Prospettive assistenziali, n. 27, luglio-settembre 1974

 

 

ATTUALITÀ

 

LA POSIZIONE DEL SINDACATO IN MATERIA DI MEDICINA E IGIENE DEL LAVORO

SERGIO MUSSO

 

 

I padroni, abituati come sono a guardare solo all'aumento della produzione e dei profitti, han­no sempre dimostrato una scarsa attenzione alla tutela dell'integrità fisica dei lavoratori e quan­do succedono infortuni, siano essi gravi o mor­tali, sono sempre pronti a scaricare le colpe su presunte disattenzioni dei lavoratori o alla fa­talità.

Non solo, ma anche gli enti preposti a garanti­re misure di prevenzione, quando si comportano con correttezza o quando fanno delle prescrizioni all'azienda, non hanno mai informato la struttura sindacale di fabbrica dei lavoratori; hanno sem­pre escluso cioè l'unica forza in grado di poter imporre al padrone di fare, nei tempi dati, le mo­difiche prescritte dalla legge.

Questa situazione, che fa registrare al nostro paese livelli impressionanti di infortuni e di casi di invalidità da lavoro, è anche quella che va convincendo sempre di più i lavoratori che non si può continuare a delegare ad altri la difesa della propria salute.

Oggi i lavoratori sono sempre più consapevoli che la salute è un bene inestimabile, persa la quale si viene esclusi dal contesto produttivo e sociale, si entra nel novero degli assistiti, degli emarginati.

Per questo la forte reazione operaia sviluppa­tasi in questi anni contro gli omicidi bianchi (1), contro la prassi padronale di monetizzare con po­che lire orarie il rischio e il danno alla salute e con pensioni di fame la invalidità lavorativa, ha fatto sì che la tematica dell'ambiente di lavoro sia diventata uno dei cardini delle rivendicazioni e della contrattazione sindacale.

Questa volontà di affrontare in prima persona i problemi dell'ambiente di lavoro ha portato il sindacato e i lavoratori a ricercare, in ogni si­tuazione omogenea di lavorazione, le cause di rischio e di possibile danno alla salute e poi a lottare per imporre tutte quelle modifiche all'am­biente e alle condizioni di lavoro atte a ridurre o eliminare i rischi e le cause di danno.

Il sindacato, in questi anni, ha cioè affermato nei contratti di lavoro e negli accordi aziendali principi di contrattazione che aprono la strada ad un modo nuovo di difendere la salute dei la­voratori valorizzando al massimo il momento del­la prevenzione. Poiché i lavoratori vogliono gesti­re in prima persona la tutela della loro salute e non vogliono più delegare ad altri la soluzione di problemi che solo loro possono imporre con la contrattazione e con la lotta, è però anche neces­sario far sì che i tecnici e le tecniche vengano utilizzati dai lavoratori in modo diverso da come è avvenuto sinora.

Scartata l'ipotesi del tecnico positivista o del tecnico buono, i lavoratori hanno anche preso at­to che non basta affermare genericamente che le cause principali che producono il rischio e danno alla salute sono da ricercarsi nell'ambien­te di lavoro.

L'esperienza di questi anni, infatti, ha dimo­strato che non si modifica l'unilateralità delle de­cisioni padronali su ogni aspetto dell'ambiente di lavoro senza una conoscenza partecipata e senza la possibilità di decisione e di intervento da par­te del gruppo di lavoratori interessato a queste modifiche.

Coerentemente con questa impostazione, il sindacato ha anche polemizzato nei confronti di coloro che pensano di poter affrontare e risolve­re i problemi della nocività negli ambienti di la­voro iniziando dagli interventi tecnici: rilevazio­ni tecniche dei dati ambientali, visite mediche, esami.

Per il sindacato la prima cosa da fare, per im­porre la modifica di un ambiente o di certe con­dizioni di lavoro, è conoscere questo ambiente e valutare i rischi e i danni che esso determina o può provocare.

Questa operazione di analisi e di valutazione per individuare le cause di rischio e di danno pre­senti in ciascun luogo di lavoro è fondamentale che venga fatta prima di tutto dai lavoratori che lavorano in quell'ambiente di lavoro, dai lavorato­ri di quel gruppo omogeneo di lavorazione.

La ricerca e la valutazione, inoltre, non devono essere un fatto individuale - distribuzione di una scheda a tutti i lavoratori del gruppo e poi sintesi delle risposte - o fatta dal delegato in­terpretando la volontà dei lavoratori del gruppo, ma deve essere organizzata in modo da garantire la partecipazione congiunta di tutti i lavoratori al­la discussione.

Infatti, solo se si riesce a determinare questa partecipazione si ha poi la garanzia di un succes­sivo impegno di tutti i lavoratori del gruppo a co­struire e sostenere l'iniziativa e la lotta per mo­dificare l'ambiente di lavoro.

Per favorire questo tipo di analisi e di valuta­zione partecipata, il sindacato ha formulato un questionario di gruppo che consente di realiz­zare:

- l'analisi delle possibili cause di rischio e di danno alla salute presenti nell'ambiente di lavoro, condotta in base ad uno schema che rag­gruppa i fattori nocivi in quattro gruppi (2) ;

- l'analisi degli effetti sulla salute dei lavo­ratori del gruppo, che derivano dagli infortuni, dai disturbi e dalle malattie;

- l'analisi e la valutazione delle rivendicazio­ni da presentare all'azienda per le necessarie mo­difiche all'ambiente e alle condizioni di lavoro;

- l'analisi e la valutazione delle richieste da sottoporre ai tecnici e ai medici per le rilevazioni dei dati ambientali, per le visite mediche e esami. Nelle situazioni dove il questionario è stato utilizzato correttamente, tutti i lavoratori del gruppo non solo hanno partecipato attivamente all'analisi per la individuazione delle cause di ri­schio e di danno alla salute provocate dall'am­biente di lavoro, ma, assieme alla costruzione di una visione autonoma delle loro condizioni, han­no anche maturato la coscienza di cambiare con la lotta queste condizioni.

Dopo aver analizzato collettivamente le cause di possibile danno e gli effetti del danno della loro salute, i lavoratori del gruppo pongono ai tecnici quesiti ben precisi e pretendono dai tec­nici risposte altrettanto precise:

- quali sono i rischi che possono derivare dalle cause di possibile danno presenti nell'am­biente di lavoro;

- partendo dagli effetti (infortuni, malattie, disturbi), che i lavoratori riscontrano su di loro, quali sono i rischi che ne possono derivare ri­spetto ad un ulteriore aggravamento del loro sta­to di salute;

- quali rilevazioni dei dati ambientali e quali visite e esami devono essere richiesti. L'affermazione della non delega e della con­trattazione permanente e diretta della propria sa­lute diventa, quindi, anche un confronto perma­nente e dialettico con i ricercatori e gli operato­ri e, inoltre, afferma e rafforza l'aspetto sogget­tivo che l'analisi del gruppo ha introdotto nella contrattazione dell'organizzazione del lavoro. Attraverso questo tipo di contrattazione e l'af­fermazione che l'analisi del gruppo è, in definiti­va, l'unico punto di riferimento veramente scien­tifico, i lavoratori del gruppo riescono anche ad affermare come accettabili solo quelle condizioni di lavoro che essi ritengono tali in base ad una valutazione che si riferisce direttamente all'espe­rienza dei lavoratori stessi.

Infatti, i tecnici con i loro strumenti misurano un aspetto alla volta (temperatura, polvere, rit­mi ecc.) e poi con complicati ed empirici calcoli cercano di mettere questi valori in correlazione tra loro alla ricerca di fasce di valori ottimali all'interno delle quali i lavoratori dovrebbero tro­vare una condizione di benessere.

Ma i lavoratori sanno per esperienza diretta che, a fronte di un rumore e di una illuminazione ottimali, quando a questi si aggiungono la pre­senza di polvere di silice, ritmi di lavoro molto intensi e parcellizzati, tre turni di lavoro alterna­ti, per loro il danno alla salute è una delle poche cose che si realizzerà con certezza.

A questo riguardo è forse opportuno citare ciò che, durante un corso di formazione sindacale, di­ceva a delle lavoratrici tessili un tecnico: «Voi non avete assolutamente bisogno di tecnici che con complicati apparecchi vengano a misurare minuziosamente i fattori presenti nei vostri am­bienti di lavoro. Lo strumento migliore lo avete tutti voi ed è il vostro stesso corpo, dotato di una sensibilità superiore ad ogni apparecchio. È quin­di il vostro corpo che dovete per prima cosa esa­minare. Dovete cioè valutare le varie sensazioni che voi stessi provate nell'ambiente di lavoro: sensazioni di caldo, di freddo, di rumorosità, di fastidio, di fatica, di noia estrema, di ribellione ad una situazione intollerabile. È chiaro che se un gruppo di persone che lavorano nello stesso am­biente mi dicono che l'ambiente in cui lavorano è troppo caldo, anche se il termometro del tecni­co mi dà dei valori che secondo tabelle elaborate dai più valenti scienziati indicano quella tempe­ratura come confortevole, io considererò valido il giudizio dei lavoratori di quel gruppo e getterò via quel termometro inutile».

Si tratta qui di un modo concreto di incentiva­zione per dare coscienza e far crescere prima di tutto la capacità di contrattazione dei lavoratori del gruppo che può, però, realizzarsi solo se i tec­nici riconoscono che il gruppo omogeneo è l'in­terlocutore indispensabile. Ecco quindi che la classe operaia afferma la sua egemonia su questi problemi, prima di tutto rifiutando la monetizza­zione, ma anche attraverso una reale capacità di contestare permanentemente la concezione pa­dronale del rischio e dei danni e l'uso che il pa­drone ha sempre fatto dei tecnici e delle tec­niche.

È partendo da queste basi e da questi presup­posti che, nella regione Piemonte, il sindacato ha cercato di costruire una saldatura ed una con­tinuità tra l'iniziativa di fabbrica e quella sul ter­ritorio. Si tratta di una iniziativa difficile e com­plessa che trova i suoi ostacoli prima di tutto nella linea che persegue la giunta regionale e specificatamente l'assessorato alla sanità, ma an­che nella estrema lentezza, diffidenza e disconti­nuità che il sindacato dimostra per far assumere ai comuni precisi e concreti impegni nel campo della medicina e igiene del lavoro.

Per quanto si riferisce alla regione Piemonte basterà dire che i bilanci della regione del 1972 e del 1973 non prevedevano alcun stanziamento per la medicina e l'igiene del lavoro.

Solo nel secondo semestre del 1972 e su espli­cita richiesta delle organizzazioni sindacali la re­gione Piemonte ha istituito, sotto la responsabili­tà dell'assessorato alla sanità, una commissione politico-tecnica composta di rappresentanti della regione e delle organizzazioni sindacali allo sco­po di formulare precise proposte nel campo del­la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro aventi co­me riferimento prioritario le conquiste realizza­te dai lavoratori nei contratti di lavoro e negli ac­cordi aziendali in tema di ambiente di lavoro.

Nel corso dei confronti che si sono susseguiti, la regione Piemonte, pur non potendo negare che i comuni sono destinatari dei servizi di primo li­vello, nei fatti ha sempre teso a realizzare una si­tuazione di accentramento gestionale di questa attività. Malgrado questi ostacoli il consiglio re­gionale votò alla unanimità la proposta di delibe­ra presentata dall'assessorato alla sanità in cui si affermava che «l'amministrazione regionale pro­muove l'istituzione di unità di base, operanti in circoscrizioni comprendenti il territorio di uno o più comuni, su deliberazione dei comuni interes­sati, adottata d'intesa con l'amministrazione re­gionale».

Nel dibattito tutti i capigruppo e lo stesso presidente della giunta Calleri sottolineavano che la regione doveva assolvere compiti di pro­mozione e di coordinamento al fine di consentire ai comuni (singoli o associati) di poter gestire direttamente l'attività di medicina e igiene del lavoro.

Si poteva quindi dire, senza tema di smentita, che la delibera votata all'unanimità da tutto il consiglio regionale il 19 luglio 1973 era il risul­tato della pressione svolta dal sindacato e anche dai comuni per la costruzione dal basso degli obiettivi di riforma sanitaria e per far assumere alla Regione, sul piano della promozione e del coordinamento, quest'aspetto fondamentale dell'attività delle future unità sanitarie e locali.

Inoltre, per il sindacato e nelle esplicite dichia­razioni dei capigruppo all'atto dell'approvazione della delibera, le unità di base sono previste co­me strutture delle future unità sanitarie locali.

Infatti i compiti delle unità di base previsti dal­la delibera regionale sono:

- censire le attività produttive, i procedimen­ti tecnologici, le sostanze usate, ecc.;

- effettuare direttamente o indirettamente le rilevazioni dei dati ambientali;

- raccogliere e elaborare tutti i dati riguar­danti la salute dei lavoratori.

La realizzazione delle unità di base, per il sin­dacato, rappresenta una reale alternativa ai ser­vizi di fabbrica e all'ENPI e, rispetto agli inter­venti di primo livello, alle stesse cliniche del la­voro.

L'unità di base diventa cioè «l'ente scelto di comune accordo» (dizione largamente presente nei contratti nazionali di lavoro e negli accordi aziendali), garantendo così continuità e saldatu­ra dell'iniziativa in fabbrica con quella sui ter­ritorio.

Nella impostazione del sindacato i gruppi omo­genei attraverso il consiglio di fabbrica o il con­siglio intercategoriale di zona opereranno in mo­do da presentare alla unità di base precise richie­ste o programmi di intervento e i tecnici delle unità di base prima dovranno assumere tutti i da­ti dei gruppi omogenei (cause di danno, effetti, rischi, richieste di rilevazioni, visite e esami con­tenute nelle schede riepilogative dei questionari di gruppo), e solo in un secondo tempo organiz­zare i loro interventi come, dove e quando indi­cato e richiesto dai lavoratori.

Si tratta di un'impostazione anche qui coeren­te con l'affermazione della non delega e della istituzione di un rapporto con i tecnici non stru­mentale, basato su un reciproco scambio di informazioni e di responsabilizzazione; si tratta del­la formazione di un metodo di intervento che vuo­le impostare e realizzare la prevenzione a livello di gruppo e a livello dei singoli componenti il gruppo, mettendo in correlazione il rischio e i1 danno con l'organizzazione del lavoro e con le condizioni di vita.

La realizzazione delle unità di base (così come le concepiscono le organizzazioni sindacali) può rappresentare quindi un primo e concreto atto di costruzione dal basso e con gestione partecipa­ta di un servizio importante come la tutela sani­taria nei luoghi di lavoro, che nella sua attività facilita la saldatura con gli altri servizi (poliam­bulatori, centri diagnostici e di prevenzione, ospedali, servizi psichiatrici, ecc.) e apre la stra­da ad una azione incisiva per realizzare modelli di unità dei servizi e, quindi, vera riforma. Tutta­via, violando tutti gli impegni assunti e ignorando sprezzantemente le delibere adottate nello spi­rito e nella lettera della delibera ragionale del 19 luglio 1973 da circa trenta comuni del Piemonte con forti realtà operaie, l'assessorato alla sanità della regione ha fatto approvare alla giunta regionale una serie di atti e di scelte che, avendo avuto conferma nel bilancio regionale per il 1974, vanno contro la realizzazione del decentramento dei poteri, sanciscono il rifiuto della partecipa­zione dei lavoratori e dei cittadini e di ogni inter­vento gestionale dei comuni.

Si tratta però di una linea che viene contrasta­ta non solo dalle organizzazioni sindacali, ma an­che con precise iniziative e documenti pubblici da comuni, che hanno chiesto al riguardo l'inter­vento dello stesso nuovo presidente della giunta regionale Oberto.

In base a questa specie di mediazione, l'asses­sore alla sanità, in un incontro avvenuto il 24 apri­le 1974, si era assunto l'impegno di sottoporre ai rappresentanti dei comuni interessati e alle organizzazioni sindacali una proposta con l'inten­to di sbloccare la situazione.

Ma, come era facile prevedere, tutti gli sforzi fatti dall'assessore regionale alla sanità e dai suoi collaboratori sono stati tesi a riconfermare e rafforzare le precedenti posizioni accentratrici e di potere (v. l'allegato 1).

Alle organizzazioni sindacali non restava che puntualizzare le proprie posizioni, formulando una precisa e costruttiva ipotesi alternativa (v. l'allegato 2) che fosse coerente con le posizioni assunte dai comuni che hanno deliberato l'istitu­zione delle unità di base e in linea con gli obiet­tivi di riforma, con i disposti dello statuto regio­nale e della stessa costituzione che prevedono che l'esercizio delle funzioni regionali venga de­legato agli enti locali.

L'esperienza di circa due anni di rapporti con i rappresentanti del governo regionale per realiz­zare nella regione Piemonte un'attività omogenea, decentrata e partecipata nel campo della medicina e igiene del lavoro, porta il sindacato a dire che l'assessorato alla sanità ed i suoi coin­teressati collaboratori perseguono l'obiettivo di accentrare nelle loro mani tutto quanto sarà loro consentito.

Non hanno ancora finito di accentrare la parte riferita alle rilevazioni dei dati ambientali che già guardano alla medicina del lavoro e ai servizi di pronto soccorso.

Al sindacato e ai lavoratori resta il compito di operare per realizzare, in accordo con i comuni, iniziative concrete e scelte che si contrapponga­no a quella che persegue attualmente la regione Piemonte e che affermino la volontà e la capaci­tà di realizzare una vera saldatura tra l'iniziativa di fabbrica e quella sul territorio, nella prospet­tiva di una vera riforma in campo sanitario e as­sistenziale e della realizzazione delle unità loca­li dei servizi sanitari e sociali.

 

Allegato 1

DOCUMENTO DELL'ASSESSORATO ALLA SANITÀ DELLA REGIONE PIEMONTE

 

Vista la delibera del Consiglio Regionale in data 19 lu­glio 1973 viene istituito il servizio di tutela sanitaria dei luoghi di lavoro di cui al D.P.R. 14-1-1971, n. 4, art. 1, let­tera «C».

Il servizio di igiene del lavoro viene svolto dalle Unità di base operanti in circoscrizioni comprendenti il territorio di uno o più Comuni consociati su deliberazione dei Comu­ni interessati e adottata di intesa con l'Amministrazione Regionale, la quale indicherà le circoscrizioni di competen­za delle singole unità.

L'attività delle Unità di base comunali o intercomunali è diretta dagli Ufficiali Sanitari Comunali.

L'attività delle unità sarà svolta sotto la direzione dell'Ufficiale Sanitario del Comune ove ha sede l'unità d'in­tesa con l'Ufficiale Sanitario del Comune ove l'attività si svolge.

Il servizio di igiene del lavoro al fine di tutelare la sa­lute dei lavoratori nel territorio di competenza si avvale di propri presidi forniti dalla Regione.

 

Compiti specifici del servizio:

- censimento delle attività produttive nelle singole cir­coscrizioni, descrizione dei procedimenti tecnologici adot­tati nelle singole lavorazioni, individuazione delle sostanze usate;

- rilevazione dei rischi ambientali mediante: il prelie­vo, la raccolta campioni, la registrazione dei fenomeni fisici negli ambienti di lavoro e la rilevazione di ogni altro fattore potenzialmente lesivo alle condizioni di lavoro, secondo i criteri e le procedure che saranno indicati dall'Amministra­zione Regionale sentito il Comitato Regionale per la tutela sanitaria dei luoghi di lavoro;

- raccolta dei dati biostatistici, compresi gli infortuni, le malattie, le risultanze delle visite di assunzione, periodi­che, di idoneità; la verifica degli esiti delle visite e degli esami periodici, la verifica del registro delle vaccinazioni antitetaniche obbligatorie;

- la registrazione e/o la verifica del registro dei dati ambientali;

- esecuzione di indagini epidemiologiche che secondo le direttive stabilite dall'Amministrazione Regionale sentito il Comitato Regionale può verificare periodicamente le con­dizioni igienico ambientali dei luoghi di lavoro e degli im­pianti industriali che per loro natura rendono consigliabile detta verifica;

- controllo sanitario sulle emissioni ed immissioni nell'ambiente circostante dei rifiuti industriali fatte salve le indicazioni di legge e le competenze di altri organismi le­galmente preposti.

I dati raccolti verranno trasmessi in copia dalla Unità di base all'Amministrazione Regionale secondo procedure da stabilire.

Al fine di garantire il miglior funzionamento del servizio, l'Assessorato della Sanità prenderà opportuni accordi con l'ispettorato del lavoro e con ogni altro Ente interessato per legge alla tutela sanitaria dei luoghi di lavoro.

In ogni singola Provincia il collegamento dei detti organi ed Enti è demandato al Medico Provinciale quale capo dell'ufficio decentrato dell'Amministrazione Regionale.

 

Organico del nucleo operativo

Il personale minimo è costituito dall'Ufficiale Sanitario, direttore responsabile dell'Unità, da un tecnico diplomato, da un applicato addetto alla segreteria. Questo organico può essere opportunamente ampliato in relazione alle effet­tive esigenze locali del servizio.

 

Regolamento operativo

Il servizio viene attivato su richiesta:

- dell'Amministrazione Regionale;

- dell'Amministrazione Comunale;

- delle rappresentanze dei lavoratori;

- dei datori di lavoro;

- dell'Ispettorato del lavoro;

- di Enti o organismi legalmente interessati alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro.

Gli interventi sono stabiliti dall'Ufficiale Sanitario.

I sopralluoghi negli ambienti di lavoro saranno previa­mente concordati con le organizzazioni sindacali e padro­nali.

I dati rilevati saranno direttamente trasmessi alle parti interessate e copia di questi verrà trasmessa all'Assesso­rato alla Sanità.

Le Unità di base terranno un diario aggiornato sul quale viene annotata tutta l'attività del servizio.

Le Unità di base richiedono direttamente l'intervento dei servizi di igiene e medicina del lavoro di secondo livello. L'esecuzione delle visite mediche periodiche di control­lo, di idoneità non rientra nei compiti istitutivi delle Unità di base.

Il prelievo e l'esecuzione degli esami su materiale bio­logico può essere effettuato in caso di esami di maggior complessità servendosi dei laboratori degli Ospedali dei capoluoghi di provincia ed altri indicati dall'Amministrazio­ne Regionale.

Delimitare l'area degli esami che non sono pagati dalle Mutue, ecc.

Per gli altri, dovrebbesi mettere a carico degli Istituti.

Si segnala l'obbligo di denuncia all'Ispettorato del lavoro delle inadempienze alle leggi vigenti e l'opportunità di se­gnalazione all'Ispettorato del lavoro di tutte le situazioni abnormi che vengano evidenziate nell'ambito dell'UDB.

Gli interventi delle UDB sono programmati dall'Ufficiale Sanitario e concordati con l'Amministrazione Regionale ogni qualvolta venga richiesto l'intervento dei servizi di medicina ed igiene del lavoro di terzo livello. Le prestazioni richieste da aziende direttamente ed in seguito ad accordi sindacali saranno fatturate in base ad un tariffario appro­vato dalla Regione.

 

 

Allegato 2

DOCUMENTO CGIL, CISL, UIL DEL PIEMONTE

 

Punti d'intesa per una convenzione tra Amministrazione Regionale e Comuni (singoli o associati) che deliberano l'istituzione delle Unità di base ai sensi della delibera del Consiglio Regionale del 19 luglio 1973.

 

Il servizio di medicina e igiene del lavoro viene svolto dai Comuni (singoli o associati) mediante propri servizi operanti in circoscrizioni comprendenti il territorio di uno o più Comuni e (per quelli metropolitani) parte di essi su deliberazione dei Comuni interessati e valida sino all'ap­provazione della legge regionale di delega ai Comuni delle funzioni sanitarie e di servizio sociale.

In attesa dell'istituzione delle unità sanitarie locali e di servizio sociale, l'Amministrazione Regionale indicherà le circoscrizioni di competenza delle singole Unità di base.

Le Unità di base dipendono dai servizi comunali o con­sortili e operano in stretto rapporto di collaborazione con gli organismi rappresentativi dei lavoratori.

 

Compiti specifici dell'Unità di base:

- censimento delle attività produttive nelle singole cir­coscrizioni, descrizione dei procedimenti tecnologici adot­tati nelle singole lavorazioni, individuazione delle sostanze usate;

- rilevazione dei rischi ambientali mediante il prelievo, la raccolta campioni, la registrazione dei fenomeni fisici negli ambienti di lavoro e la rilevazione di ogni altro fat­tore potenzialmente lesivo alle condizioni di lavoro;

- raccolta dei dati biostatistici, compresi gli infortuni, le malattie, le risultanze delle visite di assunzione, perio­diche e di idoneità; raccolta e verifica degli esiti delle vi­site e degli esami periodici; verifica del registro delle vac­cinazioni antitetaniche obbligatorie;

- contribuire (direttamente o indirettamente) alla com­pilazione e all'aggiornamento del registro dei dati ambien­tali;

- esecuzione di indagini epidemiologiche (su indicazio­ne dell'Amministrazione Regionale in base a conforme pa­rere del Comitato regionale) per verificare periodicamente sulla scorta dei dati in possesso, le condizioni igienico am­bientali dei luoghi di lavoro e degli impianti industriali.

Tutti i dati in possesso dell'Unità di base devono essere trasmessi ai Comuni (singoli o associati) ed il Comune dove ha sede l'Unità provvederà ad inoltrarne copia all'As­sessorato Regionale della Sanità.

Allo scopo di garantire nel territorio della Regione una attività omogenea di intervento nel campo della medicina e igiene del lavoro, gli interventi di cui ai punti precedenti vengono effettuati secondo criteri e procedure indicati dall'Amministrazione Regionale su parere conforme del Comitato regionale.

In assenza dell'indicazione di detti criteri e procedure da parte dell'Amministrazione Regionale, i Comuni (singoli o associati) procederanno di loro iniziativa.

L'attività tecnica delle Unità di base comunali o interco­munali è svolta sotto la direzione degli Ufficiali sanitari co­munali.

L'attività tecnica delle Unità di base che interessa più Comuni, sarà svolta sotto la direzione dell'Ufficiale sani­tario del Comune ove ha sede l'unità, d'intesa con l'Uffi­ciale sanitario del Comune ove l'attività si svolge.

 

Compiti specifici dei Servizi comunali o consortili:

- controllo sanitario sulle emissioni ed immissioni nell'ambiente circostante dei rifiuti industriali fatte salve le indicazioni di legge e le competenze di altri organismi le­galmente preposti;

- promozione dell'idoneità strutturale ed operativa dei luoghi di lavoro sotto il profilo igienico sanitario.

 

Organico del nucleo operativo

Il personale minimo dell'Unità di base è costituito dall'Ufficiale sanitario, direttore responsabile sul piano tecni­co dell'unità, da un tecnico diplomato e da un applicato ad­detto alla segreteria.

Questo personale è assunto nei ruoli organici del Co­mune e può essere opportunamente ampliato in relazione alle effettive esigenze locali del servizio.

Al fine di garantire il miglior funzionamento del servizio di medicina e igiene del lavoro, i Comuni (singoli o asso­ciati):

- prenderanno accordi opportuni con il Centro Regio­nale per la tutela sanitaria nei luoghi di lavoro, con l'ispet­torato del Lavoro e con ogni altro Ente pubblico interessato per legge alla tutela sanitaria nei luoghi di lavoro;

- si avvalgono del personale medico e paramedico dei propri uffici e possono utilizzare le strutture esistenti a li­vello provinciale preposte ad attività di prevenzione.

Le Unità di base terranno un diario aggiornato sul quale viene annotata tutta l'attività del servizio.

L'esecuzione delle visite mediche periodiche, di control­lo, di idoneità non rientra nei compiti istitutivi delle Unità di base ma in quelli comunali o consortili.

I tecnici che operano all'interno delle Unità di base han­no l'obbligo di denuncia all'Ispettorato del lavoro delle ina­dempienze delle leggi vigenti e devono assolvere all'oppor­tunità di segnalare all'Ispettorato del lavoro tutte le situa­zioni abnormi che vengono evidenziate.

L'Amministrazione Regionale assicura il coordinamento delle attività e dei servizi nell'ambito della programmazio­ne sanitaria regionale attraverso l'Assessore alla Sanità della Regione e al Comitato regionale istituito, con compiti di consulenza e proposta, presso l'Assessorato alla Sanità della Regione.

 

Contributo finanziario della Regione

Il servizio di medicina e igiene del lavoro è gratuito per i lavoratori.

Le contribuzioni aziendali, derivanti dagli accordi sinda­cali per interventi effettuati o da effettuarsi nel campo del­la medicina e igiene del lavoro, spettano al Comune in cui lo stabilimento ha la propria sede operativa. All'atto della istituzione delle Unità sanitarie locali le contribuzioni di cui sopra passeranno dai Comuni alle U.S.L.

Le attrezzature di cui la Giunta regionale ha già delibe­rato l'acquisto (delibere n. 1640-1641-1787-1789) verranno assegnate per l'insediamento di altrettante Unità di base ai Comuni.

Per l'acquisto di nuove attrezzature, ampliamento dell'or­ganico e/o spese di gestione del servizio, i Comuni (sin­goli o associati) in cui è istituita l'Unità di base presente­ranno all'Amministrazione Regionale entro il ..... di ogni anno una relazione di attività con bilancio consultivo non­ché un programma di intervento con relativo bilancio pre­ventivo.

I Comuni (singoli o associati) che intendano deliberare l'istituzione dell'Unità di base presenteranno all'Ammini­strazione Regionale un programma di attività con relativo bilancio preventivo.

All'atto dell'istituzione delle Unità sanitarie locali e di servizio sociale l'intervento delle Unità di base verrà ri­strutturato e collocato all'interno dei servizi delle U.L.S. e di servizio sociale.

Entro il ..... di ogni anno il Consiglio Regionale appro­va il programma annuale di intervento nel campo della medicina e igiene del lavoro con relativo piano di finanzia­mento.

 

Punti che si suggerisce vengano assunti nelle delibere dei Comuni che istituiscono le Unità di base

1. Per garantire la massima partecipazione dei lavoratori al funzionamento politico-organizzativo dell'Unità di base i Comuni (singoli o associati) si avvalgono, a livello di cia­scuna Unità, di un organismo con funzione programmatoria e con poteri consultivi composto da rappresentanti del Consiglio comunale, da rappresentanti dei lavoratori e dall'Ufficiale sanitario.

Le Amministrazioni Comunali o consortili adottano i ne­cessari provvedimenti ed iniziative su parere conforme de­gli organismi di cui sopra.

2. Per agevolare le procedure, l'Unità di base è autoriz­zata a trasmettere direttamente i dati ai richiedenti gli in­terventi e all'Amministrazione Regionale.

 

 

 

(1) Su 19 milioni di lavoratori occupati si sono registrati:

- 1.000.000 di infortuni denunciati e 3.750 morti sul lavoro nel 1954;

- 1.500.000 infortuni denunciati e 4.780 morti sul lavoro nel 1968;

- 1.640.000 casi di infortuni denunciati e 4.360 morti sul lavoro nel 1970.

(2) Lo schema dei quattro gruppi di fattori è così suddiviso:

- il 1° gruppo comprende i fattori legati all'ambiente, di per sé non nocivi, ma che possono diventarlo quando vi siano eccessi o carenze: temperatura, umidità, ventilazione, rumore, illuminazione, cubatura e spazio;

- il 2° gruppo comprende i fattori nocivi connessi alla lavorazione: polveri, liquidi, solventi, fumi, gas, vapori, vibrazioni, radiazioni, ecc.;

- il 3° gruppo comprende i fattori nocivi derivanti dallo sforzo fisico e dalla attività muscolare: lavoro molto faticoso, po­sizioni obbligatoriamente scomode e innaturali, ecc.;

- il 4° gruppo comprende i fattori nocivi diversi dalla attività muscolare e tipici dell'attuale organizzazione del lavoro: ritmi e carichi di lavoro, mancanza di pause, monotonia, ripetitività, responsabilità, turni alternati, ecc.

 

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