Prospettive assistenziali, n. 30, aprile-giugno 1975
DOCUMENTI
RACKET DELL'ASSISTENZA AI BAMBINI ACCERTATO DAL
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA
Il Tribunale per i
Minorenni di Roma composto dai sigg. Moro Dott.
ALFREDO CARLO Presidente; Del Conte Dott. LUISA
Giudice; Versaci Prof. BENEDETTO Giudice onorario; Groppelli Dott. ANGELA Giudice
onorario; con l'intervento del P.M. dr. Cesare Casolla e con
l'assistenza del sottoscritto cancelliere ha pronunciato la seguente
sentenza
nella causa di opposizione promossa con
ricorso in data 17-12-1974 da D. M. e D. I. C. residenti a
M. (Avellino) ed elettivamente domiciliato in Roma
Via F. G. n. 12
presso lo studio dell'Avv. F. M. che li rappresenta e
difende giusta procura a margine dell'atto introduttivo, avverso il decreto di
stato di adottabilità della propria figlia D. M. P.
nata a M. il 3-6-1969 emesso da questo Tribunale il
12-10-1974 e notificato il 18-11-1974.
Fatto
A seguito di invio da parte
dell'istituto «L'Assunta» di Bassano
Romano della scheda nominativa relativa alla minore D. M. P. veniva aperta da questo Tribunale procedura per
dichiarazione di stato di adottabilità.
Risultava infatti, dalla predetta scheda, che
la minore - di appena quattro anni - era stata ricoverata dalla famiglia che
risiedeva in provincia di Avellino nell'istituto sito in provincia di Viterbo e
che la stessa non aveva ricevuta alcuna visita da parte dei genitori.
Apertasi l'istruttoria si accertava:
a) che i genitori - come da loro
stessa dichiarazione - non si recavano a visitare la figlia e che erano
disposti «anche a consentire a che venga adottata da
una famiglia a condizione che venga assicurato alla bambina un migliore avvenire»
(v. dichiarazione genitori).
b) che la bambina era stata
ricoverata nell'istituto di Bassano Romano per
iniziativa di una suora del predetto istituto venuta a conoscenza delle
condizioni di povertà e di incapacità dei genitori;
che la bambina non era stata mai visitata dai genitori; che non si prevedeva il
rientro in famiglia, del resto non sollecitato - neppure per brevi periodi - dall'istituto;
che la bambina sarebbe restata in istituto fino alla maggiore età; che la
retta per la bambina veniva corrisposta dalla Regione Campana (v. dichiarazione
di padre Alfredo Antonio Gregorio direttore e fondatore dell'Istituto).
Chiusa l'istruttoria
il Tribunale, con decreto del 12-10-1974, dichiarava lo stato di
adottabilità della minore stante i mancati rapporti tra genitori e minore e la
loro accettazione dell'ipotesi di una adozione.
Proponevano nei termini opposizione
contro il predetto decreto entrambi i genitori
sostenendo che avevano compiuto delle visite alla minore riprendendola presso
di loro durante i mesi estivi per cui non doveva ritenersi sussistere lo stato
di abbandono.
Alla conseguente udienza
dibattimentale veniva accertato:
a) che i D. si erano decisi a porre
nell'istituto di Bassano la bambina a seguito di
sollecitazioni di una suora dell'istituto che era venuta in paese ed aveva
chiesto a tutte le famiglie se erano disposte a collocare le bambine in
quell'istituto (vedi dichiarazione della madre della bambina, vedi
dichiarazione della direttrice dell'istituto che ha ammesso la circostanza
specificando che «quando vi erano posti liberi nell'istituto» si offrivano ricoveri alle famiglie povere di varie zone
d'Italia, chiedendo poi che la retta venisse assunta dalle regioni; vedi
dichiarazioni del legale rappresentante dell'ONMI secondo cui era notorio «che
le suore dell'istituto di Bassano vanno in giro nei
paesi della Campania per reperire bambini»);
b) che il ricovero era stato deciso
dai genitori della piccola D. perché pensavano che «in istituto la bambina
potesse imparare meglio»;
c) che l'istituto di Bassano Romano ricoverava ragazze dai due ai venti anni;
che su 258 ragazze ricoverate ben 141 avevano le famiglie risiedenti fuori
del Lazio ed in particolare 46 risiedenti in Campania,
d) che l'assenso all'adozione era
stato dato dai genitori senza comprendere il significato dell'assenso e le
conseguenze di una tale manifestazione di volontà;
e) che i genitori erano pronti a
riprendere in casa la minore;
f) che la minore - esaminata dall'équipe del centro medico psico-pedagogico
- mostrava «ambivalenza affettiva nei confronti della famiglia
che nomina spontaneamente ad ogni occasione ma della quale mostra un certo
timore forse legato ad un vissuto abbandonico»; che
«la sua esperienza di oggetto rifiutato non ha distrutto il desiderio di
affetto e di calore che fantasticamente lei risolve proiettandolo sulla zia e
sui familiari»; che «questi meccanismi necessariamente la portano ad un certo
infantilismo con lieve sfondo depressivo o al contrario ad attivismo
frammentario»; che era urgente inserire la minore in un nucleo familiare.
All'esito del dibattimento le parti concludevano come in atti.
Diritto
Rileva il Tribunale che oggettivamente sussiste la situazione
di abbandono materiale e morale della piccola D. M.
P.
È pacifico infatti
che per la legge 5-6-1967 n. 431 sussiste una situazione di abbandono tutte le
volte in cui un minore degli otto anni sia privato dell'assistenza materiale e
morale diretta da parte dei genitori e dei parenti tenuti agli alimenti (art.
314/4 comma 1°), a nulla rilevando il fatto che i minori non siano del tutto
privi di assistenza materiale o morale, provvedendo a ciò istituzioni
pubbliche o private di protezione e assistenza per l'infanzia (art. 314/4
comma 2°) - ciò perché la legge del
Infine la mancanza di valide figure di adulti in cui identificarsi, e l'assoluta mancanza
dell'esperienza di una coppia educatrice non può che distorcere il processo
evolutivo provocando gravissime deformazioni.
Gli effetti deleteri della istituzionalizzazione largamente dimostrati dai più
recenti studi psicologici - sono nel caso di specie chiaramente indicati
dalla relazione psicologica in atti: la piccola D., pur avendo dietro di sé
una non lunga storia di istituzionalizzazione, già incomincia a dimostrare
carenze affettive, sofferenza per stato abbandonico,
infantilismo con sfondo depressivo o attivismo frammentario.
Un protrarsi nel tempo del ricovero
in istituto e il conseguente dissolversi dei legami familiari non potrebbe che
portare ad una progressiva destrutturazione della personalità della minore o
ad un deterioramento del processo di sviluppo psichico con tutte le
inevitabili ed irreversibili conseguenze sul piano della acquisizione
di una autentica maturità e di una effettiva socializzazione. Né i gravissimi
effetti della istituzionalizzazione possono essere
evitati dalle sporadiche visite dei genitori (una ogni quattro-cinque
mesi), dall'invio da parte degli stessi di piccoli donativi, dall'annuale
ritorno in famiglia per un periodo estremamente limitato: specie per i minori
degli otto anni solo la continua presenza dei genitori e le loro cure assidue
possono mantenere vivo un rapporto che altrimenti è destinato ad infiacchirsi,
a perdere di significatività, a isterilirsi in atteggiamenti meccanici o
stereotipati dietro cui si nasconde solo il vuoto.
Ritiene perciò il Tribunale che vi è
stato oggettivamente e soggettivamente per la minore - uno stato di abbandono che legittimerebbe la dichiarazione di
adottabilità.
Non può però il collegio non
rilevare che la particolarità del caso impone un approfondimento per quanto
riguarda l'estremo della sussistenza o meno della forza maggiore e cioè di una causa che - se sussistente - impedisce al
Tribunale la pronuncia della declaratoria di stato di adottabilità.
Ora al riguardo deve innanzi tutto
tenersi conto del fatto che i genitori della piccola D. sono apparsi
particolarmente sprovveduti sul piano culturale e facilmente suggestionabili:
lo dimostra in maniera emblematica il consenso
all'adozione da loro espresso al giudice tutelare che interrogava senza
intendere affatto il significato dell'atto che compivano. Può stupire che di
fronte alla «incetta» di bambine di M. (9 bambine) organizzata dall'Istituto
di Bassano Romano (che in altro suo istituto
residenti in località diversa ha altre bambine provenienti dallo stesso paese)
ed alla assicurazione della Suora che questo
costituiva la soluzione ideale per l'avvenire della bambina, i D. abbiano
ritenuto non dannoso ma anzi utile per la propria figlia l'allontanamento da casa
e meritorio non colpevole il loro assenso al ricovero? Né può trascurarsi il fatto che
Appare chiaro da tutto il
comportamento dei D. - dalle sia pur poche visite che
fecero alla bambina anche sobbarcandosi a notevoli fatiche e spese data la
distanza; dai regali che continuarono ad inviare malgrado la loro miseria;
dall'averla accolta amorevolmente durante le vacanze; dalla pronta dichiarazione
di volerla ritirare dall'istituto quando si sono resi conto delle conseguenze
dell'istituzionalizzazione - che essi non intendevano affatto abbandonare la
piccola.
Ma se l'abbandono fu conseguenza
solo della miseria e della ignoranza dei D. e se la
loro volontà fu sostanzialmente indirizzata e determinata alla
istituzionalizzazione dall'azione della suora dell'istituto prima e degli
uffici di assistenza della Regione Campana dopo, non può non ritenersi la
sussistenza di una causa di forza maggiore che esclude la possibilità della
dichiarazione di stato di adottabilità.
L'abbandono della minore in realtà è
stato voluto - anche se non ve ne era alcun bisogno -
non dai genitori ma dall'istituto privato di assistenza e dall'Ente Regione;
se non fossero stati pesantemente sollecitati i D. avrebbero continuato a
tenere presso di loro la piccola assicurandole tutto l'affetto di cui aveva
bisogno e donandole tutte le cure che continuano a dare agli altri figli che
sono ancora in casa. E se le condizioni economiche
della famiglia D., non certo brillanti, rendevano necessario un intervento di
sostegno per assicurare alla piccola M. P. migliori condizioni di vita, l'Ente
regione ben avrebbe potuto intervenire con adeguati sussidi (certo inferiori
alle spese occorrenti per il ricovero) senza sradicare una bambina di appena
quattro anni dal suo nucleo familiare e inviarla in un istituto così lontano
dal luogo di residenza dei genitori da rendere ad essi praticamente impossibile
il mantenere continui e intensi rapporti.
P.Q.M.
V. gli artt. 413/12 c.c. e
accoglie l'opposizione proposta da D.
M. e D. I. C. avverso il decreto di stato di adottabilità
della minore D. M. P. emesso da questo Tribunale il 12-10-1974.
Dispone l'immediato reinserimento della minore in famiglia.
Autorizza l'esecuzione provvisoria della sentenza.
Roma, 4-2-1975.
www.fondazionepromozionesociale.it