Prospettive assistenziali, n. 36, ottobre-dicembre
1976
EDITORIALE
La
riforma dell'assistenza rischia di essere delusa anche dalle amministrazioni di
sinistra. Sembrano dimostrarlo recenti iniziative prese dalle forze politiche
per la conservazione di quelle istituzioni che hanno funzionato come strumenti di esclusione o come centri di potere, e contro le
quali si sono battute quelle forze di base che venivano maturando ed evolvendo
esigenze di servizi alternativi. Fra i vari enti da sciogliere i più forti per
il loro potere sia economico sia di egemonia
esercitata dalla DC sono le IPAB, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
Queste istituzioni, i loro patrimoni mobiliari e immobiliari, mai censiti e che
ammontano certamente ad alcune migliaia di miliardi (spesso utilizzati a fine
speculativo) consentirebbero, se sciolte e riconvertite, non solo la
risoluzione di gran parte dei problemi economici per la messa in funzione di
servizi alternativi nel campo socio-assistenziale, ma anche la destinazione
delle strutture per ridurre le carenze di posti letto
ospedalieri, di aule per scuole materne, dell'obbligo e superiori, e per altri
usi sociali.
Le
IPAB, regolamentate dalla legge n. 6972 del 27 luglio 1890, sono 9.400, e per
la maggior parte svolgono attività di ricovero ricevendo in appalto gli
assistiti (minori, handicappati, anziani) da Comuni, Province, ECA e da altri
enti.
La
loro gestione, pur essendo pubblica sul piano formale
(tutti gli atti sono sottoposti all'approvazione dei
Comitati regionali di controllo come avviene per i provvedimenti dei Comuni e
delle Province), sul piano sostanziale è di tipo privatistico.
Infatti spesso i membri dei consigli di
amministrazione sono designati da assemblee di soci, in genere fasulli; inoltre
sulle IPAB non viene esercitata vigilanza alcuna né da parte dei Comuni (le cui
competenze in merito sono affidate dalla legge n. 6972 del 27 luglio 1890), né
da parte delle Regioni.
Le
Amministrazioni regionali hanno inoltre la possibilità di sciogliere tutte le
IPAB (1), di modificare gli statuti, di raggruppare
quelle che hanno scopi analoghi, di provvedere alla nomina degli
amministratori qualora tale designazione sia prevista dagli statuti o fosse stata attribuita ai prefetti o ad altri organi dello
Stato (2).
Il
primo passo per lo scioglimento delle IPAB dovrebbe essere la creazione di
servizi alternativi. Là dove infatti sono stati
istituiti, non solo vi è stata una notevole diminuzione di assistiti, ma questo
ha messo in crisi le IPAB che si sono viste diminuire le entrate per carenza di
clienti, senza aver la possibilità di diminuire le spese per la difesa del
posto di lavoro portata avanti dal personale.
Iniziative per la
conservazione e il rafforzamento delle IPAB
La
conservazione e peggio ancora il rafforzamento delle IPAB costituiscono
fatti di una gravità estrema in quanto snaturano completamente la riforma
dell'assistenza, lasciando in funzione proprio quegli enti che per la loro
forza e per il loro numero sono sempre stati preposti alla segregazione
istituzionale. Ad una domanda crescente di cambiamento si risponde con una
linea di conservazione. Vediamo di puntualizzare quelle carenze
che agiscono in questa direzione:
1)
nel libro Il potere
assistenziale (3) uscito
nel
2)
la legge della Regione Lazio n. 2 del 12 gennaio 1976 «Riorganizzazione
ed integrazione dei servizi sanitari e sociali della Regione e istituzione
delle Unità locali per i servizi sociali e sanitari». In questa legge,
approvata da tutti i gruppi politici dell'arco costituzionale, è precisato
proprio all'art. 1, che «la riorganizzazione e l'integrazione dei servizi sociali
e sanitari» debba venir perseguita attraverso «il
piano regionale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza». Dal che si deduce che non vi è nessun orientamento verso
la loro soppressione nemmeno graduale;
3)
l'accordo del 12 gennaio 1976 sulle istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza (IPAB) della Provincia di Reggio Emilia così redatto:
Le rappresentanze provinciali reggiane del PCI - PSI -
DC - PSDI - PRI - PLI, riunite il 12 gennaio 1976, preso in esame la situazione
delle Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficenza (IPAB) operanti nel
territorio provinciale;
Tenuto conto delle indicazioni espresse dalle forze
politiche regionali, nel documento del novembre del 1973 e del programma
regionale di assistenza sociale, teso a realizzare il
principio costituzionale del diritto di beneficenza pubblica con un sistema di
servizi sociali che abolisca ogni forma di isolamento del singolo dalla
comunità, si impegnano:
a) affinché sulla base dei nuovi indirizzi fissati dalla
Regione, tutte le IPAB realizzino, in collaborazione con le Amministrazioni
comunali ed in un tempo ragionevolmente breve, le revisioni
statutarie necessarie al fine di adeguarsi alle finalità sopra richiamate;
b) di rinnovare con la massima sollecitudine i Consigli
di Amministrazione delle Opere Pubbliche scaduti;
c) di individuare tutte le IPAB per le quali unanimemente
si ritiene opportuna l'estinzione;
d) di procedere per settore omogenei
(anziani, infanzia, handicappati, ecc...) a fusioni, concentrazioni e consorzi
nell'ambito del territorio comunale, intercomunale, comprensoriale, tendendo a
qualificare gli interventi, avuti presenti i piani di assistenza sociale dei
Consorzi SocioSanitari demandando il coordinamento di tutte le attività
assistenziali ai Consorzi stessi nel rispetto delle prerogative degli Enti
previsti dalla legge; in particolare si impegnano ad esaminare l'opportunità
di giungere alla fusione dell'Opera Pia Orfanotrofi con l'Opera Pia Artigianelli di Reggio E., nel pieno rispetto di tutti gli
interessi originari;
e) di pervenire a gestioni omogenee delle IPAB da realizzarsi
eventualmente anche attraverso la stipula di convenzioni
con gli Enti locali;
f) di esaminare l'opportunità di trasformare i
patrimoni delle istituzioni con investimenti patrimoniali in servizi sociali o comunque in investimenti aventi finalità sociali compatibili
con le norme statutarie e di legge, tenuto conto della programmazione dei
Consorzi Socio-Sanitari e delle future Unità locali dei servizi sanitari e
sociali;
g) di nominare i rappresentanti di competenza della Regione nei Consigli di Amministrazione, in
proporzione alla forza elettorale rappresentata nel Consiglio Regionale e
dichiarano il loro impegno affinché anche per le nomine di competenza della
Provincia, dei Comuni e degli ECA si proceda con criteri che tengano conto
anche della configurazione politica locale. Al fine di assolvere
a questo compito, impegnano i consiglieri delle Opere Pie loro aderenti,
nominati dai Prefetti od altra autorità, a dimettersi entro la fine del mese di
febbraio '76, indipendentemente dalla data di scadenza del loro mandato, per
consentire alla Regione di sostituirli con i propri rappresentanti, secondo le
indicazioni contenute in allegato;
h) di promuovere congiuntamente, nelle
settimane seguenti alla firma del presente accordo, riunioni dei loro
rappresentanti a livello delle zone
per esaminare nel merito i problemi proposti dal presente accordo al fine
della sua applicazione e realizzazione nelle realtà locali.
4)
la bozza di progetto della Regione Piemonte dell'ottobre scorso che prevede nei
riguardi delle IPAB «tre ordini di obbiettivi, tra di
loro non alternativi, né necessariamente successivi in ordine temporale» e
cioè:
«a)
accorpamenti e fusione degli enti aventi fini
istituzionali compatibili;
«b) scioglimento degli enti non più in grado di
perseguire i fini istituzionali compatibili;
«c)
convenzione tra IPAB ed enti locali per la erogazione
dei servizi»;
5)
la delibera della Giunta regionale piemontese n. 46-4865 del 5-10-1976,
pubblicata sul Bollettino ufficiale il 19-11-1976, con cui viene approvata la
riorganizzazione dell'IPA8 «Casa
Benefica» di Pianezza (Torino) e la convenzione fra l'ente stesso con i Comuni
di Torino e Pianezza e
6)
il documento base del convegno organizzato dall'ISTISS (Roma, dal 15 al 17
dicembre '76) sul tema
«Il pluralismo nell'intervento sociale» in
cui è scritto quanto segue: «Affermatosi
ormai chiaramente che spetta agli Enti locali o ai loro consorzi il ruolo di
programmazione dell'intervento sociale, si delinea
più facilmente lo spazio da riservare all'iniziativa privata in un rapporto che
non è di contrasto ma anzi è di promozione, di collaborazione e di integrazione
dell'iniziativa pubblica. Esistono infatti una serie
di momenti nell'ambito dell'organizzazione e della gestione dei servizi in cui
l'iniziativa privata non solo non si sovrappone a quella pubblica, alterando la
sistematicità di un disegno globale e integrato di servizi, ma anzi può
svolgere un ruolo di evidenziazione e di precisazione dei bisogni, di
individuazione e di gestione degli interventi, di controllo delle risorse.
In
questo senso attendono un approfondimento, sulla base delle esperienze
maturate nel corso di questi ultimi anni e con riferimento alla riforma
dell'assistenza, sia i problemi di carattere generale come quelli relativi ai coordinamento tra iniziativa pubblica e privata
nello stato delle autonomie e del pluralismo, sia problemi più specifici quali
le forme e i modi della partecipazione, l'associazionismo tra cittadini portatori
di determinati bisogni, il ruolo del volontariato nei servizi sociali, le
prospettive di ruolo per le IPAB e le altre istituzioni di assistenza».
È
inoltre significativo che l'ultima relazione prevista
nel convegno sia sul tema «Origine e destino delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza» e che essa sia stata affidata a
F. Terranova.
Conclusioni
Dagli
elementi sopra riportati non emerge nessuna seria proposta o preparazione per una alternativa, ma solo un compromesso fra una politica
sociale che è rimasta quella del passato e una nuova prospettiva che è solo una
speranza.
Ne
deriva il pericolo che la legge di riforma - se e quando verrà - non sia una
vera riforma ma solo una razionalizzazione di modelli
esistenti, gestita nella maniera di sempre, anche se mascherata dalla
soppressione degli enti che contano meno sul piano del potere e dell'emarginazione
come gli ECA ed i patronati scolastici, ma con la conservazione di quelli che
contano di più come le IPAB.
Per
evitare tutto ciò è necessario e urgente che si mobilitino le forze sociali e
il sindacato.
(1) Sono escluse dalla
competenza regionale le IPAB che svolgono attività in due o più regioni. Nei
confronti di queste IPAB le competenze di vigilanza, di concentrazione, di
modifica degli statuti e di scioglimento spettano al Ministero
dell'interno.
(2) Al riguardo si
segnala la legge della Regione Piemonte n. 15 del 26-3-1976: «Norme per
l'esercizio delle funzioni trasferite dal D.P.R.
15-1-1972 n.
Art. 1 -
Art. 2 -
(3) V. la recensione
in Prospettive assistenziali n. 33,
pag. 59.
(4) Prima che fosse
pubblicata la delibera, il Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di
base e il Coordinamento dei comitati di quartiere avevano diffuso il seguente
volantino:
«Gli istituti assistenziali
non devono essere ristrutturati a spese dei bambini.
Nella bozza di accordo attualmente
in discussione non sono indicati interventi alternativi per i bambini
ricoverati, ma si prevede invece la continuità della loro emarginazione e
segregazione dal contesto sociale. Anzi l'assistenza al
bambini, ancora appaltata all'istituto "Casa Benefica", è
destinata a peggiorare per la prevista riduzione del personale (dagli attuali
60 ai 25 addetti previsti) e dei locali disponibili.
Non vogliamo che i bambini siano allontanati dalle loro
famiglie e dal loro ambiente e rinchiusi in un
istituto! Chiediamo che anche per questi bambini, come per le altre migliaia di
ricoverati negli istituti del Piemonte, sia data concreta e immediata
applicazione:
- da parte della Regione della delibera n. 40-2603 dell'aprile 1976;
- da parte del Comune di Torino della
delibera approvata il 13 settembre 1976.
Queste delibere (n.d.r.: pubblicate sul n. 35 di Prospettive assistenziali)
prevedono in alternativa al ricovero:
- la messa a disposizione dei servizi primari (asili
nido, scuola materna e dell'obbligo, casa, trasporto) per eliminare o ridurre
le cause che provocano le richieste di assistenza;
- assistenza domiciliare, compresa quella
educativa;
- contributi economici;
- adempimenti per l'applicazione della legge
sull'adozione speciale dei minori;
- affidamenti educativi a famiglie e persone;
- comunità alloggio gestite
direttamente dai comuni.
Chiediamo che anche
Gli istituti pubblici di ricovero come quello di
"Casa Benefica" non vanno ristrutturati per garantire la loro sopravvivenza, ma devono essere superati con la creazione di
idonei interventi alternativi da parte dei Comuni a livello delle unità locali
dei servizi, garantendo al personale degli istituti stessi il posto di lavoro nei
nuovi servizi nel rispetto dei loro diritti sindacali».
www.fondazionepromozionesociale.it