Prospettive assistenziali, n. 29, gennaio-marzo
1975
NOTIZIE
DIBATTITO SULLE COMUNITA ALLOGGIO A MILANO
Su iniziativa della sezione lombarda
dell'UNIONE, mercoledì 18 dicembre
Il dibattito, promosso dalla
Federazione provinciale CGIL-CISL-UIL, dalle ACLI, dal Coordinamento lavoratori dell'assistenza e dall'Unione per la
promozione dei diritti del minore, ha fatto il punto sulla situazione delle
esperienze di comunità alloggio esistenti in Milano e provincia. Dopo il Convegno dello scorso marzo organizzato dall'Unione e
dall'ANFAA, ha costituito un secondo momento di utile dibattito sul tema oltre
che un importante passo avanti per l'assunzione dell'iniziativa direttamente da
parte del Sindacato e delle ACLI.
Nonostante si siano dimostrate un
valido intervento alternativo all'emarginazione di minori negli istituti, nel
manicomio provinciale, nel carcere minorile, fino ad oggi le comunità alloggio
non fanno seriamente parte dei programmi operativi
degli enti pubblici milanesi che operano nel settore assistenziale (ECA,
Abetina, Comune, Provincia).
Così avviene che le poche comunità
esistenti, sorte più per la volontà di alcuni tecnici
ed educatori che per scelta politica dei responsabili degli enti pubblici,
sopravvivono oggi senza prospettiva o, come nel caso dell'ECA o del Giambellino, nella prospettiva di chiudere.
Questa situazione, segno di una
precisa linea involutiva che sembra passare anche perché vengono nel frattempo
rafforzate le istituzioni totali più importanti (come Cesano
Boscone o l'Ospedale psichiatrico Corberi), è stata quindi oggetto
del dibattito della serata.
Riportiamo per i lettori alcuni
elementi delle esperienze fino ad oggi più significative.
Comunità
di Desio:
costituita nel 1971 per volontà di alcuni medici ed
educatori dell'ospedale psichiatrico «Corberi»,
vuole essere un intervento «ponte», per evitare a minori l'emarginazione
manicomiale o per consentire di uscirne.
Gli educatori non si limitano a
lavorare per i ragazzi affidati, ma vanno alla radice del loro disadattamento,
tentando di capire e proponendo soluzioni anche per la situazione più generale,
che li ha portati all'istituto o al manicomio.
Nel frattempo (4 anni),
Comunità
del Giambellino: viene costituita nel 1973 da
un gruppo di lavoratori dell'Abetina, Società per Azioni che gestisce una serie
di interventi assistenziali del Comune di Milano.
L'iniziativa è
dovuta alla pressione di una quindicina di educatori, che, anziché
assistere i ragazzi milanesi negli istituti della Società, vogliono riuscire
ad intervenire sulla situazione famigliare, che determina il loro allontanamento.
L'iniziativa trova l'appoggio delle
forre sociali e sindacali del quartiere (Giambellino,
Lorenteggio, Inganni), l'indifferenza dell'Abetina,
l'ostilità dell'ECA (che sfratta gli educatori dai locali occupati nell'ospizio
di piazza Bande Nere di cui è proprietario e li
denuncia), l'atteggiamento contraddittorio del Comune (che dapprima sembra
appoggiare l'iniziativa e poi la boicotta).
Dopo una serie incredibile di
riunioni, incontri, e scontri, è ormai chiaro che la situazione non si può
sbloccare. L'assistente sociale del Comune «consiglia» ai genitori di ritirare
i ragazzi per continuare ad usufruire dell'assistenza e progressivamente la
comunità si svuota. Parte degli educatori rinunciano
all'iniziativa o danno le dimissioni; alcuni insistono. In autunno si svolge
il processo contro gli educatori: assolti.
Nel frattempo, tra
le continue polemiche Comune di Milano-Abetina, la comunità sembra
avere il destino segnato.
Tra poche settimane si avranno
cinque educatori regolarmente stipendiati e nessun ragazzo ospite della comunità
Comunità
ECA: fino alla
primavera del 1974 è un pensionato per minori, affidati dal Tribunale dei
minorenni. Ma l'intervento dell'Ente si traduce solo nel dare un tetto
(nell'ospizio per anziani di piazza Bande Nere) ad
undici ragazzi provenienti dall'ambiente del Beccaria,
con l'attività a tempo parziale di un assistente sociale e quella volontaria
di un paio di studenti.
Naturalmente, la
difficile situazione non regge; compaiono ospiti occasionali e con loro la
droga.
Interviene quindi la polizia; l'ECA si spaventa e decide di chiudere.
A questo punto il Tribunale dei
minorenni, forze sociali e sindacali fanno pressione all'ECA, perchè affronti
più seriamente il problema. A seguito di tale intervento, l’ECA accetta di
assumere quattro educatori, di incaricare altrettanti
tecnici come consulenti degli stessi, concedere loro libertà educativa e
autonomia gestionale alla comunità. Inizialmente, l'esperienza ha successo: i ragazzi si responsabilizzano, sparisce la
droga, tutti si mettono in cerca di un lavoro.
Ma poi gli aspetti burocratici del
rapporto ECA-educatori riprendono il sopravvento
sulla vita della comunità. Saltano praticamente tutti
i punti dell'accordo e gli educatori vedono perdere ogni credibilità nei
confronti dei ragazzi. In novembre danno quindi le dimissioni.
L'ECA si vuole disfare
della comunità. Per i ragazzi non ci sono prospettive. L'unica potrebbe essere
costituita dal concreto intervento del Comune di Milano.
Comunità
di Via Salieri: ospita sette ragazzi subnormali gravi, che sarebbero
altrimenti in manicomio, causa le difficoltà in cui
versano le famiglie e la gravità dell'handicap.
La comunità è sorta inizialmente
come struttura di appoggio all'attività dei Centri
per gravi gestiti dall'Abetina. Per questo risente naturalmente in questa fase della tensione Comune-Abetina. Nonostante i
risultati raggiunti, ora si rende assolutamente necessario lo sviluppo dei
rapporti con i servizi pubblici ed è sempre più evidente quanto sia importante la realizzazione di tale iniziativa.
Naturalmente sia Comune che Abetina sembrano ancora una
volta indifferenti.
Altre
esperienze: nel
frattempo si continua a «vociferare» circa una comunità che il Comune di
Milano dovrebbe aprire nella zona di Baggio (ma il Consiglio di zona non ne sa nulla anche se la «voce»
è vecchia di alcuni mesi).
Ben più serio è invece il lavoro che
un gruppo di operatori sociali sta conducendo per
realizzare alternative al carcere minorile. Dopo aver aperto una
comunità pochi mesi or sono ha avviato trattative con la zona 18 per
ottenere l'inserimento fra i servizi sociali del quartiere.
Di fronte a queste realtà più che
legittima appare quindi la perplessità delle forze sociali milanesi circa la
volontà degli enti pubblici di sviluppare organicamente questo tipo di intervento.
COMUNICATO STAMPA DEL COMITATO UNITARIO
INVALIDI DI FIRENZE
Nel momento in cui si attuano i decreti
delegati, proprio perché essi non rischino di
divenire una macchina burocratica in più, a quelle già esistenti, crediamo che tutte le forze-sociali e politiche, che tutti
i cittadini debbano fornire la propria opinione e il proprio contributo per attuare
il più ampio confronto di idee. Per questo anche il Comitato unitario degli
invalidi di Firenze ha sentito l'esigenza di preparare un documento per una
riflessione generale. Interessato ai problemi dell'emarginazione, ma non per
questo meno interessato a tutti i problemi del Paese, il Comitato unitario,
in vista dei decreti delegati si domanda che cos'è, e perché si realizza,
l'emarginazione e che cosa intendiamo per scuola anche se,
ne siamo convinti, i decreti non sono la riforma della scuola.
Per scuola normalmente si intende un servizio sociale che sviluppa la maturazione
critica, la socializzazione, l'autonomia personale, l'apertura mentale, la
disponibilità agli altri per tutti i bambini, per tutti i giovani che
dovrebbero avere uguali diritti. Sappiamo che questo avviene solo a parole. I
fatti sono diversi e non soltanto per i ragazzi così detti «diversi». Una
struttura che dovrebbe essere educativa, ma che in effetti
discrimina e valuta con il voto, che boccia, che alimenta la competizione e
l'antagonismo personali, che protegge e segue i primi della classe, che non
tiene conto delle difficoltà personali - di ambiente di appartenenza, di
lingua, di condizioni reali di vita, anche familiare, e, di conseguenza, di
personali risposte psicologiche, di tutto quello che concorre a fare di ogni
ragazzo quello che è, e non altri - in effetti è una struttura emarginante e
non cesserà di esserlo neppure se sarà eliminato il voto, neppure se sarà
superato l'estraneo e nozionistico culto del «sapere» (se resterà intatto il
rapporto unitario e gerarchico del mondo della scuola, tra docenti e studenti.
Per questo il Comitato unitario degli invalidi non pensa all'inserimento dei
ragazzi handicappati nella scuola come a un problema
a se stante, come a un'azione sociale da risolvere in maniera pietistica o,
bene che vada, paternalistica, ma spera in una scuola diversa nei metodi e nei
contenuti, a una scuola migliore dove i giovani trovino l'ambiente è le
persone adatte alla loro crescita civile, oltre che culturale, dove anche chi
ha qualche problema in più degli altri trovi la capacità e l'aiuto alla propria
crescita e al proprio apprendimento.
Ciò che occorre è una scuola
effettivamente democratica che stimoli la creatività e la civiltà di ciascuno è
che rispetti i modi e i tempi e i ritmi personali di ciascuno, partendo dalla consapevolezza che in una scuola dove viene emarginato
o rifiutato il bambino handicappato «fisico» oppure il bambino handicappato
«sociale» (secondo i metri di valutazione usati dalla scuola attuale) esiste un
cattivo clima educativo anche per gli altri bambini. Gli uomini sono tutti
uguali per diritti e per doveri, non certo perché tutti uguali per canoni
psicofisici. Come stabilire i canoni di normale e di anormale?
È tutto normale quello che è espressione dell'uomo, nel senso che niente di quello
che capita e appartiene all'uomo è anormale. La scuola deve essere di tutti e
deve divenire il luogo dove i giovani imparino tra
l'altro che anche la società è di tutti. Per questo i problemi della scuola non
devono restare isolati e avulsi dal resto del mondo, ma devono avere contatto e confronto con tutte le problematiche e
le realtà contemporanee: quartiere, fabbrica, territorio. In questa prospettiva
vanno inseriti, a nostro avviso, i decreti delegati. Noi vogliamo affrontare
insieme questi problemi:
- NO ad ogni nuovo inserimento in
situazioni differenziate (classi speciali e
differenziate);
- SI al reinserimento nelle classi
di tutti dei ragazzi frequentanti classi e scuole speciali, grazie anche ad
opportuni e programmati contatti tra insegnanti e operatori sociali, personale sanitario e parasanitario a tutti i livelli necessari;
- SI ad una scuola
comunitaria, intesa come servizio sociale, che sia l'espressione delle esigenze
e dei bisogni reali di tutta la popolazione, nessuno escluso;
- SI alla effettiva gestione della scuola da parte di tutte le
forze democratiche a cominciare dal quartiere e dal mondo del lavoro.
Firenze, 17-12-1974.
MOZIONE APPROVATA DAL CONVEGNO DI SIRACUSA
Il Convegno sulle «Prospettive
socio-politiche dell'assistenza pubblica agli spastici e agli handicappati in
genere» tenutosi a Siracusa nei giorni 16 e 17 novembre 1974 dall'Associazione
italiana per l'assistenza agli spastici - Sezione di Siracusa
Informato che una Commissione ministeriale,
presso il Ministero della pubblica istruzione, ha intrapreso i lavori per lo
studio dei problemi della scuola e degli handicappati nel
quadro dei progetti delegati, al fine di fornire agli Organi ministeriali
competenti proposte operative;
Riconosciuto alla scuola una funzione primaria
che, se opportunamente strutturata, può assolvere
capillarmente all'azione preventiva e a quella di recupero in molti casi di
difficoltà di apprendimento sia in soggetti con handicaps
da causa organica (motulesi, neurolesi) che in
soggetti con ritardo evolutivo per cause ambientali;
Ritenuto che «la funzione educativa di promozione
dello sviluppo del bambino e di individuazione
precoce delle eventuali difficoltà» di apprendimento dei soggetti in età
prescolare sia devoluta essenzialmente alla scuola materna;
Ritenuto peraltro che nella nuova prospettiva pedagogica della non
emarginazione e delle strutture educative valide per tutti, non sia accettabile nel tempo la costituzione e
il funzionamento di scuole materne speciali o di sezioni speciali di scuola
materna;
In attesa che un'adeguata legislazione permetta,
nei tempi medi e lunghi, che diventi operativa per i bambini in età prescolare
una fitta rete di servizi educativi che contempli la possibilità di interventi
specifici in relazione alle esigenze di ognuno;
Impegna il Ministero della pubblica
istruzione acché, nei tempi brevi, attraverso
provvedimenti amministrativi, vengano adeguate le
strutture scolastiche attuali in modo da poter accogliere il maggior numero
possibile di bambini in età prescolare, in difficoltà di apprendimento;
Propone a tal fine:
1) il funzionamento per ogni tre
Sezioni di scuola materna, di un « nucleo » che possa accogliere in determinati
momenti della giornata scolastica, un singolo bambino oppure più bambini, a
rotazione, con l'intervento di un'insegnante specificatamente preparata la cui
azione possa rivolgersi, pur nella visione globale
dell'atto educativo, alle differenze individuali con tecnologie appropriate;
2) il
funzionamento, altresì, di settori specialistici (in particolare fisiochinesiterapico e linguaggio) per soggetti con handicaps motori (paralisi cerebrale) anche lievi e di una palestra di
psicomotricità;
3) la presenza
costante dell'équipe degli specialisti formata da: neuropsichiatra dell'infanzia, psicologo, assistente
sociale;
4) la presenza dei fisiochinesiterapisti e dei terapisti del linguaggio in
numero adeguato in rapporto al numero dei bambini per i quali
si rendono necessari tali interventi (
5) funzionamento della mensa;
6) personale subalterno
in numero sufficiente;
7) servizio di trasporto per il
prelievo dei bambini;
8) ambienti adeguati agli scopi.
Preso
atto che, per il
corrente anno scolastico 1974-75, quanto proposto è in via di realizzazione
presso 4 scuole materne statali della Provincia di Cosenza (Cosenza, Via Milelli, Via Popilia, San Vito,
Rende: Quattromiglia) su
richiesta della Sezione dell'AIAS di Cosenza, a cura del Provveditore agli
studi della città, dietro autorizzazione del Ministero della pubblica
istruzione e regolamentato da una convenzione stipulata tra lo stesso
Ministero e l'AIAS
Chiede che per il prossimo anno scolastico
1975-76 venga tenuto conto della positività
dell'iniziativa e che la stessa venga estesa, a cura dei Provveditorati agli
studi delle province interessate, a tutte le scuole materne statali presso le
quali si verifichino le condizioni che richiedono interventi educativi
pluridimensionali, dietro accertamento della presenza di bambini in difficoltà
di apprendimento;
Chiede
infine che venga promosso un accurato depistage
per l'accertamento delle condizioni di cui sopra.
www.fondazionepromozionesociale.it