Prospettive assistenziali, n. 31, luglio-settembre 1975
NOTIZIE
CONVEGNO SU «OSPEDALE E HABITAT»
Promosso dal Centro Italiano di
Storia Ospitaliera, si è tenuto ad Arezzo dal 6 all'8 marzo un convegno di
studio sul tema Ospedale e Habitat.
I lavori del convegno, cui hanno
preso parte parlamentari, autorità regionali,
operatori sanitari, ricercatori, collettivi di base, sono stati aperti dal
Presidente della Giunta della Regione Toscana. Dopo aver rilevato ancora una
volta la gravità e l'urgenza del problema ospedaliero, anche per gli effetti
indotti nei settori complementari, Lagorio ha sottolineato il timore che la ingovernabilità degli
ospedali, per i profondi collegamenti che stringono il sistema ospedaliero
alla comunità nazionale, si traduca nella ingovernabilità del Paese. «Ospedale
e Habitat oggi non sono in sintonia: l'azione
sanitaria privilegiata il momento curativo. Occorre invece, di fronte alla
malattia che sempre più diviene l'espressione di uno squilibrio tra l'uomo e
l'ambiente, procedere ad una riforma sanitaria globale che stabilisce un
rapporto fecondo tra strutture sanitarie e habitat».
Programmazione
sanitaria e partecipazione
Occorre attuare - si legge nelle
proposte conclusive del convegno - la saldatura fra momento
tecnico-scientifico e momento partecipativo affermando che i termini
efficienza e partecipazione non sono antinomici, ma
che è la partecipazione stessa che seleziona i
criteri stessi di valutazione della efficienza, accedendo alla efficacia. «Riteniamo
che un discorso globale - aveva detto il Prof. Corghi, Presidente del CISO
nella sua relazione programmatica - avrebbe ben scarsa incidenza da un
convegno come questo se esso non si sostanziasse delle motivazioni
di fondo delle lotte popolari per la salute, della crescita di coscienza dei
lavoratori per la partecipazione, il controllo e il rifiuto della delega in
tema di politica della salute».
In questo senso il convegno è stato
preceduto da incontri tra i relatori e i Consigli di fabbrica della Provincia di Arezzo. Queste alcune delle tesi oggetto degli incontri:
1) occorre abbattere una concezione fatalistica della malattia e tecnicistica della medicina; 2) si rileva che non è stata
realizzata la definizione costituzionale di una riforma che «tutela la salute
come fondamentale diritto del cittadino e interesse della
collettività». Le cause sono politiche, di struttura economica,
culturale, socio-territoriale e di organizzazione del lavoro. Il diritto alla
salute è diritto ai benessere: 3) scuola e struttura
sanitaria del Paese non sono adeguate ad offrire da un lato un'ipotesi
scientifica valida e dall'altro i mezzi tecnici per l'indagine approfondita su
vasta scala e la valutazione dei rapporti esistenti tra le condizioni di vita
e di lavoro e la mutata patologia; 4) l'alleanza fra sindacati operai, operatori
e strutture sanitarie di base e potere locale è essenziale sulla via di una
autentica riforma sanitaria del Paese, occasione determinante per la riforma
dello stato in senso autonomista.
Ospedale e territorio
Il dibattito, che era stato introdotto
da relazioni di tipo storico, intese a recuperare in termini moderni
l'esperienza storica della «ospitalità», ha sottolineato
(con le relazioni su l'ospedale integrato nella rete sanitaria, sugli standard
delle strutture edilizie sanitarie, sulla deospedalizzazione)
il preciso rapporto esistente tra ospedale, assetto socio-sanitario,
territorio, struttura sociale.
L'Ospedale - si legge ancora nel
documento conclusivo - perde così la sua tradizionale autonomia ed il ruolo di
protagonista, diviene un servizio integrato nella rete territoriale per la
difesa della salute. «La direzione di marcia verso una medicina preventiva -
ha detto in particolare Pirella, Direttore
dell'ospedale psichiatrico di Arezzo - verso la
identificazione delle possibili cause di disagio e della nocività in generale
tende a demedicalizzare sia la psichiatria che la
medicina stessa: in questo senso la pratica psichiatrica può ridiventare
pratica sanitaria e l'ospedale psichiatrico negarsi come tale affinché i
servizi psichiatrici possano confluire nel servizio sanitario e sociale sul
territorio».
Spesa sociale e
partecipazione
Durante i lavori del convegno sono state espresse perplessità di fronte alle proposte della
tecnostruttura di tagliar fuori i normali circuiti della spesa sociale e di
affidare una parte imponente di questa a progetti realizzati dai maggiori
gruppi monopolistici. «Non è sufficiente - è stato detto - rivendicare il
diritto degli Enti locali ad assumere un maggior potere; occorre anche
provocare una vasta partecipazione popolare alla gestione e al controllo delle
scelte di spesa sociale. Nel campo che ci compete la spesa per la sanità non deve sommare ospedali ad ospedali, medicine a
medicine, lasciando intatta la rete di speculazione e di profitto di certe
categorie; essa deve invece poter intervenire sull'ambiente, sulla ricerca,
sulle cause sociali della malattia».
Sanità e riforma dello
Stato
Occorre sottolineare
- termina il documento conclusivo - che la lotta per il diritto alla salute è
un momento non ristretto agli effetti sanitari, ma un veicolo per lo sviluppo
in generale della società secondo un modello diverso da quello sin qui
seguito; essa va quindi sviluppata in stretto rapporto anche agli altri settori
di intervento: scuola, casa, ecc..
In questo senso è anche l'intervento
del Prof. Gerola che,
recando la specifica esperienza del
INSERIMENTO SCOLASTICO DEI BAMBINI SORDI
Dall'Associazione
per i bambini sordi (Via del
I
-
Ai genitori di bambini sordi
-
Agli insegnanti ed agli operatori interessati ai problemi della sordità
- A tutte le persone interessate ai problemi della
scuola e dei servizi sociali e sanitari
Nell'imminente inizio del nuovo anno
scolastico desideriamo tornare sopra un argomento cui attribuiamo
decisiva importanza e cioè l'integrazione scolastica dei bambini sordi.
Non ci dovrebbe essere rischio di riaccendere le polemiche sulle scuole speciali e sugli istituti
per sordomuti essendo ormai acquisiti, assieme al riconoscimento dei loro
meriti umanitari nel passato, la certezza sia sulla loro attuale dannosità
sia sui vantaggi derivanti al bambino sordo dalla permanenza in una classe normale.
Classe normale di scuola normale,
normale anche nel senso di «nota», «usuale», capace cioè
di offrire i vantaggi sopradetti ma anche piena di quelli inconvenienti che
ben conosciamo; la scuola, insomma, «così com'è». Quella scuola che però ha
dimostrato e dimostra ampiamente come l'integrazione di un bambino sordo sia dovunque possibile quando, oltre che dentro, fuori di essa,
ci sia realmente la volontà di integrarcelo.
A Firenze, a Milano, a Bologna e
ovunque ci sia stata da parte delle famiglie e degli enti locali questa volontà
non si contano ormai più i bambini sordi
completamente integrati nelle classi normali. Significativo
è il caso di Perugia ove quell'amministrazione provinciale, cui com'è noto
compete per legge l'onere della loro istruzione, ha con successo inserito in
classi normali di scuole pubbliche decine di ragazzi sordi tolti dall'istituto
Serafico di Assisi e alcuni già con diversi anni di ricovero.
Se è, come è,
questione di volontà - e il caso di Perugia è significativo proprio perché si
tratta di una provincia che certamente non abbonda di risorse materiali -
negare a tanti bambini sordi quell'integrazione nelle scuole normali di cui
hanno necessità e diritto e di cui beneficiano tanti altri bambini non meno
sordi significa fare una grave ingiustizia, significa danneggiare - in molti
casi irreparabilmente - tanti bambini pur potendolo evitare, significa
impiegare in modo addirittura contrario quelle risorse, non esigue, che la
comunità destina perché venga ridotto al minimo possibile il loro svantaggio.
È dunque urgente che tutti i
genitori vincano i loro timori e non stiano più ad
attendere passivamente che altri facciano perché accettare, come deve essere
accettata, la sordità dei loro figlioli non significa rassegnarsi passivamente
alle sue conseguenze. Portino i loro figlioli nella scuola normale, affrontino
le riserve, l'inerzia, il burocratismo, ne pretendano da questa l'inserimento
e dagli enti locali, dalle province in particolare, le iniziative e gli aiuti
che consentano ai loro figli vera integrazione e
profitto.
È necessario che da parte degli
insegnanti stessi, specie da quelli delle scuole speciali, pervenga un maggior
contributo di chiarezza perché se è pur vero che molti agiscono nella giusta direzione,
in altri, non meno convinti sui vantaggi dell'integrazione scolastica, prevale
la preoccupazione delle conseguenze sul loro lavoro, da cui un'ambiguità che
non giova a nessuno: quasi che i diritti dei bambini sordi non siano conciliabili
con i loro diritti come lavoratori.
E tutti, genitori, insegnanti,
operatori sanitari e sociali, persone, gruppi ed organizzazioni che s'interessano
dei problemi delle persone sorde, dobbiamo diffondere una corretta informazione
sui reali termini di questi problemi e farlo soprattutto nei confronti dei
genitori dei bambini sordi delle scuole speciali e dobbiamo pure orientarli ed
aiutarli.
Tale azione è stata da noi
effettuata con i genitori di una scuola speciale di Roma a
mezzo lettera di cui uniamo copia.
Informare, oltre che sugli effetti
della mancanza dell'ambiente normale, anche di altri
fatti non meno negativi - le conseguenze dello sradicamento, la perdita di
tempo per la ripetizione obbligata di tutte le classi elementari,
l'insufficiente azione riabilitativa e formativa - e di aspetti quali gli scarsi
rapporti con la società «esterna», l'assenza dei genitori causa la distanza e
la media delle loro condizioni economiche e sociali, la predominanza degli
interessi privati, l'inadeguatezza dei controlli da parte degli organi
competenti ecc., che sono conseguenza di fattori inerenti la stessa natura
della scuola speciale per sordi e quindi non suscettibili di essere effettivamente
modificati.
Informare, orientare, premere verso coloro che hanno la responsabilità delle scelte politiche ed
organizzative che influiscano sui bambini sordi affinché, invece di gestirne
la rovina finanziando la loro permanenza nelle scuole speciali e buttando via
tanti mezzi per rabberciarle nell'illusione di migliorarle, puntino decisamente
su quelle iniziative atte a promuovere e facilitare l'integrazione dei bambini
sordi con particolare attenzione per quella scolastica.
L'attenzione e il lavoro di tutti
noi deve essere rivolta verso la scuola normale perché
é in questa che il bambino sordo, tutti i bambini sordi, trova e sempre più
potrà trovare l'unica risposta valida alle sue necessità. E
questo sia il nostro maggiore impegno per il prossimo nuovo anno scolastico.
Roma, agosto 1975
II
Ai
genitori degli alunni della «Scuola di Foniatria»
del C.N.A.S. di Roma - Via Ghislieri.
Nelle scorse settimane ci siamo
incontrati con diversi genitori di alunni della scuola
C.N.A.S. di via Ghislieri.
Con loro abbiamo avuto modo di
discutere non pochi problemi della scuola, sia della scuola in generale sia di
quella di via Ghislieri in
particolare. In tali occasioni abbiamo rilevato la necessità di interessare
tutti i genitori degli alunni di quella scuola su alcune cose importanti prima
dell'inizio del prossimo anno scolastico.
Lo facciamo con la presente lettera
non essendoci tempo sufficiente per farlo singolarmente di persona.
Si tratta di cose importanti perché
riguardano la scuola e voi sapete bene che, se la scuola è importante per tutti
i bambini, lo è tanto di più per quelli sordi. Per questo í
genitori la seguono con attenzione, solleciti alle necessità scolastiche
dei figli e attenti ad ogni possibilità che consenta di meglio soddisfarle.
Anche noi quando, cinque-sei anni fa, iniziammo
l'attività di questa associazione, conoscevamo bene le necessità relative alla scuola dei nostri bambini, ma non altrettanto
bene come avrebbero potute essere soddisfatte. Poi, gradatamente, attraverso
anche esperienze amare, approfondendo, abbiamo compreso.
Abbiamo compreso soprattutto che il
bambino sordo deve stare con i bambini udenti e ci
deve stare tanto di più a scuola perché, primo, si deve abituare da piccolo a
starci e a lavorarci (la scuola è anche lavoro), da grande gli sarebbe molto
più difficile; secondo, stare in una classe di udenti, cioè normale, anche se
costituisce uno sforzo per il bambino sordo, vuol dire stare in una condizione
più reale e più ricca di situazioni dalle quali lui, molto più di quanto non si
creda, trae comunicazione e apprendimento.
Noi sappiamo che una non piccola
parte dei bambini che si trovano alla scuola di via Ghislieri, come del resto negli altri istituti per sordomuti,
hanno un residuo d'udito tale che, protesizzati e
con un minimo d'aiuto, avrebbero potuto e potrebbero agevolmente frequentare
la scuola normale.
In questi casi ci sono indubbiamente
delle manchevolezze da parte delle famiglie, responsabilità di quella scuola
e, come diremo in seguito, di qualche altro. Per gli
altri bambini, sordi gravi o profondi con scarsa o nessuna possibilità
d'utilizzo dell'apparecchio acustico, le possibilità sono sostanzialmente
analoghe: ovviamente questi bambini hanno bisogno di maggiore aiuto.
Quei genitori e anche quegli
insegnanti che non si rendono conto di come tali bambini possano seguire le
lezioni in una classe normale, comprendere, farsi comprendere ed ottenere profitto,
debbono meglio considerare il fatto che la parola
costituisce uno soltanto dei molteplici mezzi di comunicazione esistenti.
Importanti sono pure, e sempre maggior importanza hanno
acquistato ed acquistano anche fra gli udenti, quei mezzi basati su ciò che si
vede, i cosiddetti mezzi di comunicazione visiva come libri, giornali,
disegni, foto, tv, ecc. Importanza ha pure l'osservazione di ciò che fanno e
come si comportano gli altri. Se si aggiunge quello,
sia pur poco, che un bambino sordo riesce a leggere sulle labbra ed,
eventualmente, a percepire con l'udito, si potrà valutare meglio la possibilità
dell'inserimento del bambino sordo nella classe normale.
D'altronde poi, i vantaggi che
gliene derivano, non solo ai fini dell'apprendimento, ma
soprattutto ai fini del suo normale sviluppo, sono tali da giustificare
pienamente il suo sforzo, l'impegno della famiglia e, ammesso che ce ne sia,
il rischio di una prova.
Nei casi in cui da parte della
famiglia non sia possibile, per difficoltà che purtroppo esistono, dare al
bambino il necessario livello di aiuto si tratterà di
vedere, di cercare chi possa, come, con quali mezzi assicurargli quest'aiuto e
noi siamo sempre pronti a vederlo e a cercarlo insieme.
Per contro, sia per la demutizzazione quanto per l'istruzione, cosa danno in
sostanza le scuole sul tipo di quella di via Ghislieri? Logopedia e ortofonia che dovrebbero essere la
base di tutto il loro lavoro (quella di via Ghislieri si chiama addirittura, come sapete, «Scuola di foniatria») malgrado
l'armamentario di cuffie ed apparecchi messi in bella mostra, vengono quasi
ignorate e per rendersene conto basta sentire (e vedere) come si esprimono
mediamente i bambini che la frequentano. Circa la istruzione,
sapete meglio di noi, come i bambini siano costretti
a ripetere tutte le classi per cui è già un successo se riescono a 15 anni a
finire le elementari.
Un'altra considerazione da fare è
che queste scuole vanno costantemente peggiorando poiché,
come si può ben capire, riducendosi i «clienti» - anche a quella di via Ghislieri si sono ridotti notevolmente - e quindi i guadagni,
sono portate a fare ancora meno, tanto non c'è pericolo che il Ministero della
P.I. o
Per fortuna, nella società in
generale, sono avvenuti anche certi cambiamenti positivi
che, per quanto c'interessa, sono:
- un diverso atteggiamento verso le
persone handicappate le quali, anziché respinte e segregate
nelle istituzioni cosiddette speciali, vengono meglio comprese nelle loro
difficoltà, più riconosciute nei loro diritti, maggiormente accettate;
- la scuola, quella normale, non è
rimasta estranea a questo movimento. Basta vedere quanti handicappati la
frequentano e molti con difficoltà certamente più gravi di quelle dei nostri bambini. Del resto, qui a Roma, sono già più i bambini
sordi inseriti nelle scuole normali di quelli che frequentano quelle per
sordomuti; naturalmente parliamo dei bambini che hanno la famiglia a Roma senza
considerare i molti che vengono da lontano e in massima parte dalle province
del meridione.
Anche all'istituto Statale Sordomuti
di via Nomentana, comunque,
si è ridotto il numero dei bambini e tra poco ci sarà più personale che alunni.
Nel corso dell'ultimo anno scolastico dalla stessa scuola di via Ghislieri molti genitori hanno
levato i loro figlioli e si tratta di bambini di tutte le età e di tutte le classi.
Saremo lieti darvene i relativi nomi e indirizzi
perché possiate avere conferma e maggiori dettagli sulle loro esperienze. E
mentre le scuole speciali vanno, come abbiamo già
detto, sempre più peggiorando, quella normale, con l'ingresso dei genitori nei
suoi organi di governo per effetto dei decreti delegati, sempre più potrà
corrispondere alle esigenze dei bambini con difficoltà come i nostri.
E ancora c'è da tenere presente:
- con la scuola di quartiere o di
zona - che è obbligata a ricevere l'iscrizione del bambino ed assegnargli il
posto - non solo si risparmia la spesa del trasporto ma
soprattutto si risparmiano ai bambini i lunghi e spossanti viaggi quotidiani;
- gli insegnanti hanno generalmente
dimostrato disponibilità e comprensione e, del resto, la presenza di un
bambino sordo nella classe non ha mai posto, a quanto ci risulta, problemi
particolari;
- il bambino si ritrova con i suoi
abituali compagni di gioco con i quali già si
comprende; gli altri bambini non prendono in giro il loro compagno sordo, al
contrario normalmente lo aiutano nelle sue incombenze scolastiche;
- in molte scuole normali vengono
già effettuati interventi del logoterapista che, se
attualmente ancora scarsi, saranno certamente estesi
e potenziati;
- soprattutto nella scuola normale
non può capitare, com'è possibile in una scuola privata quale quella di via Ghislieri, di sentirsi dire
«se non vi sta bene ve ne andate» perché è scuola pubblica e in essa,
specialmente oggi, tutti i genitori possono far valere i diritti dei loro bambini.
Per la scuola materna pubblica la
situazione attualmente è, purtroppo, diversa perché
non c'è dappertutto e, dove c'è, i posti sono sempre insufficienti. È però
talmente importante per un bambino sordo frequentarla che bisogna fare tutto
il possibile per mettercelo. La sua
sordità può e deve costituire un elemento da far valere ai fini della
precedenza.
Per concludere
vi diciamo: quei genitori della scuola di via Ghislieri,
di cui Vi abbiamo parlato all'inizio, o hanno già provveduto per l'iscrizione
dei loro figli alla scuola normale o lo faranno con la ripresa delle
iscrizioni a settembre.
Noi pensiamo che anche voi dovete
fare altrettanto, anche se l'avete già iscritto a
quella di via Ghislieri. È sbagliato rinviare. Se il bambino è piccolo va fatto subito perché è facile e
più proficuo, se è grande facciamolo ugualmente subito per non aumentare ed
aumentargli lo svantaggio.
Non nascondiamo il loro e i nostri
problemi nelle scuole speciali, negli istituti. Andiamo senza
timore nella scuola normale e contribuiamo anche noi perché divenga, sempre di
più, scuola di tutti.
Qualora lo desideriate siamo lieti
d'incontrarvi, in tal caso Vi preghiamo di telefonarci in precedenza
Gradiremmo comunque conoscere il vostro pensiero e le
vostre esperienze.
Roma, luglio 1975
www.fondazionepromozionesociale.it