Prospettive assistenziali, n. 33, gennaio-marzo 1976
DOCUMENTI
DECRETO DEL
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI A TUTELA DI MINORI RICOVERATI IN OSPEDALE
Nel
N. 19 (luglio-settembre 1972) di Prospettive assistenziali avevamo favorevolmente commentato un
decreto del Tribunale per i minorenni di Bologna del 23-5-1972 e nel n. 24
(ottobre-dicembre 1973) avevamo invece espresso le nostre perplessità sul
decreto del Tribunale per i minorenni di Bari del 12 luglio 1973.
Poiché
nello scorso numero abbiamo pubblicato un articolo di F.
Occhiogrosso che riteneva di rilevare una
contraddizione nei giudizi da noi espressi, vogliamo meglio ribadire
la nostra impostazione.
Noi
riteniamo che i Tribunali per i minorenni debbano intervenire - e la cosa ci
sembra ovvia - quando sono lesi i diritti dei minori,
vivano essi in famiglia (d'origine, adottiva e affidataria), in istituto, in
ospedale o presso qualsiasi altra istituzione, ma siamo assolutamente contrari
al fatto che i Tribunali per i minorenni impartiscano ordini su come debbano
essere forniti gli interventi, su come essi debbano essere organizzati e sulle
occorrenze qualitative e quantitative del personale necessario.
Ed è per questo motivo
che abbiamo parlato di giurisdizionalizzazione
dell'assistenza in quanto i Tribunali per i minorenni non debbono
mai e per nessun motivo sostituirsi agli enti di assistenza per quanto concerne
gli interventi.
Con
questa premessa pubblichiamo il decreto del Tribunale per i minorenni di Bari del 14 novembre 1974 che, a nostro avviso, si differenzia
da quello del 12 luglio 1973.
In
quest'ultimo da parte del Tribunale si impartivano»
delle disposizioni; nel decreto del 1974 il Tribunale si limitava ad una serie di
«consigli» non obbligatori.
Anche
se vi è da dubitare su una funzione di «consigliere tecnico assistenziale»
del Tribunale per i minorenni, riconosciamo la difficoltà di conciliare gli
interventi che si devono assumere al presente con gli obiettivi a medio e
lungo termine (cambiamento sociale).
Malgrado la difficoltà deve
però esser chiarito che ogni intervento tecnico o teorico che si ponga anche
solo un obiettivo intermedio deve chiedersi cosa significhi fare scelte
operative in quel contesto, e quali siano le implicazioni politiche dello
strumento scelto.
TESTO DEL DECRETO DEL 14-11-1974
Il Tribunale per i Minorenni di
Bari, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei signori Vincenzo
LORUSSO, Presidente; Francesco Paolo OCCHIOGROSSO, Giudice; Renata MAGGIONI, Giudice On. e
Domenico SCOPPIO, Giudice On, sentito il parere del P.M.,
ha pronunziato il seguente decreto:
Svolgimento del
procedimento
Con nota del 28 settembre 1973, su richiesta di questo Tribunale, il Direttore sanitario
dell'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII» (già Ospedaletto
dei bambini) di Bari trasmetteva elenchi e schede nominative
dei minori ricoverati presso la sede di detto Ente, sita in Molfetta,
precisando che esse riguardavano gli ospiti della Divisione di pneumotisiologia e del Centro handicappati di
quell'ospedale.
Successivamente, in data 1-3-
In data 4-3-1974, il Giudice
delegato - ritenuta la necessità di svolgere una più approfondita indagine
sulla situazione personale della minore N.L. e sulle condizioni di vita dei minori ospiti - si
portava all'Ospedaletto - Sezione di Molfetta, per espletare opportuni accertamenti con la collaborazione
dei dott. C.D.N. ed A.P., rispettivamente dell'Istituto di Medicina legale e della
Clinica pediatrica dell'Università di Bari. Veniva
esaminata la minore L.N. e, successivamente, le
minori F.M. e F.Ma.
Nella stessa circostanza veniva dato ai consulenti nominati l'incarico di procedere
all'esame delle cartelle cliniche dei minori ospiti della Divisione pneumotisiologica e del Centro handicappati dell'Ospedaletto.
Con successivo decreto del 7-3-1974,
questo Tribunale - esaminate le risultanze fino allora
emerse - riteneva necessario integrare il collegio dei periti, nominando,
oltre che i suindicati dott. D.N.
e P., anche il Prof. P.A., docente di Tisiologia all'Università di Bari,
attribuendo agli stessi l'incarico di accertare le condizioni di salute dei
minori ospitati nei due reparti sopra citati da oltre sei mesi e d'i riferire
se esse rendevano effettivamente indispensabile il ricovero ospedaliero.
Veniva anche dato incarico al Giudice delegato di
svolgere ulteriori accertamenti sull'ambiente in cui i minori vivevano, con
particolare riguardo al modo in cui si realizzava il rapporto educativo verso i
minori stessi.
Dopo il giuramento dei consulenti
tecnici e la formulazione dei quesiti loro proposti, in data 153-1974 si
procedeva alla immissione nell'incarico dei tre
consulenti, i quali accedevano all'Ospedaletto con
il Giudice delegato. In tale circostanza, venivano esaminati
in maniera formale C.F.; nella sua qualità di
consigliere di amministrazione dell'Ospedaletto, e
il Direttore sanitario, I.P., assistiti dall'avv.
Ennio Barnaba, dell'Ufficio legale dell'Ente. Inoltre, insieme ai primari e ad alcuni medici dei rispettivi reparti, si procedeva all'ispezione
dagli ambienti delle Divisioni pneumotisiologica e
del Centra handicappati. Le operazioni d'i consulenza
avevano effettivo inizio il 22-3-1974.
Perveniva, poi, notizia del
trasferimento avvenuto il 14-3-1974 - per disposizione del Giudice tutelare di
Bari - della minore L.N. all'Istituto
«Maria Cristina di Savoia» di Bitonto. Quindi, a
norma dell'art.
Motivi della decisione
Il Tribunale ritiene importante
proporsi il quesito relativo alla sua legittimazione a pronunziare il
presente provvedimento. Il problema va affrontato in due momenti distinti:
dapprima è necessario accertare se questo Tribunale è legittimato a svolgere
un'indagine simile a quella presente nei confronti di un'istituzione che
ospiti minori a fini assistenziali; poi occorre
verificare se tale indagine è legittima nel caso di specie, essendo i minori
ospiti di un ospedale e cioè dell'Ospedale «Giovanni XXIII» - Sezione di Molfetta.
Riguardo al primo quesito, già
affrontato in precedenza, il Collegio ritiene di dover dare risposta
affermativa, uniformandosi alla affermata
giurisprudenza (Trib. Min. Bologna 23-5-1971; C. App. Bologna
28-6-1971; Trib. Min.
Bologna 23-5-1972; Trib. Min.
Bari 12-7-1973), la quale trae il suo fondamento sia
dalla legge 5-6-1967 n. 431 (e, in particolare, dagli artt.
314/6 e 314/8 di tale legge, che fanno parte
integrante del Codice civile), sia dal disposto degli artt.
333-
Com'è noto, la legge sull'adozione
speciale ha per prima riconosciuto e tutelato in via giurisdizionale il
diritto del minore al pieno e adeguato sviluppo della sua personalità, e cioè il diritto all'educazione. Esso, che
in precedenza era protetto solo in via amministrativa come mero interesse
legittimo, ora è assunto a vero e proprio diritto soggettivo. Con
questa legge, il diritto all'educazione ha ricevuto una così ampia e completa
tutela, da poter comportare, con la dichiarazione di adottabilità
e l'adozione speciale, persino l'interruzione definitiva del rapporto naturale
di filiazione rispetto a genitori che abbiano colpevolmente abbandonato il
minore, e l'inserimento di quest'ultimo, come figlio
legittimo, in un diverso nucleo familiare che sia tale da assicurargli un
completo sviluppo della personalità. A maggior ragione, quindi, il diritto
all'educazione deve trovare protezione nelle situazioni (quale appunto la
presenza del minore in una istituzione), che apparentemente
incidono in maniera meno rilevante dello stato di totale abbandono materiale e
morale, ma che, del pari, possono risultare lesive della sua personalità.
Questi princìpi
trovano specifico fondamento nel disposto degli artt.
314/6 e 314/8, ultimo comma, Cod. Civ. Il primo comma
dell'art. 314/6 Cod. Civ. impone al Tribunale di svolgere approfonditi accertamenti -
oltre che sui precedenti, sulle loro condizioni giuridiche e di fatto - anche
sull'ambiente in cui hanno vissuto e vivono i minori stessi: non c'è dubbio,
quindi, che se il minore è ospite di una istituzione, tali accertamenti
debbano essere estesi alla istituzione stessa. Ciò è confermato dal secondo
comma dello stesso art. 314/6 Cod. Civ., che attribuisce - tra i vari
provvedimenti temporanei che possono essere emessi dal Tribunale o anche dal
solo Presidente o dal Giudice delegato, a norma dell'art. 314/8, ultimo comma,
Cod. Civ. - la facoltà di ordinare il ricovero in idoneo istituto, presupponendo
in sostanza che l'Autorità giudiziaria abbia già compiuto una valutazione
sull'idoneità o non idoneità dell'istituto. D'altro canto, il Tribunale è
legittimato a promuovere il presente provvedimento anche in base agli artt. 333-336 Cod. Civ.: infatti è stato affermato (Trib. Min. Bologna
23-5-1972) che ogni qual volta un genitore delega ad un Istituto l'educazione,
l'istruzione ed il mantenimento del proprio figlio, automaticamente i
dirigenti ed i responsabili dell'Istituto esercitano in forma sussidiaria e
vicariale la funzione di genitori e quindi esercitano la patria potestà limitata al periodo in cui il minore vive e cresce
nella loro sfera di influenza. E ciò, anche se si tratti di istituti
con compiti educativi di contenuto specializzato, quale quello di recuperare
minori affetti da turbe di carattere e di personalità.
Alla stessa conclusione il Collegio
ritiene che si pervenga indirettamente anche dall'esame dell'art. 402, secondo
comma, Cod. Civ.: tale norma prevede il caso in cui il genitore riprenda
l'esercizio della patria potestà sul minore ricoverato in istituto (caso di
reintegrazione della patria potestà, ma anche di ritorno vicino al figlio, dopo
un periodo di lontananza o comunque di impossibilità di esercitare la patria
potestà) e dispone, per l'istituto, l'obbligo di rivolgersi all'Autorità
Giudiziaria per ottenere che venga limitato l'esercizio della patria potestà.
Ora una tale limitazione della patria potestà non trova
certo la sua giustificazione in una condotta pregiudizievole del genitore (unica
causa che, ai sensi degli artt. 330-333 Cod. Civ.,
può determinare la limitazione o l'ablazione della patria potestà); detta
norma, invece, si fonda su una ragione diversa: e cioè sul fatto che l'istituto
esercita sul minore un potere di contenuto simile alla patria potestà, con cui
può venire in conflitto e con cui va conciliata. Tale potere, che possiamo anche
indicare con il termine di «poteri tutelari», come fa l'art. 402 Cod. Civ.,
non può intendersi, tuttavia, come qualcosa di analogo alla tutela sul minore,
poiché in tal caso la ripresa dell'esercizio della patria potestà da parte del
genitore ne dovrebbe importare automaticamente il venir meno, come in caso di
reintegrazione del genitore nella patria potestà: si tratta, invece, di un potere
assimilabile alla patria potestà e limitato al periodo di ricovero del minore.
Pertanto, come è eventualmente applicabile al genitore
la norma dell'art. 333 Cod. Civ.,
così essa è analogamente applicabile all'istituto: quando un trattamento
riservato ai minori appaia comunque pregiudizievole al medesimo, il Tribunale
deve adottare i provvedimenti convenienti all'interesse dei minori stessi, ivi
compresi quelli diretti ad una più valida realizzazione del rapporto educativo
nel l'istituzione. In caso estremo, può anche disporre l'allontanamento dei
minori dall'istituto.
Inoltre, va anche rilevato che
l'accertamento obiettivo della situazione di una istituzione,
anche se svolto inizialmente riguardo al alcuni minori (com'è appunto per
l'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII» - Sezione di Molfetta,
di cui erano ospiti, tra gli altri, i minori F.G., L.G., P.A.,
per i quali sono in corso procedimenti di adozione speciale; N.L. e L.G., per le quali pendono
procedimenti cautelari) non può non estendersi nei suoi effetti a tutti gli
altri minori ospiti: sarebbe assurdo ed inaccettabile, infatti, ritenere che
la legge abbia voluto realizzare il diritto all'educazione del solo minore, per
cui pende procedimento, trascurando il diritto all'educazione degli altri che
vivono nello stesso negativo ambiente e che ne subiscono interamente le negative
conseguenze, perché i loro genitori non li hanno abbandonati o trascurati e,
quindi, perché non pende alcun procedimento nei loro riguardi.
Il Collegio, infine, ritiene di
dover affermare la sua giurisdizione in relazione al
presente procedimento, anche nella eventuale presenza di una funzione di
controllo dell'Autorità amministrativa. Lo stesso principio è stato già
affermato dalla Corte di Appello di Bologna nella decisione
del 28-6-1971, già citata.
In secondo luogo, non solo di tali
interessi si tratta, ma anche della tutela e difesa di diritti perfetti subiettivi dei minori medesimi (oltre che delle
Amministrazioni cui fa carico il mantenimento, l'educazione e la cura di essi): invero, per ogni ricoverato, viene dalle
Amministrazioni interessate corrisposta una retta agli Istituti di ricovero,
sì che gli assistiti vengono a vantare una pretesa tutelare specificamente
dalla legge alle controprestazioni promesse. È evidente che competente a
conoscere di siffatto tipo di pretesa è l'Autorità giudiziaria ordinaria».
È necessario ora affrontare il
problema della legittimazione nel caso in esame, che si riferisce ad un Ospedale
pediatrico ed, in particolare, a due sezioni distaccate nella sede di Molfetta dell'Ente stesso.
La soluzione di esso
comporta preliminarmente un'indagine interpretativa sul significato e
contenuto delle espressioni: «istituzioni pubbliche e private di protezione o
assistenza all'infanzia», a cui fa riferimento l'art. 314/5 Cod. Civ. per
individuare i soggetti che hanno l'obbligo di trasmissione trimestrale di
elenchi e schede; «ambiente in cui hanno vissuto e vivono», che l'art. 314/6 Cod. Civ., primo comma, utilizza
per individuare uno degli ambiti verso i quali il Tribunale minorile deve
svolgere approfonditi accertamenti; e del termine «idoneo istituto», a cui si
richiama l'art. 314/6, secondo comma, Cod. Civ., per indicare la sede in cui un minore può essere
ricoverato da parte del Tribunale stesso.
Non ci può essere alcun dubbio
(dottrina e giurisprudenza sono pacifiche a questo proposito) che le
espressioni citate devono essere intese nel senso più ampio possibile e con
riferimento alla funzione concretamente svolta piuttosto che al loro nome. Si
è, pertanto, autorevolmente precisato in dottrina e confermato
nell'applicazione giudiziaria dei Tribunali minorili che l'espressione «istituzioni», usata dall'art. 314/5 Cod.
Civ., ha un significato onnicomprensivo, pur se non
molto corretto, in quanto comprende anche gli organi dello Stato e di Enti
pubblici che, a rigore, non possono essere qualificati istituzioni, non avendo
personalità giuridica. Vengono, pertanto, compresi nell'espressione suddetta
Come si nota, si tratta di un
obbligo estremamente esteso: esso si rivolge certamente a tutti coloro che direttamente o indirettamente abbiano dei
rispettivi regolamenti o comunque, svolgano di fatto compiti di assistenza e
protezione dell'infanzia, anche se insieme ad altri compiti ed in posizione
subordinata a questi ultimi. L'obbligo, peraltro, ribadisce
la dottrina e la costante prassi giudiziaria, non si limita ai minori degli anni
otto, ma riguarda tutti i minori assistiti, poiché la segnalazione del minore
e la sua scheda nominativa (che accompagna l'elenco) non hanno il solo fine di
consentire l'apertura del procedimento di adottabilità, ma quello di
verificare la situazione di ogni minore e consentire ogni volta che sia
possibile una più completa tutela dello stesso (ad esempio, imposizioni di
prescrizioni a carico dei genitori ex art. 315/8 o 333 Cod.
Civ.; stimolazione ad incontri più frequenti con i
figli e all'adempimento di altri doveri da parte dei genitori ex art. 333 Cod. Civ.).
Si è, quindi, definitivamente
chiarito che soggetti del dovere di trasmettere elenchi (e schede nominative) sono tutte le istituzioni e che l'identificazione
di esse va fatta con il criterio della funzione concretamente svolta:
l'intervento svolto va, cioè, guardato non dal punto di vista dell'Ente che lo
compie, ma da quello del minore che lo riceve. Anche le altre
due espressioni usate dall'art. 314/6 Cod. Civ. sopracitate hanno un significato molto ampio. Non ha
bisogno di chiarimenti la formula «ambiente in cui hanno vissuto e vivono» i
minori, che, dalla sola lettera, è evidentemente
comprensiva di ogni luogo in cui i minori si trovino (si tratti o non di istituzioni).
Ma anche il termine «istituto», usata dall'art. 314/6 Cod. Civ. per indicare il luogo in cui il
Tribunale può collocare il minore, va intesa nel senso più ampio: non c'è
dubbio, infatti - e la prassi giudiziaria pacificamente lo conferma -, che il
Tribunale può, a seconda delle necessità, disporre il ricovero del minore in un
istituto medico-psico-pedagogico o in un istituto
per sordomuti o ciechi oppure anche in ospedale.
Tornando ora al caso in esame, la
risposta al quesito propostoci non può che essere positiva,
quando si ponga mente alla funzione concretamente svolta dall'Ente, che è il
criterio guida per individuare le « istituzioni » comprese nelle norme sopra
indicate.
L'indagine presente non riguarda l'intero
Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII», ma solo due reparti di esso e precisamente
Ancora, va rilevato che la vita nei
due reparti è programmata per una lunga permanenza dei minori ospiti.
Funziona, infatti, all'interno dell'Ospedale, un plesso scolastico del IV Circolo didattico di Molfetta;
mentre nel pomeriggio è prevista la possibilità di doposcuola. È stabilita una particolare disciplina per i rientri dei minori in
famiglia durante i periodi di vacanze natalizie, pasquali ed estive, oltre che
in altre occasioni (come risulta dalla relazione su un giornata-tipo dei minori
trasmessa dalla Direzione stessa). Ancora, le cure, che i minori ricevono, non
sono dirette a superare una affezione acuta, ma, come
si è detto. una situazione personale di minorazione:
si tratta, cioè, in sostanza, di minori considerati handicappati o nel fisico
(divisione pneumotisiologica) o nella mente (turbe
psichiche: Centro handicappati). Infine, la stessa sistemazione ambientale è significativa: i due reparti sono collocati in una sede
distaccata e del tutto autonoma, sia per quanto riguarda la sede sia per
quanto riguarda il personale. In conclusione, si può affermare con certezza che
i due reparti siti nella sede molfettese
dell'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII», pur portando il nome appunto di Ospedale, svolgono nella sostanza, cioè dal punto di
vista dei minori ospitati e delle funzioni concretamente svolte, i compiti di
un vero e proprio istituto specializzato per minori.
Ben legittima è, pertanto,
l'indagine espletata sulla base delle norme esaminate. Alla luce delle
considerazioni svolte, va affermato anche l'obbligo dell'Ospedale pediatrico
«Giovanni XXIII», limitatamente alla sede distaccata di Molfetta,
di trasmettere trimestralmente l'elenco e le schede nominative
dei minori ricoverati.
L'esame della documentazione
richiesta e trasmessa dallo stesso Ospedale (ed, in particolare, le relazioni
sulla giornata-tipo dei minori ivi ricoverati) ha evidenziato, senza
possibilità di errore, che accanto alla funzione
terapeutica v'è una consistente azione assistenziale, la quale assorbe molte
ore della giornata di ciascun minore e vale a ribadire le caratteristiche già
rilevate della istituzione molfettese: pertanto tale
obbligo sussiste in questo caso come per ogni istituzione similare, dovendosi
fare riferimento, come si è già rilevato, ai compiti realmente svolti nella
istituzione e non al suo nome.
Questo Tribunale ritiene, pertanto,
di dover invitare i responsabili dell'Ospedale pediatrico ad
adempiere puntualmente a tale obbligo, a cominciare dal trimestre che scade
alla fine di dicembre 1974, prospettando altresì che l'inadempimento di tale
obbligo potrà importare responsabilità penali, a norma dell'art. 328 Cod. Pen..
Il Collegio ritiene peraltro di
dover cogliere l'occasione per sottolineare che anche
nelle sedi ospedaliere vere e proprie sarebbe necessaria un'azione di verifica
e tutela di minori. È stato già, infatti, rilevato e criticato negativamente su
riviste specializzate il fatto che i bambini ricoverati in ospedali, sebbene
in età prescolastica, non possono avere alcun familiare accanto a sé tranne che
durante le ore di visita e che ciò determina spesso nei bambini lasciati soli
chiare reazioni isteriche. Si è anche giustamente constatato che questo atteggiamento rileva la tendenza a considerare il
bambino solo da un punto di vista fisico, senza preoccuparsi minimamente di
eventuali traumi psichici. Ma a ciò si aggiunge,
d'altro canto, che talora minori, pur guariti e dimissibili,
restino per lunghi periodi in Ospedale per il disinteresse della famiglia nei
loro confronti: in qualche caso gli Ospedali sono divenuti il mezzo di
collegamento tra famiglia di origine del bambino ed aspiranti adottanti per
procedere alla «sistemazione» del bambino, in modo tale da evitare ogni
intervento del Tribunale per i minorenni.
Il Collegio, nel ribadire
l'illiceità di questi ultimi comportamenti, fa presente che la situazione relativa ad un minore, dimissibile
dall'Ospedale perché guarito, ma non ripreso in famiglia dai genitori, rientra
senza dubbio tra quelli disciplinati dall'art. 314/5, 2° comma, Cod. Civ., che i pubblici
ufficiali (in questo caso i responsabili dell'Ospedale) debbono riferire al più
presto al Tribunale per i minorenni: il che già avviene tempestivamente da parte
dell'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII», riguardo ai minori ospiti della
sede centrale.
Passando all'esame del merito e cioè alla situazione dell'Ospedale-sede
di Molfetta, il Tribunale ritiene di dover esprimere
notevoli perplessità in ordine alla sua idoneità ad assicurare uno sviluppo
armonico e valido della personalità dei minori ospiti: ciò con riguardo al modo
in cui è attualmente strutturato e con particolare riferimento alla Divisione
di pneumotisiologia. Le conclusioni qui anticipate
emergono dalle osservazioni seguenti e che si soffermano solo su alcuni punti
qualificanti: 1) condizioni di salute dei minori; 2) impostazione del rapporto
educativo.
Condizioni di salute
dei minori ospiti
Per quanto riguarda il Centro handicappati, la consulenza tecnica espletata ha
accertato che diciannove minori vi erano ricoverati da un periodo di tempo
superiore a sei mesi. Tutti presentavano all'ingresso
malattie di interesse neurologico ed avevano bisogno di terapie riabilitative
e di continua assistenza, assicurate appunto nel Centro; pertanto, sotto questo
profilo trovava giustificazione valida la degenza in Ospedale.
Per quanto si riferisce, invece,
alla Divisione di pneumotisiologia, si può ritenere
che i risultati ottenuti sotto questo profilo giustifichino di
per se soli l'indagine espletata. Va, infatti, rilevato che dalla
documentazione inviata dalla Direzione sanitaria
dell'Ospedale si desume che durante i sei mesi dal 22-9-1973 al 30-3-1974,
intercorsi tra il primo intervento di questo Tribunale (trasmissione, su
richiesta, delle schede nominative dei minori ricoverati a Molfetta)
ed i successivi (le ispezioni all'Ospedale avvennero il 4 ed il 15-3-1974; i
Consulenti tecnici cominciarono le operazioni di perizia il 22-3-1974), ben 48
minori sono stati dimessi da tale Divisione: di essi 12 nei dieci giorni
intercorsi tra le due visite ispettive del 4-3-74 e del 15-3-74. E poiché
nello stesso periodo furono ricoverati altri 17 minori (come da comunicazione
della Direzione sanitaria dell'Ospedale in data 30-3-1974), si ha che il numero
degli ospiti, che al 22-9-1973 ammontava a 83 minori,
si era ridotto alla data del 30-3-
L'indagine peritale si è svolta su
trentadue degenti, per otto dei quali (F.R., M.F., M.G.,
M.E., C.B., P.P, M.G. e M.A.)
è stata accertata la guarigione completa e, quindi, l'insussistenza di un
bisogno di cure e degenza ospedaliera. Per altri cinque minori (L.R., R.C.,
M.S., M.G. e C.T.) è stata rilevata l'opportunità di un prudenziale
periodo di osservazione, a titolo cautelativo, integrato da terapia: periodo,
peraltro, già decorso in conseguenza del tempo passato dalla data degli
accertamenti peritali.
In considerazione di tali risultanze e tenendo presenti le dichiarazioni rese da C.D.
il 4-3-1974 («Per quanto io sappia, la bambina era guarita già nella scorsa
estate, perché non le veniva data alcuna medicina. Non so se i bambini vengono sottoposti a controlli, ma penso di sì, perché lì vi
sono sia bambini guariti che bambini malati, distinti solo per sesso... Per
quanto riguarda mia figlia, posso dire che la guarigione risale a questa
estate: se i controlli sono necessari periodicamente, non è necessario che i
bambini stiano ricoverati solo per il ricovero»), il Collegio ritiene di dover
trasmettere copia della consulenza peritale e degli atti trasmessi dalla
Direzione sanitaria dell'Ospedale in data 30-3-1974 al Procuratore della
Repubblica di Trani per eventuali reati, che
dovessero ravvisarsi nella specie.
Per gli otto minori, di cui è stata
accertata la guarigione, va senz'altro ordinata la
dimissione dall'Ospedale ed il rientro in famiglia, con invito a dare
comunicazione a questo Tribunale dell'eventuale già avvenuta dimissione di una
o di tutti gli otto minori detti.
Per quanto riguarda gli altri cinque
minori, l'Ospedale verrà invitato a comunicare se i
minori siano tuttora ricoverati o siano stati dimessi, con riserva della
facoltà di disporre un accertamento suppletivo circa le loro condizioni di
salute, ove tutti o qualcuno risultino ancora degenti.
Rapporto educativo
Questo Tribunale non ha ritenuto di
dover procedere all'esame diretto di tutto il personale e dei minori ospiti,
né di svolgere altre particolari indagini per evitare che il clima già teso, in conseguenza degli accertamenti effettuati e del procedimento
penale in corso, si accentuasse maggiormente con grave danno dei minori
stessi.
Le osservazioni che seguono si
fondano, pertanto, sulla documentazione trasmessa dalla Direzione
sanitaria (relazione su una giornata-tipo dei minori ricoverati in ciascuno dei
due reparti sottoposti ad esame, elenco del personale di ciascun reparto con
indicazioni di qualifiche e mansioni) sull'ispezione dei luoghi effettuata e
sull'esame delle minori N.L., M.F.,
M.F., avvenuto il 4-3-1974.
Ciò non esclude, evidentemente, la possibilità che in futuro una ulteriore indagine possa
essere svolta in maniera più approfondita, ove risulti necessaria.
Allo stato, gli elementi già
acquisiti sono più che sufficienti per formulare le seguenti considerazioni.
Gli orientamenti educativi attuali, derivanti anche da norme di legge - quale
la legge 5-6-1967 n. 431 - tendono a favorire il più possibile lo sviluppo
psicofisico del minore, rispettandone la personalità col favorirne lo sviluppo
e cercando di realizzare in ogni modo le condizioni più simili a quelle
naturali, cioè a quelle familiari. Sono state,
quindi, poste in evidenza le conseguenze gravemente negative della istituzionalizzazione di minori, carenze che hanno
ripercussioni sul piano fisico e psichico, tanto maggiori quanto più tenera è
l'età del minore ricoverato e più prolungata la durata del ricovero (così, è
detto nella relazione alla proposta di legge n. 750 del 17-8-1972
sull'affidamento familiare di minori, presentata dagli On. Foschi e Cassanmagnago).
Ora, dalle relazioni trasmesse
dall'Ospedale pediatrico su una giornata-tipo dei minori ospitati nella sede
di Molfetta, non risulta che tali orientamenti vengano seguiti. Va precisato, però, che il discorso è
diverso per i due reparti, essendo apprezzabile e valido quello svolto presso
il Centro handicappati, dove i vari operatori lavorano in équipe,
seguendo ciascun minore con trattamento individualizzato, dove si effettua terapia occupazionale e si tende a trattenere ciascun
minore ospite per un periodo ragionevolmente breve. Riguardo a questo reparto,
il Collegio ritiene di dover sottolineare, tuttavia,
l'opportunità di superare l'attuale quasi completo isolamento, in cui i
piccoli ospiti (al pari di quelli ricoverati nella Divisione di pneumotisiologia) si trovano e che li pone in una
situazione di totale emarginazione, accentuando i contatti e anzi realizzando
una vera e propria apertura verso l'esterno, sia con l'incontro con gruppi
giovanili, sia soprattutto facendo frequentare la scuola speciale in esternato
a tutti quei minori che dovessero presentare un grado tale di autonomia da
poterlo fare, sia infine consentendo il rientro domenicale - o comunque il più
frequente possibile - presso la famiglia o i parenti in tutti i casi in cui
la situazione familiare, la condizione personale del minore e la distanza del
luogo di origine dovessero renderlo passibile. In proposito, il Collegio
ritiene anche di suggerire ai responsabili dell'Ospedale l'opportunità di
integrare i servizi dello stesso con un veicolo (eventualmente un piccolo pullmann) che possa consentire il
rientro periodico dei minori in famiglia ed il loro ritorno in Ospedale.
Va aggiunto anche - per quanto
riguarda il Centro handicappati - che si appalesa opportuno integrare l'équipe
con uno psicologo ed un pedagogista: la pur valida supplenza di questi ruoli da
parte degli altri componenti l'équipe non può
consentire tuttavia di ovviare adeguatamente e completamente alla mancata
copertura di ruoli tanto importanti, sicché v'è il pericolo che venga data
prevalenza alla condizione e progresso fisico, rispetto alle esigenze
pedagogiche dei minori.
Notevolmente peggiore è la
situazione della Divisione pneumotisiologica, in cui
non sussistono le situazioni di turbe mentali dei minori, che rendono
complessa e delicata l'opera del Centro handicappati.
I minori non risultano suddivisi in gruppi-famiglia
(cioè in gruppi organizzati nel numero, nel ruolo e nella integrazione
reciproca dei suoi componenti, in modo da poter essere considerati in maniera
simile a una famiglia), ma solo in alcuni numerosi gruppi, che si potrebbero
definire, con un termine spesso usato dai tecnici, di «parcheggio» (in quanto
tendono solo a tenere insieme i minori, per vigilarli più facilmente e fare
trascorrere le ore del giorno). Il personale non comprende né uno psicologo né
un pedagogista: manca, pertanto, per i minori una direzione pedagogica, come è confermato dall'inesistenza di una équipe, che coordini e unifichi gli interventi dei singoli
operatori. Il tempo libero risulta essere lasciato alla improvvisazione
dei bimbi o impiegato a vedere la televisione, non impegnato in giochi
organizzati, che favoriscono la socializzazione degli ospiti.
La provenienza geografica dei
bambini risulta essere molto eterogenea; spesso le loro famiglie risiedono in
luoghi lontani. Ne consegue che la possibilità di rapporti dei minori con le
famiglie sono in questi casi molto ridotte. A ciò va
aggiunto che anche i periodi di rientro in famiglia sono ridotti, essendo sottoposti
ad autorizzazione medica. È opportuno, in proposito, invitare il personale
medico del reparto a rendere più ampia possibile tale autorizzazione, contemperando
il bisogno di cure fisiche con le esigenze affettive dei minori.
La sede è costituita da una villetta
sita sulla strada provinciale Molfetta-Terlizzi e
circondata da un parco, che peraltro non risulta essere utilizzato in maniera
adeguata (potrebbe, ad esempio, essere occasione di richiamo anche di giovani
provenienti dall'esterno e, quindi, occasione di
incontri per gli ospiti). Gli ambienti sono per lo più anonimi, anche se
puliti; i letti non in legno, ma in ferro smaltato, tipici
appunto degli ospedali. I minori non hanno in sostanza alcun modo di
differenziarsi l'uno dall'altro nella propria individualità né di
caratterizzarsi (non hanno neppure un armadietto personale per le piccole
esperienze). La distanza dai centri abitati più vicini accentua la situazione di emarginazione in cui i piccoli ospiti si trovano. Essi
non hanno possibilità di contatto esterno neppure per mezzo della scuola,
perché nell'Ospedale funziona un plesso scolastico con classi elementari e speciali.
Il Collegio, sottolineate
tali carenze della Divisione di pneumotisiologia,
ritiene doveroso invitare i responsabili dell'Ospedale pediatrico ad ovviarvi
in modo da adeguarsi ai più moderni orientamenti pedagogici, promuovendo un più
valido rapporto con le famiglie (a questo proposito si sottolinea anche per
tale reparto l'opportunità che l'Ente ponga a disposizione un veicolo - ad
esempio un pullmann - che consenta l'accompagnamento
ed il rientro dei minori, per i quali ciò risulti possibile), facendo
frequentare ai minori la scuola in esternato ogni volta che sia possibile,
realizzando la costituzione di gruppifamiglia, attuando una direzione
pedagogica della vita giornaliera dei minori con la formazione di una équipe degli operatori del reparto, integrata dalla
collaborazione costante di un pedagogista e di uno psicologo.
Non c'è dubbio che un tale programma
possa risultare impegnativo. Ma v'è, d'altro canto, da
rilevare che le consistenti rette che gli Enti pagano per il mantenimento in
Ospedale dei minori (rette che spesso superano le L. 20.000 giornaliere) rendono legittimo richiedere a
codesto Ente di porre in essere quegli indirizzi psicopedagogici
che questo Tribunale richiede abitualmente agli istituti assistenziali, la cui
retta - com'è noto - è molto modesta.
Ai rilievi che precedono, di ordine psico-pedagogico, vanno
aggiunte altre più gravi risultanze riguardanti il reparto di pneumotisiologia. Infatti, la minore L.N., ospite di tale reparto, ha riferito di aver subito atti
di libidine durante l'estate del 1973 ad opera della suora del reparto, Suor
X., in cinque diverse circostanze. Ella ha precisato che
l'interesse della suora si rivolgeva anche ad altre minori, che dormivano con
lei nella stessa stanza. Le sue dichiarazioni sono state confermate anche
dalla minore F.M. Quest'ultima ha riferito anche di aver ricevuto percosse sia
dalla stessa Suor X. che da alcune «assistenti». La
stessa cosa ha riferito anche la piccola F.M. Invece L.N.
ha dichiarato di non aver ricevuto maltrattamenti né
percosse, a differenza di quanto avveniva per la sua amica M., «la cui mamma
non viene mai». Ha aggiunto che le ragioni per cui costei riceveva percosse
erano spesso banali. Il Collegio ritiene che ogni valutazione sulla attendibilità dei fatti emersi sia di competenza del
Giudice penale, al quale gli atti relativi sono stati tempestivamente trasmessi
e, pertanto, ha ritenuto opportuno non approfondire in alcun modo le indagini
su questi episodi.
In questa sede, tuttavia, non si può
non rilevare che in ogni caso le dichiarazioni suddette sono un indiscutibile
indice di totale rifiuto dell'ambiente da parte dei
minori. Ora, se è vero che due delle tre minori ascoltate sono state subito
dopo dimesse dall'Ospedale, non c'è dubbio che, peraltro, potenzialmente
sussistano tuttora le condizioni, perché analoghe reazioni possono prodursi
anche in altri piccoli ospiti.
Il Collegio, pertanto, nel mentre ritiene indispensabile invitare i responsabili
dell'Ospedale a disporre la sospensione cautelare dai suoi compiti di Suor X.
(che deve identificarsi in Suor X. X.), sottolinea l'urgente necessità di un
attento e approfondito riesame delle capacità pedagogiche del personale
preposto alla Divisione di pneumotisiologia, in modo
che si possa procedere ad una adeguata integrazione della preparazione o
all'allontanamento di coloro che dovessero dimostrarsi incapaci di accettare i
più elementari principi psicologici e pedagogici a tutela dei minori.
In proposito, il Collegio invita i
Responsabili dell'Ospedale pediatrico a voler comunicare a questo Tribunale
ogni iniziativa che dovesse essere intrapresa ai fini
sopraindicati e riserva in ogni caso un eventuale ulteriore e più approfondito
esame della situazione.
Considerata, infine, anche per
effetto del tempo trascorso, l'opportunità di dare
esecuzione alle disposizioni imposte con la maggiore rapidità possibile e
tenuto conto dell'urgenza che le circostanze richiedono, attribuisce al
presente decreto efficacia immediata.
P. Q. M.
Il Tribunale
Letti gli artt.
314/6; 314/8; 333-336 Cod. Civ.; 38 Disp. Att.
Cod. Civ.;
737 e segg. Cod. Proc. Civ.;
Sentito il parere del P.M.;
Delibera quanto segue:
1) Ordina che entro un mese dalla
data di notificazione del presente provvedimento i minori C.B., E.R., M.F.,
M.G., M.E., M.G., M.A., e P.P.,
vengano dimessi dalla Divisione di pneumotisiologia
dell'Ospedale «Giovanni XXIII» e restituiti alle rispettive
famiglie, in quanto completamente ristabiliti. Nel caso in cui i minori
suddetti siano già stati dimessi, i responsabili
dell'Ospedale pediatrico suddetto sono invitati a darne comunicazione a questo
Tribunale, indicando anche la data di avvenuta dimissione ed il domicilio del
minore;
2) Invita
Nel caso in cui i minori stessi o alcuni di loro siano tuttora ricoverati, verranno
trasmesse dettagliate notizie sulle loro condizioni di salute, con riserva da
parte del Tribunale della facoltà di disporre eventuali accertamenti suppletivi
in merito;
3) Invita i responsabili del
suddetto Ospedale a trasmettere trimestralmente gli elenchi e le schede nominative relative ai minori ospiti della Divisione di pneumotisiologia e del Centro handicappati, con scadenze
alla fine dei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre di ciascun anno e a
decorrere dal dicembre 1974. Invita inoltre gli stessi responsabili a
segnalare trimestralmente tutti i minori, comunque
ricoverati nell'Ospedale e considerati «lungodegenti», anche se ospitati in
altri reparti ospedalieri, ed a comunicare immediatamente - come già avviene -
le situazioni di abbandono di minori, con particolare riguardo a quelli
guariti e non rientrati in famiglia, malgrado le sollecitazioni rivolte ai
genitori. Sottolinea le responsabilità anche penali
che possono conseguire ad un eventuale inadempimento (art.
4) Prospetta ai responsabili
dell'Ospedale suddetto la necessità di conformarsi il più possibile agli
attuali orientamenti educativi, che si propongono il
fine di superare o attenuare la istituzionalizzazione di minori e di
realizzare per i minori stessi condizioni di vita simili a quelle familiari. Sottolinea, pertanto, la necessità che il personale delle
due divisioni venga integrato dalla presenza di uno psicologo e di un
pedagogista, che siano in grado di dare una valida guida e direzione
pedagogica alla vita dei piccoli ospiti. Sollecita maggiore apertura verso
l'esterno, con la promozione di un ancor più frequente
rapporto con le famiglie dei minori, che vanno sollecitate ed aiutate a
incontrare i figli ed a riprenderli con sé (anche con l'istituzione di un
particolare servizio di pullmann che possa
favorirlo), sia - anche - facendo frequentare ai minori la scuola esterna a Molfetta, ogni qual volta le loro condizioni di salute lo
rendano possibile. Sollecita per
5) Sottopone all'attenzione dei
responsabili dell'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII» l'opportunità di
disporre la sospensione cautelare dai suoi compiti di Suor X.
X. per le ragioni indicate nella motivazione e la necessità di un approfondito
riesame delle capacità pedagogiche del personale preposto alla Divisione di pneumotisiologia, sì da poter procedere ad una adeguata integrazione
della preparazione del personale, che ne abbia bisogno o all'allontanamento -
con attribuzione eventuale di compiti che li tengano lontani dai minori - di
coloro che dovessero dimostrarsi operativamente incapaci di accettare i più
elementari principi psicologici e pedagogici posti a tutela dei minori.
Invita, pertanto, i responsabili
dell'Ospedale a voler comunicare a questo Tribunale ogni eventuale iniziativa
tendente a realizzare i punti sopraindicati, con
riserva di eventuale ulteriore esame della situazione da parte di questo Tribunale;
6) Dispone che copia del presente
decreto venga trasmessa al Presidente ed al Direttore
sanitario dell'Ospedale «Giovanni XXIII», con invito ad
adempiere alle prescrizioni formulate in precedenza; che altre copie vengano
trasmesse al Giudice tutelare di Molfetta e alla
Stazione dei carabinieri di Molfetta, affinché
seguano l'adempimento delle prescrizioni che precedono, al Procuratore della
Repubblica di Trani, perché venga allegata agli atti
già trasmessi con nota n. 132 del 14 marzo 1974, al Procuratore della Repubblica
di Bari, al P.M. in sede, alla Regione Puglia - Assessorato Sanità;
7) Attribuisce al presente decreto
efficacia immediata.
Bari, lì 14 novembre 1974.
IL
PRESIDENTE (DOTT. VINCENZO LORUSSO)
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