Prospettive assistenziali, n. 26, aprile-giugno 1974

 

 

DOCUMENTI

 

UN ESEMPIO DI SERVIZIO NON EMARGINANTE

A. BRAMBILLA - D. BARLASSINA

 

 

Pubblichiamo lo scritto di due educatori sui risultati ottenuti dalla «co­munità familiare» operante in Desio, Via Pozzo Antico 60, nel reinserimento di soggetti bisognosi di interventi specialistici: esso è un esempio di colla­borazione con la comunità locale per assistere senza ricorrere all'istituzio­nalizzazione. Il focolare di Desio è stato costituito nel 1971 utilizzando un appartamento vacante al disopra della portineria dell'Ospedale di Desio; ne sono responsabili i firmatari della relazione.

 

 

In data 27-9-1972 veniva richiesto dall'ufficio di servizio sociale del comune di Desio, alla di­rezione dell'Ospedale Corberi di Limbiate, di accogliere il minore T. Vincenzo di anni 10, pres­so il focolare o «comunità familiare», operante in Desio, via Pozzo Antico, 60.

Poiché tale comunità familiare è sorta per agire da tramite fra il minore e la famiglia, per individuare la causa del rifiuto, aiutare entrambi per la reciproca accettazione e, dove ciò non fosse possibile, per sensibilizzare la comunità ad adottare strutture capaci di reinserire soggetti bisognosi di attenzione e cure particolari, e non certo una continuata istituzionalizzazione che inevitabilmente rimanda la soluzione del pro­blema al domani e nello stesso tempo la com­plica impedendo un normale sviluppo della per­sonalità per la sua struttura verticistica e chiusa alle dinamiche sociali, noi accogliemmo il mino­re Vincenzo per collaborare con la comunità lo­cale che in questo caso non voleva ricorrere all'istituzionalizzazione.

Nel periodo in cui il suddetto minore fu affidato alle nostre cure notammo che l'aiuto di cui aveva bisogno, trattandosi di un ragazzo di intelligenza nella norma e di capacità globali buone, era quel­lo di approfondire la conoscenza della sua situa­zione familiare, la quale chiaramente stava all'origine delle turbe comportamentali del minore, che ultimamente l'avevano portato ad essere rifiutato da una famiglia alla quale temporanea­mente l'ufficio di servizio sociale l'aveva affidato.

Il primo passo nella ricostruzione della situa­zione familiare è stato l'incontro con le persone che, in qualità di dipendenti di enti di servizio sociale che erano interessati nell'erogare assi­stenza alla famiglia in questione, avevano già dei dati e delle diagnosi fatte in precedenza. A questo proposito abbiamo promosso un incontro all'IPPAI, in via Piceno a Milano, dove la madre temporaneamente era collocata, con la presenza dell'assistente sociale del comune e dell'E.C.A. di Desio, di due assistenti sociali dell'ONMI, dei due educatori specializzati a cui era affidato il minore e dello psichiatra.

Successivamente abbiamo incontrato i sacer­doti della parrocchia ove risiede la famiglia, i quali, tramite l'associazione S. Vincenzo, danno un aiuto economico e quindi in parte conoscono la famiglia.

Dopo queste ed altre indagini conoscitive, soprattutto nei contatti con gli interessati ed i loro parenti, possiamo tracciare così la situa­zione della famiglia in questione:

Nucleo normalmente costituitosi circa 10 anni fa con abitazione e residenza in Sicilia.

Il marito (anni 36) prima di sposarsi era emi­grato al Nord dove pare svolgesse l'attività di muratore. Una volta sposato ha dimostrato ben presto incapacità di mantenere con continuità un lavoro normale. Questo risulta anche da quando si è trasferito a Desio con la famiglia. Si sa per certo che ha svolto per lungo tempo ed in parte a tutt'oggi svolge attività illegali per le quali è già stato in carcere.

Da tre anni ha abbandonato definitivamente la moglie e convive con un'altra donna, madre di 5 figli, che è conosciuta ed accettata da alcuni parenti stretti del Sig. T. È in corso la pratica per togliere la patria potestà, presso il tribunale per i minorenni.

Nonostante il dichiarato e concreto disinteres­se per la famiglia, saltuariamente il T. torna dalla moglie, a volte in caso di necessità, come ad esempio in occasione di una malattia della con­vivente o dopo un incidente stradale in cui aveva riportato delle lesioni.

La moglie (anni 36) è persona assai svantag­giata, oltre che per le vicissitudini familiari, an­che per aver avuto 14 gravidanze di cui 10 por­tate a termine, e a motivo del trapianto culturale dovuto all'immigrazione.

Fatto saliente: 4 ricoveri in ospedale psichia­trico dal 1970 ad oggi. Secondo la diagnosi più aggiornata (21-7-72), la Signora T. risulta «ri­coverata per episodi subconfusionali, in rela­zione alle anomalie comportamentali del coniuge, che si risolvevano nel giro di pochi giorni. La T. si è sempre dimostrata affettivamente valida nei confronti dei figli, preoccupandosi di garantire loro valida assistenza».

Dagli incontri avuti con la madre all'IPPAI, quando ancora era degente per l'ultima gravi­danza, notammo il suo attaccamento e interes­samento per i figli, allora comunque era assai lucida e fisicamente ben curata. Oggi, a distanza di un mese circa, periodo di tempo in cui è rientrata in famiglia, la donna soffre di incubi notturni, mangia poco, vive nella paura.

Questi sono in sintesi le cause che presto la potrebbero portare ad un nuovo ricovero in ospe­dale psichiatrico.

Qual è oggi la situazione? Attualmente vive sola con il figlio maggiore Vincenzo di 10 anni. Nonostante la dichiarata capacità di accudire ai propri figli, la signora T. è stata costretta dalla situazione ambientale a lasciare l'ultimo figlio di 2 mesi all'IPPAI. Infatti attualmente vive in due stanze, presso una cascina, priva di acqua e servizi igienici. Il riscaldamento lascia a desi­derare anche a motivo delle finestre e della por­ta in cattivo stato. Basta questo per compren­dere come sarebbe precaria la situazione di un bambino di due mesi che dovesse vivere in un simile alloggio.

Ma questo purtroppo causa dei gravi scom­pensi nella madre che di nuovo si vede allonta­nata da un figlio; infatti due figlie sono in isti­tuto ed altri due a balia.

A sua volta anche Vincenzo soffre della situa­zione, trovandosi a casa solo con la madre, men­tre vorrebbe avere i fratelli con sé.

Da 15 giorni circa Vincenzo è assai dimagrito e mangia molto poco. Di qui la logica reazione della mamma che deperisce a sua volta. A que­sto si aggiunge il fatto del costante stato di ansia in cui vive la signora per la paura del marito che ultimamente si è fatto rivedere a Desio dopo essere mancato per un certo pe­riodo.

La donna infatti vorrebbe non aver più nulla a che fare con il marito, ma sentendosi indifesa teme per sé e per i figli.

Crediamo che per una persona normale con la cultura d'origine della signora, questa sia una situazione comprensibile, ma se aggiungiamo l'affaticamento, le negative esperienze preceden­ti della donna, l'attuale comportamento del fi­glio maggiore, possiamo facilmente prevedere un disperato rifugio nella malattia mentale.

Gli altri componenti la famiglia oltre al figlio Vincenzo, di cui già abbiamo parlato sono: Giuseppe di 2 mesi, attualmente ricoverato presso l'IPPAI di Milano. Di lui possiamo dire che un prolungato ricovero risulterà certamente negativo ai fini del suo migliore sviluppo psi­cofisico.

Rosa di 6 anni e Graziella di 7, entrambe rico­verate presso l'orfanotrofio casa «S. C.» di Desio. Abbiamo potuto vedere personalmente le bambine e la nostra conoscenza si limita a quan­to ci è stato detto dalla madre superiora di detto istituto. Non volendo qui entrare in merito alla particolare situazione educativa di questo istituto, ci limitiamo a considerare come una prolungata istituzionalizzazione di bambini porti inevitabilmente a scompensi affettivi e difficoltà maturative nei rapporti interpersonali.

Infine Antonella di 5 anni e Massimo di 4, en­trambi a balia presso una famiglia di Desio. Antonella ha avuto uno sviluppo psicofisico più normale e il rapporto affettivo con i genitori affi­datari risulta valido anche perché è più accettata, desiderando essi da tempo occuparsi di una bam­bina. Massimo invece ha avuto uno sviluppo tur­bato dai continui cambiamenti: in 4 anni è stato affidato alle cure di 3 famiglie. A 3 anni presen­tava un grave ritardo nello sviluppo motorio e nessun controllo degli sfinteri. In questi giorni si potrà avere l'ultima diagnosi dell'équipe dell'ONMI. Certamente per Massimo sarà necessa­rio in futuro un appoggio speciale per le diffi­coltà particolari che gli sono state create dalle varie situazioni socio-ambientali.

Dopo questa analisi della situazione, voluta­mente breve in certe parti, pur avendo cercato di esprimere i dati indispensabili, non ci resta che passare ad un abbozzo di un piano di inter­vento che vogliamo per ora sottoporre alla con­siderazione degli enti più direttamente interes­sati. Se da essi sarà iniziata un'azione di inter­vento e se l'evolversi dei fatti lo permetteranno, sarà poi indispensabile un confronto con altri enti, quali l'ONMI, ad esempio, che tramite l'as­sistente sociale interessata ha promesso un sus­sidio economico sostitutivo al ricovero ed al baliatico, qualora il caso fosse portato avanti dagli enti locali con garanzie di continuità.

 

Intervento a breve termine:

Riteniamo indispensabile ed urgente la collo­cazione della Signora T. e del figlio Vincenzo in un alloggio più adeguato, perlomeno provvisto di acqua e servizi igienici. Questo nonostante ci si renda conto che le capacità di autonomia della madre, sufficienti in condizioni migliori, ora sono in parte compromesse, ma crediamo pure che permanendo nella situazione ambientale attuale non potrebbero che peggiorare. Infatti un allog­gio più adeguato potrebbe permettere il rientro dell'ultimo figlio Giuseppe di 2 mesi e questo ab­basserebbe lo stato di ansietà della madre e po­trebbe stimolare Vincenzo a riprendersi dalla crisi depressiva in cui è avviato.

Se non si vuole rimandare l'intervento a dopo un nuovo ricovero della madre, fatto che potreb­be definitivamente chiudere le possibilità di ri­costruzione del nucleo familiare, è assolutamente necessario fare questo primo passo.

Parallelamente è necessario l'appoggio di spe­cialisti in questo particolare momento, coadiu­vati eventualmente dall'azione di volontari da loro indirizzati.

Al rientro di Giuseppe in famiglia si potrebbe già richiedere da parte dell'ente locale un inter­vento economico dell'ONMI, sostitutivo al rico­vero (il bambino costa 11.000 lire al giorno pres­so l'IPPAI).

A questo punto si può anche sollecitare i pa­renti della signora T. ad un appoggio morale. Dai nostri contatti con tutti i suoi parenti ab­biamo rilevato che in questo momento la mag­gior parte di essi è in difficoltà economiche per particolari situazioni, ma probabilmente si po­trebbe ottenere, almeno per ora, un loro inte­ressamento concretizzabile in un appoggio af­fettivo.

 

Intervento a medio termine:

Qui saremo più schematici, infatti tutto è su­bordinato alla tempestività e buona riuscita dell'intervento a breve scadenza. Si dovrebbe sol­lecitare l'espletamento delle formalità neces­sarie per togliere la patria potestà al padre.

E questa azione portata avanti correttamente ridarebbe più sicurezza alla signora T.

Si dovrebbero reinserire in famiglia le due figlie attualmente ricoverate in istituto. E di con­seguenza il comune interverrebbe con un sussi­dio sostitutivo al ricovero. Nello stesso tempo procederebbe l'azione di appoggio iniziata nell'intervento a breve termine.

 

A lungo termine:

Ricostruzione del nucleo familiare col rientro di due figli attualmente a balia. Nuovo intervento economico dell'ONMI invece della retta per la ba­lia. Eventuale appoggio di una figura valida ad ore, pagata con questi soldi dal comune.

Sottolineiamo nuovamente la schematicità del­la programmazione degli interventi a medio ed a lungo termine perché necessariamente sono subordinati alla positività dei primi interventi e sono possibili di mutamenti, che potrebbero mi­gliorarli, qualora il caso fosse diligentemente seguito.

Ci rendiamo perfettamente conto che un'ap­profondita analisi di una simile situazione porta inevitabilmente allo scontro con grossi problemi quali: l'immigrazione, la casa, la sanità, ed altri ancora, ma il nostro intervento, non volendo e potendo logicamente dare delle soluzioni globali, vuole soltanto essere un apporto per una rinnovata impostazione dei servizi sociali. Abbiamo toccato il problema degli interventi sostitutivi al ricovero, già iniziati dalla provin­cia, dall'ECA e dal comune di Milano, e che a nostro parere sono indispensabili per un nor­male sviluppo della personalità, il problema dell'assistenza domiciliare già affrontato in alcuni comuni (es. Gorgonzola), e province (es. Reggio Emilia), con esiti assai positivi. E per ultimo il grosso problema dell'intervento primario, spet­tante al comune, secondo gli indirizzi attuali del­la regione Lombarda, che si può iniziare con la fattiva collaborazione dei molti enti che fino ad oggi erano operanti nel campo assistenziale.

Questo per garantire un corretto e valido aiuto agli utenti, mirante non a sostituirsi ad essi ed a relegarli in istituzioni, ma a permettere il più possibile lo sviluppo delle loro capacità umane.

 

Risultati ottenuti

1 - È stato assegnata alla Signora T. una casa materialmente e igienicamente adeguata.

2 - La Signora T. riceve mensilmente L. 160.000 dal marzo u.s.

3 - Con questa somma la Signora T. paga un aiuto domiciliare, reperito dal Comune di Desio.

4 - I figli sono rientrati tutti dagli Istituti, una sola è rimasta in affido.

5 - La gestione dei problemi socio-assistenziali della famiglia è condotta dal Comune, che coordina pertanto gli interventi degli altri Enti competenti per Legge.

6 - Tale soluzione ha permesso di realizzare un non indifferente vantaggio economico per le comunità, rispetto alle dispendiose soluzioni precedenti per ciascun componente, basate sulla istituzionalizzazione.

 

 

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