Prospettive assistenziali, n. 29, gennaio-marzo
1975
ESPERIENZE
PROVINCIA
DI BERGAMO
ALUNNI NON VEDENTI
INSERITI NELLA SCUOLA PUBBLICA NORMALE (1)
Premesse
L'Amministrazione provinciale di
Bergamo, da anni, ha istituito un ufficio di servizio sociale che si occupa
principalmente dell'inserimento degli alunni handicappati nelle strutture
normali fin dall'asilo-nido e dalla scuola materna e che ha ottenuto
lusinghieri risultati.
Inizialmente si è affrontato il
problema di alunni spastici e di alunni
intellettualmente insufficienti. Successivamente
quello dei minori con handicaps sensoriali (bambini
ciechi e sordomuti per la cui istruzione scolastica non è stato necessario
ricorrere al distacco della famiglia).
Come si vede il problema oggetto
della comunicazione non è isolato, ma va inserito in una azione
più vasta che necessariamente ci porterà ad una trasformazione profonda della
scuola: se non vogliamo più accettare l'esistenza di alunni considerati «diversi» dobbiamo operare perchè «diversa» sia la scuola e lottare perchè
i decreti delegati sulla gestione sociale della medesima possano venirci
incontro in questa azione di rinnovamento. Con le esperienze di coeducazione maturate in questi ultimi anni e coraggiosamente
portate avanti con la più stretta collaborazione di insegnanti
e direttori didattici abbiamo ottenuto vantaggi bilaterali: da una parte gli alunni considerati normali vengono abituati fin da bambini al superamento di pregiudizi e
remore che sono la molla dell'emarginazione e gli alunni considerati diversi si abituano fin dall'inizio a vivere
e ad inserirsi (in pratica restano inseriti) nel naturale contesto sociale, non
si sentono rifiutati dagli altri e quindi acquistano fiducia in se stessi;
dall'altra parte la scuola, che accetta nelle strutture normali un handicappato
(fisico, psichico o sensoriale che sia) è costretta a modificarsi in meglio con
notevoli vantaggi di ordine didattico-metodologico.
Purtroppo le nostre esperienze sono
nate all'insegna della polemica: scuole speciali sì o scuole speciali no e
soprattutto istituto sì - istituto no. La polemica
più aspra però è nata a proposito dell'inserimento dei
non vedenti nelle strutture scolastiche normali e purtroppo è stata accesa ed
è mantenuta viva dall'apparato nazionale dell'associazione di categoria - sia
a Bergamo - maggio 1974 -, sia a Porto Brenzone
(Verona) fine settembre 1974 - e soprattutto a Roma, al XIII Congresso
nazionale dell'U.I.C. - ottobre 1974 - l'esperimento che Bergamo e altre
province stanno portando avanti è stato duramente osteggiato: l'associazione di
categoria infatti propone esclusivamente la ristrutturazione degli istituti
dimenticando volutamente quanto sperimentato, dimostrato, scritto e proclamato
da psicologi, sociologi, psichiatri, pedagogisti di tutto il mondo sui danni
permanenti della personalità causati dall'educazione (e maggiormente dalla
rieducazione emendatrice) in istituto.
L'esperienza di
Bergamo
Dall'esame delle vigenti
disposizioni di legge a favore dei non vedenti emerge, con inconfutabile
chiarezza, che le norme in vigore sono per lo più di tipo emarginante, che hanno contenuti chiaramente protettivi, che considerano il
non vedente come appartenente ad una categoria « diversa » e quindi scolaro e
lavoratore differenziato.
Infatti risulta che:
1) l'assistenza spetta al «povero cieco
rieducabile»;
2) la competenza finanziaria,
qualora non vi provvedano consorzi o istituzioni autonome, spetta alle
Amministrazioni provinciali;
3) il diritto-dovere allo studio
viene garantito col ricovero in appositi istituti
indicati dal Ministero della Pubblica Istruzione;
4) l'intervento dello Stato si
limita all'erogazione di pensioni, per lo più
irrisorie e all'emanazione di norme sull'assunzione obbligatoria spesso
disattese (grosse difficoltà vengono incontrate soprattutto per il collocamento
di centralinisti ciechi e purtroppo la maggior parte dei non vedenti continua
a frequentare questi corsi professionali).
Come si vede si tratta di iniziative con un chiaro effetto emarginante: i non
vedenti possono assolvere il diritto-dovere all'obbligo scolastico solo in
istituti «specializzati dal riconoscimento ministeriale» nei quali e «solo in essi» ricevono un'educazione
completa e totale: dall'asilo-nido alla laurea o alla qualificazione professionale.
Questo iter costringe il non
vedente:
1) a rimaner
chiuso nell'istituto sempre e solo in compagnia di ragazzi aventi lo stesso
handicap;
2) a rimanere per la maggior parte
della giornata con insegnanti ciechi che hanno spesso alle spalle solo
esperienze di collegio (in istituto hanno studiato e nello stesso tempo
svolgono il proprio lavoro);
3) a vivere in un ambiente anomalo, iperprotettivo per il minore cieco, ma che nel contempo lo disabitua a vivere nella situazione più
naturale, e cioè la famiglia, il paese, il quartiere, ecc. e che gli porrà
grossissimi problemi al momento del suo ritorno nella società e del suo
ingresso nel mondo del lavoro.
Per ovviare alle difficoltà
suesposte e per permettere «un giusto vivere» anche
agli alunni non vedenti l'Amministrazione provinciale di Bergamo, in
collaborazione con
L'assessorato provinciale ai servizi
sociali di Bergamo ha affrontato il problema dell'inserimento degli alunni
ciechi nelle strutture scolastiche normali sia per propria scelta politica, sia
perchè chiamato in causa e da alcuni genitori che avvertivano con vero terrore
il profilarsi del forzato distacco dal proprio figlio non vedente che, per
godere il diritto allo studio, avrebbe dovuto essere ricoverato in istituto, e
da altri genitori che avevano già vissuto esperienze negative di un precedente
ricovero. Il discorso ha trovato terreno fertile perchè si è
inserito nella logica nuova adottata dall'Amministrazione provinciale nei
confronti degli handicappati.
In alcuni incontri tra i
responsabili dell'assessorato, dell'U.I.C. e della scuola e con la partecipazione delle famiglie interessate, si è evidenziata
la necessità di garantire, anche all'alunno non vedente, il diritto di vivere
nella sua famiglia, nel suo quartiere e di frequentare, come i coetanei, la
scuola pubblica. Tutto ciò allo scopo di ovviare ai
tipici aspetti negativi (senso di frustrazione e di isolamento) dell'educazione
ai non vedenti condotta nel modo tradizionale e che compaiono come grossi handicaps al momento del ritorno nella società, al momento
del passaggio da una situazione di iperprotezione
(dove tutto è stato fatto a misura del non vedente) ad una completamente
diversa e normale.
Convinti della validità
dell'impostazione nuova da dare al servizio, dopo aver fatto
un quadro chiaro della situazione bergamasca - anno
scolastico 1972/73 - (4 alunni ciechi da iscrivere alla 1a elementare, 2
alunni ciechi con esperienza negativa in istituto), si è passati alla fase operativa
e da questa data - ottobre 1972 - non si sono più avuti nuovi ricoveri in
istituto per ciechi.
La soluzione teorica consisteva
nell'iscrivere il minore non vedente nella scuola del paese e di permettergli
di frequentare la classe dei suoi coetanei mettendolo
però nella condizione di seguire normalmente le lezioni.
Si è quindi pensato di creare, come soluzione ottimale, ragionevoli gruppi di alunni con un insegnante
di ruolo appositamente preparato che fosse in grado di seguire pedagogicamente
anche il minore privo di vista; in ciò confortati anche da quanto affermato da
Augusto Romagnoli in «Ragazzi Ciechi» (Armando Armando Editore pag. 133) e precisamente «una
persona ben preparata non deve vedere nella pedagogia dei ciechi una
pedagogia sui generis, bensì casi di applicazione della pedagogia comune».
Solo in un caso si sono trovate le
condizioni ideali, l'insegnante di ruolo conosceva il
Braille ed aveva un gruppo poco numeroso.
Negli altri casi è stato necessario
riesaminare il problema e cercare insegnanti fuori ruolo da affiancare, dopo
adeguata preparazione, all'insegnamento di classe. Mentre il reperimento e la
preparazione del personale ausiliario non ha presentato
difficoltà alcuna, i problemi sono sorti al momento della sua sistemazione
economicogiuridica.
La scuola non poteva assumere ed
inquadrare gli assistenti, inoltre, per le già citate carenze
legislative, anche gli enti locali (comuni e provincia), pur sufficientemente
sensibili al problema, trovano difficoltà ad inserire nei propri bilanci
cifre consistenti per compiti assistenziali non obbligatori. Per aggirare gli
ostacoli di ordine legislativo e burocratico si è
dovuto ricorrere al Consorzio dei Patronati Scolastici al quale è stato
erogato un contributo finanziario che è servito per assumere e retribuire le
varie assistenti, inquadrandole nella stessa posizione del personale addetto
ai servizi parascolastici.
Nei primi giorni di scuola si sono
verificate alcune difficoltà dovute soprattutto a carenze
organizzative e ad insufficiente informazione: il maestro pensava di dover
affrontare e risolvere chissà quali difficoltà, non sapeva come utilizzare
l'assistente, non capiva come avrebbe potuto mettere l'alunno cieco nella
condizione di poter seguire il programma scolastico, non sapeva come favorire
l'integrazione tra non vedente e compagni.
I bambini hanno subito
sdrammatizzato la situazione, non hanno fatto sorgere
il benché minimo inconveniente comportandosi con estrema naturalezza ed
accettando tranquillamente il compagno cieco. Dopo pochi giorni di scuola è
stato infatti possibile rendersi conto che gli adulti
avevano idee preconcette, che le preoccupazioni sulle loro responsabilità erano
ingiustificate, che gli apriorismi non possono e non
devono fare testo.
Da tre anni l'esperimento continua
senza scosse dimostrando giorno dopo giorno che la
scuola attuale, pur con i limiti e i malanni arcinoti, è in grado di accogliere
con la massima tranquillità anche gli alunni ciechi.
Gli alunni inseriti nelle classi
elementari sono passati dai 6 dello scorso anno scolastico 1972/73 ai 19
dell'attuale e, fino ad oggi, non si è presentata la benché minima tra quelle
difficoltà che da troppe parti, e soprattutto dal mondo ufficiale dei ciechi,
venivano prospettate.
Il nostro esperimento, alla prova
dei fatti, si è dimostrato possibile e soprattutto efficace non solo per i non
vedenti, ma, ad un livello sociale generale, per il beneficio tratto dagli
alunni normali che hanno imparato ad accettare l'handicappato, che hanno
imparato a vivere con lui considerandolo alla loro stessa stregua e non come
diverso. In definitiva abbiamo riscontrato i seguenti elementi positivi:
- socializzazione reciproca e
spontanea accettazione tra vedenti e non vedenti durante l'orario scolastico e
anche dopo e fuori dalla scuola;
- sdrammatizzazione
della situazione dei genitori sul piano affettivo;
- presa di coscienza e senso di responsabilità di insegnanti, assistenti e operatori
sociali e scolastici a tutti i livelli;
- capacità di ambientazione
fisica degli alunni non vedenti nei locali dell'edificio scolastico;
- capacità degli stessi a seguire un
normale programma d'insegnamento e loro evidente desiderio di seguirlo
completamente e integralmente.
La nostra esperienza ci ha
chiaramente dimostrato che, sul piano dello sviluppo cognitivo ed affettivo il
non vedente è (e quindi deve essere considerato) come una persona del tutto
normale.
Il non vedente potenzialmente dispone di tutti i mezzi per poter sviluppare i sui
processi di pensiero esattamente come tutte le altre persone con l'unica
differenza che non vedrà, in compenso data la plasticità del sistema nervoso
centrale può ottenere una perfetta integrazione di tutte le altre modalità
sensoriali: le informazioni che il non vedente riesce a ricevere dall'esterno
infatti sono più che sufficienti per costruire processi di pensiero
assolutamente normali, assolutamente corrispondenti a quelli delle persone
vedenti. Del resto già nel 1914 Augusto Romagnoli nell'opera citata (Ragazzi Ciechi
- pag. 133) affermava «la cecità non altera né paralizza necessariamente alcune
facoltà dello spirito, sebbene gli chiuda la via più
facile e spedita di sviluppo».
L'unico motivo che può condizionare
lo sviluppo normale dei processi cognitivi del non vedente, che può causare
turbe affettive, che può compromettere la socializzazione risiede esclusivamente
nel tipo di educazione fornita dalla società.
A questo proposito risulta chiaro ed evidente che per il non vedente l'unica
soluzione è la scuola normale, fin dal periodo dell'asilo-nido o della scuola
materna, le scuole del paese o del quartiere che il non vedente frequenterà
assieme agli altri bambini del suo stesso condominio, del suo stesso cortile,
ecc.
Abbiamo escluso l'istituto sia perchè lo consideriamo ambiente anomalo (innaturale),
sia perchè impedisce il contatto con gli altri (o quantomeno lo limita), sia
perchè abitua ad un ambiente artificiale, iperprotettivo,
fatto di soli ciechi; abbiamo escluso l'istituto perchè fa affrontare al non
vedente il problema della socializzazione e dell'inserimento quando ormai i
processi maturativi dell'individuo sono molto avanti e il ragazzo ha già
perso in parte o in toto la plasticità necessaria per
abituarsi a situazioni nuove.
Abbiamo scelto la strada della
scuola normale consapevoli di alcuni rischi o
difficoltà e precisamente:
- il non vedente nella scuola
normale ha bisogno di alcuni momenti specialistici,
alcuni interventi diversi che potrebbero farlo sentire diverso dagli altri,
fargli vivere esperienze frustranti;
- il problema dell'accettazione: è
stato più volte affermato che il bambino può essere (inconsapevolmente) crudele
e quindi rifiutare il diverso (in questo caso il non vedente), l'esperienza ci
dimostra, se non bastassero i presupposti teorici già
enunciati, che la vicinanza, il contatto , fin dall'inizio non crea alcun
problema (non occorre parlare di reinserimento o di favorire la
socializzazione: esiste fin dall'inizio un rapporto di completa integrazione);
- le resistenze nascono o vengono
solamente dagli adulti. Le preoccupazioni e le affermazioni preconcette le abbiamo avute solo da insegnanti che si sono rifiutati anche
solo di provare, e che poi sono stati smentiti in brevissimo tempo dai colleghi
che hanno accettato di provare, di sperimentare l'iniziativa.
Consideriamo l'esperimento riuscito,
perciò lotteremo perchè possa proseguire a dispetto
delle critiche preconcette sollevate in certi ambienti (leggi U.I.C.) fautori
della ristrutturazione degli istituti.
Ci sostiene e conforta in questa nostra lotta quanto affermato da Augusto Romagnoli
già nel lontano 1914 e precisamente: «il nostro scopo é di preparare i ciechi
per la vita, e nessuna palestra vi è più adatta che la scuola pubblica, tanto
più che una comunità come la nostra, formata di ricoverati poveri e segregati,
non offre nemmeno la varietà della vita famigliare. La mancanza della vista
toglie innumerevoli distrazioni lasciando più povera e torbida l'immaginativa.
Conseguenza di ciò è il gravissimo inconveniente che si
verifica nei nostri istituti: l'esuberanza della giovinezza, per
mancanza di alimento dal mondo esterno, o si ritorce in se stessa corrompendosi
o si spegne» (Ragazzi ciechi, pag. 185 - 2° vol. in Braille - ediz. Nicola Zanichelli Bo - 1924).
PROFILI DEGLI ALUNNI NON VEDENTI INSERITI NELLE CLASSI
NORMALI
Giancarlo, nato nel 1963,
residente ... visus 00.
È stato ricoverato all'Istituto Ciechi di Milano, inserito in una classe per
ritardati mentali e come tale sempre trattato.
Dopo tre anni, ottenuta la
promozione alla seconda classe è stato trattenuto in
famiglia e iscritto alla scuola pubblica del paese.
Giancarlo, oltre ad essere cieco, è
affetto da tetraparesi spastica e non è
autosufficiente (deve essere continuamente aiutato in quanto non deambulante né
in grado di provvedere autonomamente alle pur minime necessità).
Benché non riesca a scrivere
correttamente e debba essere aiutato nella lettura
(gli si devono guidare le mani), dimostra notevole interesse per le attività
scolastiche, legge con sufficiente disinvoltura (limitatamente ai suoi
disturbi), ha notevoli capacità di espressione: infatti detta componimenti
completi sia nella forma che nel contenuto, con osservazioni personali acute e
mature.
Con l'uso della macchina dattilobraille, consegnatagli all'inizio del corrente anno
scolastico, anche la scrittura autonoma ha fatto buoni progressi, anche se
persistono notevoli difficoltà nel controllo motorio.
Non ancora risolto il problema della
ginnastica rieducativa fattagli
saltuariamente all'Istituto della C.R.I. di Albino (sarebbe necessario
garantire o un servizio di trasporto o una terapista a domicilio).
Per il momento qualche piccolo
esercizio di riabilitazione viene fatto eseguire
dall'assistente e dai familiari. Si è inserito completamente nella classe ed
altrettanto completamente è stato accettato sia dal gruppo scolastico, sia
dagli altri alunni.
I suoi rapporti coi
compagni proseguono anche al di fuori dell'ambiente scolastico.
In classe, a fianco dell'insegnante
titolare, è presente l'assistente dello scorso anno: la collaborazione tra i
due è completa. I famigliari sono pienamente soddisfatti dell'impostazione fin
qui seguita e sostengono che il figlio, finalmente, ha trovato un «giusto
vivere».
Frequenta la 3ª elementare con un
buon profitto.
È necessario seguire da vicino e con
frequenza la situazione sia per risolvere i problemi
della fisioterapia, sia per adattare alle capacità e possibilità dell'alunno il
materiale tiflotecnico esistente.
Maria Teresa, nata nel 1966, residente ...
Ha un piccolo residuo visivo che le
permette di distinguere le forme ed i colori più appariscenti, quando sono in
piena luce.
Lo scorso anno scolastico è stata
inserita in una pluriclasse di 9 alunni con un'insegnante di ruolo che conosce
il Braille e seguita durante il pomeriggio da una giovane
insegnante del paese che la aiutava a fare i compiti.
Ciò si era reso necessario per
l'atteggiamento iperprotettivo della famiglia che
non riusciva a imporsi.
È stata regolarmente promossa alla
seconda, i risultati scolastici sono sempre ottimi, i rapporti con gli altri
bambini del paese continuano come prima nella più
assoluta normalità.
Con l'inizio del corrente anno
scolastico si è anche risolto spontaneamente il problema dell'assistente: una alunna di 5`, vicina di casa, segue Maria Teresa durante
il pomeriggio, ha imparato l'alfabeto Braille e fa leggere e studiare l'amica.
La situazione come si vede è del tutto tranquilla e si pensa possa proseguire così anche
per i prossimi anni. Può essere utile un intervento sui famigliari che vanno
ancora stimolati ad essere meno iperprotettivi, a
sapersi imporre alla figlia anche se non vedente, a
trattarla in definitiva in modo normale.
Anna, nata nel 1965,
residente ... visus 00.
È stata ospite per un anno
dell'Istituto per Ciechi di Milano.
A detta dei famigliari l'esperienza
è stata estremamente negativa: la bambina era sempre indisposta e rifiutava di
fare qualsiasi cosa, in pratica viveva isolata per tutto il giorno.
A causa di questo suo atteggiamento,
che continuava anche durante le vacanze trascorse in famiglia, era trattata e
considerata come subnormale e quindi inserita in una classe preparatoria.
Iscritta alla scuola del paese il suo comportamento si è normalizzato; ha
instaurato ottimi rapporti con i compagni, con l'insegnante e con l'assistente:
in definitiva è ritornata a vivere.
A fine anno scolastico è stata promossa alla 2ª
elementare con pieno merito. All'inizio del corrente anno scolastico ha cambiato classe, è stata inserita nella sezione parallela
affidata all'assistente dello scorso anno nel frattempo entrata in ruolo.
L'affiatamento con i nuovi compagni
è stato immediato e la continuità didattica garantita. L'insegnante titolare è stata affiancata da un'assistente col compito di collaborare
nella classe, in questo modo Anna non si è sentita privilegiata rispetto
ai compagni. Il rendimento scolastico è buono, segue con interesse ed apprende
normalmente, legge con disinvoltura e sa riferire quanto letto, in aritmetica
esegue correttamente le quattro operazioni e i problemini.
La situazione famigliare è
abbastanza tranquilla anche se la mamma tende a
diventare ansiosa di fronte alle inevitabili difficoltà. Per questo motivo sono
stati necessari frequenti contatti con i famigliari: si è consigliato un
atteggiamento più tranquillo e disteso, e si è favorita la collaborazione con
l'insegnante e l'assistente.
Massimiliano, nato nel 1966, residente a ... visus 00.
È sempre vissuto in famiglia perchè
i genitori hanno sempre rifiutato le soluzioni che comportavano una separazione.
Inserito nella 1ª elementare,
l'eccessiva iperprotezione ed il continuo stato
d'ansia, soprattutto della madre, si sono ripercosse su Massimiliano che ha
mostrato qualche difficoltà ad accettare persone diverse dalle figure parentali,
causando rallentamenti nel processo di socializzazione coi
compagni.
È stato regolarmente promosso alla
seconda elementare. Quest'anno le difficoltà comportamentali sono state superate
abbastanza bene, e il bambino risulta bene inserito.
Il rendimento scolastico è buono, l'integrazione coi
compagni ottima grazie anche al lavoro fatto lo scorso anno dall'insegnante,
dall'assistente e dalla madre. Di grande giovamento la
ginnastica orientativa che prosegue anche ora e l'atteggiamento più tranquillo
e disteso della mamma.
Antonella, nata nel 1966,
residente ... visus 00.
È sempre vissuta in famiglia, la
madre non ha intimamente accettato il fatto di avere
una figlia cieca: vive la situazione con un senso di colpa personale. Nei
rapporti con la figlia è iperprotettiva e piuttosto
ansiosa; la situazione è notevolmente migliorata con l'inserimento di Antonella nella scuola normale e soprattutto grazie ai
risultati scolastici ottenuti.
Lo scorso anno, esistendo nella
scuola un'aula libera, d'accordo con il direttore didattico, si è affidato all'assistente un piccolo gruppo di alunni. La nuova classe
con Antonella funzionava regolarmente, anche se gli alunni risultavano
iscritti sul registro dell'insegnante titolare. L'esperimento ha ampiamente
dimostrato che la soluzione ottimale (come già per Dezzo di Azzone) è quella di una
piccola classe affidata ad un insegnante appositamente preparato.
L'alunna è stata regolarmente
promossa alla seconda classe; le eccezionali doti intellettive di Antonella e le sue notevoli capacità di socializzazione
non hanno fatto sorgere alcun problema, anzi col corrente anno scolastico
hanno permesso l'inserimento di Antonella nella sua classe normale senza
l'ausilio dell'assistente.
Il maestro titolare svolge con i
suoi 33 alunni, compresa la minore cieca, il regolare programma scolastico
senza «accorgersi, e quindi risentirne, dell'esistenza di un'alunna considerata
(dagli altri) diversa».
Alessandra, nata nel 1966,
residente ... visus 00.
Sempre vissuta in famiglia, iperprotetta dalla mamma, è stata inserita lo scorso anno
scolastico in una prima normale dove l'assistente e l'insegnante titolare hanno
concordato un programma scolastico che permetteva all'assistente di seguire
oltre ad Alessandra, tutti gli alunni con qualche
problema di rendimento.
L'inserimento di Alessandra
non ha presentato alcuna difficoltà, per cui la promozione era scontata. Col
corrente anno scolastico c'è stato il cambio sia dell'insegnante titolare, sia
dell'assistente. Il fatto ha causato preoccupazione
solo agli adulti, perchè la bambina ha proseguito l'attività scolastica come
nel precedente anno.
Attualmente la situazione è tranquilla anche se
sarà opportuno seguire periodicamente la mamma per attenuare l'atteggiamento
ansioso.
Giambattista, nato nel 1965,
residente ... visus 00.
È sempre vissuto
in famiglia, pare non molto ben accetto dalla mamma che, a nostro parere, non
riesce ad
assumersi la responsabilità educativa nei confronti del figlio. Pur essendo affettivamente legata a Giambattista, cerca tutte le
scuse per affidarlo alla nonna o alla zia.
Anche se l'alunno ha difficoltà nel
coordinamento dei movimenti e nella pronuncia (è affetto da labbro leporino e schisi palatina), non ha presentato gravissimi problemi di inserimento perchè già lo scorso anno una zia insegnante
aveva cercato di iniziare la scolarizzazione.
Le possibilità scolastiche
dell'alunno non sono chiare: verrà prossimamente
visitato al CIM dove verrà accertata l'entità dei danni motori e suggerita
opportuna terapia.
Prima di definire un adeguato
programma scolastico per Giambattista, sarà opportuno intervenire per risolvere
i danni neurologici e chiarire le sue possibilità intellettive.
Guglielmo, nato nel 1967, iscritto alla
È sempre vissuto
in famiglia, ha
un piccolo residuo visivo all'occhio destro (la mamma ha affermato che purtroppo
non ci sono buone speranze perché il figlio è destinato alla cecità assoluta).
Non ha presentato alcun problema di inserimento, frequenta regolarmente e con interesse, ha
ottimi rapporti con i compagni anche al di fuori dell'orario scolastico.
In classe è seguito da un'assistente anche se il gruppo è poco numeroso.
Per il futuro è necessario
provvedere ad un accertamento oculistico per consigli
tecnici sull'uso del piccolo residuo visivo. Sarà bene inoltre mantenere i
contatti con i genitori di Guglielmo per accertare il tipo di rapporti intercorrenti
con il figlio, e seguire da vicino l'insegnante e l'assistente che hanno poca
esperienza scolastica.
Laura, nata nel 1966, residente . . . , iscritta per la prima
volta alla 1ª elementare.
È sempre vissuta
in famiglia, ha
un residuo visivo non bene definito. Sembra che dopo una recente operazione
abbia acquistato parecchio, tanto che distingue i colori fondamentali e riesce
a scrivere ed a leggere, anche se stentatamente, in nero, purché in presenza di luce diretta ed intensa.
È necessario un approfondito accertamento
oculistico (si è suggerito il dott. ... che ci farà al più presto un quadro
esatto della situazione).
Solo successivamente
sarà possibile affrontare con l'insegnante un discorso sul metodo pedagogico.
Fino ad ora, nei contatti con la famiglia, si è cercato di responsabilizzare
sia la madre che la sorella, perchè l'ambiente
famigliare non sembra sufficientemente preparato o comunque in grado di
seguire adeguatamente la bambina.
L'insegnante nel frattempo cerca di utilizzare segni grafici particolarmente incisivi in modo
da essere accessibili all'alunna.
Ivan, nato nel 1966, residente ad .... iscritto alla 2ª elementare.
È sempre vissuto in famiglia, lo
scorso anno scolastico è stato preparato privatamente da un insegnante del
luogo e nel giugno ultimo scorso ha ottenuto l'idoneità alla seconda
elementare.
Con l'insegnante e con i compagni ha
subito avuto ottimi rapporti, il rendimento scolastico è più che sufficiente
anche se permangono alcune carenze dovute soprattutto
alla presenza di un residuo visivo che contemporaneamente è di aiuto e di
disturbo nell'uso del metodo Braille, del resto indispensabile per proteggere
la vista residua (parere oculistico appositamente richiesto).
Anche in famiglia i rapporti sono
sufficientemente buoni anche se la mamma è piuttosto
ansiosa e iperprotettiva.
Sergio, nato nel 1963,
residente ... visus 00.
Ha avuto una esperienza
negativa in istituto, esperienza che ha accentuato le sue difficoltà dovute
non solo alla cecità. ma anche e forse soprattutto a lesioni
cerebrali neonatali.
Il comportamento di Sergio era
disturbato da smorfie e tics, da disinteresse ed
aggressività, da comportamenti stereotipati.
Durante l'anno scolastico 1972/73,
l'insegnante, che ha seguito Sergio a domicilio, ha cercato di farlo uscire
dall'isolamento in cui si trovava facendolo partecipare alla vita della
famiglia.
Avviato un programma di socializzazione
ed ottenuti i primi risultati positivi, con l'inizio
dell'anno scolastico l'alunno è stato inserito alla scuola speciale di Bergamo
ed affidato all'assistente del precedente anno scolastico, che nel frattempo
aveva ottenuto la nomina proprio alla scuola speciale.
I risultati si sono mostrati subito
superiori alle aspettative: Sergio fin dal primo istante è stato felice di vivere con gli altri ed anche il suo comportamento è migliorato.
È seguito molto da vicino, fa esercizi di orientamento,
segue un corso di psicomotricità, frequenta la piscina. Comincia a conoscere il
proprio schema corporeo, è interessato dall'ambiente che lo circonda, desidera
i rapporti con i compagni, comincia ad accudire alle sue necessità corporali: in
definitiva comincia a vivere.
Giuseppe, nato nel 1965, residente . . . , affetto da grave deficit
visivo.
Ha frequentato la 1ª e la 2ª
elementare presso
All'inizio dell'anno scolastico è
stato inserito in una terza normale del suo quartiere.
Di indole buona, molto socievole, si è
subito inserito nella classe senza dar luogo al benché minimo problema.
Carla, nata nel 1960, residente a ...
Ha frequentato nel 1966/67 la 1ª
elementare ... , poi la scuola speciale di Zogno, poi l'istituto Auxologico
di Piancavallo.
È stata più volte visitata al CMPP
dell’O.M.N.I. dove è stato diagnosticato un medio
ritardo intellettivo ed una grave compromissione
della vista. Nel 1965/66 veniva consigliato il
ricovero ad Assisi, reparto ambioplici).
L'équipe
scolastica del C.I.M. aveva nel 1967 consigliato la
frequenza alla scuola speciale di Zogno.
Di fronte a disturbi ormonali
(obesità incontrollata) Carla è stata ricoverata a Piancavallo per 2 anni, poi è stata dimessa perchè
il deficit visivo non permetteva più la frequenza della scuola dell'Istituto. Attualmente è seguita da un insegnante che la sforza ad
usare il residuo visivo scrivendo con pennarelli colorati.
Poiché il visus sembra in continua
diminuzione, si è pensato ad un controllo oculistico, dal quale
è emersa la necessità di insegnare alla bambina il metodo Braille.
Le difficoltà sono notevoli per le
resistenze da parte e dei famigliari, e della alunna
medesima.
(1) Relazione
presentata al 10° Convegno nazionale della SIAME, Gaeta, novembre 1974.
www.fondazionepromozionesociale.it