Prospettive assistenziali, n. 30, aprile-giugno 1975

 

 

CONVEGNI

 

CONVEGNO SUI SERVIZI SANITARI E SOCIALI DI QUARTIERE

 

 

Fra le manifestazioni organizzate a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare segnaliamo il convegno svoltosi a Torino il 12 e 13 aprile 1975 sul tema dei servizi sanitari e sociali di quartiere, organizzato dal Coor­dinamento dei Comitati di quartiere.

Riproduciamo il documento base (che può costituire un riferimento per analoghe iniziative in altre città) e la mozione approvata all'unanimità al termine dei lavori.

 

DOCUMENTO BASE

Si possono perseguire nella politica dei servizi in generale, e in particolare nei servizi sanitari e sociali, tre linee che sono allo stesso tempo po­litiche, amministrative, tecniche e organizzative.

La prima consiste nel lasciare i servizi come stanno sul piano qualitativo e solo aumentarne la quantità: ad esempio più ospedali, più ambu­latori, più istituti di ricovero, più asili nido e più scuole materne.

La seconda linea consiste in un miglioramento dell'efficienza dei servizi esistenti (vedi la cam­pagna de La Stampa per il miglioramento delle Molinette), lasciando sostanzialmente immutati i contenuti di fondo che sono:

- per la sanità la conservazione della premi­nenza (o l'esclusività) degli interventi curativi (ospedali generali, ospedali geriatrici, gerontoco­mi) con eventuale allargamento alla diagnosi pre­coce e alla riabilitazione, ma nessuna attività in materia di prevenzione;

- per l'assistenza la conservazione delle isti­tuzioni chiuse come manicomi, istituti di ricove­ro per minori, istituti medico-psico-pedagogici per handicappati, case di riposo e case albergo per anziani, centri riservati a spastici, subnorma­li, ciechi ecc.

In questo caso sono istituiti servizi nuovi che si collocano accanto a quelli vecchi senza sosti­tuire questi ultimi. Viene lasciato ampio spazio agli enti privati e si assumono nuovi tecnici.

Nei fatti è rifiutata o ostacolata la partecipa­zione delle forze sindacali e sociali.

Una terza linea è quella che vede la richiesta di servizi realmente alternativi che gradualmente sostituiscano quelli vecchi.

Sul piano dell'indicazione politica di fondo que­sta posizione richiede il cambiamento della sani­tà, intesa oggi come cura della malattia, in servi­zi diretti ad assicurare il massimo benessere fi­sico e psichico; ne deriva l'inscindibilità fra pre­venzione, cura e riabilitazione e la priorità della prevenzione.

Per l'assistenza significa passare da interven­ti elemosinieri, discrezionali, emarginanti a ser­vizi sociali aperti a tutti; significa intervenire per eliminare le cause che provocano le richieste di assistenza, così che l'assistenza non solo ne ven­ga migliorata, ma in prospettiva eliminata.

I servizi prescolastici, ricreativi, culturali, per gli asili nido e le scuole materne perderanno ogni carattere di assistenza e di custodia per garanti­re l'effettivo inserimento in un programma unita­rio di formazione.

Questa terza linea infine ha come riferimento essenziale le esigenze della popolazione e consi­dera la partecipazione delle forze sindacali e so­ciali come lo strumento per poter ottenere un cambiamento di indirizzo dei servizi e per garan­tire la loro rispondenza alle esigenze reali.

Ma non basta partecipare alla programmazio­ne e gestione dei servizi, bisogna individuare gli organi di governo.

Oggi esiste una miriade di enti e uffici dei ser­vizi:

- sanità: oltre 400 mutue e casse mutue, Ministeri degli interni, della sanità e della pubblica istruzione, Regioni, Province, Comuni, Enti ospedalieri, ONMI, cliniche private, istituti pub­blici e privati di ricovero di anziani, minori e in­validi;

- assistenza: oltre 62.000 uffici in Italia (tut­ti i Ministeri, Regioni, Province, Comuni, ECA, Opere Pie, ONMI, ENAOLI, ONPI, patronati sco­lastici, enti privati, ecc.;

- asili nido e scuole materne: Ministeri del­la Sanità e Pubblica Istruzione, Assessorati re­gionali alla sanità, assistenza e istruzione; As­sessorati comunali alla sanità, assistenza e istru­zione; Consorzi di comuni; opere pie. enti priva­ti; aziende; asili nido e scuole materne speciali per ciechi, sordi e subnormali.

Mentre la prima posizione politica tende all'aumento delle migliaia di enti esistenti e la se­conda posizione tende ad una loro limitata ridu­zione, la terza posizione rivendica:

a) la conservazione a livello nazionale delle sole competenze in materia di rapporti interna­zionali e di programmazione, di coordinamento generale e di finanziamento;

b) il passaggio alle Regioni di tutte le com­petenze in materia di servizi sanitari e sociali e di asili nido e scuole materne;

c) l'attribuzione alle Regioni dei soli compi­ti in materia di legislazione specifica nell'ambito delle leggi nazionali, di programmazione regiona­le, di finanziamento, di coordinamento e di con­trollo;

d) la gestione di tutti i servizi da parte dei Comuni, dei Consorzi di Comuni e dei Consigli di quartiere.

Infatti, pur essendo il Comune l'organo più a contatto dei cittadini e perciò quello più in grado di coglierne le esigenze, non si può far riferimen­to ai Comuni così come sono, stante l'estrema differenza esistente.

Infatti in base ai dati del censimento del 1971 vi è la seguente situazione:

 

comuni con popolazione:                       n. comuni                        popolazione

fino               a         500 abitanti                   648                               216.705

da          501 a      3.000 abitanti                 4108                            6.238.190

da        3.001 a     10.000 abitanti                 2425                           12.558.908

da      10.001 a    50.000 abitanti                   765                           14.885.467

da      50.001 a   250.000 abitanti                    96                            8.866.861

da    250.001 a   500.000 abitanti                      8                            2.861.404

oltre i                500.000 abitanti                      6                            8.397.656

TOTALE                                                    8056                           54.025.211

 

I comuni troppo piccoli non sono in grado di gestire i servizi; i comuni troppo grandi non con­sentono una effettiva partecipazione e un reale controllo da parte dei cittadini e delle forze sin­dacali e sociali.

Si è pertanto andata affermando in questi anni la necessità di ripartire il territorio in zone che comprendano un numero di abitanti tali da con­sentire da un lato la gestione di tutti i servizi di base, e cioè quelli di primaria utilità sociale, e d'altro lato di consentire una reale partecipa­zione.

Tale organizzazione, che in generale si ritiene debba comprendere in media 50.000 abitanti, è stata definita unità locale.

L'unità locale non é un nuovo ente, ma è il complesso unitario dei servizi di base gestiti a seconda delle situazioni dai comuni, consorzi di comuni, organi del decentramento dei comuni metropolitani.

 

Unità locali di tutti i servizi

Il concetto dell'unità locale è ormai acquisito (si pensi all'unità sanitaria locale). Ma anche l'u­nità locale può venir svuotata da coloro che vo­gliono che tutto resti così com'è. Si utilizza allora il termine di unità locale per proporre contenuti, strutture e prestazioni completamente diversi da quelli che sarebbero richiesti da un radicale cam­biamento.

Infatti nel disegno di legge di riforma sanita­ria proposta dal Governo l'unità sanitaria locale viene ad essere una struttura separata dal Comu­ne e quindi a porsi come un nuovo ente. (Il Comu­ne nomina solo i consiglieri dell'unità sanitaria e vi è incompatibilità fra consigliere dell'unità sa­nitaria e consigliere comunale).

Il Ministero dell'interno a sua volta propone l'unità locale dei servizi sociali come struttura separata dal Comune e dall'unità sanitaria locale.

Nella stessa ottica la Provincia di Torino ha presentato alla Regione Piemonte una proposta di legge che prevede l'istituzione di unità territo­riali sportive viste come strutture a se stanti.

Così, creando unità locali distinte per settore, e soprattutto se ognuna di esse avrà una sua per­sonalità giuridica (unità sanitaria locale, unità lo­cale dei servizi scolastici, unità locale dei servizi abitativi, e magari anche l'unità locale dei servizi culturali e ricreativi, ecc.) si opera in primo luogo lo svuotamento delle competenze dell'organo elettivo il più a contatto con i cittadini, il Comu­ne, e in secondo luogo si settorializzano i proble­mi, rendendo ancora più difficili gli interventi a monte che sono indispensabili se si vogliono eli­minare le cause che provocano le malattie, i di­sadattamenti e le richieste di assistenza.

Se prendiamo ad esempio il ricovero degli an­ziani in istituto: esso può essere evitato solo se appoggiato da una gamma di interventi: pensioni adeguate, prestazioni domiciliari sociali e sanita­rie, alloggi individuali o per piccole comunità, anche con servizi collettivi. Da qui pertanto la necessità politica e tecnica che tutte queste competenze siano affidate ad un unico organo po­litico-amministrativo.

Avendo come principale punto di riferimento la partecipazione dei cittadini quale forza che ga­rantisce il soddisfacimento di tutte le esigenze, vogliamo invece una unica unità locale, vista non come un organo esclusivamente tecnico, ma co­me un organismo politico e tecnico nello stesso tempo.

Vogliamo cioè che all'organo di governo più vicino ai cittadini (Comuni, consorzi di comuni, comunità montane, organi del decentramento dei comuni metropolitani) siano date competenze e finanziamenti per poter essere un vero e proprio organo che stabilisca, con la partecipazione dei cittadini, le linee politiche generali e particolari e che gestisca tutti i servizi di base siano essi sa­nitari, ricreativi, scolastici, abitativi, di tempo li­bero, ecc. ecc.

 

Posizione politica della Regione Piemonte, della Provincia e del Comune di Torino

Come appare evidente dalla tabella allegata, la Regione Piemonte, la Provincia e il Comune di Torino hanno operato soprattutto nella direzione che abbiamo definito come prima linea cioè per l'incentivazione degli enti parassitari e del clien­telismo; sono pochi gli interventi che si colloca­no nella seconda direzione (razionalizzazione dei servizi esistenti); nessun intervento si può collo­care (esclusa la parte scritta - ma non l'appli­cazione - dell'accordo psichiatrico fra i Sindaca­ti e la Provincia di Torino) nella terza direzione, cioè nella linea che vuole un cambiamento di con­tenuti per i servizi qui considerati.

 

Informazione

 

Situazione attuale

Lo Statuto della Regione Piemonte precisa giu­stamente (art. 7):

«La Regione Piemonte riconosce che il presup­posto della partecipazione è l'informazione sui programmi, le decisioni e gli atti di rilevanza re­gionale. Cura a tal fine l'istituzione di mezzi e strumenti idonei, stabilisce rapporti permanenti con gli organi di informazione, anche audiovisivi, e provvede ad istituire forme di comunicazione che consentano alla comunità regionale di espri­mere le proprie esigenze. La Regione dà relazio­ne periodica della sua attività, organizza confe­renze con gli enti locali, cura i contatti con gli organismi di azienda, di scuola, di comunità lo­cali».

Tutto ciò è rimasto finora sulla carta. Inoltre il bollettino ufficiale non riporta le proposte di legge presentate, non riferisce sui lavori del Consiglio Regionale, sulle nozioni, interpellanze e interrogazioni e le delibere sono riportate solo per riassunto.

Le consultazioni delle commissioni regionali sulle proposte di legge sono fatte in modo da ri­sultare una semplice formalità.

La Provincia e il Comune di Torino praticamen­te non forniscono alcuna informazione preventiva.

 

Richieste

Applicazione dell'art. 7 dello Statuto Regiona­le, assicurando a tutte le forze sindacali e socia­li una informazione tempestiva e completa per quanto concerne i lavori del Consiglio regionale, pubblicando come già fanno altre Regioni sul bol­lettino ufficiale:

- il resoconto sommario delle sedute o al­meno il processo verbale, in ogni caso con l'indi­cazione delle dichiarazioni di voto dei gruppi con­sigliari;

- le proposte di legge, gli ordini del giorno, le interrogazioni, le interpellanze e le mozioni; - le delibere nel testo integrale;

- i resoconti per riassunto delle consulta­zioni.

Si richiede inoltre che vengano concordate con le forze sindacali e sociali le modalità di attua­zione delle «forme di comunicazione che con­sentono alla comunità regionale di esprimere le proprie esigenze».

Si richiede inoltre che le consultazioni abbiano un carattere sostanziale di confronto.

Si richiede alla Provincia e al Comune di Tori­no di fornire anch'essi una informazione tempe­stiva e completa secondo modalità da concordare.

 

Programmazione e zonizzazione

Situazione attuale

L'art. 74 dello Statuto della Regione Piemonte stabilisce «La Regione, in armonia con gli obiet­tivi della programmazione nazionale, provvede all'adozione del piano di sviluppo regionale (...).

Il bilancio preventivo annuale, le leggi e gli atti della Regione che importano investimenti devo­no essere coerenti con le linee fondamentali del programma pluriennale. La Giunta presenta ogni anno, unitamente al bilancio preventivo, una re­lazione sullo stato di attuazione del programma pluriennale ed eventuali proposte di aggiorna­mento».

Nonostante l'esistenza fin dal marzo 1972 del rapporto dell'IRES per il piano di sviluppo del Piemonte 1970-1975, studio fatto su richiesta della Giunta Regionale, e nonostante le consultazioni effettuate sul rapporto suddetto, nessun pro­gramma è stato definito.

La Giunta regionale ha continuato ad operare soprattutto mediante delibere proprie e del suo presidente, sottraendosi ad ogni confronto con le forze sociali.

La Provincia e il Comune di Torino hanno agi­to senza predisporre alcuna programmazione.

 

Richieste

La programmazione deve essere il metodo di lavoro di una Regione realmente democratica. Tale programmazione deve saper tradurre le esigenze reali della popolazione: non deve per­tanto nascere nel chiuso di uffici burocratici, ma dalla partecipazione attiva degli enti locali e del­le forze sindacali e sociali del territorio. Pertanto si richiede l'istituzione di una com­missione tecnico-politica, in cui siano rappresen­tati oltre alle forze politiche e democratiche del Consiglio Regionale, i Comuni e le Province, la quale predisponga il piano di sviluppo in un con­fronto aperto e partecipato con le forze sindacali. Tale piano dovrà privilegiare i consumi pubbli­ci, promuovere il decentramento dei servizi e fa­vorire la partecipazione delle forze sindacali e sociali al controllo dei servizi.

Base della programmazione dei servizi sani­tari e sociali dovrà essere la ripartizione del ter­ritorio in unità locali dei servizi.

La ripartizione dovrà essere unica per tutti i servizi e perciò dovranno coincidere le unità lo­cali dei servizi sanitari e sociali con quelle dei distretti scolastici e di tutti gli altri servizi di base. Tale ripartizione del territorio per la città di Torino deve coincidere con la suddivisione in quartieri, così da permettere una gestione unita­ria dei servizi stessi da parte dei consigli di quar­tiere.

Ciò richiede la modifica della legge della Re­gione Piemonte sull'assistenza scolastica n. 27 del 2-9-1974.

A loro volta le comunità montane dovranno coincidere con le Unità locali o essere parte di una sola Unità locale.

Tutto ciò allo scopo di avere il minor numero possibile di enti gestori e di modo che gli enti gestori (Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità montane, Consigli di quartiere) siano organi po­litici e non nuovi enti.

 

Leggi e delibere della Regione Piemonte per l'in­centivazione degli enti parassitari e leggi di altre Regioni sulle unità locali e sui servizi alternativi

Situazione attuale

La Giunta della Regione Piemonte ripete da an­ni che le Regioni non hanno competenza per ema­nare leggi per l'istituzione delle unità locali e dei servizi alternativi.

Ponendosi sulla linea della incentivazione degli enti parassitari, il Consiglio Regionale, a maggio­ranza, ha approvato la legge n. 27 del 2-9-1974 «Norme in materia di assistenza scolastica in fa­vore degli alunni delle scuole materne e dell'ob­bligo» con la quale ha creato qualche centinaio di nuovi enti, quasi che non fossero sufficienti le decine di migliaia di uffici esistenti per la sanità e l'assistenza.

Infatti i distretti scolastici sono stati trasfor­mati in enti gestori dei servizi relativi all'orienta­mento professionale, all'assistenza sociale e all'assistenza medico-psico-pedagogica, separando inoltre sanità e assistenza dentro e fuori della scuola. Inoltre i consigli di istituto della scuola media sono stati trasformati in enti gestori di bi­biblioteche di classe e di istituto, della fornitura agli alunni dei libri di testo e dei sussidi didattici, mentre tali competenze dovevano essere date ai Comuni anche per poter passare dalle bibliote­che di istituto a centri culturali di quartiere.

La suddetta legge della Regione Piemonte la­scia molto spazio ai patronati scolastici, mentre la Lombardia li ha sciolti.

La seconda legge approvata dalla Regione Piemonte è la n. 21 del 29-7-1974 «Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anzia­ni, agli inabili ed ai minori, nonché per il funzio­namento di centri di incontro per gli anziani».

Questa legge, che ha come aspetto positivo solo quello di non limitare l'assistenza domicilia­re agli anziani, isola però gli anziani nei centri di incontro e va contro il principio dei centri civici (non assistenziali) aperti a tutti i cittadini e pun­to di riferimento per tutti i servizi di zona e centri di politica attiva, di scambi culturali e di attività ricreative per tutta la popolazione.

Inoltre la legge n. 21 stabilisce che i Comuni possono appaltare i servizi ad enti pubblici e pri­vati e prevede la costituzione di consorzi fra i Co­muni con popolazione inferiore ai 15.000 abitan­ti, consorzi che si possono sovrapporre a quelli necessari per la costituzione delle unità locali.

Inoltre il Consiglio regionale ha approvato la legge cosiddetta del riscaldamento mediante la quale tramite i comuni versano ai poveri un po' di elemosina.

Per quanto riguarda le leggi regionali sugli asi­li nido, vi è da osservare che finora non ne é sta­to aperto nemmeno uno.

 

Delibere della Regione Piemonte

La Regione Piemonte, a differenza di altre Re­gioni, ha utilizzato lo strumento delle delibere della Giunta o del suo presidente per portare avanti la sua politica di incentivazione degli enti parassitari e del clientelismo.

Citiamo nella tabella che riportiamo per ragio­ni di spazio solo le delibere più importanti del 1973 e del 1974:

 

n.   9-17378   L.     129.500.000   ai Patronati scolastici

» 27-18236    »       24.800.000   ai Patronati scolastici

»  44-19286    »         7.085.000   all'ODA e alla G.I. per colonie estive ragazzi bisognosi

» 22-20548    »       10.693.000   a ente privato per colonie estive ragazzi bisognosi

» 48-21618    »       65.400.000   contributi a ECA

» 49-21619    »     165.485.000   contributi a ECA

» 72-22214    »     146.900.000   contributi straordinari a enti e istituzioni

»  73-22178    »     122.560.000   contributi a centri eroganti assistenza alimentare a mino­ri poveri

»  75-22215    »       96.600.000   (ripetute per 35 anni) per co­struzione istituti per anziani e invalidi

» 22-22685    »       25.600.000   contributi straordinari a enti

»     2- 5904    »         1.680.000   (ritenute per 35 anni) per nuovo manicomio a Novara

»   66- 7886    »     129.500.000   ai Patronati scolastici

»   35- 8596    »       94.950.000   contributi straordinari a enti

»   34- 9554    »     187.156.000   ai Patronati scolastici

»  64-10687    »     449.882.000   alle scuole materne non statali

» 67-10690    »     213.470.000   ai Patronati scolastici

»  71-10694    »     259.000.000   ai Patronati scolastici

» 139-10751   »     210.020.000   a enti vari per soggiorni di vacanza ragazzi bisognosi

»  61-11484    »       37.500.000   contributi straordinari a enti

»    3-11486    »       94.500.000   contributi straordinari a enti

» 33-12260    »     446.000.000   a Patronati scolastici

» 47-12271    » 1.463.140.000   a ECA

» 15-16124    »         4.000.000   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto per anziani e invalidi

»  13-18884    »       61.360.000   contributo straordinario a enti

»  15-18886    »     211.060.000   a ECA

»  16-18887    »       19.900.000   contributi straordinari a enti

» 125-17331   »     378.560.000   acquisto laboratori per medi­cina lavoro

» 126-17332   »     251.165.000   acquisto attrezzature per me­dicina lavoro

»  50-17309    »       50.500.000   contributi a enti per subnor­mali

» 102-17310   »     300.000.000   ai Patronati scolastici

» 103-17311   »     154.400.000   ai Patronati scolastici

» 40-17166    »     299.940.000   (ripetute per 35 anni) per nuovi istituti di ricovero per minori, anziani e invalidi

» 41-17167    »       75.700.000   contributi straordinari a enti

»     28- 734    »     336.500.000   a ECA

»   13- 1737    »       24.000.000   a convitti

»   13- 1738    »     448.000.000   a Patronati scolastici

»   15- 1741    »     116.600.000   a Patronati scolastici

»   10- 5122    »     112.500.000   contributi straordinari a enti

»   22- 5933    »     274.390.000   contributi a enti per soggiorni di vacanze minori bisognosi

»   10- 6446    »       74.600.000   contributi straordinari a enti

»   11- 6447    » 1.553.200.000   a ECA

»   22- 6658    »     480.000.000   a scuole materne non statali

»   16- 6972    »     735.283.696   a enti ospedalieri per acqui­sto attrezzature

»    24-7392    »     231.320.000   ai Patronati scolastici

»         3368    »         3.200.000   (ripetuto per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»         3440    »         3.200.000   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»         3442    »       25.800.000   (ripetute per 35 anni) per nuovo manicomio a Alessandria

»         3456    »         3.350.495   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»         3457    »         2.800.000   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»         3483    »       73.000.000   per trasformazione centrale termica manicomio Gruglia­sco (non ancora funzionante)

»   18- 8047    »     104.750.000   contributi straordinari a enti

»         3902    »         1.163.673   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»         4409    »         4.000.000   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»         4431    »         3.200.000   (idem come sopra)

»         4512    »     552.403.000   spese ristrutturazione mani­comio Novara

»         4632    »       18.320.000   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto per sordomuti a Cuneo

»         4664    »         1.000.000   (ripetuto per 35 anni) per completamento istituto rico­vero per anziani

»         4669    »         6.000.000   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»     4- 8963    »     169.999.285   (ripetute per 35 anni) per nuovo istituto di ricovero per anziani

»   14- 7593    » 3.208.134.000   alle Casse scolastiche e agli istituti pareggiati, parificati e riconosciuti

 

Richieste

Le affermazioni della Regione Piemonte non ri­spondono a verità, come è dimostrato dalle leggi emanate da altre Regioni, le quali, pur nei limiti delle parziali competenze trasferite dallo Stato, hanno legiferato in materia di unità locale e di servizi alternativi.

 

A) Leggi in materia di unità locale in ordine di importanza:

1) la legge della Regione Umbria n. 57 del 14-11-1974 «Organizzazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali della Regione». Essa riparti­sce il territorio in 10 unità locali dei servizi sa­nitari e sociali e stabilisce il riordinamento dei servizi di: profilassi delle malattie infettive; igie­ne della produzione e distribuzione degli alimen­ti e delle bevande; igiene ambientale e protezio­ne dagli inquinamenti; igiene e medicina preven­tiva dl lavoro; vigilanza, profilassi e assistenza veterinaria; assistenza sanitaria ed ospedaliera; igiene mentale; tutela materna ed infantile ed as­sistenza ai minori; igiene e medicina scolastica e dell'età evolutiva; educazione sanitaria; recupero e riabilitazione per le malattie sociali ed assi­stenza agli invalidi; assistenza e protezione dell'anziano.

Tale riordinamento deve essere effettuato (art. 2) garantendo in particolare:

- l'unitarietà degli interventi mediante il coordinamento, anche a mezzo di convenzioni, e l'eventuale unificazione delle strutture pubbliche esistenti, nell'ambito della programmazione regionale;

- l'adeguata articolazione territoriale dei presidi mediante la costituzione di distretti sani­tari e socio-assistenziali;

- l'effettiva partecipazione della popola­zione alla gestione di tutti i livelli della organiz­zazione sanitaria e socio-assistenziale;

- la parità di fruizione per tutti i cittadini dei servizi organizzati nelle Unità locali dei servi­zi sanitari e socio-assistenziali;

- la completa attuazione delle deleghe re­gionali in materia di sanità e di assistenza da par­te dei comuni associati in consorzi per la gestio­ne delle Unità locali di servizi sanitari e socio-as­sistenziali;

- la utilizzazione dei servizi ospedalieri ed extra ospedalieri nell'ambito di una gestione democratica da parte dei cittadini realizzando di­partimenti di prevenzione, di cura e di riabilita­zione quali strumenti finalizzati all'assistenza.

Il complesso dei servizi gestiti da ciascun con­sorzio di cui alla presente legge costituisce l'U­nità locale per i servizi sanitari e socio-assisten­ziali (U.L.S.S.S.);

2) la legge della Regione Toscana n. 64 del 14-11-1973 che prevede la suddivisione del terri­torio regionale in 71 unità locali dei servizi sani­tari e sociali comprendenti da un minimo di 13.000 a un massimo di 93.000 abitanti;

3) la costituzione dei consorzi socio-sanitari in tutto il territorio della Regione Emilia-Roma­gna;

4) la legge della Regione Lombardia n. 37 del 5-12-1972 che ha diviso il territorio regionale in zone sanitarie. Questa legge, a differenza di quelle precedentemente indicate, concerne solo i servizi sanitari e non quelli sociali;

 

B) Leggi in materia di servizi alternativi:

I) la legge della Regione Toscana n. 46 del 3-8-1973 «Interventi a favore dei Comuni, loro Consorzi e Comunità montane per attività di as­sistenza sanitaria e sociale nei settori della ma­ternità, dell'infanzia e dei giovani in età evolu­tiva»;

II) la legge della Regione Toscana n. 47 del 3-8-1973 «Istituzione di servizi per la tutela sani­taria dei lavoratori nei luoghi di lavoro»;

III) la legge della Regione Umbria n. 12 del 23-2-1973 «Norme per l'assistenza a favore di mi­nori, anziani e inabili al lavoro» che prevede i se­guenti interventi in ordine preferenziale:

a) prestazioni domiciliari di aiuto domesti­co, di servizio sociale e di assistenza sanitaria;

b) altre prestazioni idonee a favorire l'inse­rimento, il mantenimento ed il reinserimento dell'assistito nella vita di relazione, compreso l'alloggio a condizioni preferenziali di assegna­zione e di canone;

c) prestazioni economiche, alternative ad altra forma di assistenza, anche attraverso la cor­responsione di un assegno familiare o personale integrativo di eventuale trattamento pensioni­stico;

d) formazione e finanziamento di piccoli nuclei comunitari, cui possano essere assicurate anche le prestazioni di cui al punto a) del presen­te articolo;

e) ricovero di minori e di adulti inabili o di anziani, rispettivamente presso istituti educati­vo-assistenziali e presso case di riposo, ricono­sciuti idonei dalla Regione, sempreché sia accer­tata l'impossibilità di provvedere altrimenti al lo­ro mantenimento.

L'eventuale ricovero non esclude altre presta­zioni di carattere economico ed assistenziale;

IV) la legge della Regione Lombardia n. 59 del 9-9-1974 «Norme per l'attuazione del diritto allo studio» che elimina l'assistenza scolastica e sopprime i patronati scolastici ed i relativi con­sorzi provinciali;

V) le leggi della Regione Emilia-Romagna n. 10 dell'11-9-1972 «Istituzione di un fondo per la prevenzione nei settori della medicina ed as­sistenza» e n. 51 del 31-11-1974 «Norme per il finanziamento dei servizi di prevenzione nei set­tori della medicina ed assistenza».

La Regione Piemonte deve pertanto legiferare per costruire nell'ambito delle sue competenze le riforme dei servizi sanitari e sociali e per assicu­rare un effettivo diritto ai servizi e allo studio a tutti i bambini e ragazzi.

È anche necessario che in materia la Regione deleghi agli enti locali le funzioni operative ed i relativi finanziamenti, assicurando che l'esercizio delle funzioni sui servizi di base avvenga nell'am­bito unitario dell'unità locale dei servizi (di tutti i servizi).

Inoltre si chiede che la Regione Piemonte ab­bandoni il metodo delle delibere di Giunta che devono essere emanate solo in base a leggi re­gionali o a programmi approvati dal Consiglio re­gionale.

 

Comune di Torino

Situazione attuale

La linea politica del Comune di Torino in mate­ria di sanità, di assistenza, di asili nido e scuole materne è anch'essa finalizzata alla incentivazio­ne degli enti parassitari e alla privatizzazione massima dei servizi.

Ne sono esempi il ricovero di minori, anziani e invalidi appaltati a istituti privati e a Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, l'appalto dell'assistenza scolastica al Patronato, la prolife­razione delle cliniche e degli asili nido privati, i forti finanziamenti alle scuole materne private, la presenza massiccia di scuole private per la for­mazione di operatori sociali e per la prima in­fanzia.

Esiste inoltre una gestione autonoma da parte dei vari assessorati, per cui gli interventi sono settorializzati al massimo. Basti pensare che la medicina scolastica fa capo a tre distinti servizi dell'assessorato all'igiene e all'assessorato al la­voro oltre che, in base alla legge regionale n. 27 del 2-9-1974, ai distretti scolastici.

Il Consiglio comunale di Torino ha approvato all'unanimità la proposta di legge del comune di Settimo Torinese, senza però assumere nessun impegno per mettere in pratica quanto già oggi possibile.

Il Comune di Torino ha intenzione di mettere in atto un servizio di medicina e igiene del lavo­ro come servizio a se stante e cioè andando ver­so la proliferazione e settorializzazione degli in­terventi allontanando sempre più le prospettive di un servizio di medicina preventiva che com­prenda anche la medicina del lavoro e la medici­na scolastica.

Il Comune di Torino continua a creare uffici pe­riferici, facendo credere che ciò costituisca un decentramento, mentre nei fatti è invece l'esten­sione su tutto il territorio del proprio potere.

Per quanto riguarda l'assistenza invece di an­dare verso il suo superamento mediante inter­venti che risolvano a monte le richieste di assi­stenza (scuole materne e asili nido, scuole a tempo pieno, assegnazione alloggi dell'edilizia economica, ecc.) il Comune procede all'allarga­mento degli interventi assistenziali con la crea­zione di servizi di segretariato sociale, di centri per anziani, di altri centri per minori ecc.

Nulla ha fatto e fa il Comune di Torino per im­pedire che gli ospedali espellano (violando an­che le leggi vigenti) i poveri definiti cronici (i ric­chi restano negli ospedali) che poi sono costret­ti a pagare essi stessi o con i soldi dei figli il ri­covero in istituti del tutto inidonei come i «Pove­ri vecchi» di Corso Unione Sovietica.

Il Comune di Torino nulla ha fatto (essendo la sua linea quella del clientelismo) perché i pro­pri rappresentanti negli enti ospedalieri, nelle IPAB, nell'IACP, nel Patronato scolastico, nell'ECA ecc., portassero avanti una politica tesa a soddisfare le esigenze della popolazione e il su­peramento degli enti parassitari.

Ne è derivato uno spreco enorme del pubblico denaro (miliardi) e la persistente mancanza di servizi essenziali come asili nido e scuole ma­terne, scuole a tempo pieno con eliminazione dei doppi turni, ospedali di zona, servizi sociali alter­nativi al ricovero.

 

Provincia di Torino

Situazione attuale

Anche la Provincia di Torino ha continuato nel­la linea di incentivazione degli enti parassitari o appalto di bambini a istituti privati e a IPAB, ap­palto di ciechi e di falsi ciechi, appalto di sordi e falsi sordi, e di appoggio alla estensione di com­petenze di enti parassitari, finanziamento ad isti­tuti (come nel caso del Lombroso al quale erano versate rette per 55 minori, mentre i ricoverati erano 9), inutilizzazione totale da mesi del perso­nale del servizio di medicina scolastica, servizio che non si vuole smantellare per motivi clien­telari.

Il caso dei sei bambini sottratti alla Sig.ra Lan­zarotti e il loro ricovero all'Istituto Provinciale per l'infanzia è solo un esempio della politica di emarginazione della Provincia di Torino.

Le lotte dei lavoratori hanno costretto la Pro­vincia di Torino a sottoscrivere l'accordo sull'as­sistenza psichiatrica che, se applicato, costitui­rebbe l'inizio di un servizio a livello dell'unità lo­cale.

La Provincia ha un altro servizio che potrebbe essere positivo se non fosse boicottato e fermo da quasi due anni: quello relativo all'affidamen­to a scopo educativo di minori a famiglie, perso­ne e comunità alloggio.

La Provincia di Torino continua a tenere rin­chiusi a Villa Azzurra 10 bambini subnormali per i quali versa al manicomio una retta di 50.000 li­re al giorno per bambino.

Nessuna prospettiva seria viene offerta al Mai­nero, non attuando i necessari servizi di quartie­re come le comunità alloggio.

Nessuna azione è stata fatta dalla Provincia di Torino nei confronti dei propri rappresentanti nei vari enti ospedalieri, nel comitato provinciale dell'ONMI (presieduto da un consigliere provin­ciale in rappresentanza del Presidente della Pro­vincia); nelle IPAB, nell'IACP ecc.

 

Richieste

La prima richiesta nei confronti della Provincia di Torino è quella di decentrare nei quartieri-uni­tà locali tutti i servizi assistenziali ed i servizi sanitari di base sull'esempio del decentramento psichiatrico per arrivare al più presto possibile alla eliminazione del manicomio, dell'istituto pro­vinciale per l'infanzia e dei ricoveri per minori ciechi, sordi e subnormali.

Il decentramento deve riguardare anche il per­sonale e deve essere fatto in modo da modifica­re profondamente i contenuti degli interventi e da assicurare inizialmente un coordinamento con gli altri servizi di zona e poi la loro piena inte­grazione.

Ciò comporterà anche il passaggio delle com­petenze dalla Provincia al Comune.

La provincia ricovera nei manicomi di Colle­gno, Grugliasco, Savonera e S. Maurizio Canave­se molti anziani di Torino, che sono da tempo di­missibili se vi fossero le strutture e servizi ne­cessari.

Si richiede al riguardo che la Provincia di To­rino versi al Comune di Torino una parte della retta pagata oggi per questi anziani.

Il Comune di Torino dovrà a sua volta istituire i servizi necessari come comunità alloggio di quartiere.

All'Opera pia ospedali psichiatrici la richiesta è quella di utilizzare i fondi disponibili (un miliar­do) per l'acquisto degli alloggi necessari per isti­tuire le comunità alloggio.

La Provincia può e deve giocare un ruolo im­portante nella preparazione del personale dei ser­vizi sanitari e sociali che non può essere forma­to a livello di unità locale come ad esempio assi­stenti sociali, educatori, terapisti della riabilita­zione.

A tal fine dovrà costituire un centro che unifi­chi le attuali iniziative pubbliche determinando così lo svuotamento di quelle private.

 

Altri enti

Situazione attuale

Opera in Torino una miriade di altri enti assi­stenziali pubblici quali ECA, Patronato scolasti­co, Gioventù italiana, Comitati provinciale e co­munale ONMI, ENAOLI, ONPI, ENAL, ecc. (V. l'e­lenco degli enti indicati nella proposta di legge di iniziativa popolare). Tutti questi enti, oltre quelli privati, fanno una loro politica sprecando pubblico denaro per non assistere.

La stessa confusione esiste in campo sanitario: mutue e casse mutue, servizio comunale di assi­stenza sanitaria ai poveri e di assistenza domi­ciliare e infermieristica, enti ospedalieri, cliniche private ecc.

Come già detto numerosi sono gli asili nido privati (oltre a quelli dell'ONMI e quelli azienda­li) e ancor più numerose sono le scuole materne private largamente finanziate dalla Regione Piemonte, dal Comune e anche dalla Provincia di Torino.

 

Richieste

La Regione Piemonte, il Comune e la Provincia di Torino devono attuare una politica di interven­ti concreti che porti al superamento di tutti gli enti parassitari.

A tal fine dovranno operare non solo le sedi politiche (Presidenti, Assessori, Giunte e Consi­gli), ma anche i rappresentanti nominati dalla Re­gione, dalla Provincia e dal Comune di Torino ne­gli enti di cui si chiede il superamento.

Tale politica dovrà consentire anche il passag­gio del personale ai nuovi servizi.

 

Formazione professionale degli operatori sanitari, sociali e per la prima infanzia

Situazione attuale

Non esiste in materia nessuna politica seria da parte della Regione Piemonte, della Provincia e del Comune di Torino.

Ne deriva fra l'altro:

- la presenza nei servizi di personale scarso e dequalificato;

- l'ampio spazio lasciato all'iniziativa pri­vata;

- la impossibilità reale di utilizzare per nuo­vi servizi il personale dei vecchi enti da soppri­mere, personale che dovrebbe seguire corsi di riqualificazione, aggiornamento o riconversione.

 

Richieste

In materia di formazione degli operatori sanita­ri e sociali, si fa richiamo al documento dei sin­dacati presentato alla Regione Piemonte.

 

MOZIONE CONCLUSIVA

I partecipanti alle giornate di lavoro del 12 e 13 aprile 1975 sul tema dei servizi socio-sanitari di quartiere, organizzato dal Coordinamento dei Quartieri

Ribadita

l'attuale insostenibile carenza a tutti i livelli dei servizi sanitari e sociali

Denunciano

innanzitutto che la linea politica e operativa per­seguita dalla Regione Piemonte e dal Comune di Torino non è diretta ad avviare la riforma sanita­ria e assistenziale.

Infatti la Regione Piemonte non ha provveduto ad alcuna iniziativa legislativa per la zonizzazio­ne del territorio in funzione delle creazioni delle Unità locali dei servizi socio-sanitari, come han­no fatto altre Regioni (Lombardia, Umbria, Tosca­na, Emilia-Romagna) nonostante l'assenza di una legge nazionale, ma ha destinato considerevoli finanziamenti per potenziare le strutture emargi­nanti e gli Enti parassitari pubblici e privati (qua­li ECA, Opere Pie, Istituti di Riposo). Inoltre è di questi giorni l'approvazione di un articolo del di­segno di legge regionale n. 239, attualmente in discussione, che finanzia con 400 milioni all'anno per la durata di 35 anni, Opere Pie ed Enti priva­ti per la costruzione di nuovi istituti di ricovero per anziani e minori.

La Regione favorisce anche la trasformazione degli attuali ricoveri per la vecchiaia in Enti pa­raospedalieri come è avvenuto per il Ricovero di Corso Casale e come è in previsione per l'isti­tuto di Corso Unione Sovietica. Infine, nonostante la presenza di 50.000 organismi assistenziali e migliaia di altri Enti, la Regione Piemonte ha tra­sformato con propria legge i distretti scolastici in enti gestori dell'orientamento professionale, della assistenza sociale e medico-psico-pedagogi­ca scolastica ed i Consigli di Istituto in altri En­ti gestori di biblioteche e di sussidi didattici.

Tutto ciò va contro l'esigenza di una gestione unitaria da parte dei Comuni, i loro consorzi e or­gani di decentramento di tutti i servizi.

A sua volta il Comune invece di ridurre gli in­terventi assistenziali ne amplia l'area operativa ad esempio mediante:

1) la creazione di centri di incontro per anzia­ni, centri di tempo libero per anziani e minori, ospedali diurni, tutti gestiti dall'assessorato all'assistenza e perciò, di fatto, destinati ai poveri;

2) il semplice trasferimento nei quartieri di al­cune attività (ad esempio segretariato sociale e servizi professionali di zona) che conservano ca­ratteristiche di settorialità senza essere unifica­te con gli altri servizi in particolare con quelli sanitari;

3) la conservazione della prassi del facile rico­vero di anziani e minori.

I partecipanti al Convegno richiedono alla Regio­ne Piemonte:

1) di approvare prima della fine del manda­to la proposta di legge presentata nell'aprile '74 dal Comune di Settimo Torinese, e recentemente fatta propria all'unanimità dal Consiglio Comuna­le di Torino, che prevede una zonizzazione unica del territorio per tutti i servizi di base, la costitu­zione di Comitati socio-sanitari di zona e contri­buti regionali ai Comuni per la creazione di ser­vizi alternativi;

2) di cessare ogni finanziamento ad enti pub­blici e privati per costruzione di istituti di ricove­ro per minori handicappati e anziani e in partico­lare di modificare in tal senso il disegno di leg­ge n. 239;

3) di favorire la stipulazione di convenzioni tra Enti e Comuni come in seguito indicato;

4) di decentrare ai Comuni il servizio di me­dicina del lavoro;

5) di assumere provvedimenti in materia di formazione professionale, aggiornamento e riqualificazione di operatori sanitari e sociali per fa­vorire la costruzione di scuole istituite e gestite da Enti Locali;

6) di rispondere positivamente alle richieste avanzate nella manifestazione dell'11-4-75 e in particolare a quelle riguardanti l'ONMI.

I partecipanti richiedono al Comune di Torino:

a) di chiudere positivamente prima della fi­ne del mandato le vertenze relative al Centro ba­se delle Vallette, all'Opera Pia Lombroso, alla pubblicizzazione del servizio di riabilitazione dell'AIAS, alla ristrutturazione decentrata dei pro­pri servizi di medicina scolastica al fine di con­sentire anche l'inserimento degli handicappati nelle strutture normali prescolastiche e scolasti­che;

b) di stipulare convenzioni con le Opere pie per l'assistenza agli anziani allo scopo di utiliz­zare nei propri servizi il personale degli Enti, bloccando ogni assunzione di nuovo personale nei servizi comunali di modo che i lavoratori de­gli enti da superare possano essere inseriti, ga­rantendo a questi lavoratori i necessari interven­ti di riqualificazione e aggiornamento.

Tali convenzioni devono prevedere anche l'u­tilizzazione dei patrimoni delle Opere Pie per realizzare servizi di base alternativi (abitazioni di edilizia economica, comunità alloggio per mino­ri o anziani, centri sociosanitari di quartiere, ecc.);

c) di organizzare interventi di medicina del lavoro integrati con gli altri servizi di quartiere. Tutte queste iniziative devono collocarsi sia nella linea della citata proposta di legge approva­ta dal Consiglio Comunale di Torino sia nella li­nea della deliberazione approvata per la realiz­zazione del decentramento politico ed ammini­strativo del Comune di Torino: i futuri consigli di quartiere elettivi dovranno gestire le U.L.S. con il controllo democratico delle forze sindacali e sociali.

I partecipanti chiedono che il Comune di Tori­no riconosca sin d'ora alle forze sindacali e so­ciali del territorio, ed in particolare agli attuali Comitati di quartiere, poteri di iniziativa e di con­trollo democratico sulla istituzione e gestione dei servizi.

I partecipanti al Convegno propongono a tutte le forze politiche e democratiche un dibattito pubblico con le forze presenti a questo Conve­gno da tenersi in occasione della campagna elet­torale entro il mese di maggio, affinché le forze politiche dichiarino i propri impegni programma­tici sul tema dei servizi sanitari e sociali di quar­tiere e sugli interventi che intendono proporre per anticipare, anche nella nostra Regione, le ri­forme sanitaria e assistenziale.

 

Torino, 13 aprile 1975

 

www.fondazionepromozionesociale.it