Prospettive assistenziali, n. 30, aprile-giugno 1975

 

 

NOTIZIARIO DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE ADOTTIVE E AFFIDATARIE

 

 

CONTRIBUTI ECONOMICI AI GENITORI DI MINORI ASSISTITI

 

Portiamo a conoscenza la lettera inviata dal Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, Alfredo Carlo Moro, al Presidente e ai mem­bri del Consiglio Provinciale di Roma e per cono­scenza al Presidente e all'Assessore all'assisten­za della Regione Lazio per denunciare la manca­ta attuazione di una delibera approvata nell'au­tunno 1974 e che prevedeva un aumento del con­tributo economico ai genitori dei minori assistiti dall'Ente.

Troppe volte le precarie condizioni economi­che determinano l'istituzionalizzazione dei minori e solo una costante azione promozionale sugli organismi interessati può portare alla realizza­zione di iniziative (aiuto economico-sociale alla famiglia d'origine - affidamenti ecc...) che ne con­sentano il superamento.

 

Testo della lettera

Il Consiglio provinciale di Roma - accoglien­do le ripetute segnalazioni da me effettuate nel­la qualità di Presidente del Tribunale per mino­renni del Lazio - ha, con deliberazione del 22 Ottobre dello scorso anno, elevato gli importi dei contributi e sussidi ai genitori a L. 45.000 mensili per un figlio in assistenza da 0 a 3 anni, a 25.000 lire mensili per un figlio in assistenza da 3 a 10 anni e a 15.000 lire mensili per un figlio in assistenza da 10 a 15 anni.

La deliberazione - che poteva, sia pure in mo­do non sempre adeguato alle reali necessità, av­viare a soluzione il problema della assistenza diretta al genitore bisognoso al fine di consentir­gli di tenere il minore presso di sé e di limitare grandemente il triste fenomeno della precoce e duratura istituzionalizzazione minorile - è ri­masta praticamente priva di effetti perché se ne è rinviata l'attuazione all'approvazione di un ap­posito regolamento che, trascorso più di un an­no, ancora non è stato approvato.

Deve anzi ritenersi che lo stesso Consiglio provinciale preveda che l'approvazione del rego­lamento potrà avvenire solo fra molto tempo se - con deliberazione del 16 maggio 1974 - dopo aver premesso che «l'approvazione del regola­mento comporterà un certo lasso di tempo in cui gli interventi proposti in favore dei minori ri­marranno inattuati», ha autorizzato la sola cor­responsione degli assegni per gli affidamenti fa­miliari a persone che non siano parenti entro il terzo grado, nella misura di 45.000 lire mensili per i minori da 0 a 15 anni, aumentato fino a 90.000 lire mensili in caso di handicappati fisici, psichici e sensoriali.

Resta pertanto ancora concretamente in vigore il precedente regime assistenziale della Provincia che assegna alla madre nubile il sussidio di lire 4.500 mensili se il minore ha una età inferiore ai sei anni e di lire 2.500 mensili se ha superato tale età.

In una simile assurda situazione, che vede de­gradato un sussidio assistenziale al rango di me­ra concessione di un obolo (2.500 lire al mese non hanno alcun reale significato economico per­ché con 80 lire al giorno non si può dare ad un figlio neppure un boccone di pane), sento il do­vere - a tutela di minori il cui diritto ad avere una famiglia viene così ad essere praticamente misconosciuto e conculcato - di chiedere al Consiglio provinciale una pronta attuazione quan­to meno della delibera del 22 Ottobre 1973. E ciò per una pluralità di motivi:

1) Il cittadino in stato di bisogno, ed in spe­cial modo il genitore che chiede un concreto aiuto per poter educare il proprio figlio presso di sé, ha diritto - ai sensi dell'art. 3, 30, 31 e 38 della Costituzione - ad ottenere un adeguato aiuto assistenziale.

Se il vecchio concetto di beneficenza si è tra­sformato oggi, per i principi costituzionali vigen­ti nel nostro paese, nel concetto nuovo dei dirit­to alla assistenza del cittadino in stato di biso­gno, la elargizione di 4.500 o 2.500 lire mensili per ogni figlio appare, più che irrisoria, lesiva della dignità della persona umana che - se in effettivo stato di bisogno - non può ricevere una elemosina ma deve aver quanto gli è necessario per svolgere le sue funzioni.

2) L'elargizione della somma attualmente pre­vista come contributo non dà alla madre in situa­zione di bisogno concrete alternative e la costrin­ge conseguentemente a porre il minore in istitu­to, non potendo ovviamente con 4.500 lire men­sili provvedere seriamente al suo mantenimento. E poiché il ricovero di un minore in istituto com­porta spese mensili di gran lunga superiori alle 4.500 lire mensili, deve ritenersi che non si ha sufficiente fiducia nelle possibilità di un'opera di sostegno del genitore che voglia occuparsi del proprio figlio e di una sua responsabilizzazione af­fettiva ed educativa e che vi sia invece una mag­giore fiducia nell'opera dell'istituto.

Ora, per l'esperienza che deriva alla magistra­tura minorile dal proprio lavoro, posso testimo­niare che l'istituto nella quasi totale generalità, è un luogo che non favorisce i vincoli familiari ma li spezza e li dissolve; che i genitori invece di es­sere aiutati e sollecitati a sviluppare il proprio senso di responsabilità nei confronti del figlio e la propria capacità affettiva ed educativa si sen­tono stimolati a delegare totalmente l'assolvi­mento dei loro compiti; che in tutti gli istituti, an­che nei migliori, i bambini vivono una triste espe­rienza orfanile e vedono gravemente compromes­so il normale sviluppo della propria personalità (la stragrande maggioranza dei minori disadattati imputati di reati ha alle spalle una più o meno lunga esperienza di istituzionalizzazione).

3) Ancora più grave è la situazione che si vie­ne a creare privilegiando - come si è fatto con la delibera del maggio scorso - l'affidamento etero familiare (si elargiscono 45.000 lire mensi­li - o anche 90.000 in alcuni casi - per gli affi­damenti etero familiari mentre alle madri si dan­no 4.500 o 2.500 lire).

Il bambino viene così allontanato dalla madre non in grado di accudirlo per difficoltà economi­che, viene affidato ad una famiglia a lui stesso estranea che vive in sperduti paesi della Ciocia­ria difficilmente raggiungibili da madri in condi­zioni di bisogno, vede così spezzati i legami affet­tivi con la madre e creati nuovi legami affettivi non sempre destinati a durare nel tempo. E se la madre, deresponsabilizzata dall'allontanamento del figlio, lo abbandonerà definitivamente, il mi­nore - come è esperienza continua di questo Tribunale - non potrà essere dato in adozione speciale perché ha intessuto legami affettivi che non è possibile spezzare con la coppia affidata­ria, mentre questa coppia quasi sempre non è nella possibilità giuridica, ovvero non ha la vo­lontà, di adottare il minore.

4) Anche i minori istituzionalizzati - e sostan­zialmente abbandonati negli istituti dalle madri che li seguono saltuariamente - difficilmente possono essere dati in adozione: se infatti alla richiesta di aiuto della madre in stato di bisogno si è risposto con l'offerta di 4.500 o 2.500 lire al mese, non potrà disconoscersi che l'istituzionaliz­zazione e il conseguente affievolirsi di legami tra madre e figlio è dovuto ad una causa di forza maggiore (l'assoluto stato di indigenza a cui nes­suno ha posto rimedio) che impedisce - ai sensi dell'art. 314/4 cod. civ. - la dichiarazione dello stato di adottabilità.

Non c'è conseguentemente da meravigliarsi se - pur essendovi tanti minori in istituto in stato di semi-abbandono - così pochi siano i minori che vengano annualmente dichiarati adottabili.

E questa situazione rende impossibile al Tribu­nale il vagliare l'effettiva motivazione dell'istitu­zionalizzazione al fine di discernere se sussista l'abbandono o non e se questo sia stato determi­nato o non da forza maggiore.

Vi è infatti una profonda differenza tra le varie madri nubili (come, in generale, tra i vari genito­ri) in ordine alla loro disponibilità affettiva nei confronti dei figli, nel senso che accanto a madri che trovano nel loro stato di povertà l'unico osta­colo alla assistenza nei confronti dei figli vi sono altre madri che possono trovare comodo l'ada­giarsi in una situazione che non richiede in esse alcun impegno assistenziale ed educativo. Que­ste differenze di atteggiamento e di disponibilità delle madri nei confronti dei figli non hanno mo­do di manifestarsi fino a quando alle madri non si offra in concreto una alternativa alla istituzio­nalizzazione dei loro figli; la frequenza o meno delle visite - che finora si è considerata ele­mento dimostrativo dell'interesse della madre per il figlio - sta sempre più perdendo questa capacità sintomatica, in quanto le madri, a cono­scenza della possibilità che vengano loro tolti i figli, si recano negli istituti con una frequenza che, se è senz'altro insufficiente a fornire un ca­lore affettivo ai figli, impedisce di fatto la dichia­razione di adottabilità (nella impossibilità pratica di individuare con certezza i casi in cui la visita periodica costituisce un mero adempimento este­riore).

Da questo punto di vista (oltre che per altre fondamentali ragioni di ordine educativo e di giu­stizia sociale) è opportuno che alla madre, se pur povera, sia data la possibilità di tenere con sé il proprio figlio, in modo che dalla sua scelta e dal suo comportamento conseguente (sul piano della assistenza materiale e morale) sia possibile al tribunale trarre elementi di giudizio utili nella procedura di adottabilità.

Sono sicuro che il Consiglio provinciale si mo­strerà sensibile ad un problema di così rilevante valore umano e sociale e vorrà provvedere in conformità.

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA

(Dr. ALFREDO CARLO MORO)

 

 

CERTIFICAZIONI ANAGRAFICHE PER I MINORI AFFIDATI (1)

 

Questa Associazione ha avuto nei giorni scorsi un incontro con alcuni responsabili dell'Ufficio anagrafico del Comune di Torino per chiarire la possibilità dei coniugi o persone che hanno in af­fidamento a scopo educativo un minore di iscri­vere lo stesso sullo stato di famiglia quale con­vivente a carico.

Questo consentirebbe loro, in base alle norme vigenti, di percepire gli assegni familiari e avere garantita l'assistenza mutualistica per il minore.

All'ufficio anagrafico è stata anzitutto chiarita la differenza fra l'affidamento preadottivo (per il quale sono già stati presi accordi con il Tribunale per i minorenni e gli Enti assistenziali per assicu­rare la certificazione speciale ai minori in affida­mento preadottivo garantendo la riservatezza da eventuali ricerche della famiglia d'origine) e l'af­fidamento familiare per il quale non si rende ne­cessario, salvo casi eccezionali, un provvedimen­to del Tribunale per i minorenni o del giudice tu­telare.

I funzionari del Comune, preso atto di quanto sopra, hanno precisato che per l'iscrizione di un minore sullo stato di famiglia dei coniugi o per­sone affidatari era quindi necessaria una dichia­razione degli Enti assistenziali.

In questa dichiarazione questi Enti devono pre­cisare:

a) che richiedono l'iscrizione del minore affi­dato nello stato di famiglia degli affidatari per ot­tenere le provvidenze (assegni familiari e assi­stenza sanitaria) previste dalle norme vigenti per coloro che «hanno regolarmente affidati dei mi­nori»;

b) che, trattandosi di affidamento a scopo educativo e non di affidamento preadottivo, non ritengono necessaria una certificazione speciale e quindi il minore può essere regolarmente iscrit­to sullo stato di famiglia.

Questa Associazione Le sarebbe grata se vo­lesse portare a conoscenza degli operatori socia­li e delle famiglie e educatori quanto sopra e re­sta a Sua disposizione per concordare eventuali incontri e per fornire ulteriori informazioni.

 

 

 

(1) Lettera inviata il 10-2-1975 dalla Presidenza nazionale a vari organismi interessati all'adozione e all'affidamento.

 

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