Prospettive assistenziali, n. 29, gennaio-marzo 1975

 

 

NOTIZIARIO DELL'UNIONE ITALIANA PER LA PROMOZIONE DEI DIRITTI DEL MINORE E PER LA LOTTA CONTRO L'EMARGINAZIONE SOCIALE

 

 

CONTRO IL RICOVERO IN ISTITUTO DI SEI BAM­BINI (1)

 

In relazione all'internamento in istituto dei sei figli di Ernesta Lanzarotti queste Associazioni, in base alle notizie fornite dai giornali, osservano:

1) l'intervento della polizia femminile per allon­tanare i bambini dalla madre è stato effettuato in un modo assolutamente inaccettabile e non te­nendo in alcun conto le esigenze dei bambini e della madre. Invece di forzare la porta e di pre­levare in modo violento e traumatico i due bam­bini più piccoli, sarebbe stato almeno necessario attendere l'arrivo della madre, tanto più che i bambini non correvano alcun pericolo imminente. Questo è un ulteriore esempio che dimostra quanto sia negativo affidare alla polizia compiti di intervento nei confronti dei minori;

2) ancora una volta è stata dimostrata l'incapa­cità degli enti assistenziali ad intervenire in mo­do tempestivo e serio ed è alquanto preoccupan­te che solo dopo nove anni (questa è l'età della bambina più grande) il Dott. Buronzo, direttore dell'IPIM di Torino, scopra che «potremmo aiu­tarla (la madre) ad organizzarsi in modo migliore per allevarli». Però finora l'IPIM ha dato alla ma­dre l'irrisorio e insultante contributo di L. 50.000 per i sei figli. Si osservi al riguardo che la spesa che avrebbe sopportato la Provincia di Torino per il ricovero dei 6 bambini presso l'IPIM sarebbe stata di 2 milioni e mezzo al mese!

Si dice adesso di voler concretamente aiutare la madre, ma la soluzione proposta è quella di segregarle i figli in istituti. È sintomatico che per non dividere i bambini fra di loro si è dovuto fare uno strappo al regolamento (ma allora non è un regolamento da strappare e rifare?).

3) Il problema della famiglia Lanzarotti sarebbe stato certamente risolto fin dall'inizio se ci fos­sero stati asili nido idonei, scuole materne suffi­cienti e la scuola dell'obbligo a tempo pieno.

Ma le autorità preposte hanno orientato, com'è noto, gli investimenti per autostrade, trafori, strutture inutili o di puro prestigio come il Regio, ed oggi - come ieri - sono i più poveri che pagano sulla loro pelle ed assai duramente. Va detto anche che molti cittadini che oggi si impie­tosiscono per la situazione dei sei bambini, non hanno mosso un dito quando venivano reclamati i servizi (casa, scuola, sanità).

Anche alcuni giornali che oggi piangono lacri­me di coccodrillo (come La Stampa) hanno la loro parte di responsabilità per non aver soste­nuto le richieste dei servizi avanzati da tempo dai sindacati e da associazioni.

4) Per non aggiungere male al male già fatto, sarebbe necessario che la Provincia di Torino erogasse subito alla madre un sufficiente contri­buto economico che le consentisse di tenere con sé i bambini e che l'IPIM la aiutasse a inserire i bambini presso un asilo nido e una scuola ma­terna e ad ottenere un idoneo alloggio.

Se la Provincia intende realmente gestire in modo serio il proprio servizio assistenziale, an­che per garantire la tempestività degli interventi e per responsabilizzare i propri operatori, è asso­lutamente necessario che lo decentri nelle zone urbane (quartieri) ed extraurbane.

La Provincia di Torino riconosce a parole la va­lidità di tale decentramento, richiesto anche da gran parte del personale di assistenza dell'IPIM, ma da anni mantiene in vita un istituto non solo superato, ma dannoso per i bambini.

5) Va inoltre fatto presente che i tribunali per i minorenni, mentre agiscono contro i genitori (e a volte purtroppo anche contro i bambini), non fanno assolutamente nulla nei confronti degli en­ti assistenziali che omettono di compiere gli in­terventi loro affidati dalle leggi vigenti, omissioni che spesso sono dei reati perseguibili a norma delle leggi vigenti.

6) Infine si rileva che l'opinione pubblica viene a conoscenza di queste situazioni solo quando succedono fatti clamorosi, ma si tratta invece, di una realtà largamente diffusa che colpisce mi­gliaia di famiglie. Infatti una percentuale notevo­le (dal 30 al 60-70%) dei bambini è ricoverato in istituto per motivi analoghi a quelli dei fratelli Lanzarotti.

Nella stessa situazione (ricovero per mancan­za di servizi o a causa delle pensioni da fame) sono migliaia di anziani. Anzi nei manicomi di Torino sono internati da anni 600 anziani che non hanno alcun disturbo mentale e che sono finiti lì solo perché mancavano altre strutture.

A quando la «pietà» dei cittadini benpensanti verso queste migliaia di persone?

 

 

L'ISTITUTO PRINOTTI, CENTRO DI POTERE DELLA DC, APRE UN NUOVO GHETTO (2)

 

Mentre nel convegno tenutosi a Torino merco­ledì scorso si è discusso dell'inserimento dei ciechi nelle comuni strutture prescolastiche e scolastiche (e positive esperienze sono state at­tuate a Genova, La Spezia, Bologna e in nume­rose altre città), l'istituto Prinotti apre un nuovo ghetto per isolare dal contesto normale i bambini sordi e sordastri.

La fortissima diminuzione di «clienti» del Pri­notti verificatasi in questi ultimi anni avrebbe dovuto portare alla chiusura dell'istituto median­te l'inserimento dei pochi bambini e ragazzi che ancora lo frequentavano nelle comuni scuole e la creazione di comunità alloggio miste (sordi e non sordi) per coloro che non potevano ritornare in famiglia.

L'Istituto Prinotti però non si è voluto muove­re sulla linea della non emarginazione, ma, con­tro l'interesse dei bambini e dei ragazzi, ha se­guito la logica dei centri di potere.

Ha perciò chiesto ed ottenuto dalla Giunta della Regione Piemonte di poter estendere i pro­pri interventi emarginanti dai sordi a tutti i de­boli dell'udito.

Che tutto ciò sia avvenuto per motivi di potere è dimostrato dal fatto che il Prinotti non ha tenu­to in alcun conto le positive esperienze di inseri­mento dei sordi nelle comuni strutture prescola­stiche attuate in molte parti d'Italia ed anche nelle scuole materne e dell'obbligo di Torino ed ha agito alla chetichella non mettendo in discus­sione la sua iniziativa con nessuna forza sociale.

Ai genitori dei bambini sordi e sordastri si vuol far credere che l'isolamento dei loro figli in strutture speciali è necessario per fornire i ne­cessari trattamenti specialistici, ma non si dice che questi stessi trattamenti possono essere for­niti nelle comuni strutture: asili nido (come pre­vede la legge della Regione Piemonte e il rego­lamento del Comune di Torino), scuole materne e dell'obbligo.

Non si dice che ovunque sono state negative le conseguenze dell'isolamento in strutture riser­vate ai bambini sordi e sordastri (come per spa­stici, i ciechi, i subnormali).

Ancora una volta la logica del potere DC vuol prevalere sugli interessi reali delle persone.

 

 

TELEGRAMMA DELL'ASSOCIAZIONE PER I BAM­BINI SORDI (3)

 

PROSSIMA ATTIVAZIONE NIDO ET SCUOLA MATERNA AT ISTITUTO SORDOMUTI PRINOTTI DI TORINO EST CON­TROPRODUCENTE IMPIEGO RISORSE STOP EFFETTIVO RE­CUPERO BAMBINI SORDI ESIGE URGENTE POTENZIAMEN­TO ET ADEGUAMENTO STRUTTURE SOCIALI SANITARIE SCOLASTICHE NORMALI NON RIPETIAMO NON DI QUELLE COSIDDETTE SPECIALI QUALI ISTITUTO PRINOTTI CHE LA SCIENZA RESPINGE PERCHÉ GENERATRICI DI HANDICAP ET LA COSCIENZA CONDANNA PERCHÉ GENERATE DALL'INGIUSTIZIA.

 

 

 

(1) Lettera inviata il 17-1-1975 al Presidente della Provincia di Torino, al Presidente e ai Consiglieri dell'IPIM, al Pre­sidente del Tribunale per i minorenni, alla Dirigente della Polizia femminile e ai giornali torinesi. La lettera è stata sotto­scritta anche dall'ANFAA.

(2) Testo del volantino distribuito il 4-12-1974 in occasione dell'inaugurazione di un asilo nido e di una scuola materna per deboli di udito.

(3) Inviato a Comune, Provincia e Provveditorato agli studi di Torino e alla Regione Piemonte il 2-12-1974.

 

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