Prospettive assistenziali, n. 34, aprile-giugno 1976
DOCUMENTI
I LAVORATORI
DELL'ISTITUTO C. GRIS PER
Presentiamo anzitutto il motivo per cui siamo giunti a questo Convegno al quale abbiamo invitato
le forze politiche regionali, provinciali e degli Enti locali del Comprensorio
di Venezia e Treviso, il Comitato dei familiari
degli ospiti, i Consigli di fabbrica della zona, i Consigli di quartiere e
altri organismi che lavorano nel settore della sanità ed assistenza.
Nel mese di gennaio abbiamo ricevuto
da parte dell'Amministrazione la comunicazione che non sarebbero
stati pagati gli stipendi e che c'erano serie preoccupazioni per garantire il
vitto ed il servizio agli ospiti.
Questo per il fatto che i Comuni e
le Province di residenza degli ospiti non avevano pagato le rette di degenza e
Nell'assemblea dei
lavoratori conseguente al mancato pagamento degli stipendi è emersa l'esigenza
non più rinviabile, di dare una soluzione definitiva a questa situazione che
compromette l'andamento dell'Istituto.
Ricordiamo che già nel 1975 si è
verificata una grossa crisi che non ha permesso il pagamento degli stipendi e
la grave situazione in cui ancor oggi versano gli Enti locali rende molto
incerte le prospettive immediate e future
dell'istituto.
Oggi i lavoratori propongono innanzitutto un confronto con le forze politiche regionali,
provinciali e degli Enti locali in quanto il problema del diverso ruolo
dell'istituto, in una visione che rovesci la logica assistenziale, è
essenzialmente un problema politico.
Come tale
esso deve trovare soluzione nelle proposte concrete che fin da oggi, in questo
convegno, dovranno uscire dalle forze politiche interessate, e dai lavoratori
che considerano questo un momento importante della loro lotta.
È necessario quindi, individuare
obiettivi precisi, reali e vincenti per la soluzione dei gravi problemi che i
lavoratori dell'istituto pongono.
Su questi obiettivi i lavoratori si
muoveranno attraverso quelle articolazioni di lotta che essi sapranno
individuare in ogni momento in cui dalle controparti
si noterà una chiusura o un interessamento puramente formale.
È bene ora spiegare lo stato attuale
dell'istituto dal punto di vista giuridico, economico e assistenziale.
L'istituto è ancora oggi un Ente
IPAB (Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza),
regolato da una legge del 1890 e finanziato unicamente dalle rette fornite dai
Comuni e dalle Province, i quali ora si trovano in una profonda crisi finanziaria
e non riescono a pagare i grossi debiti accumulati nei confronti
dell'istituto. Il Consiglio di amministrazione è
pubblico (quattro Consiglieri eletti dal Comune, due dalla Provincia di
Treviso, uno dall'ECA).
Alla data del 18-2-1976
la presenza degli ospiti nell'istituto è di 747 di cui 305 anziani e 442 adulti
e minori.
Il tipo di servizio che l'istituto
offre è tipico dell'istituzione chiusa, anche se sono stati operati tentativi
di miglioramento dell'assistenza che si sono rivelati poi dei momenti di razionalizzazione dell'istituto.
Considerando i servizi presenti
nell'istituto quali la scuola, i laboratori, i reparti, il centro di
riabilitazione, possiamo fare una valutazione generale della loro attuale
funzione in base ai dati che in collaborazione con alcuni tecnici sono stati
raccolti.
La conclusione a cui noi siamo
arrivati è che istituzioni come il Gris non devono
più esistere perché sono istituzioni emarginanti.
Le cause dell'esclusione vanno
ricercate nella organizzazione capitalistica della
società che ha creato fasce di emarginazione e risposte interamente segreganti
per i cittadini malati non produttivi.
Per cui l'obiettivo generale su cui tentiamo di muoverci è quello di una pratica deistituzionalizzante che porti l'istituto a subire necessariamente
una profonda trasformazione del suo ruolo con l'abbandono della prevalente
funzione di custodia e il suo inserimento nelle Unità socio-sanitarie locali.
In questa prospettiva il tipo di servizio prestato dagli operatori dovrà
tendere alla realizzazione dei tre momenti fondamentali di una nuova
concezione dell'assistenza: prevenzione, cura e riabilitazione e reinserimento.
I tre momenti fondamentali vengono intesi in questo
senso:
a) Prevenzione: presenza delle
U.S.S.L. per salvaguardare la salute fisica e mentale attraverso l'intervento
sulla scuoia, sulla fabbrica, sulla famiglia, sul
territorio al fine di impedire il sorgere delle cause che provocano la
malattia al cittadino e che normalmente si riscontrano nello sfruttamento in
fabbrica, nell'emarginazione nella scuola e nella mancanza di servizi sociali.
b) Cura e riabilitazione: momento di
diagnosi e di degenza che deve essere il più breve
possibile per consentire una minima permanenza nelle strutture e per non dover
istituzionalizzare e quindi emarginare l'ammalato.
c) Reinserimento: 1) continuazione
del momento della cura nel contesto sociale di provenienza
attraverso anche i poliambulatori e l'assistenza
domiciliare; 2) garanzia degli stessi servizi di carattere economico-sociale
(lavoro, casa, scuola) al pari degli altri cittadini senza particolari
privilegi di tipo paternalistico che sarebbero ulteriormente emarginanti.
Questa è anche la linea espressa e
concordata nella premessa contrattuale nella quale si dice: «L'Istituto pone
come obiettivo della sua attività il recupero individuale e sociale
dell'ospite. L'apertura dell'Istituto verso la comunità esterna diventa così
il presupposto indispensabile. All'interno dell'Istituto deve predominare
l'intento educativo delle attività riabilitative mediante l'organizzazione il
più possibile comunitaria di tutte le iniziative».
Come conseguenza di queste
enunciazioni generali abbiamo visto la necessità di
spiegare in modo più specifico e concreto questa possibilità pratica di deistituzionalizzazione.
I dati che presentiamo sono stati
rilevati da alcuni tecnici dell'Istituto assieme al
Consiglio dei Delegati e discusso anche in alcune assemblee di reparto.
Dall'esame di un determinato numero di ospiti giovani ed adulti dell'Istituto (417 su 442) abbiamo
rilevato:
a) la possibilità di un loro
reinserimento sociale;
b) il tipo di inserimento
da attuare e le strutture esterne necessarie;
c) Comuni e Province di provenienza
degli ospiti.
Tabella 1 -
Possibilità di inserimento
Inserimento Istituto
Reparto 3° 56 13
Casette 31 20
Reparto D-E - Pensionati 122 3
Sezione C 15 40
Sezione B 41 27
Inf. bambini - 49
Totali 265 152
Un discorso particolare si deve fare
per, il dato riguardante il reinserimento di ospiti
nella famiglia. I casi considerati hanno fatto individuare come cause del
ricovero nell'Istituto la mancanza di servizi sociali come supporto alla
situazione familiare. Per cui prospettare il
reinserimento nel nucleo familiare non vuol dire ritornare alla situazione precedente
o al ricovero nell'Istituto, che sarebbe gravare unicamente sul nucleo familiare problemi che sono anche sociali, ma prospettare
nello stesso momento tutta la gamma di interventi che consistono
nell'assistenza domiciliare assidua, nell'aiuto economico, nella possibilità
di frequentare nella zona di residenza scuole non differenziali, centri diurni,
laboratori occupazionali.
Per l'inserimento nelle comunità
alloggio e nei gruppi famiglia ci muoviamo nella linea di quei servizi sociali
alternativi che sono evidenziati anche nella legge regionale «Provvedimenti per
l'istituzione di servizi sanitari e assistenziali nel
settore della prevenzione e riabilitazione».
Tabella 2 - Riguarda
il tipo di inserimento e quali strutture si devono
fare
Famiglia
Comunità alloggio Gruppo famiglia
Reparto 3° 38 13 5
Casette 28 -
-
Sezione B 6 21 14
Sezione C - 12 3
Sez. D-E - Pensionati 37 49 37
Totali 109 95
59
Tabella 3 - Comuni e
province degli ospiti considerati come reinseribili
Venezia Treviso Padova altre prov. Veneto altre Regioni
Reparto 3° 13 11 7 5 13
Casette 14 10
2 1 3
Sez. D-E - Pens. 49 21 13 12 27
Sezione C 6 2 2 2 3
Sezione B 9 9 8 3 12
Totali 91 53
32 23 63
Tabella 4 - Periodo di
degenza media su 412 casi considerati
Reparti N. ragazzi Da
D-E - Pens. 125 25 24 76
Casette 51 30
20 1
3° Pedag. 69 23 32 14
Sezione B 67 16 28 23
Sezione C 51 1 7 43
Inf. bambini 49 17 22 20
Totale 412 102=25%
133=32% 177=43%
Per comprendere la gravità di questo ultimo dato è importante conoscere anche l'età di degenza
di quegli ospiti che riteniamo dimissibili. Come pure
l'età degli attuali ospiti nei vari reparti come
risulta dal prospetto che segue.
Tabella 5 - Degenza in
percentuali su 265 reinseribili
Reparti N. ragazzi da
D-E - Pensionati 122 25 24 73
Casette 31 23
7 1
3° Pedag. 56 16 31 9
Sezione B 41 13 17 11
Sezione C 15 1 1 13
Totali 265 78
80 107
Precisiamo che la divisione di ospiti per reparti è puramente formale anche se c'è un
criterio di divisione interna (età e gravità della malattia) che però
giudichiamo completamente inadeguato soprattutto nella prospettiva che stiamo
considerando.
Comunque i dati dei reparti sono:
Tabella
6
Reparto 3° ospiti dai 10 ai 20 anni di gravità medio
lieve
Reparto C ospiti dai 18 ai 30 anni di gravità grave
Sezione B ospiti dai 12 ai 20 anni di gravità media
Casette ospiti dai 6 ai 18 anni di gravità
medio grave
Sezione D ospiti dai 15 ai 30 anni d'i gravità
medio lieve
Sezione E ospiti dai 20 ai 35 anni di gravità lieve
Pensionati ospiti dai 18 ai 25 anni di gravità lieve
Inf. bambini ospiti dai 6 ai 30 anni di gravità grave
Esame del gruppo di ospiti anziani
Considerati 305 casi su 305 presenti
Tabella A - Possibilità
di inserimento
Inserimento
Istituto
Casa riposo
maschile 44 71
Casa riposo
femminile 1 28 30
Casa riposo
femminile 2 14 59
Infermeria donne - 59
Totali 86 219
Tabella B - Riguarda
il tipo di inserimento
Famiglia
Comunità alloggio
Casa riposo
maschile - 44
Casa riposo
femminile 1 1 27
Casa riposo
femminile 2 - 14
Totali 1 85
Tabella C - Comuni e
province degli ospiti reinseribili
Venezia
Treviso Padova altre
prov. Veneto altre Regioni
Casa rip.
M. 27 16 1 - -
Casa rip.
F.2 19 4 2 2 1
Casa rip.
F.2 11 2 1 - -
Totali 56 22
4 2 1
Nota: Riteniamo opportuno fare una precisazione sul come sono stati rilevati i dati sopra esposti. La distinzione
in «reinseribili» e «degenti» nell'istituto è basata: a) sulla possibilità di
reinserimento reale e immediato, previa esistenza di strutture alternative di
supporto; b) sul grado di gravità degli ospiti.
Dobbiamo però considerare che nella
maggioranza dei casi classificati ad un livello di gravità molto alto possiamo
parlare di malattia istituzionale. Per cui la risposta più precisa e radicale
è da formulare, anche per questi casi, in un ambito extra-istituzionale.
Partendo quindi dalla constatazione
che la maggior parte degli ospiti sono reinseribili a
condizioni che esistano nel territorio delle strutture assistenziali
alternative, considerando che questo processo di rottura dell'istituzione
comporta un periodo intermedio di programmazione e gestione in termini più
precisi, vediamo la necessità per metterci in questa pratica deistituzionalizzante di individuare degli obiettivi
precisi che sintetizziamo in:
1) costituzione
dei Consorzi socio-sanitari; 2) formulazione del piano regionale socio-sanitario
che prenda in esame anche il problema della riconversione e riqualificazione
del personale;
3) rottura a breve
termine dell'attuale meccanismo di finanziamento dell'istituto.
1) Costituzione dei
consorzi socio-sanitari
La prospettiva nella quale dobbiamo
muoverci è quella della progettata riforma sanitaria nazionale che dovrà
all'interno di un quadro di programmazione generale trasferire la gestione del
servizio sanitario e assistenziale alle Regioni e agli
Enti locali.
Con la costituzione dei Consorzi,
visti come prefigurazione delle Unità socio-sanitarie locali, la prospettiva
dell'Istituto è quella di essere sciolto. Il personale attualmente
impiegato in un servizio di assistenza sarà dunque utilizzato in nuove
strutture operanti a livello territoriale per la realizzazione di un servizio
non emarginante. A questo proposito ribadiamo
l'importanza politica di quella proposta di legge di iniziativa popolare per
lo scioglimento degli enti inutili al cui art. 4 si dice: gli enti comunali di
assistenza (ECA), i Patronati scolastici e loro consorzi provinciali, le
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), i Comitati
provinciali di assistenza e beneficenza, i consigli di patronato di cui
all'art. 149 del codice penale sono sciolti. Le Regioni con propria normativa
provvedono entro un anno al trasferimento del personale e dei patrimoni ai
Comuni.
Questi enti, che noi riteniamo
inutili per il tipo di assistenza erogata non rispondente
ai reali bisogni degli assistiti, assorbono anche la maggior parte dei
finanziamenti stanziati dai vari Ministeri senza realizzare un vero servizio
sociale.
Come lavoratori quindi sottolineiamo la nostra volontà politica di andare ad un
serrato confronto con le forze politiche degli Enti locali, dei costituendi
comprensori di Venezia, Treviso, unitariamente a tutte le realtà operanti nel
territorio per la rapida costituzione dei consorzi socio-sanitari.
2) Formulazione del
piano regionale socio-sanitario
Nella prospettiva di una pratica deistituzionalizzante
si presenta il grosso problema della riconversione operativa dei lavoratori
che sono inseriti nelle attuali strutture sanitarie e assistenziali e quindi
anche della loro riqualificazione. Per non provocare nuovamente scelte,
settoriali anche in questo nuovo processo tutte le forze lavorative sentono
l'esigenza di una programmazione a dimensione
regionale.
Per cui rivendichiamo in linea con
la piattaforma sindacale regionale in materia di sanità e assistenza che
3) Rottura a breve termine dell'attuale meccanismo di finanziamento
dell'istituto
Considerando che il processo di
rottura dell'istituzione comporta un periodo intermedio di programmazione e di
gestione in termini più precisi, vediamo come lavoratori la necessità, per
metterci in questa pratica deistituzionalizzante, di
rompere a breve termine l'attuale meccanismo di
finanziamento. Infatti dal momento che il bilancio
dell'Istituto è strettamente collegato con le rette e quindi alle presenze
fisiche degli ospiti dell'Istituto, le dimissioni si fanno solamente nella
misura in cui vi è sostituzione di ospiti (un dato significativo al proposito è
che il Consiglio di amministrazione deve raggiungere 770 ospiti per sostenere
con le rette le attuali spese di gestione).
Questa è a nostro avviso una logica aziendalistica che i lavoratori non vogliono e non possono
perseguire.
Per cui chiediamo alla Regione un
intervento straordinario a tutti i livelli per una garanzia di finanziamento
dell'Istituto per un periodo determinato necessario ad attuare in
collaborazione con gli Enti locali, con i costituendi consorzi socio-sanitari quella possibilità pratica di deistituzionalizzazione che si è evidenziata. Questo per arrivare a medio termine alla riconversione dell'istituto
a servizio sociale nel territorio. Chiariamo che non si tratta di una
richiesta di regionalizzazione che porterebbe a una maggior chiusura, ma diciamo, anche e questo
chiaramente, che questa rottura dell'istituzione a cui i lavoratori hanno
aderito come programma politico accettando anche le chiare implicanze
di una diversa qualificazione e riqualificazione, di riconversione del
personale, non può arenarsi sul fatto di avere quasi ogni mese in discussione
il salario, cosa che può verificarsi più facilmente in un periodo di
transizione.
Invitiamo le forze politiche,
sindacali, culturali presenti ad aprire un dibattito sulle linee e proposte
espresse coscienti di essere all'inizio di un processo che comporta
necessariamente ulteriori momenti di confronto e di
lotta.
(1) Relazione
introduttiva al convegno, promosso dai lavoratori dell'Istituto C. Gris, del 7 marzo 1976 sul tema «Ruolo
dell'istituto C. Gris nell'ambito del costituendo
consorzio socio-sanitario del Moglianese».
www.fondazionepromozionesociale.it