Prospettive assistenziali, n. 29
bis, gennaio-marzo 1975
BOZZA
DI DISEGNO DI LEGGE-QUADRO SUI SERVIZI DI ASSISTENZA REDATTA DAL MINISTERO
DELL'INTERNO NEL FEBBRAIO 1975
Art. 1.
La presente legge disciplina i
servizi sociali di assistenza, in attuazione dei
principi sanciti dalla Costituzione, allo scopo di garantire a tutti i
cittadini il diritto a condizioni di vita consone alle dignità della persona
umana e al suo pieno e libero sviluppo nella comunità.
Art. 2.
I servizi sociali di
assistenza si distinguano in servizi di base e speciali.
I servizi di base comprendono
attività di segretariato sociale ai fini dell'informazione, della consulenza e
dell'orientamento in favore di persone o famiglie che si trovino
in situazioni di difficoltà, attività di assistenza domiciliare, nonché
prestazioni di natura economica saltuarie, temporanee o ricorrenti.
I servizi speciali comprendono
particolari forme di provvidenze in favore di categorie per le quali si rendano necessari interventi assistenziali qualificati, in
relazione alle esigenze peculiari delle categorie medesime.
Art. 3.
I servizi sociali di
assistenza devono tendere essenzialmente a prevenire le situazioni di
difficoltà, individuali o familiari, a rimuoverne 4e cause e impedirne la continuità.
L'azione assistenziale
preventiva è esercitata mediante l'individuazione e lo studio dei singoli casi,
affinché il tipo dell'intervento risulti adeguato alle particolari condizioni e
alle necessità dell'avente diritto.
L'intervento è realizzato, per
quanto possibile, secondo le preferenze manifestate dell'interessato. Esso deve
sempre rispettare la sua personalità; deve inoltre assecondare lo sviluppo o
il recupero delle capacità di inserimento nella
collettività e promuovere il miglioramento delle condizioni morali e materiali.
In ogni caso, deve essere evitata
qualsiasi forma di emarginazione dall'ambiente familiare
e sociale; a tali fini, sarà data preferibilmente attuazione a servizi di tipo
aperto, anche quando l'assistenza si effettui mediante ospitalità in centri o
comunità assistenziali.
Art. 4.
Spetta allo Stato provvedere:
a) alla funzione di indirizzo
e coordinamento delle attività delle Regioni che attengono ad esigenze di carattere
unitario, anche con riferimento agli obiettivi del programma economico
nazionale ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali;
b) ai rapporti con organismi
internazionali o di Stati esteri, operanti nel settore sociale; all'assistenza
degli stranieri in relazione alle convenzioni
internazionali;
c) alla corresponsione di un u assegno
sociale» di carattere continuativo in favore dei cittadini che per età, per
inabilità al lavoro, per cecità, per sordomutismo o per altre minorazioni
fisiche ovvero per cause diverse e indipendenti dalla loro volontà, siano
sprovvisti dei mezzi necessari per vivere e non fruiscano di trattamento assicurativo-previdenziale;
d) all'assistenza straordinaria in
caso di calamità, ai sensi della legge 8 dicembre 1970, n. 996; alla prima assistenza dei profughi e dei rimpatriati; agli
interventi straordinari ed urgenti in favore di organismi assistenziali pubblici
o privati, con particolare riguardo a quelli che concorrono proficuamente
all'inserimento degli assistiti nella vita produttiva del Paese;
e)
ai soccorsi alle famiglie dei militari richiamati o trattenuti alle armi; all'assistenza
degli orfani dei caduti per servizio; all'assistenza delle persone di cui alla
legge 20 febbraio 1958, n. 55.
L'entità dell'assegno sociale di cui
alla lettera c), le condizioni
soggettive degli aventi diritto, le modalità di accertamento
delle stesse e della erogazione, nonché i mezzi di tutela giurisdizionale
nella materia sono determinati con legge dello Stato.
Art. 5.
È istituito, presso il Ministero
dell'Interno, il Comitato nazionale per i servizi sociali di assistenza.
Il Comitato è costituito con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, è presieduto dal Ministro dell'Interno ed è composto:
a)
da un rappresentante designato da ciascuno dei Ministeri degli Affari Esteri,
dell'Interno, di Grazia e Giustizia, del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione
Economica, della Pubblica Istruzione, del Lavoro e della Previdenza Sociale,
della Sanità;
b)
da un rappresentante designato da ciascuna delle Regioni a statuto ordinario;
c) da tre esperti in materia sociale,
estranei all'Amministrazione dello Stato, nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri;
d)
da tre rappresentanti designati, rispettivamente, uno dalla Confederazione
Generale Italiana del Lavoro, uno dalla Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori, uno dall'Unione
Italiana del Lavoro;
e) da quattro rappresentanti
designati, rispettivamente, uno dall'Associazione Nazionale Comuni d'Italia,
uno dall'Unione Province Italiane, uno dall'Associazione Nazionale Enti di Assistenza, uno dall'Unione Nazionale Enti di Beneficenza
e Assistenza.
Il Comitato dura in carica quattro
anni ed i suoi componenti possono essere confermati.
Un funzionario dell'Amministrazione
Civile dell'Interno, con qualifica non inferiore a quello di dirigente
superiore, svolge le funzioni di segretario.
Art. 6.
Il Comitato nazionale di cui
all'articolo precedente ha i seguenti compiti:
a) formulare proposte agli organi
governativi competenti, ai fini dell'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento di cui alla lettera a)
dell'articolo 4;
b) formulare proposte al Comitato
interministeriale per la programmazione economica, ai fini della valutazione
delle attività socio-assistenziali nel quadro della
elaborazione e dell'attuazione del programma economico nazionale;
c) promuovere studi e ricerche sui
problemi attinenti al servizi sociali di assistenza,
in relazione anche all'evoluzione normativa delle comunità internazionali nel
campo sociale;
d) esprimere parere in
ordine agli schemi di disegni di legge, d'iniziativa governativa, in materia
di servizi sociali di assistenza, prima della loro approvazione da parte del
Consiglio dei Ministri.
Art. 7.
La potestà legislativa spettante
alle Regioni in materia di assistenza, a norma
dell'articolo 117 della Costituzione, è esercitata secondo i principi stabiliti
dalla presente legge.
Art. 8.
Le Regioni, con proprie norme,
disciplinano la programmazione dei servizi sociali di
assistenza, considerando le caratteristiche geomorfologiche
del territorio, nonché le condizioni socio-economiche della popolazione.
Il programma regionale prevede la
tipologia e i livelli dei servizi; deve, altresì,
tenere conto dell'apporto che possono conferire ai servizi stessi anche gli
organismi privati e determinare le modalità per il coordinamento delle
iniziative assistenziali pubbliche e private.
Art. 9.
La legge regionale organizza i
servizi assistenziali, di base e speciali, mediante
l'istituzione di «Unità locali dei servizi sociali di assistenza»
e determina l'ambito territoriale della loro attività.
Tale ambito, deve, di regola,
coincidere con quello del Comune; la legge regionale può, tuttavia, prevedere l'istituzione
di più Unità locali nei comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti
ovvero di una Unità locale comprensoriale per più
comuni di minore entità demografica o per quelli la cui popolazione sia
notevolmente sparsa nel territorio comunale.
Art. 10.
La legge regionale disciplina
l'organizzazione, la gestione e i controlli delle
Unità locali, con l'osservanza dei seguenti criteri fondamentali:
1) l'Unità è amministrata da un
comitato, composto da un numero di membri variabili da
cinque a nove, compreso il presidente da eleggersi in seno al Comitato stesso;
2) alla elezione
del Comitato provvedono:
a) il consiglio comunale, sia nel caso
che l'ambito territoriale dell'Unità locale coincida
con quello del comune, sia nel caso dell'istituzione di più Unità locali nello
stesso Comune;
b)
i consigli dei comuni interessati, nel caso di Unità locali comprensoriali.
Possono essere
eletti membri del comitato amministrativo dell'Unità locale i cittadini in possesso dei
requisiti prescritti per essere eletti consiglieri comunali. I consiglieri
comunali non possono essere amministratori dell'Unità locale;
3) i controlli sugli atti dell'Unità
locale sono esercitati dagli organi regionali nelle forme e nei modi previsti
dall'ordinamento vigente per i controlli sugli enti locali territoriali; i controlli sugli organi dell'Unità locale sono esercitati
dalla Giunta regionale.
Art. 11.
Le Unità locali provvedono:
a) a gestire i servizi sociali di base
e speciali, secondo la programmazione regionale e le leggi della
Regione nella materia;
b) a promuovere nell'ambito del
proprio territorio, il coordinamento delle iniziative assistenziali
pubbliche e
private in relazione alle modalità
determinate dalla Regione, a norma dell'art. 8;
c) ad effettuare
inchieste sociali sui problemi relativi all'assistenza delle collettività
locali, formulando proposte alla Regione, quando le risultanze delle inchieste
medesime interessino la programmazione regionale.
Art. 12.
Le Unità locali provvedono al
raggiungimento dei propri fini con le rendite del patrimonio, con i beni
destinati genericamente ai poveri ai sensi dell'art. 630 del codice civile,
con le elargizioni di enti o di privati e con il finanziamento
annualmente assegnato dalla Regione.
Art. 13.
Le Unità locali procedono alla
ricognizione degli scopi, dei mezzi e delle attività delle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza, riconosciute
ai sensi della Legge 17 luglio 1890, n. 6972, ed operanti a livello locale
all'atto dell'entrata in vigore della presente legge.
Compiuta la ricognizione di cui al
comma precedente, le Unità locali formulano proposte alla Regione ai fini del
riordinamento delle istituzioni predette.
Il riordinamento è disposto con
decreto del Presidente della Regione, sentito il Consiglio regionale, mediante
provvedimenti di trasformazione dei fini, di fusione o di soppressione.
La trasformazione deve rispettare,
per quanto possibile, la volontà fondazionale;
la fusione può essere determinata quando due o più istituzioni abbiano scopi
identici; la soppressione, quando le finalità delle istituzioni risultino non
più rispondenti alle esigenze attuali dell'assistenza ovvero quando i mezzi
economi co-finanziari siano insufficienti al
perseguimento degli scopi istituzionali.
Art. 14.
Le istituzioni pubbliche assistenziali, che a seguito del riordinamento di cui
all'articolo precedente conservino autonomia giuridica e di funzionamento,
sono disciplinate con legge della Regione, secondo i seguenti criteri fondamentali:
a) ciascuna istituzione
deve avere un proprio statuto, che ne determini la denominazione, la sede, gli
scopi, la dotazione patrimoniale, i modi di attuazione dell'assistenza, gli
organi e l'ordinamento;
b) le riforme degli statuti e
dell'organizzazione devono rispondere a necessità di funzionamento, di economia di gestione nonché di specializzazione delle
prestazioni assistenziali;
c) i controlli sugli atti sono esercitati
dagli organi regionali, nelle forme e nei modi previsti per gli enti locali territoriali; i controlli sugli organi sono
esercitati dal
Art. 15.
Le iniziative assistenziali,
promosse e realizzate da privati, da associazioni o comitati, di carattere
laico o religioso, dotati o meno di personalità giuridica ai sensi del Codice
Civile, hanno libertà di sviluppo, a norma dell'art. 38, ultimo comma, della
Costituzione.
Dette iniziative possono, a
richiesta, essere utilizzate nell'ambito della programmazione regionale dei
servizi sociali di assistenza, sempreché
risultino idonee per i livelli delle prestazioni, per la qualificazione del
personale e per l'efficienza organizzativa ed operativa. A tali fini, possono
intercorrere rapporti convenzionali tra le Unità locali e le istituzioni assistenziali private.
Con l'entrata in vigore della
presente legge il conferimento della personalità giuridica ad associazioni o
fondazioni che perseguano scopi esclusivi o
prevalenti di assistenza può avere luogo soltanto a norma degli articoli 12 e
seguenti del codice civile.
Art. 16.
Con l'entrata in vigore delle leggi
regionali di cui all'articolo 9 gli Enti comunali di assistenza,
istituiti con la legge 3 giugno 1937, n. 847, cessano la loro attività.
Con provvedimento della Regione sono
trasferiti alle singole Unità locali, sulla base di
opportuni criteri di ripartizione, le dotazioni patrimoniali ed il personale
degli enti comunali soppressi.
Art. 17.
Con l'entrata in vigore della
presente legge, gli interventi assistenziali
spettanti ai Comuni a norma dell'art. 91, lettera H, numeri 5 e 6, del Testo
Unico approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 sono soppressi.
Sono, altresì, soppressi, gli
interventi assistenziali spettanti alle Province a
norma dell'art. 144, lettera G, numero 2 del citato Testo Unico.
Le attività di assistenza
di cui al comma precedente e la gestione degli istituti provinciali di
assistenza all'infanzia esistenti all'atto dell'entrata in vigore della
presente legge, sono assunte dalle Regioni, che provvedono, con proprie norme,
alla disciplina delle attività stesse, nonché del personale e dei rapporti
giuridici e patrimoniali dei predetti istituti.
Art. 18.
Il Governo della Repubblica, entro
un anno dall'entrata in vigore della presente legge, è delegato ad emanare decreti
aventi valore di legge per il riordinamento degli enti pubblici assistenziali a carattere nazionale o pluriregionale.
Il riordinamento deve essere effettuato previa un'indagine ricognitiva
sulle finalità, sulle attività e sulla consistenza patrimoniale dei singoli
enti, promossa dal Ministro dell'Interno, di concerto con i Ministri del
Tesoro, dell'Organizzazione della Pubblica Amministrazione e con gli altri
Ministeri Interessati.
Sui risultati della ricognizione,
sulla situazione dei singoli enti e sui provvedimenti delegati da sottoporre
all'approvazione del Consiglio dei Ministri esprime parere una Commissione
Parlamentare, composta da dieci Senatori e dieci
Deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica
e dal Presidente della Camera dei Deputati.
La delega legislativa di cui al
primo comma sarà esercitata con l'osservanza dei seguenti criteri direttivi:
a) saranno indicati gli enti ritenuti
necessari per le finalità dei servizi sociali di assistenza;
b) gli enti di cui alla lettera a) potranno essere ristrutturati,
anche mediante la fusione di quelli che abbiano identiche o analoghe
competenze;
c) saranno soppressi gli enti i cui
scopi siano cessati o non più attuali o che si trovino nell'impossibilità
concreta di perseguire i propri fini istituzionali o che risultino inidonei ad
assicurare un adeguato grado di efficienza;
d) nei casi di ristrutturazione,
fusione o soppressione degli enti considerati nel presente
articolo, i provvedimenti delegati devono contenere norme per la definizione
dello stato giuridico ed economico dei personale e per l'eventuale
trasferimento dello stesso ad altri enti che continueranno a svolgere attività
assistenziali.
Sono esclusi dalla soppressione gli
enti a carattere associativo.
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