Prospettive assistenziali, n. 30, aprile-giugno 1975
NOTIZIARIO DEL CENTRO
ITALIANO PER L'ADOZIONE INTERNAZIONALE
LE ADOZIONI DI BAMBINI VIETNAMITI
A mezzo di una stampa e di programmi televisivi
per preparazione ed intendimenti quanto meno inadeguati al problema, è stato
diffuso un altro dei drammi vissuti dalle popolazioni vietnamite:
l'evacuazione dal Vietnam dei numerosi bambini destinati all'adozione
internazionale.
Nel manifestarsi di molti equivoci
ed anche di casi scandalosi che a ciò hanno fatto seguito, il CIAI ha
desiderato esprimere sia una focalizzazione del
concetto di adozione internazionale - messo da più
parti in crisi nell'immanenza degli episodi - sia una esplicita condanna di
certi atteggiamenti propagandistici, volti a strumentalizzare politicamente
il trasferimento dei bambini. Così la voce della sede centrale:
Comunicato stampa
sugli orfani del Vietnam
Il Centro Italiano per l'Adozione
Internazionale condanna l'evacuazione in massa di bambini vietnamiti e la
conseguente strumentalizzazione politica di tali
trasferimenti.
L'adozione internazionale deve
procedere garantendo rigorosamente: l'accertamento sulla reale situazione di abbandono o di orfano del bambino, l'attenta osservanza
dei problemi giuridici connessi all'adozione internazionale e la valutazione
delle motivazioni che spingono le famiglie ad adottare.
Il Centro Italiano per l'Adozione
Internazionale ribadisce comunque che l'adozione
internazionale è un valido mezzo, riconosciuto anche
dalle Nazioni Unite, per dare una famiglia a dei bambini che ne sono privi, superando
barriere politiche, religiose e razziali.
Guerre, carestie, disoccupazione e emigrazione sono le premesse della disgregazione familiare
e della segregazione dei bambini. La politica assistenziale italiana del
dopoguerra ne è un significativo esempio: la tabella
ISTAT del dicembre 1968 riporta i seguenti dati - 2757 istituti - 191.936 minori
ricoverati. A tutt'oggi la situazione non è sensibilmente cambiata.
Dovrà il Vietnam ripetere la triste
esperienza italiana?
Ogni paese deve sentirsi responsabile
nel trovare alternative alla segregazione di minori
in istituto, quali: l'aiuto alla famiglia d'origine, l'adozione e
l'affidamento familiare; alternative non realizzabili in tempi brevi, in molti
paesi, per mancanza di volontà politica o di mezzi economici e tecnici.
Il diritto alla famiglia equivale
per il bambino al diritto alla vita.
Nonostante i 1.700 bambini adottati
all'estero, decine di migliaia di bambini sono ammassati negli orfanotrofi
vietnamiti. La maggior parte dei responsabili del 123 orfanotrofi del Sud-Vietnam preferiscono tenere i
bambini segregati piuttosto che accettare l'idea dell'adozione: vedi la posizione
presa dai bonzi e dai cattolici durante la conferenza tenutasi a Saigon dal 14
al 23 gennaio 1975. La barriera più tenace da superare è, una
volta ancora, quella delle «mura» degli istituti, siano essi italiani,
vietnamiti o di qualsiasi altra parte del mondo.
Di fronte alla situazione
vietnamita, come a quella di molti altri paesi, la risposta del Centro Italiano
per l'Adozione Internazionale è: là dove ci sono bambini privi di famiglia,
segregati in istituti, è un dovere fare il possibile per intervenire
salvaguardando i diritti del bambino, favorendone prioritariamente
l'inserimento in una famiglia della sua comunità o, in alternativa,
in una famiglia di qualsiasi parte del mondo capace di accogliere un nuovo
figlio.
Milano,
11 aprile 1975
Comunicato del CIAI-Piemonte e della sede nazionale dell'A.N.F.A.A.
Il CIAI-Piemonte
e l'ANFAA - sede nazionale, dopo aver mosso denuncia contro:
- l'atteggiamento ed il
comportamento del Governo americano, volti a strumentalizzare
a fini propagandistici il disagio e la confusione delle popolazioni
sud-vietnamite;
- gli organi nazionali di informazione, volti più alla ricerca del sensazionale e
del pietismo che non ad una retta informazione;
- l'assenteismo e la connivenza di alcune organizzazioni internazionali (quali l'U.N.I.C.E.F.);
hanno chiesto agli organi competenti (Tribunali, Questure ecc.) che siano
verificate le sommarie procedure di taluni canali per «esportare» bambini,
superficialità che può causare all'adottato, nel futuro, danni quali la
mancata acquisizione dei diritti di cittadinanza italiana.
Infine hanno ribadito
la validità dell'adozione, quando sia vista nel suo giusto senso, che non è
quello di offrire bimbi-oggetto ad una famiglia che ne è priva, (come potrebbe
succedere con l'affrettare le adozioni, soprattutto in questo momento in cui
neppure pare possibile l'accertamento del reale stato di abbandono del
minore), bensì quello di dare una famiglia adatta ai bimbi che ne sono privi.
Si associa il «gruppo triveneto
CIAI-ANFAA», che depreca sia l'evacuazione dei bambini sia il comportamento del
governo degli Stati Uniti e che, preso atto delle decine di migliaia di bambini ancora ammassati negli orfanotrofi vietnamiti e
della preferenza dimostrata nella conferenza di Saigon da parte dei
responsabili a che gli istituti si sostituiscano al principio dell'adozione,
ribadiscono la validità dell'adozione con priorità nell'ambito della comunità
del minore, per la realizzazione della quale fanno appello a tutti gli organi
responsabili in loco affinché si
adoperino concretamente in tal senso.
In alternativa
confermano la validità dell'adozione internazionale che deve procedere garantendo
rigorosamente l'accertamento del reale stato di abbandono del minore, l'attenta
osservanza dei problemi giuridici ad essa relativi e la più seria valutazione
dei reali motivi che spingono la famiglia all'adozione.
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