Prospettive assistenziali, n. 36 bis, dicembre 1976

 

 

INTRODUZIONE

 

 

Nel campo dei servizi, la DC ha esercitato per 30 anni la sua politica clientelare che soprat­tutto si è abbattuta sulla gestione assistenziale e sanitaria e su quella della formazione degli operatori. Partito di maggioranza, occupato a spartire i posti di potere, non ha accettato mu­tamenti di fondo. Il Parlamento non ha approva­to una sola legge di riforma, ma solo leggine che hanno significato, per l'assistenza e per la sanità, la rinuncia a scelte significative e la continuazione di una gestione di interessi gene­rali affidata ad enti strumentali. Alla Costitu­zione che sancisce il diritto alla casa, alla sa­lute, alla scuola per tutti, ai servizi sociali, alla partecipazione dei cittadini alle scelte politi­che, si è risposto finora in modo opposto con una gestione centralizzata, burocratica, cliente­lare. I governi DC hanno privilegiato gli enti settoriali pubblici e le istituzioni private crean­do una ragnatela di interessi difficile da com­battere ed eliminare e, quando si è trattato di enti pubblici, hanno favorito proprio quelli più burocratici (ECA, IPAB, Patronati scolastici, ecc.) e cioè quelli per il cui scioglimento lot­tano da lungo tempo i sindacati ed i movimenti di base.

Sarà l'ordinamento delle Regioni a creare nuo­ve aspettative: l'instaurazione dell'ordinamento regionale costituisce infatti una innovazione, valida sia nel significato del mutamento che introduce, sia per la possibile dialettica fra l'ap­parato centrale, le Regioni, gli Enti locali, e le forze sindacali e sociali e la popolazione.

Questa raccolta che pubblichiamo esaminerà diffusamente gli atti della prima legislatura re­gionale piemontese e vedremo come la mag­gioranza democristiana non abbia risposto alle esigenze reali della popolazione, come il pro­blema sanitario sia stato visto soprattutto come costruzione di nuovi ospedali e come l'assisten­za sia rimasta arretrata nel suo concetto di se­parazione e di emarginazione: ricoveri in isti­tuto di minori, centri per handicappati, ricoveri

per anziani, nessuna informazione, nessuna ade­guata riqualificazione del personale, nessuna risposta a quelle richieste che i sindacati, i co­mitati di quartiere, le forze sociali e la popola­zione avevano indicato come prioritarie e per la quale si erano mobilitati (*).

Tale situazione è quella che si é trovata in eredità in Piemonte la nuova Amministrazione di sinistra.

Portata al governo in un clima di intensa par­tecipazione, essa ha risposto con un programma sostanzialmente valido, ma ha assunto un me­todo di lavoro e approvato provvedimenti con contenuti che hanno bloccato le forze di base in una alternanza di speranze e di delusioni, di nuovi slanci e di nuove battute di arresto. La richiesta da parte delle forze sindacali e socia­li e dei cittadini che la nuova Amministrazione fosse capace non solo di «buon governo», ma si configurasse come rottura e alternativa ri­spetto al passato, finora è andata in parte de­lusa. Verificheremo, attraverso i suoi atti, i ri­sultati conseguiti, ma perché sia costruttiva questa analisi è necessario formulare due ipo­tesi:

1) i forti interessi preesistenti, che premo­no per la conservazione dei centri di potere e delle vecchie strutture, hanno preoccupato i nuovi Amministratori che in un incerto equili­brio cercano di non seminare scontenti e ribel­lione da una parte e di ricuperare credibilità con comportamenti non troppo remissivi dall'altra;

2) gli Assessori competenti e la nuova Giunta sono rimasti condizionati dalla gestione del contingente ed hanno perciò assunto prov­vedimenti caso per caso, calati dall'alto, senza investire le strutture sindacali, i movimenti di base, le associazioni, i singoli cittadini ai quali spettano la possibilità e gli strumenti per di­scutere sul modo di affrontare i problemi della salute, dell'assistenza, della scuola, della casa, insomma del vivere nel territorio.

Queste ipotesi hanno bisogno di nuove verifi­che, di ulteriori confronti, di un ricupero di credi­bilità per ridare forza al movimento di parteci­pazione.

Per questo riteniamo necessario da parte del­la Giunta regionale:

a) l'assunzione reale (e pertanto anche ne­gli impegni di spesa oltre che nei programmi!) della prevenzione sanitaria e sociale quale stra­tegia alternativa all'attuale sistema sanitario ri­parativo e all'emarginazione assistenziale. Men­tre la sanità deve essere profondamente ristrut­turata, l'assistenza deve essere superata (ve­dasi più avanti lo schema sugli orientamenti politici ed operativi esistenti nei settori della sanità e dell'assistenza). Una preminente im­portanza rivestono l'igiene e medicina del lavo­ro (unità di base), ma questi compiti come tutti gli altri interventi sanitari e socio-assistenziali non devono nascere come servizi a se stanti, ma come attività unificate a livello di territorio;

b) l'assunzione reale da parte della Regio­ne (Consiglio, Giunta, Dipartimenti, Assessora­ti) del metodo della partecipazione degli enti locali, delle forze sindacali e sociali e della po­polazione e l'avvio di dibattiti (e non solo con­sultazioni sulle proposte di legge) per l'appro­fondimento delle esigenze, delle risposte, delle priorità e delle compatibilità;

c) una informazione completa e tempestiva in un processo di andata e ritorno fra istituzio­ni, operatori e movimenti di base;

d) l'istituzione (urgentissima) degli organi di governo (Consorzi di Comuni e Comunità montane) delle 53 unità locali del territorio re­gionale, esclusa fa città di Torino poiché il Co­mune capoluogo si è già impegnato alla costitu­zione dei consigli di quartiere. L'urgenza della istituzione degli organi di governo delle 50 uni­tà locali trova conferma nelle iniziative che sono state assunte (v. ad esempio il Comune di Novara) o stanno per esserlo (v. ad esempio i Comuni di Moncalieri e Settimo Torinese) per l'istituzione di consigli di quartiere.

Il decentramento, valido per la città di Torino che comprende 23 unità locali, contrasta invece in tutto il restante territorio regionale in quan­to tutte le rimanenti 53 unità locali compren­dono un insieme di Comuni i quali devono per­tanto unificare i loro attuali servizi e quelli che verranno delegati dalla Regione. Se poi ai consi­gli di quartiere si intendono invece attribuire poteri consultivi, allora l'iniziativa deve essere rifiutata in quanto la partecipazione non deve essere istituzionalizzata poiché altrimenti si ri­presenta sotto forma di delega affidata a poche persone (v. il fallimento dei consigli di circolo e di istituto);

e) la delega alle Unità locali di tutti i ser­vizi di base;

f) la riorganizzazione degli uffici regionali fondata da un lato sul lavoro dipartimentale (Sanità, Assistenza e Istruzione) e d'altro lato sul riferimento effettivo alle unità locali dei servizi;

g) la predisposizione partecipata di pro­getti fattibili sia sul piano finanziario (**) che organizzativo, progetti che pongono i problemi dell'utilizzazione dei patrimoni, strutture, attrez­zature e del personale esistenti nei servizi. Fra questi progetti quelli più urgenti, a nostro avviso, sono il piano ospedaliero, che tenga conto della reale necessità di posti letto e del collegamento con il territorio, il piano dei ser­vizi socio-assistenziali alternativi che si pro­ponga la massima riduzione dei ricoverati in istituto di minori, handicappati, anziani, e il pia­no per la riqualificazione del personale esistente per non creare doppie spese e soprattutto ser­vizi paralleli in conflitto fra di loro;

h) una rielaborazione del piano di sviluppo regionale che tenga conto delle proposte di cui sopra.

Tutto questo è fattibile, a nostro avviso, nella misura in cui il decentramento e le deleghe alle unità locali sono intese non soltanto come ra­zionalizzazione amministrativa, ma come una condizione indispensabile perché la partecipa­zione possa attuarsi.

 

Torino, 15 novembre 1976.

 

 

NOTA: I provvedimenti regionali sono stati ricavati dai Bollettini ufficiali. L'ultimo Bollettino ufficiale esaminato è il n. 43 del 19 ottobre 1976.

 

 

(*) V. la proposta di legge di iniziativa popolare «Competenze regionali in materia di servizi sociali e scioglimento degli enti assistenziali», in Prospettive assistenziali n. 29 bis.

(**) Il bilancio regionale di previsione per l'anno 1976 prevede una spesa complessiva di 450 miliardi circa, di cui 261 per la sanità e 15 per l'assistenza. Inoltre nel bilancio suddetto è previsto che altri 35 miliardi vengano destinati a contributi per il completamento di opere di edilizia ospedaliera.

 

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