Prospettive assistenziali, n. 28, ottobre-dicembre
1974
ATTUALITÀ
TEMPO
LIBERO E SOGGIORNI DI VACANZA
JOLE MEO SOSSO
Da anni si parla ormai di «tempo
libero». Filosofi, sociologi, pedagogisti, studiosi hanno dato contributi significativi alla conoscenza del rapporto e
dell'interazione gioco-lavoro. Proprio al tempo libero concepito come riposo,
svago, diletto e alle sue valenze sociali di educazione
di gruppo, sociologi e politici hanno inteso dare nuovi modelli per l'attuazione
dei quali si sono avute discussioni culturali e politiche, discussioni di programmazione
generale dei servizi, rivendicazioni sindacali con tutti i problemi connessi
all'intera ristrutturazione dei servizi. Ne è nata una
battaglia di contenuto culturale e sociale che ha coinvolto la scuola, la
qualificazione e riqualificazione del personale, la piattaforma rivendicativa
della classe operaia impegnata in questi ultimi tempi ad interessarsi più alla
riforma dei servizi in generale, che ad una trattativa meramente salariale.
Alcune novità ci sano
state a tutti (i livelli: culturale,
da parte di specialisti che vedono la soluzione dei problemi a livello di
creazione di tecnici sempre più specializzati e quindi di nuove scuole ad hoc,
per formare personale, adatto al tempo libero; da parte legislativa, con il decreto delegato alle Regioni che dovrebbero
impegnarsi a legiferare sul tempo libero con particolare riferimento alle colonie;
da parte sindacale, con rivendicazioni
sulla gestione del servizi da parte dei lavoratori.
Come sempre accade in queste cose,
ciascuno dà al problema il taglio che gli è proprio,
subendo evidentemente l'impronta culturale della società in cui ci si è
trovati a vivere; dimenticando in buona fede o meno le implicazioni politiche
di certe soluzioni, dando spazio anche a soluzioni o a tesi che nella loro
divisione o settorialità non tengono conto della globalità
del bisogno del cittadino utente.
Si continua perciò ad alimentare una
pluralità di enti, associazioni, gruppi impegnati per
il tempo libero (ENAL, ARCI, UISP, dopolavori aziendali, assessorati di enti
locali) tesi a voler gestire il proprio servizio, anziché preoccupati di sviluppare
una politica di servizi mediante un confronto e una verifica generale. Al
massimo si tenta di migliorare le strutture preparando meglio il personale
predisposto al servizio, offrendo una vacanza più libera (il campeggio),
estendendola magari oltre che ai ragazzi ad un'altra categoria di popolazione
(pensionati poveri), senza una politica che tenga
conto sia della programmazione territoriale e della zonizzazione dei servizi
sia della riforma della scuola (il tempo pieno dovrebbe considerare il tempo
libero come normale proseguimento del tempo scolastico) che nelle esperienze
dovrebbe trovare per tutti un nuovo rapporto tra il suo messaggio e la vita
sociale.
È inutile quindi, per migliorare
l'organizzazione del tempo libero, prospettare solo nuove scuole per
specialisti animatori; dal momento che il tempo libero
non si vive solo l'estate, la sua impostazione deve essere reinventata.
Perché il tempo libero non sia solo consumismo, corse
in macchina, azioni ripetitive, vuoto culturale riempito dallo sport
agonistico, occorre aprire un dibattito tra popolazione, educatori,
organizzazioni culturali e ricreative. Dal momento che
ci sarà sempre maggiore ingerenza della società nei problemi che riguardano il
singolo, è chiaro che gli educatori «tradizionali» saranno al servizio della
classe dominante che li ha prodotti, qualora il discorso non si estenda al
problema delle scelte. In tal modo anche l'eventuale «nuovo educatore» sarà in
ultima analisi un elemento di conservazione con una tecnica più raffinata.
Facciamo l'esempio de,i soggiorni di vacanza dove, anche se non sono
più chiamati colonie, l'utente è ancora affidato all'arbitrio di chiunque (tecnico-educatore-infermiere) detenga un potere diretto o
delegato all'interno dell'istituzione. Il ragazzo infatti
non ha più i suoi abituali rapporti sociali e familiari in cui bene o male si
muove con una certa sicurezza; trapiantato in una diversa situazione si deve muovere
con leggi, consuetudini, strutture gerarchiche del tutto differenti, gli
vengono imposti orari dissueti e riti e procedure non sempre apparentemente
necessarie e questo sforzo di adattamento gli può occupare l'intera durata
della vacanza. In questo caso aumenta vertiginosamente il potere del tecnico e
diminuisce vertiginosamente quello dell'utente.
Ponendosi questi problemi, un gruppo di educatori che
hanno prestato quest'estate la loro opera nei soggiorni di vacanza gestiti
dall'amministrazione provinciale di Pisa, dalla Cassa Mutua AEM di Torino, dal
collettivo educatori dei Centri Rousseau di Milano
si sono confrontati insieme in uno stage. Dopo molti vivaci dibattiti hanno
voluto affrontare per prima cosa il significato del ruolo degli educatori
tecnici nei soggiorni di vacanza in questo momento in
Italia. Si riporta pertanto un documento elaborato dal gruppo su «soggiorni di
vacanza» e alcune riflessioni a maggior chiarimento dei loro orientamenti.
Documento sui
soggiorni di vacanza
Il decreto delegato a proposito di
colonie, conferito alle Regioni, consente a queste ultime di legiferare sulla
colonia intesa non più come momento sanitario-assistenziale, ma come servizio
per tutti i ragazzi, aperto alla partecipazione di base.
Questo nuovo quadro di riferimento
significa possibilità di partecipazione da parte della gente intesa nella sua
espressione associativa e di gruppo alla programmazione e gestione del servizio colonie. Colonie che non devono costituire più
un momento isolato e sperimentale, ma una continuità di vita comunitaria e di esperienza di socializzazione per i ragazzi; servizio
fondamentale che completa ed integra il discorso del tempo pieno scolastico
inteso allora come tempo globale, tempo di appartenenza totale per i ragazzi
che pone a tutti i tecnici operanti nella scuola l'opportunità di qualificarsi
come persone che possono e devono dare un contributo politico-sociale e non
solo tecnico alla realizzazione della riforma scolastica che è strettamente
legata alla riforma dell'aspetto assistenziale italiano, caotico ed affatto
rispondente alle esigenze degli utenti.
Poiché, se è vero che si deve andare
verso il superamento del sistema assistenziale e
quindi di tutti i servizi comprese le colonie, qual è il ruolo che giocano i
tecnici?
Come possiamo
inserire i contenuti specifici di questa singola attività nell'ambito globale
del discorso di tutti i servizi?
Come si concretizza la
partecipazione?
Come si superano
le contraddizioni insite nel sistema e nelle norme, le contraddizioni di natura
politica e culturale degli stessi genitori e dei tecnici?
Dobbiamo ricercare una strategia che
veda impegnati i movimenti di base e quei tecnici che
hanno preso coscienza del problema e ai quali compete il compito di farsi
promotori di modifiche, portatori di informazioni, responsabili a livello
sindacale per inserire il discorso dei servizi nelle piattaforme rivendicative
dei lavoratori che devono farsi carico di questi problemi. Problemi che li
riguardano da vicino ed i cui fruitori sono anche
quella grossa fetta di gente che si potrebbe definire, per intenderci, di
sottoproletariato (bambini poveri, invalidi, vecchi, handicappati ecc.) che è
priva di forza rivendicativa, tanto da non aver potuto determinare alcuna
modifica di sostanziale rilievo nel campo assistenziale.
Assistiamo a sprechi economici da
parte dello Stato per servizi non rispondenti ai bisogni degli utenti: le
colonie sano una fetta di questo spreco e di questa dispersione.
Molti enti sono interessati alle
organizzazioni di colonie per due motivi:
- a fine economico proprio;
- a fine di servire un tipo di
sistema che rende sempre più dipendente l'utente, costringendolo a un ruolo di subordinazione; come oggetto di interventi e
non soggetto dei servizi che lo riguardano.
Il ruolo del tecnico nelle colonie
comprende allora due fasi:
1) quello di esplicare
la propria attività nel territorio a stretto contatta can gli enti locali e le
organizzazioni sindacali per modificare il quadro assistenziale che prevede
tempi lunghi;
2) quello che lo vede impegnato nei
servizi come si presentano attualmente.
Il tipo di proposta offerta da
alcuni enti per modificare l'organizzazione, per esempio di colonia, è a
livello sperimentale.
L'esperimento apre delle opportunità,
ma è chiaro che si opera in piena contraddittorietà anche se è l'unica scelta
che per il momento si può fare.
Il tecnico deve fare una doppia
fatica:
- aver chiaro dove vuole arrivare a
lungo termine
- rimanere
nell'arco delle opportunità immediate e gestirle nelle loro contraddittorietà
per raggiungere l'obiettivo finale.
Scendendo nei particolari concreti:
1) partecipazione con i genitori
vuol dire aggancio con il movimento dei lavoratori nelle sue organizzazioni
(sindacato, consigli di fabbrica, quartiere, ecc.) per informarli e
coinvolgerli direttamente nella gestione dei servizi democratici e non emarginanti affinché il discorso delle deleghe sia
capovolto e superato;
2) in chiave di partecipazione, si inserisce l'aspetto antiautoritario da adottare nei confronti
dei ragazzi affinché crescano responsabilizzandosi, non rifugiandosi nella
pigrizia e nel qualunquismo, caratteristiche preminenti dei sistemi autoritari;
3) rapporti con
gli enti vorrà dire rivendicare la programmazione dei servizi in chiave partecipativa,
senza rapporto di sola committenza; ciò significa indurre gli enti a modificare
le strutture che sono di per sé autoritarie e massificanti;
4) nell'ambito dei rapporti con i
ragazzi è stato individuato il metodo assembleare inteso come momento di
crescita democratica e costruzione di un corretto atteggiamento politico, superamento
di un rapporto autoritario educatori-bambini, per favorire una
equilibrata maturazione della personalità.
Riflessioni
È stato pure chiarito e analizzato
il problema educativo e il ruolo degli enti locali. Il problema educativo non
riguarda solo gli addetti al lavoro, poiché i problemi della vita culturale si
presentano in una nuova dimensione in rapporto alla
domanda dell'utente e alla sua partecipazione: crescita del movimento
dei lavoratori, valori che questi esprimono, richieste raccolte nelle fabbriche
e nei quartieri. Di qui la necessità di costruire una serie di
esperienze concordate coi lavoratori, perché l'organizzazione dei
servizi non si riveli subalterna ai valori del sistema dominante che si
esprime nella ricerca di evasioni culturali, ma come esigenza di un impegno
culturale funzionale alla lotta per il rinnovamento della società. Ricerca di
risposte nuove ai bisogni nuovi senza che questo voglia
dire sperimentalismo fine a se stesso. Discorso di riforma dei servizi che
parta dal movimento operaio il quale per sentirsi coinvolto deve partire dal
suo modo di essere, dalle sue strategie di lotta e non da teorizzazioni
anche corrette di uomini di cultura partiti dalle
proprie esperienze e non da quelle operaie. Se le
caratteristiche delle lotte sono:
- la messa in
crisi della divisione sociale del lavoro mediante il rifiuto deterministico della gerarchia del lavoro definito tecnico;
- la non monetizzazione
del lavoro nocivo;
- l'autodeterminazione dei ritmi e
dell'ambiente di lavoro;
- la necessità di rotazione del
lavoro;
allora questi stessi motivi devono essere
riportati dagli educatori all'interno delle comunità con un nuovo tipo di
disciplina, con un nuovo modo organizzativo, con un nuovo atteggiamento
mediante:
- una apertura
del dialogo con gli organismi rappresentativi del movimento operaio;
- la ricerca del
dialogo il più continuativo e stretto possibile con i genitori dei ragazzi;
- la realizzazione di esperienze che non siano solo il far star meglio un certo
numero di ragazzi, ma un passo per far diventare i soggiorni di vacanze
strumento di maturazione, di dibattito educativo e politico. Gli educatori in
particolare tenteranno di sviluppare una battaglia di contenuto culturale e
sociale sì da appoggiare quei comitati unitari di quartiere che sono andati
sviluppandosi in collegamento con il decentramento amministrativo (battaglie
per il verde, per i centri sportivo-culturali per tutti,
scuola a pieno tempo ecc.).
E per quanto riguarda il ruolo degli
-enti locali, bisognerà aver presente la natura duplice degli enti stessi: da
un lato questi sano un momento delle articolazioni del
potere dello Stato, il quale agisce attraverso la forma giuridica dell'ente e
l'alchimia dei rapporti di forza presenti, che rende difficile anche agli enti
locali democratici essere espressione di vera autonomia locale; dall'altro
lato il loro rapporto stretto con i cittadini e la necessità di avere credibilità
nella classe operaia, li porta a tener conto di esigenze reali di base, in specie
se la coscienza di queste esigenze si esprime con movimenti organizzati.
Nella contraddizione dei due aspetti
risiede la base per un intervento presso gli enti locali che gestiscono
attività di vacanza per i figli dei lavoratori.
Nell'incunearsi in questa contraddizione
e spostare sensibilmente la posizione di questi enti, sta la capacità di un
movimento di educatori capaci anche di rendere
cosciente la classe operaia dell'importanza dei problemi della vita culturale.
La ricerca di una base operativa
organica con gli enti che dimostrano interesse per il problema educativo dei
giovani, deve essere il momento di un più vasto programma d'azione, di cui sono
parte la denunzia nelle situazioni specifiche dell'opera massificante e di
ghettizzazione delle colonie tradizionali e le proposte di intervento
secondo una metodologia politico-educativa che veda impegnati tutti sul piano
strutturale, strategico, per la realizzazione di alternative a misura dei
fruitori dei servizi.
O riusciamo ad affrettare questo
salto di qualità nell'impostazione di una nuova politica di servizi, o saremo
costretti a rifluire e rimanere in una fase minimalista.
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