Prospettive assistenziali, n. 32, ottobre-dicembre 1975
DOCUMENTI
PIATTAFORMA
PRESENTATA DAI SINDACATI ALLA REGIONE PIEMONTE, ALLE PROVINCE E AI COMUNI SUI
PROBLEMI DELLA SANITÀ E DELL'ASSISTENZA
-
una premessa politica;
- i punti di confronto con Regione Piemonte, Province,
Comuni sui problemi della sanità e dell'assistenza;
- i criteri per la ripartizione del territorio regionale
in unità locali dei servizi;
-
una nota esplicativa (particolarmente interessante la parte relativa al ruolo
delle Province);
-
una nota sulla partecipazione del Sindacato alle scelte, decisioni e attività
delle unità locali;
- i criteri per una legge regionale sulla formazione,
riqualificazione e aggiornamento degli operatori sanitari e sociali.
I
PREMESSA POLITICA
Dopo i primi incontri con i Partiti
politici per un confronto delle posizioni sui programmi delle nuove Giunte
comunali, provinciali e regionale,
1) acquisire in
proprio una conoscenza reale sui problemi generali e specifici della sanità e
assistenza collegandoli a tutti gli altri presenti nella fabbrica e nel
territorio (occupazione, ristrutturazione, investimenti, riforme dei trasporti,
casa, scuola ecc.);
2) tenere sempre più conto della inscindibilità fra salario diretto (soggetto a continuo processo inflazionistico) e salario sociale che si concretizza in
servizi (che se funzionanti e rispondenti alle reali esigenze della gente sono
un complemento stabile del salario) da cui derivano possibilità concrete di
collegamento fra fabbrica e territorio e fra lotta per contrattare i processi
di ristrutturazione aziendali e quella di ristrutturazione dei servizi;
3) valutare che una risposta
adeguata alle esigenze in servizi sanitari e sociali unitamente a casa,
trasporti, scuola ecc. è una delle condizioni per attuare un diverso modello di
sviluppo;
4) tenere conto del notevole
incremento all'occupazione che comporta una reale attuazione
dei servizi rapportati ai bisogni della popolazione;
5) considerare in modo sempre più
attento la necessità di passare dall'attuale modello degli
enti che intervengono solo quando uno è già ammalato o infortunato a un sistema
diretto ad assumere il massimo benessere psico-fisico, fatto che comporta da
un lato l'inscindibilità nell'impostazione e nell'attuazione fra prevenzione
sanitaria e sociale, cura e riabilitazione e promozione sociale e, dall'altro
lato, l'assunzione in termini prioritari della prevenzione sanitaria e sociale
nella fabbrica e fuori;
6) non cadere in soluzioni di
razionalizzazione, ma superare gli interventi di assistenza
e beneficenza che sono sempre dei mezzi per emarginare e segregare le persone
(nella fabbrica autolicenziamenti, prepensionamento,
ecc. e fuori) e, in ogni caso, per operare al fine di ridurre le cause socio-economiche
che provocano le richieste di assistenza a fatti ed esigenze individuali.
In questo contesto
è oggi fondamentale la necessità di un esame degli scopi e funzioni reali che
il padronato ha attribuito e continua ad attribuire ai servizi sociali di fabbrica e che gli operatori addetti, in
mancanza di servizi pubblici alternativi, sono di fatto nella impossibilità di
contrastarne le finalità. Si tratta d'un grosso
problema che investe ad esempio gli articoli 5, 9, 12 dello statuto dei
diritti dei lavoratori e che, in rapporto a tutti i processi di
ristrutturazione e alle nuove possibilità di sbocco sul territorio, deve
essere affrontato anche all'interno delle piattaforme per i rinnovi
contrattuali;
7) avere presente che l'attuazione
di servizi sanitari e sociali adeguati, conseguenza dell'azione
sull'ambiente e sulla organizzazione del lavoro in fabbrica, può portare (come
comprovano alcune esperienze) prima di tutto alla riduzione della mortalità
infantile e delle malattie in genere e ad assicurare ai lavoratori uno stato
di benessere psico-fisico e una durata della vita, nei termini medio-normali, diversa da come avviene attualmente (oggi,
infatti, la vita del lavoratore, oltre che tribolata, è fino a 10-15 anni
inferiore rispetto alla media).
II
PUNTI DI CONFRONTO CON REGIONE
PIEMONTE, PROVINCE, COMUNI
SUI PROBLEMI DELLA SANITÀ E
ASSISTENZA
1) Affermazione della
inscindibilità fra sanità e assistenza nella programmazione e gestione
degli interventi e della formazione, aggiornamento e riqualificazione del
relativo personale.
2) Precisazione delle aree di intervento:
Le Unità locali dei servizi sanitari
e sociali saranno gestite esclusivamente dai Comuni
in forma associata o decentrata (Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità Montane,
Consigli di quartiere).
Dovranno essere concordate le
modalità per l'inserimento operativo (e non istituzionale) nelle Unità locali
dei Servizi sanitari e sociali del personale e delle
strutture degli altri enti ivi comprese le Province.
3) Provvedimenti
regionali promozionali a favore dei Comuni per servizi alternativi a livello
delle Unità locali dei Servizi sanitari e sociali in materia di sanità e
assistenza (come ad esempio le proposte di legge dei Comuni di Settimo Torinese
e di Torino) per le materie non delegabili.
4) La ripartizione del territorio
deve realizzarsi in modo unitario per tutti gli ordini di problemi (Consigli di
quartiere, distretti scolastici, zone psichiatriche, Unità locali dei servizi
sanitari e sociali, ecc.) anche per garantire l'unitarietà di
intervento nei servizi; coordinamento della ripartizione territoriale
di cui sopra con i comprensori (Ved. paragrafo III).
5) Censimento di tutte le strutture
(pubbliche e private) e attrezzature attualmente
preposte all'intervento sanitario e assistenziale, da realizzarsi a livello di
dimensione di Unità locale dei servizi sanitari e sociali e sue articolazioni,
in diretto rapporto con i bisogni della popolazione (nei luoghi di lavoro e
non) ricavati da reali momenti di partecipazione alla definizione delle scelte
e loro priorità.
6) Impegno degli Enti locali
(Regione, Province e Comuni) a realizzare interventi utilizzando e coordinando
tutte le loro strutture, nonché predisponendo
l'estensione di tali attività coordinate a quelle degli enti mutualistici e
ospedalieri (anticipando con ipotesi concrete le strutture del costruendo
servizio sanitario nazionale).
7) Passare alla concreta attuazione
della delibera approvata dal Consiglio regionale sulla istituzione
dei dipartimenti di emergenza e accettazione; nonché alla formulazione di un
disegno di legge regionale per la formazione, riqualificazione e aggiornamento
permanente degli operatori socio-sanitari, sulla base dei criteri indicati dal
contratto unico degli ospedalieri, e della proposta presentata dalla
Federazione regionale piemontese dei lavoratori ospedalieri.
8) Impegno in rapporto alla proposta
di legge di iniziativa popolare «Competenze regionali
in materia di servizi sociali e scioglimento degli enti assistenziali»,
non solo in termini di raccolta delle firme, ma anche come momenti concreti di
avvio al coordinamento e alla ristrutturazione del settore.
Nell'immediato
In attesa delle deleghe ai Comuni,
realizzazione delle Unità di base, quale uno dei servizi dell'Unità locale dei
servizi sanitari e sociali in tutto il territorio della Regione, per un
intervento di prevenzione del rischio, di accertamento e tutela del danno nei
luoghi di lavoro (articoli 5, 9, 12 dello Statuto dei lavoratori) al fine di
rispondere alle esigenze dei lavoratori e all'impegno dei Comuni singoli o
associati (o, per Torino, a livello di singole zone) respingendo ogni forma di
accentramento gestionale.
Effettuare la raccolta e corretta gestione delle
informazioni e dati esistenti, mediante l'utilizzo di alcune strutture (innanzi
tutto l'INAIL, il Centro per l'asbestosi, i servizi di medicina del lavoro,
l'INAM e Casse mutue).
Riorganizzare le strutture degli
Enti locali (CPA, ecc.) e loro adeguamento per una utilizzazione aperta, per
avviare a soluzione i problemi dell'intasamento dei laboratori di analisi delle mutue e degli ospedali, offrendo così una
alternativa alla tendenza alla privatizzazione di questo servizio.
Verifica della situazione per
avviare soluzioni che investano anche tutto l'aspetto della medicina
specialistica.
Proroga dei termini della legge
regionale sugli asili-nido per quanto concerne il personale ed i relativi corsi
professionali.
Primi interventi
di riordinamento del settore della formazione, riqualificazione e aggiornamento
professionali per bloccare la proliferazione di scuole e corsi inidonei e di false
specializzazioni e qualifiche.
III
CRITERI PER
IN UNITÀ LOCALI DEI SERVIZI
1) Ciascuna Unità
locale deve comprendere una popolazione non inferiore a 20.000 abitanti nelle
zone con popolazione dispersa e non superiore a 80.000 abitanti nelle zone
urbane ad alta densità demografica (tale limite massimo potrà essere superato
per Torino, ma non oltre i 90.000 abitanti).
2) Ciascuna Unità
locale deve essere rispondente alle condizioni socio-economiche del territorio,
alla sua conformazione geomorfologica e alle
possibilità delle comunicazioni interne.
3) Ciascuna Unità
locale deve essere tale da consentire l'unificazione nella zona dei servizi di
base prescolastici e scolastici, culturali, ricreativi, abitativi e sociali in
genere sia per quanto concerne la direzione politico-amministrativa, sia nei
riguardi delle aree d'intervento.
4) Le zone dei Comuni comprendenti
più Unità locali devono coincidere con il territorio dei Consigli di
quartiere.
Gli altri Comuni devono appartenere
nella loro interezza ad una sola Unità locale.
5) Le aziende, se costituiscono un
complesso industriale unitario, devono fare parte nella loro interezza di una
sola Unità locale.
6) Tenuto conto dei criteri
sopraindicati, per quanto possibile, l'ambito territoriale di ciascuna Unità locale deve coincidere con quello della Comunità
montana o comprendere una o più Comunità montane nella loro interezza.
7) Le articolazioni territoriali
preesistenti o in fase di proposta devono adeguarsi alle Unità locali.
IV
NOTA ESPLICATIVA DEL DOCUMENTO SU
SANITÀ E ASSISTENZA
PRESENTATO NEGLI
INCONTRI SINDACATO - REGIONE - PROVINCE - COMUNI
I punti essenziali di riferimento
per la riforma dei servizi sanitari e sociali sono:
- una risposta globale
e unitaria alle esigenze della popolazione e della comunità;
- la partecipazione come elemento fondamentale per costruire la riforma
e per una sua gestione democratica.
Sul piano istituzionale questi due
elementi portano all'identificazione da un lato di ambiti
territoriali ben definiti e non troppo ampi perché la partecipazione possa
incidere e, dall'altro lato, di ambiti non troppo ristretti affinché possano essere
istituiti il maggior numero dei servizi necessari.
Tale struttura che viene chiamata Unità locale dei servizi sanitari e sociali
(comprendente da 20.000 abitanti circa nelle zone disperse a 80.000 circa nelle
zone ad alta concentrazione) deve avere un unico
organo di governo per la gestione politico-amministrativa
che viene individuato nel Comune o nel Consorzio di Comuni o nelle Comunità
montane o nei Consigli di quartiere.
L'impegno chiesto alla Regione di
realizzare con legge apposita le ULSSS, se attuato,
rappresenta una grossa conquista poiché costituisce un elemento di rottura del
vecchio sistema, una anticipazione concreta della riforma del settore, unifica
per la prima volta i problemi e le attività sanitarie e sociali.
Tuttavia, è importante anche
definire se l'Unità locale deve essere una
organizzazione limitata ai servizi sanitari e sociali con il pericolo di isolare
la sanità e l'assistenza dagli altri interventi, creare organismi istituzionali
per le varie materie (sanità e assistenza, urbanistica, trasporti, attività
culturali ricreative ecc.) e, quindi, un oggettivo ostacolo ad una partecipazione politica non settoriale e non
corporativa.
Inoltre, questa separazione essendo
in contrasto con la necessità di iniziative politiche
globali e di un impegno programmatorio e gestionale
unitario, rischia, di fatto, di impedire la realizzazione della piena autonomia dei poteri locali e la
rifondazione dei Comuni intesi da un lato come Enti locali democratici di
natura politica e, dall'altro, come strutture che - come area, come mezzi e
come strumenti di intervento - sono un momento reale ed efficace di organizzazione
e gestione di tutti i servizi in risposta alle esigenze e ai bisogni di una
popolazione che risiede o che lavora su un dato territorio.
L'ipotesi alternativa (premesso che
la realizzazione delle ULSSS è una grossa conquista) è invece quella di
operare alla realizzazione dell'Unità locale di
tutti i servizi di base (in linea con la rifondazione del Comune),
obiettivo che potrà essere raggiunto anche con la creazione, in un primo
tempo, dell'ULSSS alla condizione, però, che si abbia ben chiaro questo
obiettivo.
A questo riguardo è bene ricordare
che la regione Umbria:
- con legge 14 novembre 1974 n.
- con legge 6 marzo 1975 n.
- con legge 3 giugno 1975 n.
- con legge 3 giugno 1975 n.
A proposito di tutti questi
provvedimenti va notato che i Comuni delle singole zone possono costituire un
unico consorzio per la gestione unitaria delle materie previste nelle quattro
leggi sopra citate.
Il Consorzio di soli Comuni può
consentire più facilmente (appena vi saranno le condizioni politiche) di
unificare in un solo Comune i vari Comuni appartenenti ad un Consorzio.
A questo riguardo è bene precisare
che le Regioni hanno già adesso gli strumenti
giuridici per promuovere e realizzare le fusioni di cui sopra.
Si intende sottolineare cioè che, in
alternativa alla costituzione di Consorzi fra Comuni e Province (che porta
alla creazione di enti aggiuntivi ai Consigli di quartiere e alle Comunità
montane coincidenti con le ULSSS),
Inoltre, mediante altri strumenti
come ad esempio le «convenzioni», è possibile arrivare all'inserimento,
nelle Unità locali, del personale e all'utilizzo delle strutture degli altri
enti non compresi nell'elencazione di cui sopra: Mutue, ONMI, ENAOLI, ecc.
L'organizzazione del lavoro sia a
livello dei distretti socio-sanitari che delle altre
strutture deve realizzarsi sul piano di una gestione e di una operatività
collegiale e unitaria degli operatori sanitari superando le attuali posizioni
gerarchiche, la frammentazione delle attività e, nella misura del possibile,
la rigidità dei ruoli professionali disponendo i campi operativi in base alle
capacità, attitudini, competenze specifiche degli operatori.
Tutto questo presuppone ovviamente
un rapporto di permanente contrattazione e un riferimento costante alla
partecipazione.
Vi è, inoltre, la necessità oltre
che l'urgenza:
- di una idonea
formazione di base;
- di una formazione permanente;
- di una verifica continua, da un
lato con le forze sindacali e sociali e, dall'altro, con le sedi di ricerca scientifica
e di alta specializzazione.
Su tutte queste questioni e al fine
di valorizzare i poteri e le autonomie
locali e la partecipazione
Ovviamente è necessario che alle
Regioni siano trasferite tutte le competenze, il
personale e i finanziamenti oggi attribuiti agli organi centrali dello Stato,
agli enti nazionali e a quelli territoriali non elettivi (ECA, IPAB, Patronati
scolastici ecc.).
Per quanto si riferisce alle competenze attuabili e non esercitabili a livello di Unità
Locale in materia di sanità e assistenza, va detto che pur non essendo
stato fatto, a livello piemontese, un approfondito esame delle competenze che
non possono essere esercitate a livello di Unità locale, si possono però
indicare alcuni elementi di riferimento per altro più volte sottolineati.
Le attività possono cioè essere così riassunte:
- prevenzione, cura, riabilitazione
delle malattie e dei disadattamenti;
- attività di promozione sociale
come alternativa al ricovero in istituti di assistenza
e beneficenza di minori, anziani, handicappati;
- formazione, aggiornamento,
riqualificazione, riconversione degli operatori sanitari e sociali.
Assumendo sempre come riferimenti
essenziali la risposta globale e unitaria alle
esigenze della popolazione e la partecipazione, è opportuno (come già avviene
in alcune Regioni: Toscana, Umbria, Emilia-Romagna) e
indispensabile provvedere a suddividere
il territorio delle Unità locali in aree di intervento denominate Distretti
socio-sanitari comprendenti, in larga approssimazione, 5.000 abitanti.
A questo riguardo va precisato che
mentre ad ogni Unità locale corrisponde un unico organo di governo, i Distretti
socio-sanitari rappresentano solo una suddivisione tecnica dell'Unità locale.
Nelle realtà già esistenti, a
livello di ciascun Distretto è previsto o operante un
unico gruppo di operatori sanitari e sociali comprensivo delle diverse specializzazioni
e qualificazioni necessarie alle caratteristiche e ai bisogni della popolazione
e per lo svolgimento delle attività di prevenzione sanitaria e sociale, di
cura, di riabilitazione e di promozione sociale con lo scopo di:
a) prevenire le malattie, i
disadattamenti e la emarginazione operando per
rimuoverne le cause nel territorio, nelle aziende industriali, agricole,
commerciali, artigiane, nelle strutture pre-scolastiche, nelle scuole pubbliche
e private di ogni ordine e grado, negli istituti di ricovero o di assistenza e
nelle altre sedi necessarie;
b) prestare tutte
le cure necessarie, limitando però gli interventi (sino alla soppressione
degli enti mutualistici) a quelli non forniti dagli enti preposti per legge;
c) fornire i necessari trattamenti
riabilitativi che devono essere assicurati:
- per i minori
degli anni 15 nelle normali strutture prescolastiche (asili-nido, scuole materne)
e nella scuola dell'obbligo;
- per gli adulti nei normali servizi
sociosanitari;
d) assicurare a tutti i cittadini la fruizione di normali servizi scolastici,
sanitari, abitativi, di tempo libero, culturali, ecc. e provvedere al reinserimento
sociale delle persone attualmente ricoverate negli istituti;
e) provvedere agli affidamenti a
famiglie, persone e comunità alloggio di minori, anziani e handicappati;
f) assicurare le
necessarie prestazioni domiciliari sia sanitarie che sociali;
g) provvedere ad
assicurare il necessario economico per vivere mediante contributi in denaro
stabiliti in base a parametri prefissati;
h) fornire la necessaria consulenza
prematrimoniale, matrimoniale e familiare.
Nei gruppi di operatori
sanitari e sociali del Distretto opera, oltre al personale a tempo pieno a
livello del Distretto stesso, anche personale a tempo parziale a livello di
Distretto ma a tempo pieno a livello di Unità locale. Quest'ultimo personale, soprattutto nelle zone disperse, è costituito da
specialisti: psichiatri, ostetrici, cardiologi, ecc.
Le attività specialistiche sono
svolte sia a livello di Unità locale, sia in poliambulatori, sia in ospedali di zona.
Un problema ancora da definire è se sia utile o meno unificare gli ospedali di zona con i poliambulatori e con i laboratori di analisi ed eventualmente
anche con strutture del tipo dell'ospedale di giorno.
Va detto comunque
che operando questa possibile unificazione si costruisce una garanzia di continuità
tra il momento ospedaliero e quello extra-ospedaliero e la partecipazione di
almeno una parte del personale del gruppo di operatori del Distretto alle
attività ospedaliere di cura e riabilitazione.
Naturalmente là dove si seno concretizzate le prime esperienze è stato anche
dimostrato che non è necessario che ogni Unità locale disponga di un suo
ospedale di zona e come due o tre Unità locali limitrofe possono usufruire di una sola struttura ospedaliera
zonale.
Per quanto si riferisce all'alta
specializzazione è importante prevedere complessi ospedalieri e ambulatoriali
nei quali inglobare l'attività di ricerca con l'attenzione di riportare a
livello di base le attività specialistiche mano a mano
che si rendono generalizzabili.
Per le attività (in materia di
sanità e assistenza e di tutti gli altri servizi) che oggettivamente non
possono essere svolte a livello dell'Unità locale, si apre il problema della costituzione di un secondo livello di intervento e di gestione.
Se si assume questa
esigenza, precisato che anche la gestione di questi interventi è
politica, resta da definire se fare capo alle Province, organi di elezione
diretta, oppure a Consorzi delle Unità locali (a loro volta quasi sempre
costituite da Consorzi), oppure ricercare altre soluzioni istituzionali
tenendo conto che comunque è necessario evitare la proliferazione di Consorzi
che hanno il difetto di avere istituzionalmente una caratterizzazione
burocratica.
Nell'ipotesi, auspicabile, si
ritenga di individuare
In sostanza le attività di secondo
livello non devono in alcun caso essere concepite come un livello
gerarchicamente superiore alle Unità locali, ma il necessario completamento
dei servizi e delle strutture di base per attività particolari che interessano
o un territorio e popolazioni più vasti di quelli dell'Unità locale, oppure richiedono personale e attrezzature non pienamente utilizzabili
a livello di una singola Unità locale. Prima di definire, a titolo indicativo,
le attività che non è possibile (almeno nell'immediato
futuro) svolgere a livello delle Unità locali, è bene precisare che la
funzione integrativa dei servizi, strumenti e personale della Provincia deve essere
chiaramente precisata da apposite leggi della Regione Piemonte. A titolo
indicativo, le attività di cui sopra sono:
- risoluzione delle controversie in
materia di spedalità e fra ULSSS;
- raccolta e corretta gestione delle
informazioni, dati e statistiche epidemiologiche di
confronto con quelle realizzate a livello di Unità locali;
- indagini preventive di massa e
indagini sistematiche di altro tipo in campo
veterinario, ecologico e medico;
- interventi ordinari e straordinari
di fronte a situazioni che minacciano la salute pubblica per le
quali si richiedano attrezzature e competenze specializzate e
particolari;
- igiene degli alimenti;
- approvvigionamento idrico;
- inquinamento del suolo, delle
acque e atmosferico;
- indagini relative
ai farmaci;
- strumentazione
specialistica per interventi nel campo della medicina e igiene del lavoro;
- organizzazione
del trasporto d'urgenza, del pronto soccorso e della guardia medica notturna e
festiva.
Inoltre, nel campo
socio-assistenziale:
- le strutture e
gli interventi destinati a garantire il segreto del parto;
- la formazione del personale a
livello parauniversitario (assistenti sociali, educatori, terapisti
della riabilitazione) tenendo, ad esempio, conto che il numero degli assistenti
sociali previsto per ogni Unità locale dovrebbe essere di un massimo di dieci
e che il calcolo di una durata media di 20 anni di attività porta alla
necessità di formazione di 1 operatore ogni 2 anni, e di 40 nuove assunzioni
ogni anno per tutta
- l'aggiornamento del personale
laureato, di quello formato a livello
para-universitario;
- progettazioni non effettuabili a
livello delle Unità locali, quali ad esempio: progettazioni di
ospedali zonali, di poliambulatori, di scuole
materne e dell'obbligo, di asili-nido, di centri di formazione professionale,
ecc.;
- studi, ricerche e programmazione a
livello comprensoriale, ferma restando la necessità che le Unità locali dispongano di un ufficio per il piano del territorio con
relativi strumenti e personale, e questo anche allo scopo di legare permanentemente
la programmazione alle esigenze della popolazione e alla partecipazione
trovando poi un coordinamento a livello comprensoriale e la sintesi a livello
regionale;
- interventi per
la garanzia del diritto allo studio nei confronti degli allievi delle scuole secondarie
superiori e dei centri di formazione professionale.
Un altro problema
che deve essere discusso e definito è quello dei Comprensori.
A questo riguardo si pongono alcuni interrogativi che hanno bisogno di precise
risposte:
- devono essere organi della Regione
o dei Comuni?
- devono avere personale e strumenti
propri o questi vengono forniti dai Comuni, Consorzi
di Comuni, Comunità montane, Province o solamente da queste ultime?
- l'ambito dei Comprensori deve
comprendere nella loro interezza le Unità locali del territorio o una unità locale può anche appartenere a due o più
Comprensori?
In relazione alla legge dell'Emilia-Romagna
del 22 gennaio 1974 n. 7 istitutiva del circondario di Rimini con compiti di
programmazione e coordinamento dei Comuni e Consorzio di Comuni: i Comprensori
devono essere unificati con i Circondari?
Su tutti questi problemi i Comuni,
Consorzi di Comuni, le Comunità montane, le Province e tutti gli altri enti
operanti nel campo della sanità e dell'assistenza devono, nell'ambito di un disegno globale
della Regione Piemonte, assumere le necessarie iniziative per la
costruzione dell'organizzazione dei servizi sanitari e sociali nel territorio
puntando prioritariamente su una elaborazione ampiamente partecipata e
stabilendo un costante e permanente rapporto
privilegiato con il Sindacato.
V
PARTECIPAZIONE DEL SINDACATO ALLE
SCELTE, DECISIONI E ATTIVITÀ
DELLE UNITÀ LOCALI
Per quanto concerne la partecipazione,
le proposte più volte avanzate dal sindacato possono essere così riassunte:
1) costituzione in ciascuna Unità locale dei servizi e su iniziativa del
sindacato e delle sue strutture periferiche (consigli di fabbrica e consigli
unitari di zona) di un Comitato di
partecipazione alle scelte e decisioni e attività degli organi politici e
tecnici dell'Unità locale;
2) il Comitato di partecipazione
deve poter definire autonomamente i
propri criteri di composizione, rappresentanza, funzionamento e articolazione
territoriale;
3) fra l'Amministrazione dell'Unità
locale e il Comitato di partecipazione si deve stabilire un rapporto non di consultazione ma di confronto su tutti i problemi riguardanti i Servizi sanitari e sociali;
4) al Comitato di partecipazione
deve essere riconosciuta la facoltà di utilizzare le strutture
dell'Unità locale per promuovere studi e rilevazioni, indire assemblee,
incontri e dibattiti sui problemi generali e specifici della sanità e
dell'assistenza;
5) ai componenti
del Comitato di partecipazione deve essere consentito l'accesso a tutti í
servizi sanitari e sociali della Unità locale e devono essere messi a
disposizione tutti i dati;
6) l'organizzazione politica della Unità locale deve trasmettere tempestivamente al
Comitato di partecipazione copia dei propri atti riguardanti i servizi
sanitari e sociali e deve fornire ogni altra informazione richiesta;
7) l'organizzazione politica della Unità locale deve fornire al Comitato di
partecipazione i locali e gli strumenti necessari al suo funzionamento.
Come primo atto della sua attività
il Compito di partecipazione deve mettere in diretto rapporto tutti i dati del
censimento tecnico-burocratico di tutte le strutture, attrezzature e interventi
attualmente preposti nel campo sanitario, assistenziale e sociale in genere,
con i bisogni della popolazione (nei luoghi di lavoro
e non) mediante momenti di reale partecipazione che coinvolgano prima di tutto
il personale addetto ai servizi esistenti sul territorio e quelli che, pur fuori
dal territorio (ospedali, poliambulatori, istituti
di ricovero ecc.), sono utilizzati dalla popolazione della zona.
Questo confronto, oltre che portare
all'individuazione delle ristrutturazioni necessarie dei servizi esistenti
(adeguamento, riorganizzazione, completamento organici ecc.) e alla individuazione di quelli mancanti, deve consentire di
poter indicare le scelte di intervento e le necessarie priorità.
In particolare è fondamentale che,
modificando l'attuale organizzazione del lavoro presente nei servizi che è di
tipo settoriale e gerarchico, si arrivi alla
costituzione di gruppi di lavoro orizzontali (massima possibilità di intercambiabilità dei ruoli, gestione collegiale, ecc.).
Per quanto riguarda il personale
mancante è necessario puntare in primo luogo sugli operatori sanitari e sociali
attualmente operanti negli enti da superare (Asili
nido ONMI, istituti di ricovero, INAM e Casse mutue, ENPI, servizi sociali di
fabbrica, ecc.).
Il passaggio del personale da questi
servizi a quelli delle Unità locali potrà avvenire mediante accordi e/o
convenzioni o di fatto e, ovviamente, potrà comportare
la frequenza di corsi di aggiornamento, riqualificazione o riconversione.
ORGANIZZAZIONE INTERNA DEI SERVIZI DELL'UNITÀ LOCALE
Per quanto riguarda l'organizzazione
interna dei servizi delle Unità locali, si assume (fatte alcune correzioni
formali) la delibera (1) approvata dal Consiglio Comunale di Moncalieri (comune della cintura di Torino di 62.000 abitanti).
VI
CRITERI PER UNA LEGGE REGIONALE
SULLA FORMAZIONE, RIQUALIFICAZIONE E AGGIORNAMENTO DEGLI OPERATORI SANITARI E
SOCIALI (2)
1)
a) formazione professionale;
b) formazione permanente;
c) riqualificazione;
d) aggiornamento.
2) La formazione professionale e la
riqualificazione riguardano gli operatori sanitari non medici e gli operatori sociali.
La formazione permanente e
l'aggiornamento professionale devono interessare tutto il personale addetto ai
servizi sanitari e sociali, compresi quelli in
possesso di laurea.
3) La legge regionale deve avere
validità fino all'entrata in vigore di una legge nazionale che regoli la
materia della formazione professionale.
4) Le funzioni amministrative ed i
relativi finanziamenti in materia di: formazione professionale, formazione
permanente, riqualificazione e aggiornamento devono essere delegate
alle Province, le quali devono esercitarle su parere conforme dei Comuni o
dei loro Consorzi o delle Comunità montane, sentite le Organizzazioni sindacali
e le forze sociali operanti sul territorio.
Con l'entrata in vigore della legge
di riforma sanitaria, le Province eserciteranno la delega su parere conforme
delle Unità locali dei servizi, sentite le Organizzazioni sindacali e le forze sociali operanti sul territorio.
5) Per quanto concerne gli enti
gestori della formazione professionale, il criterio di priorità che deve essere
adottato è il seguente:
I) Comuni o loro Consorzi o Comunità montane.
II) Province e loro consorzi.
III) Enti pubblici o di diritto pubblico.
6) Le Province, entro il ......, di ogni anno, presentano al Consiglio regionale,
la proposta di piano comprensiva anche degli aspetti finanziari, relativa alla
formazione professionale, alla formazione permanente, alla riqualificazione e
all'aggiornamento.
Il Consiglio regionale lo approva
entro il ......... Le modalità di consultazione e di parere conforme sono quelli indicati al punto 4.
7) La legge regionale deve prevedere
la proroga dell'art. 4 della legge 25 febbraio 1971 n.
Inoltre gli infermieri generici, le
puericultrici, le ostetriche, le vigilatrici d'infanzia che, all'entrata in
vigore della legge regionale, prestino servizio alle dipendenze di enti ospedalieri o di istituti pubblici di ricovero e
cura della Regione e siano in possesso del diploma di istruzione secondaria di
primo grado, possono essere ammessi al 2 anno del corso per infermieri
professionali presso scuole gestite da enti ospedalieri del Piemonte fino
all'inizio dell'anno scolastico 1977/78 e comunque sino all'entrata in vigore
della legge di riforma sanitaria.
8) Le attività di formazione
permanente, aggiornamento e riqualificazione, devono essere considerate, a
tutti gli effetti, parte integrante dell'orario di lavoro.
9) La formazione professionale degli operatori consiste nelle attività volte:
a) al conferimento
dell'abilitazione professionale nelle qualifiche previste o consentite dalle
leggi dello Stato;
b) alla preparazione degli operatori
sociali per le seguenti funzioni:
- promozione e animazione di servizi
sociali;
- assistenza educativa sociale;
- assistenza ed aiuto domestico
familiare;
- altre attività d'interesse
sociale.
10) Le scuole ed i corsi debbono assicurare una formazione che consenta agli
operatori di esercitare la propria attività professionale con adeguata capacità
tecnico-pratica, con piena disponibilità al lavoro di gruppo ed al lavoro
interdisciplinare e pronta percezione dei bisogni reali dei soggetti
destinatari dell'intervento sociosanitario, di modo che gli operatori stessi
siano in grado di svolgere un ruolo attivo nella difesa e nella promozione
dello stato di salute e di benessere sociale delle popolazioni. Pertanto l'azione
formativa deve essere adeguata nei metodi e nei contenuti al livello del
progresso scientifico e tecnologico, deve realizzare una stretta integrazione
tra insegnamento teorico e insegnamento pratico e stimolare la capacità e
l'autonomia di giudizio degli studenti.
11) L'autorizzazione all'istituzione
delle scuole e dei corsi deve essere deliberato, tenuto conto delle priorità
indicate al punto
a) le scuole e i corsi dovranno
riguardare sia il personale per i servizi sanitari, che quello per i servizi
sociali, attuando tutte le integrazioni possibili sia a livello teorico che pratico, al fine di favorire sia il lavoro in gruppo
degli operatori sanitari e di quelli sociali, sia la maggiore ricomposizione
possibile delle mansioni, sia i necessari rapporti e scambi fra gli allievi
che frequentano corsi di formazione professionale, di riqualificazione e di
aggiornamento con il personale in formazione permanente;
b) idoneità dell'ente richiedente di
assicurare uno svolgimento dell'attività didattica conforme alle disposizioni
contenute nella legge regionale;
c) vi sia possibilità di assunzione nei servizi del personale che ha frequentato
i corsi. In ogni caso il numero degli allievi frequentanti i corsi, non dovrà
essere condizionato dai posti previsti negli organici.
Deve essere inoltre prevista in ogni
momento la revoca dell'autorizzazione o la temporanea chiusura delle scuole o
dei corsi, qualora vengano meno le condizioni essenziali per il loro normale
funzionamento o quando in sede programmatoria sia
previsto un minor fabbisogno del personale che ogni
scuola o corso è abilitato a preparare.
12) La gestione delle scuole e dei
corsi deve essere attuata con la partecipazione degli allievi e degli
insegnanti i quali hanno diritto a svolgere le assemblee da essi
ritenute necessarie e ad avanzare proposte all'ente gestore, ai Consigli
comunali, provinciali e consorziali e a quello regionale.
A questo fine, per garantire la
partecipazione degli insegnanti e degli studenti all'organizzazione ed allo svolgimento dell'attività didattica, in ogni
scuola o corso deve essere costituito un Comitato didattico del quale fanno
parte, su base elettiva, rappresentanti degli insegnanti e degli studenti,
nonché del personale dei servizi presso i quali gli studenti effettuano il
tirocinio pratico.
La composizione numerica, le
modalità di nomina del presidente, il funzionamento e le attribuzioni del
Comitato didattico, sono disciplinate dal regolamento della scuola o del corso.
Il Comitato didattico deve essere
sentito dagli organi dell'ente gestore per tutto ciò che concerne l'attività didattica della scuola e del corso.
Deve essere inoltre sentito dagli
Organi politici (Regione, Province, Comuni) per i problemi generali e
specifici della formazione, della formazione permanente, dell'aggiornamento e
qualificazione ai fini di una partecipazione alla programmazione del settore.
13) L'ordinamento interno delle
scuole e dei corsi è disciplinato da uno speciale regolamento. In particolare,
il regolamento detta norme per la nomina degli insegnanti, l'iscrizione e
l'ammissione degli studenti, io svolgimento del tirocinio, il controllo delle
frequenze, la valutazione dell'apprendimento e il passaggio da un anno di corso al successivo nel caso di scuole o di corsi di durata
pluriennale.
14) Gli studenti non possono essere
impiegati in attività non contemplate nel quadro degli
insegnamenti del corso al quale partecipano o prive di valore formativo ai
fini della preparazione professionale, né essere utilizzati in sostituzione o
ad integrazione del personale dei servizi presso i quali svolgono il tirocinio
pratico.
Il Comitato didattico controlla che
siano rispettate tali disposizioni.
15) La frequenza dei corsi deve
essere gratuita. Per tutta la durata del corso gli
studenti hanno diritto all'uso gratuito dei testi e di ogni altro materiale
occorrente per lo studio individuale e collettivo e per effettuare il
tirocinio pratico. Agli allievi frequentanti i corsi di formazione
professionale che non usufruiscano né del comando per
perfezionamento né di altri istituti di carattere economico, verrà corrisposta
un'indennità di pre-salario, il cui livello non dovrà essere inferiore al 50%
del trattamento economico previsto dai contratti nazionali di lavoro per
l'ultima categoria.
16) Alle Province devono essere
trasferiti i fondi regionali relativi all'assistenza scolastica in modo che sia
garantito agli allievi la effettiva possibilità di
frequentare le scuole ed i corsi. A tale scopo le Province istituiscono borse
di studio ed i necessari servizi di trasporto e mensa e provvedono alla
creazione di biblioteche ed a fornire i necessari sussidi didattici. I Comuni,
Consorzi di Comuni, Comunità montane, su loro richiesta,
possono gestire le attività di cui sopra ed in tale caso le Province
trasferiscono agli enti suddetti i relativi finanziamenti.
17) Si fa divieto, ad eccezione
delle amministrazioni dello Stato e dell'Università, di istituire o di fare
funzionare nel territorio del Piemonte, senza l'autorizzazione della presente
legge, scuole o corsi per la formazione professionale di personale
sanitario non medico destinato ad operare nei servizi sanitario-sociali.
18) Gli attestati di qualifica
conseguiti al termine di corsi di durata almeno biennale, svolti presso i
centri di addestramento professionale autorizzati
dalla Regione e per accedere ai quali è richiesto il diploma di istruzione
secondaria di primo grado, sono equipollenti ai titoli richiesti dall'articolo
2 della legge 25 febbraio 1971, n. 124, ai fini dell'ammissione alle scuole per
infermieri professionali.
19) I fondi regionali relativi alle
scuole ed ai corsi di formazione professionale vengono ripartiti alle Province
in base al numero degli abitanti. I fondi relativi al
diritto allo studio, sono ripartiti alle Province in proporzione agli abitanti
e all'estensione del territorio di ogni singola Provincia.
20) Tutto il personale addetto ai
servizi sanitari e sociali ha diritto a n. ... di ore
settimanali per la propria formazione permanente.
La formazione permanente deve essere
effettuata secondo modalità da concordarsi fra l'ente gestore del servizio in
cui l'operatore presta la sua attività,
21) L'aggiornamento e la
riqualificazione professionale devono essere assicurati a tutti i lavoratori dei servizi sanitari e sociali, tenendo soprattutto
conto della diversa preparazione necessaria per l'inserimento in nuovi servizi
alternativi.
22) Gli enti gestori dei corsi di
formazione professionale, riqualificazione e aggiornamento sono tenuti a
fornire gratuitamente sedi, personale e strumenti per la piena attuazione di
quanto previsto dai contratti nazionali di lavoro in materia di diritto allo
studio per le 150 ore.
23) La legge regionale deve definire
gli standard qualificativi minimi cui dovranno attenersi le scuole ed i corsi
in materia di formazione professionale, formazione permanente, riqualificazione
e aggiornamento nei riguardi di tutte le figure professionali previste e
consentite dalla legislazione vigente nel campo dei
servizi sanitari e sociali.
(1) La delibera è
stata pubblicata sul n. 30 di Prospettive
assistenziali, pag. 12 e segg.
(2) Documento
presentato dalla Federazione dei lavoratori ospedalieri alla Regione Piemonte
nel luglio 1974.
www.fondazionepromozionesociale.it