Prospettive assistenziali, n. 29 bis, gennaio-marzo 1975

 

 

PROPOSTA DI LEGGE N. 1609 PRESENTATA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI L'1-2-1973 DAGLI ON. FOSCHI E ALTRI PARLAMENTARI D.C. «LEGGE QUADRO DI RIFORMA DELL'ASSISTENZA» (1)

 

 

Principi generali

Art. 1.

La presente legge disciplina l'assistenza sociale in con­formità ai diritti sanciti dalla Costituzione nei confronti di tutti i cittadini; definisce l'ambito del pubblico intervento; garantisce la libertà di esplicazione dell'assistenza gestita dai privati e ne assicura il coordinamento con quella gesti­ta dallo Stato e dagli altri enti pubblici qualora essa con­corra al perseguimento degli obiettivi fissati dai poteri pubblici competenti.

 

Art. 2.

L'assistenza sociale garantisce, nel quadro della sicu­rezza sociale, l'effettivo diritto dei cittadini alla prevenzio­ne ed alla rimozione delle situazioni e delle cause che ostacolano il pieno e libero sviluppo della loro personalità

A tal fine sono predisposti idonei servizi ed interventi armonizzati con i servizi sanitari e scolastici e con le po­litiche sociali della famiglia, del lavoro, della casa, dell'assetto territoriale.

 

Art. 3.

La utilizzazione dei servizi e degli interventi di cui al precedente articolo prescinde da ogni riferimento a deter­minate categorie e deve realizzarsi quanto più possibile attraverso il nucleo familiare, nel normale ambiente di vi­ta e con la partecipazione dell'avente diritto, nel rispetto della sua dignità e libertà; deve altresì essere garantita all'assistito la possibilità di scelta motivata dalle prestazio­ni, purché ciò non produca obiettive difficoltà tecniche e ingiustificato aggravio di oneri.

 

Competenze dello Stato

Art. 4.

Le competenze in materia di sanità, previdenza sociale, assistenza sociale devono fare capo ad una unica struttura organica dell'amministrazione che realizzi il coordinamento dei settori costituenti la sicurezza sociale, lo snellimento e l'acceleramento delle procedure, il decentramento agli uffici periferici di attribuzioni spettanti agli organi centrali.

A tal fine è istituito il Ministero della Sicurezza Socia­le che assorbe le competenze dell'attuale Ministero della Sanità e quelle già spettanti agli altri Ministeri in materia di previdenza sociale e di assistenza sociale.

Con successiva legge da emanare entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge saranno determina­ti le competenze, i servizi e l'ordinamento del nuovo Mi­nistero.

 

Art. 5.

Al fine di determinare gli indirizzi generali in materia di assistenza e servizi sociali da includere nel piano naziona­le di sviluppo economico è costituita presso il ministro della sicurezza sociale che la presiede una commissione consultiva composta da un assessore e da un rappresen­tante degli operatori sociali designato da ciascuna delle regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale.

 

Costituzione di un comitato interministeriale provvisorio

Art. 6.

Fino all'attuazione del Ministero della sicurezza sociale di cui all'articolo 4 è costituito presso la Presidenza del Consiglio un comitato interministeriale composto dai mi­nistri o dai rispettivi sottosegretari a ciò delegati, degli interni, della sanità, del lavoro e previdenza sociale per as­solvere alle funzioni di competenza statale indicate dalla presente legge e per procedere alla progressiva unifica­zione delle rispettive competenze secondo quanto fissato dall'articolo 4.

Al fine di garantire un organico collegamento con le Re­gioni, tale comitato sarà affiancato da una commissione consultiva composta da un assessore e da un rappresen­tante degli operatori sociali designati da ciascuna delle Regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale.

 

Art. 7.

Spetta allo Stato:

1) definire i livelli minimi e la tipizzazione di presta­zione dei servizi sociali;

2) indicare, sentite le rappresentanze e le associa­zioni interessate, i profili professionali del personale da utilizzare nei servizi sociali;

3) svolgere di intesa con le regioni e con le istitu­zioni specializzate ricerche ed indagini finalizzate allo stu­dio ed alla soluzione dei problemi assistenziali di rilevanza nazionale;

4) predisporre, in base alle vigenti leggi, idonei in­terventi in caso di calamità o per altre esigenze di carat­tere eccezionale e straordinario;

5) regolare le questioni di ordine internazionale ed i rapporti con organismi stranieri ed internazionali;

6) provvedere agli oneri per l'assistenza degli stra­nieri in relazione alle convenzioni internazionali e in con­formità a quanto disposto dal secondo comma dell'arti­colo 12.

 

Ordinamenti e competenze regionali

Art. 8.

Le regioni hanno autonoma potestà legislativa in materia di assistenza sociale nei limiti dei principi stabiliti dalla presente legge ed emanano, ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 117 della Costituzione, norme di attuazione delle leggi della Repubblica aventi per oggetto il perse­guimento delle finalità di cui al precedente articolo 2 nelle materie che non rientrano nella potestà legislativa delle regioni.

 

Art. 9.

Le regioni curano la programmazione dei servizi so­ciali assicurando con apposite procedure che gli obiettivi di sviluppo tengano conto delle indicazioni fornite dai co­muni, dalle province, dagli altri enti locali, nonché dalle formazioni sociali, dagli esperti e dagli operatori sociali qualificati nel settore.

 

Art. 10.

Spetta alle regioni:

1) definire le caratteristiche, de dimensioni e l'am­bito territoriale dell'Unità locale dei servizi sociali di cui agli articoli 10, 11 e 12;

2) indicare i tipi dei servizi, i criteri e le modalità per il razionale assetto delle strutture operative, per il coordinamento delle iniziative assistenziali pubbliche ed an­che di quelle disciplinate dagli articoli 18, 19, 20, 21 e 22;

3) stabilire con legge i criteri di corresponsione per periodi limitati, da parte delle unità locali dei servizi so­ciali, di assegni straordinari eventualmente integrati dai necessari servizi, per i cittadini che si trovino in situazio­ne di emergenza individuale e familiare, al fine di favorire il definitivo superamento delle stesse;

4) sostenere le spese relative alle prestazioni di cui all'articolo 12;

5) promuovere e sostenere le iniziative in atto, da assumere per la formazione, l'aggiornamento e la qualifi­cazione degli operatori sociali;

6) curare la tenuta del registro delle istituzioni di utilità sociale (articolo 19) ;

7) disciplinare la vigilanza sulle attività assistenziali.

 

Competenze comunali e organizzazione locale dei servizi sociali

Art. 11.

I comuni ed i consorzi di comuni al fine di garantire la presenza dei necessari servizi sociali assistenziali istitui­scono le Unità locali dei servizi sociali, definite con legge regionale sentiti i comuni e le province interessate.

Con legge regionale vengono stabiliti:

1) il regolamento dell'Unità locale dei servizi sociali intesa come speciale organizzazione tecnica con propria gestione non dotata di autonoma capacità giuridica;

2) l'ambito territoriale di competenza dell'Unità lo­cale determinato a livello subcomunale, comunale o inter­comunale - in coordinamento con le Unità sanitarie loca­li - in modo da garantire, per omogeneità di strutture eco­nomico-sociali e per dimensioni ed effettiva possibilità di comunicazione, il migliore accesso ai servizi e la parteci­pazione ai cittadini;

3) le dotazioni di attrezzature e di personale, in re­lazione ai programmi stabiliti dalla regione, dai comuni e dai consorzi di comuni;

4) la sfera di intervento delle Unità locali le quali dovranno, comunque provvedere nell'ambito del proprio territorio e nel quadro della programmazione, in coordina­mento con le Unità sanitarie locali, a:

a) svolgere attività di segretariato sociale;

b) svolgere attività di consultorio familiare per la consulenza interdisciplinare diagnostica e di primo tratta­mento per tutti i casi riferibili all'esperienza familiare.

c) fornire interventi di ordine economico per ur­genti necessità e servizi adeguati per particolari condizioni di difficoltà in cui versino i singoli cittadini e le famiglie, inclusi i servizi di assistenza domiciliare;

d) svolgere opera di vigilanza nei confronti delle iniziative assistenziali pubbliche e quelle di cui all'arti­colo 20.

 

Art. 12.

Il consiglio comunale e gli organi del consorzio dei co­muni nominano il direttore tecnico dell'Unità locale dei servizi sociali che esercita le attribuzioni conferitegli da disposizioni legislative e di regolamento e dal consiglio comunale o dagli organi del consorzio.

La partecipazione dei cittadini alla programmazione ed alla gestione dei servizi è assicurata da una commissione consultiva che affianca il direttore tecnico ed è composta da rappresentanti designati dalle formazioni sociali ope­ranti nel territorio, e dagli operatori sociali qualificati nel settore.

Con legge regionale vengono regolamentate le attività e le competenze del direttore tecnico dell'Unità locale dei servizi sociali, della commissione consultiva ed i criteri per l'elaborazione e l'approvazione dei bilanci preventivo e consuntivo e del programma di attività dell'Unità locale, che dovranno essere approvati al consiglio del comune o dagli organi del consorzio dei comuni.

 

Art. 13.

L'Unità locale dei servizi sociali è tenuta ad erogare le sue prestazioni anche nei confronti dei cittadini non resi­denti, quando l'intervento sia determinato da particolari condizioni di necessità e di urgenza e in relazione al ser­vizio richiesto, salvo rivalsa delle spese nei confronti delle regioni in cui l'assistito abbia abituale residenza.

Sono altresì ammessi a fruire dei servizi sociali gli stra­nieri, che agli effetti delle leggi assistenziali siano assimi­lati ai cittadini italiani ovvero che risultano appartenenti a Stati per i quali sussista il trattamento di reciprocità.

 

Art. 14.

Le province assicurano quei servizi socio-assistenziali che per livello di specializzazione, tipo di utenza e ambito territoriale non siano utilmente realizzabili dalle unità lo­cali dei servizi sociali.

La regione stabilisce le norme generali per la eventua­le costituzione di consorzi tra province e comuni e plurali­tà di province.

 

Pubbliche istituzioni assistenziali

Art. 15.

Le Regioni, entro un biennio dall'entrata in vigore della presente legge, per i fini di cui al precedente articolo, adottano apposito piano che, in conformità agli obiettivi della programmazione regionale e sentiti i comuni e gli enti interessati, disponga in ordine alla sopravvivenza, trasformazione, fusione ed estinzione delle istituzioni pub­bliche di assistenza e di beneficenza.

Le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che per l'attività assistenziale svolta, per l'efficiente organiz­zazione strumentale e di personale, possono garantire il perseguimento dei propri scopi in aderenza ai fini di cui alla presente legge, conservano la personalità giuridica e l'ordinamento interno.

Le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza pos­sono essere dichiarate estinte se i loro fini istituzionali o il livello dei loro servizi sociali non vengono riconosciuti idonei.

In caso di estinzione, la devoluzione dei beni deve av­venire secondo le indicazioni contenute nello statuto dell'ente o, in loro mancanza, a enti o istituzioni pubbliche similari.

Le Regioni, nello stesso termine, stabiliranno le proce­dure per il trasferimento dei beni e del personale che conserva in ogni caso il grado ed il trattamento economico raggiunto alla data del trasferimento stesso.

 

Art. 16.

Gli enti comunali di assistenza sono soppressi e le do­tazioni relative sono trasferite al rispettivo comune per essere destinate alla costituzione ed all'attività delle uni­tà locali dei servizi sociali.

 

Private iniziative assistenziali

Art. 17.

È garantita la libertà di costituzione e di attività alle as­sociazioni, fondazioni ed altre istituzioni con finalità di as­sistenza e di servizio sociale promosse da privati, da enti ecclesiastici e da enti assistenziali di ogni confessione re­ligiosa.

 

Art. 18.

È istituito presso l'assessorato regionale competente il registro delle istituzioni private di utilità sociale. L'atto costitutivo e lo statuto delle istituzioni di cui all'articolo precedente devono essere depositati con la richiesta di iscrizione presso gli uffici dell'assessorato competente. L'iscrizione nel registro delle istituzioni private di utilità sociale è disposta con decreto del presidente della giunta regionale previo accertamento delle condizioni stabilite a norma delle presente legge e delle leggi regionali, sentiti í comuni della Regione nel territorio dei quali l'istituzione opera.

Contro la mancata iscrizione è ammesso ricorso ai tri­bunali amministrativi regionali ed al Consiglio di Stato.

Con tale iscrizione l'istituzione ha diritto, qualora lo richieda, a partecipare alla programmazione ed alla at­tuazione dei programmi socio-assistenziali.

 

Art. 19.

La cancellazione delle istituzioni private di utilità so­ciale dal relativo registro può essere disposta previo diffi­da e con decreto motivato dal presidente della giunta re­gionale su proposta dell'assessore competente, quando venga riscontrata una grave violazione della norma di legge e di regolamento o la grave inadempienza degli obblighi assistenziali.

Avverso tali provvedimenti è ammesso ricorso ai tribu­nali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato.

Le istituzioni di utilità sociale, se convenzionate o co­munque fruenti di contributi finanziari pubblici, sono sotto­poste per quanto concerne l'attività assistenziale ai conse­guenti controlli ed agli oneri previsti in sede di program­mazione e di coordinamento dei servizi sociali.

 

Art. 20.

Le convenzioni stipulate fra gli enti locali e le istituzioni private di utilità sociale dovranno escludere qualsiasi for­ma di subappalto.

Le rette dovranno essere adeguate alle prestazioni da valutarsi in rapporto alle esigenze dei soggetti ed alle spe­se generali fisse ed, a parità di prestazioni, uguale per tut­te le istituzioni private di utilità sociale operanti nel terri­torio della regione.

Nel quadro degli indirizzi della regione, il comune o i consorzi, su proposta o parere delle Unità locali dei servizi sociali competenti per territorio, può disporre incentivi a favore delle istituzioni di utilità sociale per la trasforma­zione, la qualificazione e l'istituzione di servizi.

 

Art. 21.

Le amministrazioni delle istituzioni di utilità sociale debbono presentare annualmente - all'ente convenzionan­te e alla regione - appositi rendiconti per la parte relativa ai finanziamenti pubblici.

 

Fondo nazionale per i servizi sociali

Art. 22.

Viene istituito il fondo nazionale per i servizi sociali, che è costituito da tutti i capitoli di spesa iscritti nel bi­lancio dello Stato, comunque attinenti ad attività di bene­ficenza e di assistenza, ordinarie e straordinarie.

Nel fondo nazionale per il servizio sociale confluiscono altresì:

a) gli stanziamenti erogati dallo Stato per le attività assistenziali e di beneficenza svolti dagli enti pubblici nazionali;

b) i contributi di cui al decreto-legge 23 marzo 1948, n. 327 e alla legge 14 aprile 1956, n. 307 (ENAOLI), nonché alle leggi 4 aprile 1952, n. 218 e 20 febbraio 1958, n. 55 (ONPI);

c) gli utili delle lotterie nazionali;

d) i patrimoni finanziari degli enti nazionali soppres­si ai sensi dell'articolo 25 della presente legge.

Il fondo nazionale per i servizi sociali costituito da ap­positi capitoli iscritti nello stato di previsione delle spese del Ministero della sicurezza sociale distinti per la spesa corrente e per quella in conto capitale, viene ripartito fra le singole regioni.

 

Art. 23.

Limitatamente ai primi due anni finanziari successivi all'entrata in vigore della presente legge, il fondo è ripar­tito fra le regioni con i criteri fissati dall'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281.

Successivamente la ripartizione annuale fra le regioni del fondo nazionale per i servizi sociali verrà stabilita sul­la base di un piano pluriennale, approvato dal CIPE e sen­tita la Commissione di cui all'articolo 5 con riferimento agli obiettivi fissati dall'articolo 3 della presente legge.

Con le modalità di cui al precedente comma ed in cor­relazione con il programma economico nazionale ed i pia­ni di sviluppo di ciascuna regione si stabiliscono i para­metri per il riparto fra le regioni del fondo nazionale per i servizi sociali.

I parametri devono essere definiti numericamente per ciascuna regione tenendo canto della situazione economi­ca, sociale e demografica o dei livelli funzionali e struttu­rali dei servizi.

 

Scioglimento degli enti nazionali assistenziali di diritto pubblico

Art. 24.

Entro due anni dall'entrata in vigore della presente leg­ge, gli enti nazionali assistenziali ed assimilabili di diritto pubblico, cessano dalle loro funzioni.

Il Governo della Repubblica, previo parere di apposita Commissione parlamentare composta da nove deputati e nove senatori è delegato ad emanare entro tale periodo uno o più decreti aventi valore di legge, con l'osservanza dei seguenti criteri direttivi.

1) Devoluzione alle regioni od agli altri enti locali territoriali, secondo le rispettive competenze, dei patrimo­ni immobiliari e dei beni strumentali ai servizi degli enti di cui al primo comma.

2) Trasferimento del personale degli enti di cui so­pra alle Regioni o al Ministero della Sicurezza Sociale con­servando ad essi in ogni caso il grado, la funzione ed il trattamento economico raggiunti all'entrata in vigore dei decreti di cui al secondo comma.

 

Nuova disciplina delle prestazioni economiche di assistenza sociale

a carattere obbligatorio e continuativo

Art. 25.

A decorrere dal 1° gennaio 1975 le prestazioni economi­che di assistenza sociale, obbligatorie e continuative, ero­gate sotto forma di assegni di assistenza a di accompa­gnamento e di pensioni di inabilità ai soggetti di cui alle leggi 26 maggio 1970, n. 381; 27 maggio 1970, n. 382; 30 marzo 1971, n. 118 sono erogate dall'INPS con le modalità previste dall'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153 per le pensioni sociali.

Ai titolari degli assegni e delle pensioni di cui al primo comma del presente articolo si applicano gli aumenti per perequazione automatica delle pensioni e le norme sull'as­sistenza malattia secondo quanto disposto dall'articolo 2 del decreto-legge 30 giugno 1972, n. 267, nel testo modifi­cato dalla legge di conversione dell'11 agosto 1972, n. 485.

Restano ferme le norme e le modalità sull'accertamento delle condizioni per il diritto alle prestazioni economiche di cui alle leggi 26 maggio 1970, n. 382 e 30 marzo 1971, n. 118.

L'onere delle pensioni di inabilità e degli assegni di cui al primo comma del presente articolo è a carico del fondo sociale dell'INPS in cui affluiranno, a decorrere dal 1o gen­naio 1975, le somme a tale scopo stanziate dalle citate leggi.

 

Art. 26.

Entro due anni dall'entrata in vigore della presente leg­ge, il Governo della Repubblica è delegato ad emanare uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per:

a) unificare il livello quantitativo delle prestazioni economiche e di assistenza sociale a favore dei cittadini inabili o con ridotte capacità lavorative e sprovvisti di red­dito sufficiente;

b) definire unitariamente le modalità e criteri degli accertamenti per l'erogazione di tutte le prestazioni econo­miche e continuative, delegandoli alla competenza ammi­nistrativa delle regioni che si varranno a tal fine delle Uni­tà locali dei servizi sociali;

c) definire un unico sistema per le prestazioni eco­nomiche e assistenziali, stabilendone parametri quantitativi nel contesto del sistema previdenziale mutualistico a base contributiva.

 

Disposizioni finali

Tutte le norme in contrasto con la presente legge sono abrogate.

 

 

 

(1) Questa proposta di legge è identica sia nella relazione che nel testo a quella presentata al Senato il 12-2-1973 (n. 830) dalla Sen. Falcucci e altri Parlamentari D.C.

 

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