Prospettive assistenziali, n. 36
bis, dicembre 1976
INTRODUZIONE
Nel campo dei servizi,
Sarà l'ordinamento delle Regioni a
creare nuove aspettative: l'instaurazione
dell'ordinamento regionale costituisce infatti una innovazione, valida sia nel
significato del mutamento che introduce, sia per la possibile dialettica fra
l'apparato centrale, le Regioni, gli Enti locali, e le forze sindacali e sociali
e la popolazione.
Questa raccolta che pubblichiamo
esaminerà diffusamente gli atti della prima legislatura regionale piemontese e vedremo come la maggioranza democristiana non
abbia risposto alle esigenze reali della popolazione, come il problema sanitario
sia stato visto soprattutto come costruzione di nuovi ospedali e come l'assistenza
sia rimasta arretrata nel suo concetto di separazione e di emarginazione:
ricoveri in istituto di minori, centri per handicappati, ricoveri
per anziani, nessuna informazione,
nessuna adeguata riqualificazione del personale, nessuna risposta a quelle
richieste che i sindacati, i comitati di quartiere, le forze sociali e la
popolazione avevano indicato come prioritarie e per la quale si erano
mobilitati (*).
Tale situazione è quella che si é
trovata in eredità in Piemonte la nuova Amministrazione di sinistra.
Portata al governo in un clima di intensa partecipazione, essa ha risposto con un
programma sostanzialmente valido, ma ha assunto un metodo di lavoro e approvato
provvedimenti con contenuti che hanno bloccato le forze di base in una
alternanza di speranze e di delusioni, di nuovi slanci e di nuove battute di
arresto. La richiesta da parte delle forze sindacali e sociali
e dei cittadini che la nuova Amministrazione fosse capace non solo di «buon
governo», ma si configurasse come rottura e alternativa rispetto al passato,
finora è andata in parte delusa. Verificheremo, attraverso i suoi atti, i risultati
conseguiti, ma perché sia costruttiva questa analisi è
necessario formulare due ipotesi:
1) i forti interessi preesistenti,
che premono per la conservazione dei centri di potere e delle vecchie
strutture, hanno preoccupato i nuovi Amministratori
che in un incerto equilibrio cercano di non seminare scontenti e ribellione
da una parte e di ricuperare credibilità con comportamenti non troppo remissivi
dall'altra;
2) gli Assessori competenti e la
nuova Giunta sono rimasti condizionati dalla gestione del contingente ed hanno
perciò assunto provvedimenti caso per caso, calati
dall'alto, senza investire le strutture sindacali, i movimenti di base, le
associazioni, i singoli cittadini ai quali spettano la possibilità e gli
strumenti per discutere sul modo di affrontare i problemi della salute,
dell'assistenza, della scuola, della casa, insomma del vivere nel territorio.
Queste ipotesi hanno bisogno di
nuove verifiche, di ulteriori confronti, di un
ricupero di credibilità per ridare forza al movimento di partecipazione.
Per questo riteniamo necessario da
parte del
a) l'assunzione reale (e pertanto
anche negli impegni di spesa oltre che nei programmi!) della prevenzione
sanitaria e sociale quale strategia alternativa
all'attuale sistema sanitario riparativo e
all'emarginazione assistenziale. Mentre la sanità deve essere profondamente
ristrutturata, l'assistenza deve essere superata (vedasi
più avanti lo schema sugli orientamenti politici ed operativi esistenti nei
settori della sanità e dell'assistenza). Una preminente importanza rivestono l'igiene e medicina del lavoro (unità di base),
ma questi compiti come tutti gli altri interventi sanitari e
socio-assistenziali non devono nascere come servizi a se stanti, ma come
attività unificate a livello di territorio;
b) l'assunzione reale da parte della Regione (Consiglio, Giunta, Dipartimenti, Assessorati)
del metodo della partecipazione degli enti locali, delle forze sindacali e
sociali e della popolazione e l'avvio di dibattiti (e non solo consultazioni
sulle proposte di legge) per l'approfondimento delle esigenze, delle risposte,
delle priorità e delle compatibilità;
c) una informazione
completa e tempestiva in un processo di andata e ritorno fra istituzioni,
operatori e movimenti di base;
d) l'istituzione (urgentissima)
degli organi di governo (Consorzi di Comuni e Comunità montane) delle 53 unità
locali del territorio regionale, esclusa fa città di
Torino poiché il Comune capoluogo si è già impegnato alla costituzione dei
consigli di quartiere. L'urgenza della istituzione
degli organi di governo delle 50 unità locali trova conferma nelle iniziative
che sono state assunte (v. ad esempio il Comune di Novara) o stanno per esserlo
(v. ad esempio i Comuni di Moncalieri e Settimo Torinese) per l'istituzione di
consigli di quartiere.
Il decentramento, valido per la
città di Torino che comprende 23 unità locali, contrasta invece in tutto il
restante territorio regionale in quanto tutte le rimanenti 53 unità locali
comprendono un insieme di Comuni i quali devono pertanto
unificare i loro attuali servizi e quelli che verranno delegati dalla Regione.
Se poi ai consigli di quartiere si intendono invece
attribuire poteri consultivi, allora l'iniziativa deve essere rifiutata in
quanto la partecipazione non deve essere istituzionalizzata poiché altrimenti
si ripresenta sotto forma di delega affidata a poche persone (v. il fallimento
dei consigli di circolo e di istituto);
e) la delega alle Unità locali di
tutti i servizi di base;
f) la
riorganizzazione degli uffici regionali fondata da un lato sul lavoro
dipartimentale (Sanità, Assistenza e Istruzione) e d'altro lato sul riferimento effettivo alle unità
locali dei servizi;
g) la predisposizione partecipata di
progetti fattibili sia sul piano finanziario (**) che organizzativo, progetti
che pongono i problemi dell'utilizzazione dei
patrimoni, strutture, attrezzature e del personale esistenti nei servizi. Fra
questi progetti quelli più urgenti, a nostro avviso, sono il piano ospedaliero,
che tenga conto della reale necessità di posti letto e del collegamento con il
territorio, il piano dei servizi socio-assistenziali
alternativi che si proponga la massima riduzione dei ricoverati in
istituto di minori, handicappati, anziani, e il piano per la riqualificazione
del personale esistente per non creare doppie spese e soprattutto servizi
paralleli in conflitto fra di loro;
h) una rielaborazione del piano di
sviluppo regionale che tenga conto delle proposte di cui sopra.
Tutto questo è fattibile, a nostro
avviso, nella misura in cui il decentramento e le deleghe
alle unità locali sono intese non soltanto come razionalizzazione
amministrativa, ma come una condizione indispensabile perché la partecipazione
possa attuarsi.
Torino, 15 novembre 1976.
NOTA:
I provvedimenti regionali sono stati ricavati dai Bollettini ufficiali.
L'ultimo Bollettino ufficiale esaminato è il n. 43 del 19 ottobre 1976.
(*) V. la proposta di
legge di iniziativa popolare «Competenze regionali in materia di servizi
sociali e scioglimento degli enti assistenziali», in Prospettive assistenziali n. 29 bis.
(**) Il bilancio
regionale di previsione per l'anno 1976 prevede una spesa complessiva di 450
miliardi circa, di cui 261 per la sanità e 15 per l'assistenza. Inoltre nel
bilancio suddetto è previsto che altri 35 miliardi vengano
destinati a contributi per il completamento di opere di edilizia ospedaliera.
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