano esse persone nubili, sposate, celibi, persone anziane, persone bianche e specialmente persone negre e portoricane se dimostrano di saper dare al bambino un'assistenza amorosa.

 

CENIE WILLIAMS: Presidente del National Asso­ciation of Black Social Workers

L'Associazione degli Assistenti Sociali Negri si dichiara contro l'adozione transrazziale, poi­ché pensiamo che ci sia un numero sufficiente di genitori negri disponibili all'adozione di questi bambini. Combattiamo anche il vecchio cliché delle agenzie di bianchi che affermano di essere impossibilitate a trovare famiglie negre che vo­gliono adottare bambini negri. Pensiamo infatti che queste agenzie non dedichino sforzi suffi­cienti al reclutamento delle stesse. Siamo inoltre certi che la maggior parte delle agenzie siano inefficaci a causa della loro dislocazione, sita in quartieri cittadini lontani o con poca possibilità di contatto con la comunità negra.

Noi assistenti sociali negri siamo stati forte­mente criticati da oppositori che sostengono che noi appoggiamo la separazione delle razze ecc. La nostra posizione è molto chiara, noi pensiamo che la gente negra, così come quella di altre razze, abbia la responsabilità di prendersi cura di se stessa.

È un istinto naturale di tutte le razze quello di cercare l'affermazione.

L'adozione di bambini è diventata un grosso affare. Le persone che sono interessate a man­tenere in vita questo grosso affare sono le stesse che si oppongono ai nostri concetti. Noi com­prendiamo la loro opposizione poiché noi intro­duciamo al pubblico nuove idee, noi sosteniamo che l'assistenza all'infanzia debba essere un pro­blema nazionale, per poter essere risolto il go­verno deve riconoscergli la priorità.

Nel 1968 le agenzie tradizionali di New York non potevano legalmente praticare l'adozione transrazziale, infatti non si potevano adottare bambini di religione diversa da quella degli adot­tanti. Dopo che il mercato bianco iniziò a pro­sciugarsi, venne promulgata una nuova legge che permetteva le adozioni interrazziali; ciò è stato possibile perché le agenzie tradizionali ca­pirono che era nel loro interesse cambiare po­litica.

Coloro che ci contrastano oggi, non hanno contrastato la legge nel 1968; la legge è stata promulgata per la convenienza delle agenzie tra­dizionali di adozione che l'hanno accanitamente sostenuta. Esse infatti si possono mantenere in vita solo trovando dei genitori che adottino bam­bini di razza diversa.

Questo non è un problema che può essere ri­solto in breve tempo, ma noi vogliamo proporre alcune idee che secondo noi daranno un forte contributo alla soluzione del problema.

Ci sono ora 80.000 bambini adottabili in istituti, e il costo per il loro mantenimento in questi isti­tuti è di $ 10.000. Se il governo può permettersi di spendere $ 10.000 per ogni bambino in istituto, lo stesso governo può entrare nella comunità negra e trovare famiglie negre che desiderino adottare. Ciò incoraggerebbe le persone ad adot­tare bambini.

Pensiamo che le agenzie tradizionali siano fuori moda. Dobbiamo fondare agenzie negre nella comunità negra per educare la gente all'adozione; invece di mettere avvisi sul New York Time e il New York Daily News, le agenzie dovrebbero metterli sull'Amsterdam News, co­me qualcuno di loro già sta facendo.

Potrebbero effettuare una campagna porta-por­ta e fare conoscere personalmente alla gente questo problema. Questo sarebbe uno sforzo più concreto per reclutare famiglie.

È molto conveniente sistemare un bambino in una famiglia della media borghesia. Noi deside­riamo entrare nella comunità negra e rivalutare la forza della famiglia negra. Sappiamo che nonne, o nonni, vicini di casa si stanno pren­dendo cura di un numero rilevante di bambini, senza passare attraverso l'adozione legale. Mia madre stessa che abita nel Sud si prende priva­tamente cura di un bambino.

L'asserzione che la gente negra non adotta è un mito, il problema vero è che noi non sappiamo trovare le risorse adatte a trovare famiglie negre sensibili al problema. Noi crediamo che i geni­tori bianchi incontrino difficoltà nell'aiutare i bambini negri a sviluppare una positiva imma­gine di se stessi, cosa di cui hanno bisogno per poter avere un ruolo efficace nella società.

Per il maschio medio occorrono più di 21 anni per sviluppare veramente un sentimento di ci­viltà e una positiva immagine di sé, poiché molti sono gli ostacoli che intervengono durante il suo sviluppo.

In una famiglia bianca con bambini negri, il problema diventa ancora più difficile.

 

ROGER HOOVERMAN - Families for the Future - Inc. Scotia N. Y.

Come padre di due bambini adottivi che io sono orgoglioso di chiamare neri bianchi, ho avuto una reazione alle affermazioni sull'ado­zione transrazziale emanate dalla Conferenza de­gli Assistenti Sociali Negri; se queste afferma­zioni fossero state fatte da bianchi invece che da negri le avremmo chiamate con il loro nome: «razzismo».

Suggerire che i genitori bianchi nell'adottare bambini di razze diverse stiano mettendo in atto un «trucco diabolico» per distruggere «la fa­miglia negra» mostra un'ignoranza totale su que­ste persone, sulle loro motivazioni, e sull'amore profondo e genuino che unisce la loro famiglia.

Sono completamente d'accordo con gli assi­stenti sociali negri che vogliono sforzarsi di tro­vare più famiglie adottive negre, così come ap­provo i tentativi di cambiare le prassi d'agenzia imperniate sui bianchi, e con il loro punto di vista sulla necessità di incoraggiare e mettere in grado di adottare più famiglie negre. Ma sostenere che qualsiasi famiglia negra, per il fatto di essere negra, sia il posto migliore anche per i miei bam­bini invece che la mia famiglia, diventa per me un insulto personale e razzista.

Miss Russell ha affermato che «non esiste una cosa simile» come un «bambino negro­bianco» e che questi bambini sono «negri per legge immutabile» e che noi parenti bianchi siamo presuntuosi quando pensiamo che pos­siamo ri-classificarli adottando «la caratteristica bianca che è in loro». Bene, i nostri bambini hanno avuto ognuno un genitore negro e uno bianco, e penso che entrambe le «razze» meritino lo stesso orgoglio e la stessa considera­zione.

È vero che nella nostra società razzista, un qualsiasi apporto di ascendenza negra rende una persona e i suoi discendenti «negri», ma questo dovrebbe significare che noi e i nostri bambini dobbiamo accettare questo razzismo?

In più, se io avessi avuto bambini bianchi avrei tentato di insegnare loro che la «razza» di una persona non è la sua caratteristica più impor­tante, che non è e non può essere permesso che essa diventi un'etichetta per ipotecare ciò che una persona sarà, il gruppo con cui egli dovrà identificarsi e gli atteggiamenti che egli avrà verso le altre persone. Non dovrei fare lo stesso con i miei bambini negri? Sicuramente ci sono dei modi migliori di combattere il razzismo bianco che non quello di contrapporgli il razzi­smo negro.

Molti negri vorranno vedere in questo atteg­giamento un tentativo inconscio se non intenzio­nale di distruggere «la identità negra» dei miei bambini. Quello che loro probabilmente non rie­scono a capire è che gli effetti dell'adozione transrazziale agisce in entrambe le direzioni.

I genitori bianchi di bambini negri inevitabil­mente si ritrovano (ad essere) sempre più «ne­gri» nel senso che essi iniziano a vedere il mon­do dal punto di vista dei negri, iniziano ad iden­tificarsi con la causa negra ed a capire cosa vuol dire essere un genitore negro in una società bianca.

Il risultato finale dell'adozione transrazziale spero non sia bambini «negri» che sono «bian­chi all'interno». Piuttosto spero che sia una fa­miglia che sa superare le differenze razziali. Una famiglia di persone che non si sentono minac­ciati dall'«altra» razza, semplicemente perché non c'è «altra» razza. È una famiglia che grazie alla sua forza unica, può non solo sopravvivere nella nostra società, ma può costituire una forza per cambiarla.

 

(1) Direttore dei servizi di adozione, dipartimento dei servizi sociali di New York.

 

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