Prospettive assistenziali, n. 29 bis, gennaio-marzo 1975

 

 

PROPOSTA DI LEGGE N. 1674 PRESENTATA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI IL 15-2-1973 DALL'ON. ARTALI DEL P.S.I. PER CONTO DELL'ANEA «LEGGE QUADRO SUI SERVIZI SOCIALI E SULLA RIFORMA DELLA PUBBLICA ASSISTENZA» (1)

 

 

Art. 1.

In attuazione dei principi sanciti dalla Costituzione del­la Repubblica ed allo scopo di assicurare a tutti i cittadi­ni le condizioni per la soddisfazione dei loro bisogni fon­damentali e per lo sviluppo della loro personalità, sono istituiti i servizi sociali di cui agli articoli seguenti.

I servizi sociali sono predisposti per tutti i cittadini e per gli stranieri residenti nel territorio nazionale, indipen­dentemente dalle loro condizioni economiche e sociali.

Le Regioni, nell'ambito della presente legge e delle di­sposizioni previste dagli articoli 117 e 118 della Costitu­zione, determinano con proprie leggi le norme per l'istitu­zione di detti servizi e quelle per la loro gestione da parte delle Province e dei Comuni.

 

Art. 2.

Nel quadro del piano di programmazione nazionale e con i mezzi da questo previsti, lo Stato assicura particola­re sviluppo dei servizi sociali nel Mezzogiorno e nelle aree depresse.

Le iniziative private che concorrono a realizzare le fina­lità dei servizi sociali possono essere utilizzate nel quadro della programmazione nazionale e di quella regionale e secondo i criteri previsti dalla presente legge.

Al cittadino è assicurata la libertà di scelta fra più ser­vizi per uno stesso bisogno.

 

Art. 3.

La legge regionale stabilisce i limiti convenzionali di reddito e di proprietà per l'ammissione gratuita ai servizi sociali, e i livelli dei servizi.

Lo Stato, nell'ambito del piano economico, stabilisce con legge i valori minimi di tali limiti e i livelli minimi dei servizi.

Per i bisogni che richiedono un intervento immediato e temporaneo dei servizi di assistenza sociale, in relazione alla loro gravità ed urgenza, si può prescindere dai pre­detti limiti.

 

Art. 4.

Le Regioni provvedono ad assicurare, nell'ambito del proprio territorio, i servizi sociali di base, e in particolare quelli per l'infanzia, gli anziani, i subnormali e i disadat­tati per cause fisiche, psichiche, sensoriali, nonché i servi­zi necessari per gli immigrati, i profughi, i dimessi dagli istituti di prevenzione e pena e dagli ospedali psichiatrici.

La Regione redige il piano territoriale e finanziario dei servizi sociali, demandandone l'attuazione alle Province ed ai Comuni.

 

Art. 5.

Oltre alla gratuita ammissione ai servizi sociali di base, ai cittadini che sono temporaneamente o stabilmente in­capaci di procurarsi con le loro forze i mezzi per la sussi­stenza propria e del nucleo familiare, saranno assicurate:

a) prestazioni economiche, in misura pari almeno all'importo mensile della pensione sociale;

b) una maggiorazione d'importo pari agli assegni fa­

miliari per il settore dell'industria per i familiari a carico, secondo la normativa stabilita per la corrispondente pre­stazione previdenziale;

c) l'assistenza personale per l'eliminazione delle cau­se che determinano nel soggetto la carenza dei mezzi es­senziali di vita o il persistere di uno stato di bisogno. A tale ultimo fine, gli organi dell'assistenza sociale assumo­no accordi con gli uffici di collocamento, con gli enti previ­denziali, con i servizi di assistenza sanitaria e con gli or­gani preposti all'edilizia popolare, anche per favorire l'av­vio a prestazioni di assistenza specifica.

Le prestazioni di cui al primo comma sono corrisposte non appena accertata l'esistenza delle condizioni previste dalia legge e per il periodo in cui persiste lo stato di bi­sogno.

L'assistenza economica può essere erogata una tantum, quando si tratti di una momentanea incapacità del sogget­to a fronteggiare con i propri mezzi taluni bisogni essen­ziali o si verifichino esigenze straordinarie o pubbliche calamità.

 

Art. 6.

La legge regionale dovrà prevedere opportune garanzie per la tutela dei cittadini per ciò che concerne l'ammissio­ne ai servizi sociali e il diritto alle prestazioni economiche, di cui all'articolo 5, secondo quanto disposto al punto 4) del secondo comma del successivo articolo 7, ferma re­stando la possibilità di adire l'Autorità giudiziaria.

 

Art. 7.

La legge regionale, al fine di dare unità di indirizzo e organizzazione alla gestione dei servizi sociali, prevede l'istituzione nei Comuni, anche in tempi diversi, di Centri di assistenza sociale aventi il carattere di servizio comu­nale e autonomia patrimoniale e di gestione, determinando­ne le fondamentali caratteristiche tecnico funzionali e ga­rantendo forme di partecipazione dei cittadini alla loro ge­stione.

Le modalità di istituzione e di gestione dei servizi so­ciali sono disciplinate dalla legge regionale nell'ambito dei seguenti criteri fondamentali:

1) di norma per i Comuni maggiori la legge regiona­le può, su proposta del Consiglio comunale, istituire più Centri di assistenza sociale, di cui al successivo articolo 8. Per gruppi di Comuni minori la legge può istituire centri consorziali. La stessa legge dovrà fissare precise norme per assicurare il coordinamento e l'unità di indirizzo fra i Centri di assistenza sociale di uno stesso Comune, per l'attribuzione delle attività patrimoniali e per la destinazio­ne e la gestione degli istituti assistenziali attualmente ge­stiti dagli ECA;

2) ogni Centro di assistenza sociale è diretto da un comitato amministrativo eletto dai Consiglio comunale o dall'assemblea del Consorzio;

3) sono sottoposte all'approvazione del Consiglio comunale o dell'assemblea del Consorzio le delibere del Comitato amministrativo riguardanti:

a) programma assistenziale;

b) bilanci preventivi e conti consuntivi;

c) pianta organica e salari del personale e relativi stipendi;

d) regolamenti;

e) contratti, modificazioni di patrimonio o altri prov­vedimenti, che vincolino il bilancio oltre l'esercizio in corso;

4) contro i provvedimenti in materia di ammissione ai servizi sociali il cittadino può ricorrere al comitato am­ministrativo del Centro, che decide con motivata delibera.

 

Art. 8.

I Centri di assistenza sociale provvedono a:

a) gestire direttamente i servizi sociali di cui alla presente legge e alle leggi della Regione;

b) proporre al Comune o al Consorzio convenzioni con istituzioni specializzate riconosciute idonee dai com­petenti organi regionali per l'attuazione dei servizi sociali;

c) accertare l'esistenza delle condizioni previste da leggi dello Stato e della Regione per l'erogazione di pre­stazioni assistenziali ed in particolare di quelle di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, delle inden­nità ai ciechi civili di cui alla legge 27 maggio 1970, n. 382, delle indennità ai sordomuti di cui alla legge 26 maggio 1970, n. 381, delle indennità ai mutilati ed invalidi civili di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, e delle altre presta­zioni economiche di cui all'articolo 5 della presente legge;

d) formulare agli organi della Regione, oltre che a quelli del Comune, le proposte ritenute opportune per l'e­sercizio diretto dell'assistenza sociale e per la costituzio­ne o il riconoscimento delle istituzioni specializzate da uti­lizzare per i servizi sociali, nonché per la prevenzione del­le situazioni che rendono necessario l'intervento delle at­tività assistenziali;

e) effettuare inchieste sociali per approfondire i problemi di gruppi o comunità aventi esigenze particolari, sia per favorirne lo sviluppo sociale che per prospettare le necessità assistenziali;

f) attuare le opportune iniziative per assicurare ai singoli soggetti le condizioni necessarie per lo sviluppo della propria personalità, il mantenimento nella famiglia e il migliore inserimento nella società;

g) svolgere altri compiti ad essi affidati dal Comune, anche in rapporto a funzioni delegate al Comune dallo Sta­to e dalla Regione.

 

Art. 9.

Con l'approvazione delle leggi regionali di cui al prece­dente articolo 7 e con l'effettiva istituzione dei Centri di assistenza sociale, gli Enti comunali di assistenza cessano di svolgere la loro attività quali enti autarchici istituzionali.

I patrimoni degli ECA e quelli da essi amministrati pas­sano a far parte del patrimonio autonomo dei Centri di as­sistenza sociale e sono gestiti per il conseguimento dei loro fini istituzionali.

Il personale degli ECA entra a far parte dell'organico del Centro di assistenza sociale, conservando lo stato giuridi­co ed il trattamento economico raggiunto.

 

Art. 10.

In relazione a quanto stabilito nel precedente articolo 8, per l’attuazione dei servizi sociali possono essere utilizza­te le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza esi­stenti e gli enti comunque assoggettati alla disciplina della legge 17 luglio 1890, n. 6972, se riconosciuti idonei in con­siderazione dei livelli delle prestazioni, della qualificazio­ne del personale, dell'efficienza organizzativa e delle do­tazioni patrimoniali.

Qualora tali istituzioni non presentino i suddetti requisi­ti, il Consiglio regionale ha potestà di deliberare, a mag­gioranza assoluta dei suoi componenti, la fusione con al­tre istituzioni, l'aggregazione ad un centro di assistenza sociale o l'estinzione. Contro i relativi provvedimenti è ammesso ricorso alla Autorità giudiziaria ordinaria, oltre al ricorso amministrativo.

 

Art. 11.

È garantita la libertà delle iniziative private di assi­stenza.

Le predette iniziative possono - a richiesta - essere utilizzate, mediante apposite convenzioni, per il raggiungi­mento degli scapi di cui alla presente legge e nell'ambito della programmazione nazionale e regionale, purché rico­nosciute idonee ai sensi del primo comma del precedente articolo 10. In tal caso, le iniziative private sono assogget­tate ai controlli di cui alla presente legge; i loro servizi debbono essere resi direttamente e con esclusione di ogni forma di subappalto o delega.

 

Art. 12.

Gli enti pubblici nazionali che svolgono attività di assi­stenza sociale saranno soppressi con le modalità previste dall'articolo 21, lettera a), della presente legge.

 

Art. 13.

Il controllo sugli atti dei Centri di assistenza sociale è esercitato dagli organi regionali di controllo nei confronti delle deliberazioni delle amministrazioni comunali o con­sortili ai sensi del precedente articolo 7.

Il controllo sugli atti delle istituzioni pubbliche di assi­stenza e delle istituzioni private, di cui agli articoli 10 e 11 della presente legge, è esercitato dall'organo regionale di controllo istituito ai sensi dell'articolo 130 della Costitu­zione.

Sono fatte salve le norme particolari in vigore per le Regioni a statuto speciale.

 

Art. 14.

Lo Stato, nell'ambito della funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività delle Regioni in materia di servizi sociali, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281:

a) promuove, in collaborazione con le Regioni, studi e ricerche per la migliore organizzazione ed efficienza dei servizi sociali;

b) definisce i livelli minimi di prestazione dei servizi sociali e quelli professionali del personale operante nel settore, tenendo conto anche delle convenzioni internazio­nali e delle norme comunitarie;

c) stipula accordi di reciprocità in materia di servizi sociali con le altre Nazioni e cura i rapporti con gli orga­nismi stranieri ed internazionali, delegandone l'attuazione alle Regioni.

Le funzioni di cui sopra sono esercitate, fuori dei casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge, mediante deliberazioni del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministro o i Ministri competenti.

 

Art. 15.

È istituito - presso la Presidenza del Consiglio dei mi­nistri - il Consiglio nazionale per l'assistenza sociale, pre­sieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o da Mi­nistro da lui delegato.

Esso è composto:

a) da un rappresentante dei Ministeri dell'interno, della sanità e del lavoro e della previdenza sociale;

b) da un rappresentante per ciascuna Regione, de­signato dai rispettivi Consigli regionali;

c) da tre esperti designati dal Presidente del Consi­glio dei ministri;

d) da cinque esperti cooptati dal Consiglio nazionale;

e) da quattro rappresentanti delle associazioni na­zionali istituite fra gli enti operanti nel settore assisten­ziale, designato uno dall'ANCI, uno dall'UPI, uno dall'ANEA, uno dall'UNEBA.

Il Consiglio nazionale è nominato con decreto del Pre­sidente della Repubblica ed elegge nel suo seno il vice presidente; i suoi componenti restano in carica cinque an­ni e possono essere confermati.

Il parere del Consiglio nazionale è obbligatorio sulle se­guenti materie:

a) programmi di estensione e perfezionamento dei servizi sociali nel quadro dei piani di sviluppo economico­sociale;

b) assegnazione dei fondi ai fini assistenziali;

c) definizione dei livelli minimi delle prestazioni as­sistenziali;

d) modifiche legislative in materia di sicurezza so­ciale;

e) trasformazione o fusione di istituti sociali a ca­rattere pluriregionale;

f) accordi internazionali nel campo assistenziale.

 

Art. 16.

Alle Regioni, salvo le diverse competenze previste per le Regioni a statuto speciale, spetta:

a) emanare le norme legislative per l'attuazione ed il perfezionamento dell'assistenza sociale di cui alla pre­sente legge quadro;

b) definire, sulla base delle esigenze espresse dai Comuni e dalle Province, gli indirizzi programmatici ed i livelli concreti dell'assistenza sociale nell'ambito regio­nale;

c) istituire, ai sensi dell'articolo 7 della presente legge, i Centri di assistenza sociale, definendone l'ambito territoriale;

d) indicare le prestazioni che possono essere con­cesse, in tutto o in parte, a titolo oneroso e fissare le con­dizioni cui le prestazioni stesse sono subordinate;

e) assegnare i fondi per l'istituzione e la gestione dei servizi sociali e per le prestazioni economiche;

f) coordinare le funzioni dei Comuni, anche in rela­zione alle attività dei servizi previdenziali e sanitari, e dei Centri di assistenza sociale;

g) effettuare direttamente, o mediante speciali com­missioni, inchieste sociali :per valutare l'estensione dei bi­sogni assistenziali dei cittadini in genere, o per singoli gruppi, per accertarne le cause determinanti e proporre at­ti di competenza della Regione stessa o degli enti locali;

h) adottare le deliberazioni relative al riconoscimen­to delle istituzioni pubbliche e private di assistenza socia­le che possono essere utilizzate dai Centri di assistenza sociale per la realizzazione dei servizi specializzati previsti dalla presente legge;

i) curare il perfezionamento e l'aggiornamento del personale addetto alle funzioni assistenziali e organizzare eventuali centri per la rilevazione dei dati occorrenti per l'attuazione dell'assistenza;

l) definire i compiti a delegare funzioni amministra­tive alle Province ed ai Comuni, oltre quelli già attribuiti ad essi dalla presente legge.

 

Art. 17.

Spetta alle Province:

a) promuovere l'organizzazione dei servizi sociali che non possono utilmente essere realizzati dai Centri di assi­stenza sociale, per livello di specializzazione, tipo di utenza e ambito territoriale;

b) concorrere alla elaborazione del programma di sviluppo dei servizi sociali, che le rispettive Regioni deb­bono formulare nell'ambito della propria competenza terri­toriale;

c) svolgere le funzioni amministrative che saranno loro assegnate dalla legge regionale in campo assisten­ziale.

 

Art. 18.

I Comuni svolgono funzioni di indirizzo, di propulsione e di coordinamento dei servizi sociali nell'ambito del territo­rio di competenza.

In particolare, oltre a quanto previsto dall'articolo 7 del­la presente legge:

a) accertano le concrete esigenze del territorio di propria competenza ai fini della istituzione dei servizi so­ciali e le indicano alle rispettive Regioni per la formula­zione dei programmi assistenziali e per la creazione dei Centri di assistenza sociale;

b) nominano i componenti dei comitati amministrati­vi dei Centri di assistenza sociale ed approvano i bilanci ed i programmi di attività dei Centri stessi, nonché 1e de­liberazioni dei Comitati amministrativi dei centri, secondo le norme del precedente articolo 7;

c) concorrono agli oneri per le attività sociali;

d) esercitano funzioni amministrative ed adempiono ai compiti ad essi delegati dalle rispettive Regioni nel set­tore sociale.

 

Art. 19.

Agli oneri per il finanziamento dei servizi sociali si provvede con:

a) un contributo dello Stato pari, per il primo anno, al totale degli stanziamenti previsti nei capitoli degli stati di previsione della spesa dei vari Ministeri per attività as­sistenziali trasferite con la presente legge ad altri orga­ni; per gli anni successivi il contributo dello Stato sarà fissato ai sensi dell'articolo 21, lettera b), della presente legge;

b) i contributi e gli stanziamenti per attività assisten­ziali svolte dagli enti pubblici nazionali soppressi a seguito della presente legge;

c) gli stanziamenti attualmente previsti per presta­zioni economiche assistenziali in favore di particolari ca­tegorie di cittadini;

d) un contributo dei Comuni e delle Province pari, per il primo anno, all'ammontare degli stanziamenti previsti nei rispettivi bilanci per le prestazioni che a seguito della presente legge vengono affidate ai Centri di assistenza so­ciale; per gli anni successivi il contributo sarà fissato in ragione di una quota per abitante stabilita con legge re­gionale;

e) le entrate dei Centri di assistenza sociale per red­diti patrimoniali o per prestazioni a titolo oneroso;

f) i proventi delle lotterie nazionali;

g) stanziamento a carico del bilancio delle Regioni, la cui entità è rapportata alle concrete esigenze assisten­ziali di ciascuna Regione;

h) contributo dello Stato, delle Regioni, delle Pro­vince e dei Comuni in corrispettivo di servizi speciali de­legati ai Centri di assistenza sociale.

Sono devoluti ai Centri di assistenza sociale i lasciti ed i beni destinati genericamente a favore dei poveri, di cui all'articolo 630 del codice civile.

Gli stanzia:menti di cui alle lettere a), b), c) ed f) sono iscritti in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro e ripartiti fra le singole Regioni con decreto del Presidente del Consiglio dei mini­stri di concerto col Ministro del tesoro, sentito il Consi­glio nazionale per l'assistenza sociale.

La quota assegnata a ciascuna Regione è ad essa ac­creditata in apposito conto corrente infruttifero aperto presso la Tesoreria provinciale dello Stato nel capoluogo della Regione.

Sulla scorta dei bilanci preventivi e degli altri elementi raccolti riguardanti l'attività dei Centri di assistenza so­ciale, ciascuna Regione predispone un piano annuale di riparto, fra i Centri medesimi, delle somme disponibili pre­viste dal presente articolo. Il piano di riparto è approvato con delibera del Consiglio regionale, su proposta del com­petente assessore.

 

Art. 20.

Per i documenti, gli atti ed i contratti che possono oc­correre ai Centri di assistenza sociale nell'esercizio dei compiti istituzionali contemplati dalla presente legge o da altre disposizioni legislative e regolamentari, sono estese ai Centri medesimi le norme sulla esenzione dal pagamen­to dei tributi e diritti applicabili, allo stesso fine, alle Am­ministrazioni dello Stato.

Parimenti sono esenti da ogni tributo o diritto gli atti per il trasferimento dei beni di proprietà degli enti assi­stenziali sopprimendi ai sensi dell'articolo 12 e per la de­voluzione dei rispettivi beni.

Sono pure esenti dalle tasse di registro o bollo e da qualsiasi altra tassa o spesa i documenti e gli atti che possono necessitare ai soggetti assistibili per realizzare i benefici ad essi spettanti contemplati dalla presente leg­ge e dalle leggi regionali emanate in esecuzione della presente legge.

 

Art. 21.

Il Governo della Repubblica, sentito il Consiglio nazio­nale per l'assistenza sociale, integrato da cinque senatori e cinque deputati nominati dai Presidenti delle rispettive Camere, è delegato ad emanare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, norme aventi forza di legge ordinaria intese a:

a) sopprimere, con devoluzione dei beni alle Regioni e trasferimento del personale con le garanzie di stato giu­ridico ed economico, gli enti pubblici nazionali, che svol­gono attività di assistenza sociale, secondo il criterio di evitare duplicazioni di competenze, rientranti nell'ambito dell'intervento regionale, fatta salva l'individuazione di ser­vizi, prestazioni e interventi che per la specifica loro natu­ra non possano essere tecnicamente resi dalle singole Re­gioni e debbano quindi, di necessità, restare affidati all'Am­ministrazione centrale dello Stato;

b) riordinare, eliminando le attuali categorie di assi­stibili, la regolamentazione delle prestazioni economiche di base garantite dalla pensione sociale e dalle altre provvi­denze stabilite con leggi dello Stato, secondo ;il concetto di una valutazione progressivamente più ampia dei bisogni dei singoli, valutate le possibilità economiche del Paese e le indicazioni del programma economico nazionale;

c) definire i livelli di cui all'articolo 3 della pre­sente legge;

d) definire il processo di adeguamento automatico delle prestazioni di cui ai punti precedenti in relazione al­le condizioni previste per la perequazione automatica delle pensioni dell'assicurazione generale obbligatoria di cui all'articolo 19 della legge 30 aprile 1969, n. 153. Il provvedi­mento stabilirà altresì la scadenza periodica dell'adegua­mento automatico, valutate le possibilità e le indicazioni di cui al precedente punto b);

e) fissare i limiti di reddito e di proprietà per la con­cessione delle prestazioni economiche assistenziali, in mo­do da definire il concetto dell'assistibile sulla base degli effettivi bisogni che si intendono considerare;

f) stabilire i criteri generali di massima per il rico­noscimento delle istituzioni pubbliche di assistenza di cui al punto h) dell'articolo 16 in relazione alle disponibilità di personale, locali e attrezzature ed alla complessiva effi­cienza delle istituzioni;

g) delimitare le competenze fra le strutture scolasti­che, gli organi sanitari e gli organi assistenziali nei con­fronti dei subnormali e dei disadattati, ai fini di un inter­vento coordinato che concili la prevenzione, la cura e l'as­sistenza in una visione globale dei rispettivi problemi;

h) assicurare una piena complementarietà dei servizi sociali con il sistema :previdenziale e con quello sanita­rio, in modo da realizzare del nostro Paese un armonico si­stema di sicurezza sociale che assicuri a tutti i cittadini il soddisfacimento dei bisogni fondamentali e li avvii - re­sponsabilizzandoli adeguatamente - verso una esistenza il più possibile autonoma in una completa valorizzazione del­la personalità umana.

 

Art. 22.

Sono abrogate le disposizioni contrarie o comunque in­compatibili con la presente legge e in particolare le nor­me sugli elenchi dei poveri, che sono aboliti.

 

   

(1) Questa proposta di legge è identica sia nella relazione che nel testo a quella presentata al Senato il 7-2-1973 dal Sen. Signorello della D.C. (n. 843).

 

 

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