Prospettive assistenziali, n. 32, ottobre-dicembre 1975

 

 

DOCUMENTI

 

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL'ADOZIONE SPECIALE

 

 

Nel n. 28 di Prospettive assistenziali (pag. 61) segnalavamo che un grave attacco era stato ri­volto alla legge sull'adozione speciale da parte della Corte di Appello di Palermo.

Abbiamo pertanto accolto con viva soddisfazio­ne la sentenza che pubblichiamo, della Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 314/4, 314/8 e 314/11 del codice civile.

 

 

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

 

La Corte Costituzionale ha pronunciato la se­guente sentenza nel giudizio di legittimità costi­tuzionale degli artt. 314/4, 314/8, 314/11 e 314/26 del codice civile, promosso con ordinanza emes­sa il 7 giugno 1973 dalla Corte d'appello di Palermo nel procedimento civile vertente tra Purpi Vin­cenzo ed altra e Bruno Biagio ed altri, iscritta al n. 24 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nel­la Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 6 marzo 1974.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Con­siglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1975 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto:

 

Nel giudizio in grado di appello concernente i decreti dichiarativi dello stato di adottabilità dei minori Purpi Maurizio, Antonio, Leonardo, Roberto ed Enzo, decreti impugnati dai genitori dei mi­nori stessi, la Corte di appello di Palermo, con ordinanza 7 giugno 1973, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 314/4, 314/8, 314/11 e 314/26, introdotti nel codice ci­vile con la legge 5 giugno 1967, n. 431, per pre­sunto contrasto con gli artt. 3, 29, 30 e 31 Cost., in quanto consentirebbero l'adozione speciale dei figli legittimi, nonostante l'opposizione dei geni­tori, con l'effetto, anche in questo caso, di far cessare ogni rapporto fra l'adottato e la famiglia di origine.

La Corte di appello ha sollevato dette questio­ni, dopo avere dato atto che, secondo l'interpre­tazione delle norme impugnate, adottata dal giu­dice di primo grado, l'adozione speciale andreb­be concessa in vista dell'esclusivo interesse del minore, anche se le cause dell'abbandono mate­riale e morale risalgono a motivi non imputabili ai genitori, come ristrettezze economiche, ragio­ni di lavoro, temporanei sbandamenti psicologici, condizioni precarie di salute (nel corso dell'ordi­nanza, la Corte d'appello espone, tuttavia, che, nel caso in esame, la madre dei minori «si è al­lontanata dalla famiglia» mentre il padre è in pre­carie condizioni di salute, notevolmente aggrava­te). La concessione dell'adozione speciale in det­te circostanze, afferma però il giudice a quo, con­trasterebbe, anzitutto, con il principio sancito dall'art. 29 Cost., secondo cui la Repubblica rico­nosce la famiglia come «società naturale». Tale riconoscimento investirebbe la famiglia come nu­cleo sociale primordiale i cui diritti inalienabili ed imprescrittibili lo Stato non potrebbe annul­lare, come invece avverrebbe per effetto delle norme impugnate.

Anche l'art. 30 Cost. apparirebbe violato, poi­ché il diritto-dovere di mantenere, educare ed istruire i figli ivi garantito ai genitori, salvo i ca­si di incapacità nei quali la legge deve «provve­dere a che siano assolti i loro compiti», esclude­rebbe comunque la facoltà del legislatore ordina­rio di troncare definitivamente i rapporti tra fa­miglia naturale e figli minori, ammettendo solo la possibilità di emettere provvedimenti sussidiari affinché siano adempiute le funzioni dei genitori i quali, peraltro, non potrebbero in nessun caso cessare di essere considerati tali.

La definitiva cessazione del rapporto familiare naturale, inoltre, contrasterebbe con l'art. 31 Cost. che fisserebbe il compito dello Stato di age­volare con misure economiche e di previdenza la formazione della famiglia, e quindi postulerebbe interventi di sussidio e di aiuto all'opera della fa­miglia, mentre l'adozione speciale, facendo ces­sare definitivamente il rapporto familiare, neghe­rebbe la sostanza stessa dell'agevolazione che il legislatore potrebbe invece perseguire, creando istituti in cui i minori vengano accolti, quando appunto i familiari non siano in grado di prov­vedervi.

Poiché, infine, in base all'applicazione concre­ta delle norme impugnate, sarebbe da rilevare che l'adozione speciale colpisce solo le classi povere, accentuando la disuguaglianza tra genito­ri di classi diverse per motivi economici, la Cor­te di appello prospetta altresì la violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3.

Si è costituto in questa sede il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha ritualmente depositato le proprie deduzioni.

L'Avvocatura obbietta che, pur dovendosi am­mettere che la famiglia è una società naturale e come tale certamente antecedente ad ogni legge positiva, la norma costituzionale non potrebbe impedire al legislatore ordinario di dettare le re­gole opportune nel caso in cui tale società si dis­solva, per alleviare le conseguenze che ne deri­vano. Pertanto, il contrasto con l'art. 29 Cost. po­trebbe solo sussistere nell'ipotesi in cui la legge ordinaria consentisse l'adozione speciale anche quando non risultasse avvenuta l'effettiva disso­luzione della società naturale familiare che la Co­stituzione tutela. Ma poiché, prosegue l'Avvoca­tura, secondo la legge in esame, ai fini della ado­zione speciale, occorre non soltanto che il mino­re versi obbiettivamente in stato di abbandono materiale e morale, ma anche che tale situazione non dipenda da «forza maggiore», deve conclu­dersi che la tutela della famiglia di origine voluta dalla Costituzione è sufficientemente garantita. Il legislatore ordinario, invero, non ha autorizza­to la recisione di rapporti ancora vigenti ma ha re­golato soltanto le conseguenze del loro venir me­no per l'intervenuto dissolvimento della società naturale familiare, almeno per quanto riguarda l'essenziale aspetto dei rapporti fra genitori e figli.

Le descritte condizioni per l'adozione speciale escludono poi, secondo l'Avvocatura, anche la violazione dell'art. 30 Cost., poiché la decadenza del diritto-dovere di mantenere, educare ed istrui­re i figli, ivi sancito, consegue alla violazione di tale obbligo, e costituisce, appunto, un mezzo per ovviare a tale carenza, sicché in definitiva, il legislatore, con l'inserimento del minore in una nuova famiglia, persegue proprio i fini indicati nella norma costituzionale che si pretende vio­lata.

Fuori luogo sarebbe poi l'invocare l'art. 31 Cost., il quale si limita ad impegnare il legislato­re ad una politica di favore verso la famiglia, che non può certo impedire la predisposizione di strumenti come l'adozione speciale, che hanno di mira l'eliminazione degli inconvenienti deri­vanti appunto dal fallimento della famiglia.

Anche fuori luogo sarebbe, infine, il riferimen­to all'art. 3 Cost. poiché la legge impugnata non opererebbe nessuna discriminazione fra i cittadi­ni, prevedendo l'adozione speciale nei confronti di tutti, alle stesse condizioni, e comunque ten­derebbe, restituendo una famiglia ai minori che l'hanno perduta, ad assicurare loro l'eguaglianza con i loro coetanei.

 

Considerato in diritto:

 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Palermo, sezione per minoren­ni, assume che siano in contrasto con gli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, gli artt. 314/4, 314/8, 314/11 e 314/26 del codice civile nei limi­ti in cui «consentono che sia dichiarata l'adozio­ne speciale dei figli legittimi, non ostante l'oppo­sizione dei genitori, con l'effetto della cessazione di ogni rapporto tra l'adottato e la famiglia di ori­gine, salvi soltanto i divieti matrimoniali e le nor­me penali fondate sui rapporti di parentela».

2. - I dubbi sulla legittimità costituzionale del­le indicate norme sono stati prospettati in un giudizio, in grado di appello, in cui il giudice si sa­rebbe dovuto pronunciare soltanto in ordine alla dichiarazione dello stato di adottabilità nei con­fronti di minori, i cui genitori legittimi, conosciuti ed esistenti, avevano manifestato la loro opposi­zione.

Deve, perciò, escludersi che possa avere ca­rattere pregiudiziale una decisione che riguardi l'art. 314/26 nella parte in cui prevede che «con l'adozione speciale cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, salvi i divieti ma­trimoniali e le norme penali fondate sul rapporto di parentela»: che riguardi, cioè, gli effetti dell'adozione una volta superata la fase preliminare dell'adottabilità.

Appare, correlativamente, non rilevante la que­stione di legittimità costituzionale relativa a co­desto articolo.

3. - Le norme, di cui agli artt. 314/4, 314/8 e 314/11, le quali consentono che sia dato corso al­la adozione speciale dei figli legittimi, nonostan­te l'opposizione dei genitori, non risultano, ad av­viso della Corte, in contrasto con le disposizioni costituzionali di raffronto.

Va, invero, precisato che l'asserita violazione degli artt. 29, 30 e 31 della Costituzione è dal giu­dice a quo riportata alla situazione effettuale che consegue alla pronuncia dell'adozione speciale, ed è quindi sostanzialmente prospettata soltanto in relazione all'art. 314/26.

4. - Rimane, di conseguenza, da valutare se le rimanenti norme denunciate violino l'art. 3 della Costituzione.

Pur dovendosi riconoscere che la situazione di abbandono materiale e morale di minori di anni otto, più facilmente si verifica nell'ambito delle famiglie meno abbienti, non si può tuttavia non tener presente che detta situazione, nella previ­sione normativa e nella sua pratica verificazione, non è necessariamente collegata alla condizione economica familiare e può non sussistere anche se i genitori non siano in grado di mantenere i figli (arg. ex art. 314/4, comma secondo).

Non si presta, perciò, ad essere condivisa dal­la Corte l'affermazione, contenuta nell'ordinanza di rimessione, secondo cui «la legge colpisce unicamente le classi povere, accentuando rispet­to ai genitori, le diseguaglianze determinate da situazioni di ordine economico, anziché contribui­re a rimuoverle».

Sul punto, v'è da riaffermare i principi già espressi nelle sentenze n. 145 del 1969, n. 158 del 1971 e n. 76 del 1974 e, specificamente, da mettere in rilievo che l'istituto dell'adozione spe­ciale, in funzione della tutela dell'interesse del minore che si trovi in situazione di abbandono materiale e morale, appare conforme al disposto del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, in quanto favorisce lo sviluppo della persona umana, con l'inserimento del minore in una fami­glia che ne possa avere adeguata cura.

 

Per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314/26 del codice civile, sollevata con l'ordinan­za indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 314/4, 314/8 e 314/11 del codice civile, sollevata con la stessa ordinan­za ed in riferimento ai medesimi articoli della Costituzione.

 

Roma, 22 ottobre 1975.

 

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