Prospettive assistenziali, n. 30, aprile-giugno 1975
LIBRI
G. ALASIA, G. FRECCERO, M. GALLINA, F. SANTANERA, Assistenza
emarginazione e lotta di classe ieri e oggi, Feltrinelli,
1975, pag.
Uno degli scopi del libro, ci dice
uno degli autori, «è quello di stimolare il lettore ad una più attenta
riflessione sulle connessioni, sempre presenti, tra la struttura economica e
politica di una data epoca e le relative soluzioni elaborate nel campo assistenziale».
La sintesi della storia
dell'assistenza dal mondo classico ai nostri giorni inizia riportando le
parole di Aristotele nella «Politica» a proposito
delle città-stato greche del suo tempo, nate per rendere possibile la vita dato
che «la ragione dell'istituzione è di rendere la vita degna di
essere vissuta». In Atene quindi la partecipazione alla vita dello
stato da parte dei cittadini è pubblica, aperta cioè
a tutti i cittadini maschi con possibilità di aiuti ai più poveri perché
possano partecipare anch'essi alla vita culturale-politica
dello stato. I romani si trovano nella necessità di dare aiuti alla plebe,
sempre in aumento nella metropoli, sia per alleviare una tensione sociale
pericolosa, sia per spingere i poveri ad aver figli che alimentino
la popolazione contadina e le file dei soldati necessari alla politica
dell'impero. Incomincia intanto la repressione politica del «folle»; il
rifiuto dei valori e dei rapporti sociali vigenti viene
considerato «delirio» e anche i cristiani in certe epoche vengono catalogati
come folli.
La novità del Cristianesimo, la grande rivoluzione culturale della nostra civiltà, fu
l'idea dell'amore, della «caritas» fondamento di
rapporti umani paritari. Ma le originarie forme di
solidarietà decadono e non sono più adeguate, col passare
del tempo, alla nuova dimensione della Chiesa e al Cristianesimo diventato
religione di stato. I cristiani sono integrati alla vita dell'impero e «il
risultato è la scomparsa dell'ostilità dell'opinione pubblica nei loro
confronti». Così nel trascorrere del tempo, dalla
carità si passa alla beneficenza; si perde il concetto di eguaglianza, il
rapporto tra chi dà e chi riceve segue una logica differenza tra le persone.
Nascono in Oriente e poi in Occidente i primi «ospedali» cioè
luoghi atti ad ospitare poveri, vagabondi e stranieri e la necessità spinge a
creare speciali ricoveri per i lebbrosi, segregati nella malattia e nella disperazione,
e i primi lazzaretti. Lo stato non interviene in materia di sanità ed
assistenza; così gli artigiani delle stesse arti si uniscono in associazioni
di mutua assistenza, mentre è
L'importanza sociale e politica
dell'assistenza è ben presente dopo l'affermarsi della borghesia.
Attraverso l'assistenza lo stato gestisce l'ordine
pubblico e la pace sociale. Contro la piaga della mendicità, (la piaga
dell'inurbamento) i re di Francia costruiscono grandi ricoveri offrendoli come
forma assistenziale ai derelitti. I lazzaretti
vuotati dal regredire della lebbra sono perfetti come luoghi di
internamento, segregazione ed emarginazione dove vengono rinchiusi con
gli alienati e malati di mente ogni persona di comportamento abnorme e tale da
recare turbamento all'ordine pubblico in una condanna morale e civile della
disoccupazione. «I principi religiosi che condannano lo
scandalo», ancora una volta coincidono «con l'azione della polizia mirante a
soffocare i disordini».
Siamo alle soglie della rivoluzione
francese prima che muti il concetto che i malati di
mente sono dei «posseduti». Ed è alla rivoluzione francese
che l'assistenza esce dalla «carità», come prescrizione religiosa, per
diventare un diritto del cittadino ed essere considerato un «dovere» dello
stato. Anche se poi queste leggi vengono abrogate,
l'Europa acquista il concetto dell'assistenza statale e della prevenzione e
non punizione della mendicità.
Nell'
Ma chi sono
gli emarginati? «Quelle persone che, a causa dell'impostazione classista e
perciò selettiva dell'attuale società, si trovano in una situazione
di assoluta e grave mancanza di mezzi economici necessari per vivere, con tutto
quello che ne deriva: carenza dell'alimentazione, abitazione insufficiente o
sovraffollata, analfabetismo ecc.». Mai aiutati da contributi economici risolutivi,
«restano chiusi nel ferreo cerchio della miseria».
«La mancanza di lavoro,
l'impossibilità fisica, il perenne timore di essere espulsi dai propri tuguri,
il fermo di polizia, la repressione dei tribunali, lo spettro dell'internamento,
condizioni igieniche paurose, i quotidiani affronti e
le umiliazioni»... queste e altre le ragioni che portano alla creazione di un
sotto-proletariato. Se una parte di questo è ancora in grado di inserirsi in una attività produttiva, la parte più debole è spinta a una
vera auto-esclusione essendo persone che per età o menomazione sono «uscite
dalla produzione». Questa massa di persone, che può essere temuta perché può
portare avanti azioni di violenza e rivolta, è spesso utilizzata
«come massa di manovra contro le riforme e contro il proletariato
com'è dimostrato dalla rivolta di Reggio Calabria».
La divisione in infinite categorie
degli assistiti è alla base di un sistema che impedisce l'unione degli
assistiti e favorisce le spinte corporative anche dei
lavoratori dei servizi. Le associazioni degli invalidi diventano grossi centri
di potere e di clientelismo (tre milioni di iscritti),
separandoli da altre categorie e diminuendo la forza di una domanda generale
di riforme. L'assistenza padronale di fabbrica, con il suo servizio sociale,
tende a risolvere i problemi sociali economici degli assistiti come fossero provocati da carenze personali e non «dall'alienazione
del lavoro, selettività dei servizi e dai modelli competitivi proposti dalla
società capitalistica».
Si evidenzia così che contro il «divide et impera» padronale
l'azione contro l'emarginazione deve essere condotta con il principio popolare
de «l'unione fa la forza».
Infiniti (o quasi) sono gli enti,
organi e uffici di assistenza. Non meno di 40.000
quelli investiti di pubbliche funzioni insieme ad una
pletora di ministeri, uffici regionali, provinciali e comunali. Paragonando
il numero degli assistiti al numero degli elettori italiani si arriva alla stupefacente conclusione che «almeno un
elettore su 4 è un emarginato». Il suo voto come è
stato provato dalle tabelle elettorali dei seggi interni del Cottolengo riguardanti le elezioni politiche del 7 maggio
1972 e quelle amministrative del 4 luglio 1970, ricercate e pubblicate da
«Prospettive assistenziali» nel n. 23, è spesso preda delle destre. I mezzi di
sussistenza di molte istituzioni vanno dalle rette degli enti pubblici sommate
a quelle dei familiari, ai contributi da parte dei comuni, province, regioni,
alla raccolta di fondi mediante la fiorente industria del santino, alle
sovvenzioni in danaro dell'AAI, ai contributi in conto
capitale e a quelli dati per la costruzione di istituti di assistenza per
l'istruzione e l'educazione dell'infanzia. Non c'è da stupirsi che le attività
assistenziali rendano a volte non meno di una clinica privata e che siano da
considerare un buon investimento. E succede a volte che i patrimoni di molti
di queste istituzioni, arricchiti anche da lasciti, siano
ingenti e permettano, avvalendosi delle leggi vigenti in materia di
costruzione a fine assistenziale, grosse speculazioni su aree da rendere
fabbricabili. Gli esempi portati dal libro sono gravi e comprendono anche l'operato dell'ECA di Milano. Ancora più ingiusto e amorale
l'appalto dell'assistito per ottenere il quale o per conservarlo, nel campo
dell'assistenza infantile, si arriva a contravvenire
o a impedire l'azione delle leggi sull'adozione. La magistratura diventa spesso connivente nel lasciar le leggi disattese e
non colpendo debitamente i responsabili degli enti pubblici.
Davanti a questo caos, a questo sperpero, a questo sfruttamento politico economico
della parte più debole della nazione, la prima considerazione è che «la non
emarginazione è possibile solo in una società che ponga al suo centro le
esigenze della persona e non del profitto».
Trasferimento dai consumi privati ai
consumi collettivi, gestione dei servizi a livello locale e unificazioni dei
medesimi aperti a tutti, riconoscimento del diritto
alla protezione sociale, scuola di informazione e di formazione con controllo
democratico, edilizia scolastica in rapporto al territorio, edilizia popolare
economica ecc. Ecco alcune proposte dell'autore come condizioni necessarie a
un'assistenza senza emarginazione.
L'eliminazione
dell'istituzione come dannosa alla salute mentale e alla personalità del
fanciullo è necessità mondialmente riconosciuta. Adozione speciale, affidamento a
scopo educativo a famiglie e comunità alloggio sono i mezzi più indicati, proposti
nel libro, a sopperire le mancanze della famiglia.
E così l'assistenza e i sussidi
domiciliari, le comunità alloggio immerse nel tessuto
sociale normale possono essere una buona alternativa non emarginante alla Casa
di Riposo e altre istituzioni del genere per gli anziani. Ed
essere al tempo stesso più economici.
MIRIAM MONTALENTI
AA.VV., La salute in fabbrica, vol. I e II, pagg. 256-250, Ed. Savelli, Roma
«Tutta la complessità dei processi
della scienza del padrone, spesso inaccessibili, apparsa
sempre dotata di tutte le certezze viene qui sventrata, esaminata nei suoi
processi reali per essere poi rifiutata nella sua stupidità, nella sua realtà
di sfruttamento e di pericolo, di morte...».
Con questa introduzione
vengono presentati al pubblico due volumi, il primo che raccoglie i dibattiti
di un convegno sulla salute, organizzato nel novembre
Dal momento che lo status di malattia è oggi più facile da determinare che quello di
disadattamento o di devianza; è chiaro che le difficoltà dell'uomo ad
inserirsi in un ambiente industriale incompatibile con il suo equilibrio,
saranno sempre maggiormente medicalizzate. Ne deriva
un enorme potere alla classe medica ed il giro vizioso di una sovramedicalizzazione alla quale si affida una popolazione
sempre più consumatrice di medici e di medicine.
Già IVAN ILLICH aveva denunciato lo
squilibrio del sistema della salute, lo spreco eccessivo, i rischi di una medicomania per cui la medicina
sfugge ad ogni controllo di costo e di rendimento, e non solo sul piano
economico.
In Italia, poi, la volontà delle
classi al potere di svuotare di ogni contenuto
innovatore soluzioni diverse e più avanzate ha bloccate le riforme, nel
tentativo di far pagare alle masse lavoratrici gli alti costi economici
derivanti dalla incapacità delle classi dirigenti di gestire lo sviluppo capitalista,
ed ha così inasprito la protesta e la lotta.
Un processo di rinnovamento è stato però messo in moto negli ultimi anni, partendo in principal modo dalla fabbrica, ma coinvolgendo strati e
settori di popolazione sempre più ampi. Ciò è dovuto
alla maggior presa di coscienza da parte dei lavoratori dei nodi e delle
contraddizioni dello sviluppo capitalista, ma anche alla incapacità delle
classi dirigenti di dar risposta a problemi sociali che hanno raggiunto livelli
preoccupanti: basti analizzare i problemi della casa, della scuola, della
assistenza, della sanità.
È quello che medici, psichiatri,
sindacalisti, dirigenti politici analizzano in questi due volumi cercando, nei
loro interventi, una definizione anche sul piano scientifico di una linea
alternativa di gestione della salute.
Dirà MACCACARO nel suo intervento Classe e salute «Nel
passaggio dalla fase di resa a quella di difesa e a quella di lotta per
la salute, la classe operaia ha maturato non solo la propria coscienza
politica generale, ma anche quella specifica.
E ciò nel senso che revocando la
passiva consegna di sé alla malattia e al medico, ovvero
rifiutandosi al ruolo di oggetto sanitario, è venuta scoprendo e affermando la
propria capacità a porsi come soggetto di una ragione della salute che è
salute della ragione».
E BASAGLIA nel suo
Segregazione e controllo sociale «Finora abbiamo
tutti accettato le definizioni di malattia che ci venivano
proposte e insieme le conseguenze che una simile accettazione comportava: la
separazione netta tra il terreno della malattia di competenza dei medici e della
medicina, e quello della salute dove si poteva inserire il gioco della lotta
politica. Ma al momento in cui è risultato che
l'evoluzione di una malattia può esser diversa a secondo della classe del
malato così come la stessa codificazione della malattia, una simile scissione
fra i diversi terreni di competenza non è più accettabile, come non è più
accettabile la delega data ai medici e agli infermieri di custodi e garanti di
questa scissione».
E AMMANITI,
citando uno dei rischi corsi in una sua esperienza romana durante il processo
di deospedalizzazione di un reparto di bambini con handicap molto lievi «Il problema
non è solo quello della deospedalizzazione, ma quello
dei modi di questo processo, delle prospettive per il personale che opera
all'interno che deve gestire collettivamente la deospedalizzazione,
la nuova collocazione del personale cosicché questa
esperienza rappresenti un momento di crescita per il personale e non un
aggravamento della divisione che già esiste».
Ho citato questi interventi
tralasciandone altri per mancanza di spazio. Ma da quelli di GIOVANNINI, di
MINIATI, di PACCINO, di PINTOR, di PIRELLA e di tanti altri appare che la
protesta e le rivendicazioni che nascono dalla fabbrica trovano sempre più
motivi oggettivi di collegamento con l'intera società, anche perché questa
richiesta, lungi dall'esser settoriale o puramente rivendicativa in senso corporativa, pone esigenze che interessano sempre
più la società nel suo complesso: così i problemi della salute in fabbrica
vanno visti in relazione all'intero territorio, alla città, quindi al
quartiere. «Il lavoratore va visto - lo affermano nel loro
intervento MORI e SPAGNA, medico igienista l'uno, amministratore di ente
locale l'altro - nella sua globalità biologica e sociale di uomo e di
cittadino. L'accento va posto, in ogni momento, sulla
soluzione orizzontale dei servizi, sulla mediana del territorio, l'unica capace
di garantire l'unitarietà della protezione della salute dentro e fuori la
fabbrica, l'unica capace di dare una soluzione complessiva ai problemi di
sicurezza sociale, l'unica capace di collegarsi con la volontà di gestione
della salute, cioè di gestione delle condizioni di lavoro e di definizione
della qualità di vita da parte di lavoratori e cittadini. Ogni intervento
tecnico per essere efficace deve fondarsi su un diffuso livello di consapevolezza del diritto alla salute. La discriminante
tra vera e falsa medicina preventiva sta nella capacità di tendere
all'eliminazione delle cause di malattia con il minimo
indispensabile consumo di prestazioni sanitarie».
Nel secondo volume viene pubblicata integralmente la ricerca del gruppo di
prevenzione ed igiene ambientale del Consiglio di fabbrica della Montedison di Castellanza Varese.
È la cronaca di una lotta esemplare di «un gruppo di compagni che si fa carico
sino in fondo del problema della nocività delle
lavorazioni e utilizza tutti gli strumenti possibili e inventa strumenti nuovi
per ridurla e combatterla». «Creando organismi operai autonomi che sensibilizzino tutti i lavoratori sui problemi della
prevenzione e della salute, coinvolgendo medici esterni alla fabbrica che non
intervengano direttamente nel lavoro sulla fabbrica, ma diano il loro
contributo scientifico se richiesto, il gruppo di prevenzione è riuscito a
stipulare accordi di prevenzione ed igiene ambientale con la direzione, ha
promosso indagini cliniche di massa con enti capaci di dare garanzie
politiche, cioè tali da accettare il metodo di lavoro tecnico politico
stabilito dai lavoratori». È un documento che è il risultato di quattro anni
non solo di lotta ma di studio e di esperienza
all'interno dei reparti di un gran complesso del monopolio e che vede
l'emergenza del gruppo operaio omogeneo come soggetto reale non solo
produttivo o politico ma anche scientifico. È una inchiesta
di fabbrica condotta nelle diverse forme del questionario e dell'indagine
(vedi le varie tabelle che danno una completa informazione della situazione di
ogni lavoratore) per un controllo ambientale di salute in rapporto dialettico
con il contenuto stesso del lavoro oltre che con le sue circostanze e che
garantisce per la medicina preventiva, la gestione del servizio affidata
direttamente ai lavoratori.
Poiché «non si vuol dire che la salute si estingue e la malattia nasce
esclusivamente per l'attrito delle forze sociali che si confrontano, ma si
vuol dire che non c'è salute o malattia che da questo confronto non siano
ridefinite nel loro esser tali per l'individuo o per la collettività».
GIULIANA LATTES
www.fondazionepromozionesociale.it