Prospettive assistenziali, n. 30, aprile-giugno 1975

 

 

NOTIZIE

 

 

IL MINUETTO DELL'UNEBA

 

Mentre continua il minuetto dell'UNEBA tra l'impegno pastorale e il gioco sottile e comples­so della DC, i nostri interventi squallidi e distorti sono serviti ad inquadrare la danza garbata dei suoi dirigenti.

Sappiamo infatti l'impegno della comunità ec­clesiale per l'evangelizzazione (la nostra rivista ha pubblicato più volte testi di documenti elabo­rati da gruppi di cattolici in ordine all'assistenza) e ci è nota la ricerca comunitaria per una crescita armoniosa ed integrale della persona umana: l'impegno, nell'amor fraterno, a realizzare l'unio­ne di tutti gli uomini. Non ci sfugge però che da ricerche compiute è stato ormai provato che gli istituti privati hanno beni immobili e mobili di no­tevole consistenza, che solo a Roma le istituzio­ni religiose posseggono 51 milioni di metri qua­drati di terreno, e che è difficile trovare un isti­tuto di assistenza che nel giro di qualche anno non abbia accumulato proprietà immobiliari (di questi enti privati non è mai stato reso pubblico un bilancio).

Per questo e non per spirito di distruzione, co­me vogliono far credere ai loro lettori l'organo dell'Uneba e la rivista Insieme, non siamo così sicuri che ciò che viene affermato nei documen­ti pastorali, cioè la necessità di revisione critica dell'intervento assistenziale, l'impegno ecclesia­le di integrazione degli handicappati e degli emar­ginati corrisponda ad una vera volontà da parte degli enti di beneficenza ed assistenza. La rivi­sta Insieme ci taccia poi di ciechi e non impe­gnati sulle alternative al ricovero. La smentita a questa menzogna viene dal nostro lavoro di anni per ottenere l'attuazione di reali alternative. Chia­ro però che queste alternative non devono solo rimuovere gli effetti dell'emarginazione ma anche intaccarne le cause. E qui non si tratta di rozze prese di posizioni, si tratta di prendere delle po­sizioni riferendosi ad un contesto politico.

 

 

CONVEGNO DI ABANO TERME

 

In questo senso la nostra posizione è stata de­finita dal nostro intervento al convegno organiz­zato ad Abano Terme (24-26 gennaio 1975) dalla Regione Veneta e dall'Associazione Magistrati Minorili.

In questo convegno, dove i magistrati presenti (pochi in verità) hanno confessato la loro impo­tenza di intervento educativo e preventivo nel campo del disadattamento minorile, sono emer­se tre tendenze contrastanti.

La prima diretta alla conservazione della situa­zione esistente è stata espressa in particolare dalla Sen. Dal Canton e dai rappresentanti dell'UNEBA.

Una seconda posizione, che chiameremo di ra­zionalizzazione, pur riconoscendo insostenibile l'organizzazione vigente nel settore assistenzia­le, cerca di introdurre un cambiamento attraver­so una maggiore presenza di operatori sociali e sanitari.

Questa operazione, dando una più ampia dele­ga ai tecnici, magari ad operatori privati come è stato richiesto dall'Associazione Beccaria, viene a tagliar fuori la Regione ed i Comuni, nega la partecipazione dei cittadini e delle forze sociali, garantisce la sopravvivenza di enti settoriali.

La terza posizione infine è quella espressa in particolare da Battistacci e da Occhiogrosso che si incentra nella necessità di intervenire sugli ef­fetti e sulle cause, assumendo come riferimento la partecipazione dei cittadini e delle forze sin­dacali e sociali: posizione che sul piano istitu­zionale porta all'Unità locale di tutti i servizi ge­stiti da Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità montane e consigli di quartiere.

 

 

VI CONGRESSO NAZIONALE DELLA S.I.N.P.I

 

I partecipanti alla Giornata sulla Scuola del VI Congresso Nazionale della Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile (Taormina 9-13 ottobre 1974), preso atto delle problematiche emerse, riaffermano l'obiettivo primario di inserire ogni bambino handicappato, indipendentemente dal grado del suo deficit, nelle strutture sociali co­muni di cui la scuola rappresenta il momento più significativo.

In tale senso è inaccettabile la posizione espressa dal Ministero della P.I., in base alla quale viene ratificata una discriminazione fra bambini scolarizzabili nelle classi normali e non.

A tale scopo la scuola si premunisce creando­si delle proprie équipes psico-sociologiche (co­me da convenzione nazionale), che affrontano soltanto i problemi posti dai bambini con lievi de­ficit, mentre i bambini con deficit più rilevanti vengono affidati a strutture sanitarie e riabilitati­ve speciali (di per sé segreganti), relegando al di fuori della scuola i servizi territoriali che pertan­to non potranno svolgere una funzione preventi­va e realmente riabilitativa.

Nella fase attuale tale situazione è riconferma­ta dalla permanenza della legge n. 118 per l'assi­stenza agli invalidi civili, legge che orienta l'as­sistenza in senso istituzionalizzante e privatisti­co, e dalla recente Circolare del Ministero della P.I. sulle Scuole Materne Speciali. Questa Circo­lare, confermando la necessità della sussistenza delle scuole e classi materne statali speciali, già affermata dalla legge n. 444 del 1968 sulla scuola materna statale, da una parte rende im­possibile quel fondamentale intervento preventi­vo che potrebbe essere realizzato all'interno del­la scuola materna, dall'altra diminuisce la proba­bilità per i minori con difficoltà di sviluppo di in­serirsi regolarmente nella scuola elementare e ne facilita quindi l'ingresso in Istituto (v. legge n. 118).

I partecipanti alla Giornata formulano e sotto­scrivono una mozione di critica nei confronti dei Ministeri della P.I. e della Sanità e nello stesso tempo si impegnano ad assumere una piena re­sponsabilità professionale tendente a rifiutare momenti di discriminazione ed interventi di se­gregazione e di istituzionalizzazione previsti dal­la legge n. 118 e lottare al contrario per un pieno inserimento sociale e scolastico dell'handicap­pato, nella linea di un profondo rinnovamento del­le strutture scolastiche e della pubblicizzazione delle strutture sanitarie, nella prospettiva di una gestione sociale e decentrata di tali servizi.

I partecipanti alla giornata sulla scuola, impe­gnano i Soci della S.I.N.P.I. presenti a proporre i contenuti della presente mozione in sede di As­semblea Generale della S.I.N.P.I.

 

 

I SERVIZI DI IGIENE INFANTILE IN CALABRIA

 

Gli operatori sociali partecipanti al seminario sui Servizi di Igiene Mentale Infantile che si è tenuto ad Altafiumara dal 16 al 18 gennaio hanno anzitutto preso in esame la situazione della Calabria notando come la condizione di sottosvilup­po in cui si trova la Regione si manifesti anche e soprattutto a livello dei servizi socio-sanitari, de­terminando estese situazioni di abbandono per minori, invalidi, anziani.

Ciò è aggravato dall'assenza di altre risorse che, in situazioni consimili, possono servire da compensazione o da sostegno. In particolare è stata constatata la frammentarietà e la settoria­lità degli interventi socio-sanitari-assistenziali che non rispondono ad una visione dei bisogni globalmente intesi; la logica che sottende gli in­terventi stessi è ancora troppo spesso di tipo ca­ritativo, e quindi discrezionale. Ciò lascia ampi margini alla speculazione e ai tristi fenomeni di clientelismo, anche perché la gran parte dei ser­vizi viene gestita da enti pubblici nazionali (la cui sopravvivenza è ormai largamente contesta­ta) o privati.

In queste condizioni il sistema assistenziale sembra funzionare tuttora nella direzione dell'e­sclusione e dell'emarginazione dei «diversi». Da ciò la tendenza a privilegiare il momento diagno­stico spesso con attività di semplice dépistage che non riesce ad aggredire i fenomeni di ordine economico, sociale e culturale che stanno a mon­te dell'emarginazione.

Da ciò anche il frequente ricorso all'istituzio­nalizzazione che assume il significato di una dife­sa sociale più che di crescita sociale. La catena dell'emarginazione è fondata sui vari momenti dell'istituzionalizzazione (dall'IPAI all'O.P.).

Il fenomeno è aggravato dalla sottrazione dei minori dal loro territorio (famiglia, ambiente d'e­strazione, ecc.) e dal frequente inserimento in Istituzioni lontane dalla Regione (centinaia di mi­nori calabresi sono stati trasferiti in Istituti del­le Regioni del Centro-Nord, realizzando oltretut­to una fuga di risorse finanziarie in un'area di così già limitate possibilità economiche.

Anche la scuola finisce per seguire la logica dell'esclusione che viene realizzata attraverso la ripetenza e l'evasione dall'obbligo, ma anche me­diante l'utilizzazione delle classi differenziali e delle scuole speciali e la consulenza degli «esperti» dell'équipe MPP che finisce col costi­tuire l'avallo «scientifico» di questo tipo di ope­razione.

A questo proposito viene denunziata la prassi relativa alla stipula di convenzioni che danno in appalto ad Enti, spesso « inutili » l'attività delle équipes MPP nella scuola. Ciò ripropone il pro­blema della privatizzazione dei servizi e delle speculazioni che ne derivano.

Pur tenendo presenti i limiti derivanti dalle mancate riforme nazionali (sanità e assistenza) e dalla parzialità e incompletezza delle competen­ze attribuite alle Regioni tramite i decreti dele­gati, non si può non rilevare come la Regione Calabria sia ancora largamente assente nel campo sanitario ed assistenziale e le poche iniziative legislative (legge sulla medicina preventiva e legge sull'emigrazione) siano ancora legate ad una logica settoriale e generica.

In questa situazione è inevitabile lo scadimen­to ad una prassi clientelare, all'indiscriminato au­mento dell'istituzionalizzazione, alle dispersioni di fondi ed iniziative in mille piccoli rivoli.

La situazione appare aggravata anche dalla mancanza di coordinamento tra i vari assessora­ti interessati ai problemi socio-sanitari.

Nel corso dell'analisi il gruppo ha comunque messo in evidenza che comincia a farsi strada in alcuni operatori e in alcuni Enti una presa di coscienza sulla necessità della deistituzionaliz­zazione, anche se questo processo è molto lento ed ostacolato dalla volontà di conservare il vec­chio sistema.

È stata inoltre presa in esame l'esperienza re­lativa alla gestione diretta da parte di un Ente Locale (Comune di Lamezia Terme) di un CMPP.

Gli aspetti più significativi di tale esperienza sembrano essere la tensione dell'équipe che par­tendo dall'individuazione dei bisogni si sforza di dare una risposta non escludente (in questa chia­ve appare rilevante l'impegno per l'abolizione delle classi differenziali) ed il superamento dell'ambito della scuola per rapportarsi complessi­vamente alla comunità di appartenenza.

Anche all'interno dell'AIAS di Reggio Calabria è in atto un tentativo di realizzare una di­versa gestione che coinvolga direttamente gli Enti Locali.

Nel valutare positivamente, in ultima analisi, il tentativo di realizzare una gestione pubblica e partecipata dei servizi, il gruppo ha messo in evi­denza nel caso dell'équipe di Lamezia Terme la persistenza di gravi situazioni di precarietà, so­prattutto per quanto riguarda il personale ed in entrambi i casi il limite che scaturisce dalla set­torialità dell'intervento che non è inserito in una più vasta programmazione dei servizi socio-sani­tari.

Nel riaffermare l'urgenza dell'approvazione del­la riforma di carattere nazionale per i settori sa­nitario e dei servizi assistenziali, gli operatori sociali partecipanti al convegno ritengono che esistono tuttavia larghi spazi in cui la Regione Calabria può intervenire fin d'ora, avviando un'in­versione di tendenze, promuovendo ed anticipan­do le linee essenziali delle auspicate riforme.

A questo proposito il progetto di legge regio­nale elaborato dall'amministrazione provinciale di Catanzaro, contiene indubbiamente degli aspet­ti positivi, prevedendo la costituzione, attraver­so consorzi, di strutture che possono anticipare le unità locali dei servizi. Esso contiene però elementi contraddittori, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di convenzioni con enti, che porterebbe alla cronicizzazione della gestio­ne privata dei servizi e per la persistente medi­calizzazione dei servizi.

Il gruppo ha quindi formulato alcune indicazio­ni per un impegno operativo.

Si è considerato prioritario un netto rifiuto del­la istituzionalizzazione, sia per i disabili che per i minori in difficoltà sociali ed economiche, sia che avvenga fuori regione sia che si realizzi in strutture create in loco.

Tale rifiuto comporta la formulazione di un pro­gramma di interventi che consenta la deistituzio­nalizzazione dei minori in atto ricoverati ed il ri­torno nella regione di quelli che si trovano lon­tano.

È quindi necessario studiare e realizzare solu­zioni intermedie quali centri diurni e semiconvit­ti (anche trasformando le strutture esistenti) ed utilizzare a fondo le risorse possibili nel settore dell'affidamento familiare, dell'adozione, ecc.

È necessario ancora potenziare i servizi di ap­poggio alla famiglia, nell'intento di evitare le con­seguenze dell'assenza o della saltuaria presenza di figure fondamentali (asili nido, attività para­scolastiche e di tempo libero, ecc.) istituendo sul territorio dei servizi di prevenzione della sa­lute (medicina perinatale, educazione sanitaria, alimentare, ecc.) ed integrando questi servizi con tutti i servizi primari esistenti in loco (dagli ospe­dali alla scuola, nei confronti della quale bisogna pensare ad un'azione che porti a modificare l'am­biente scolastico in favore di tutti i minori).

Appare quindi della massima urgenza una atti­vità regionale che incoraggi, mediante finanzia­menti ai soli comuni o consorzi di comuni, l'isti­tuzione di servizi alternativi a quelli di ricovero.

Inoltre appare importante pensare fin d'ora al problema della formazione, della riconversione e dell'aggiornamento degli operatori sociali: tali iniziative, a giudizio dei partecipanti al convegno, dovranno trovare la loro sede opportuna nel si­stema scolastico ordinario, in particolare nell'u­niversità, assicurando una seria preparazione sia sul piano teorico che pratico, in stretta integra­zione con la Regione per garantire l'adeguamento della formazione alle necessità locali (come pre­vede la legge istitutiva dell'Università della Calabria).

Non si chiede pertanto una legislazione setto­riale che cristallizzerebbe l'attuale situazione, favorendo determinate categorie senza del resto poter risolvere i loro problemi, ma una legislazio­ne di carattere unitario, che permetta di affronta­re in modo globale i problemi socio-sanitari di ciascuna area territoriale e dell'intera regione. Risulta quindi urgente procedere anche alla de­finizione delle aree omogenee in cui suddividere il territorio regionale al fine di avviare una poli­tica di programmazione e di partecipazione a li­vello locale.

È indispensabile, a tal proposito, che compren­sori urbanistici, comunità montane, distretti sco­lastici, unità sanitarie locali ed unità locali dei servizi socio-assistenziali siano definiti e se ne­cessario riverificati in modo da assicurare una programmazione integrata ed una partecipazione non settoriale ma unitaria.

Nella linea delle riforme sanitarie e dei servizi socio-assistenziali si ritiene pertanto che si po­trebbe procedere fin d'ora alla istituzione delle unità locali dei servizi socio-sanitari ed avviare conseguentemente un'inversione di tendenza che realizzi:

a) l'estensione a tutti i cittadini dell'accesso ai servizi sociali;

b) il decentramento delle competenze ai co­muni e consorzi di comuni;

c) la subarticolazione delle Unità locali in di­stretti socio-sanitari;

d) la stretta integrazione tra aspetti sanitari e sociali;

e) la gestione sociale dei servizi a tutti i li­velli;

f) la pubblicizzazione dei servizi;

g) lo sviluppo di servizi a carattere aperto, domiciliari e ambulatoriali.

I partecipanti al convegno ritengono che su questi punti sia necessario realizzare un'ampia convergenza di mobilitazione e di alleanze tra tutte le forze sociali interessate.

 

 

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