Prospettive assistenziali, n. 34, aprile-giugno 1976

 

 

NOTIZIARIO DELL'UNIONE PER LA LOTTA CONTRO L'EMARGINAZIONE SOCIALE

 

 

RELAZIONE DI E. SAVI

 

Al Convegno regionale tenutosi a Milano il 31 gennaio 1976 e indetto dal Comitato promotore milanese della proposta di legge di iniziativa po­polare «Competenze regionali in materia di ser­vizi sociali e scioglimento degli enti assisten­ziali», Elio Savi ha introdotto il dibattito con una relazione sul ruolo dell'ente locale per il supe­ramento dell'assistenza-beneficenza. Il relatore, facendo la storia del dibattito sull'assistenza in questi ultimi venti anni, ha messo in evidenza la nuova esigenza di partecipazione espressa dalle vicende popolari succedute al 1968. «Chiunque abbia vissuto le vicende sociali e politiche di questi anni percepisce chiaramente come lo svi­luppo del dibattito sulle riforme avvenuto negli anni sessanta, la nuova esigenza di partecipazio­ne espressa dalle vicende popolari succedute al 1968, il diffondersi di un'analisi della realtà poli­tica ed economica del nostro paese che tanta parte ha avuto nella successione di avvenimenti degli ultimi anni, abbiano chiaramente fatto ma­turare ed inquadrato in modo diverso anche lo stesso dibattito sull'assistenza».

La relazione di Savi continua poi analizzando la realtà di emarginazione presente nel nostro paese e le «precise e non casuali analogie tra il dibattito in atto sui problemi dei servizi e quel­lo relativo al più generale discorso sul sistema politico economico sociale», arrivando ad alcune prime conclusioni circa la necessità di porsi co­me obiettivo un sistema di interventi pubblici ta­li da garantire condizioni di sicurezza sociali va­lide per tutti. «Il problema che è necessario af­frontare per consentire che le strutture normali siano in grado di rispondere alle esigenze di una parte sempre più vasta di popolazione è quindi quello che forze sociali, sindacati, gruppi sponta­nei, la gente insomma, possano “contare” di più nella determinazione dei servizi necessari e nella loro gestione.

Questo discorso ricondotto alla realtà del si­stema assistenziale dimostra che una concreta iniziativa di riforma non può consistere semplice­mente in un fatto tecnico e burocratico, ma deve tradursi necessariamente in un fatto politicamen­te determinante.

Conseguenza immediata è infatti che non pos­siamo più consentire che per una parte della po­polazione italiana i servizi fondamentali vengano gestiti da una miriade di uffici, enti, livelli pub­blici (dagli ECA agli enti nazionali) rispetto ai quali non è possibile realizzare nessun tipo di in­tervento democratico. Di qui la prima richiesta, semplice anche se comprensibilmente colpisce interessi non indifferenti, di trasferire tutte le competenze agli enti locali democratici, anche per quanto riguarda i servizi sociali, abolendo di conseguenza gli enti ormai inutili».

Ne segue la necessità che siano unici tanto il livello di programmazione quanto il livello di tut­ti i servizi relativi ai settori fondamentali, e per questo non basta una razionalizzazione del siste­ma attraverso la riduzione degli enti inutili, ma lo sviluppo della partecipazione delle forze socia­li e sindacali e la gestione dei servizi affidata «agli enti democratici». Ribadito che la Regione Lombardia non sembra per ora aver fornito ri­sposte positive a una concreta politica dei servi­zi, almeno nella sua prima legislatura, Savi pas­sa ad illustrare il senso del Convegno. «È, in fondo, anche il senso di questo convegno. Men­tre la mediazione a livello parlamentare rischia di ridurre tutto il discorso di riforma ad un "fat­to tecnico e burocratico" l'interesse popolare ri­chiede che il dibattito su questi temi venga por­tato nelle associazioni, nei partiti, nelle piazze delle nostre città.

Lo sviluppo del dibattito non è quindi impor­tante solo perché pubblicizza un'iniziativa, quan­to piuttosto perché consente la maturazione di quadri di partito e di militanti nelle forze sociali e sindacali sulla tematica in questione.

È nostra convinzione infatti che, per giungere a risultati concreti nella direzione proposta, non sono certo sufficienti i dibattiti sui ruoli istituzio­nali (come questo); né lo può essere l'attività dei gruppi ed associazioni che, nel corso degli ultimi vent'anni, sono nati "all'interno" del mon­do assistenziale per tutelare gli interessi di ca­tegorie differenti. E questo al di là delle caratte­ristiche corporative oppure politicamente corret­te che li distinguono.

È necessario, cioè, che le tematiche di cui par­liamo “sfondino” all'interno delle forze dove “si fa politica”. In particolare nei partiti, dove oggi sono ancora troppo spesso più facilmente appannaggio di un numero limitato di "esperti" che non patrimonio anche solo del gruppo diri­gente».

 

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