Prospettive assistenziali, n. 36 bis, dicembre 1976

 

 

LA SECONDA LEGISLATURA REGIONALE (agosto 75 - settembre 76)

 

 

L'elezione della nuova Giunta di sinistra alla Regione Piemonte aveva suscitato molte aspet­tative in tutte quelle forze sociali che si erano battute per un cambiamento.

La federazione CGIL, CISL, UIL del Piemonte presenta una piattaforma sui problemi della sa­nità e dell'assistenza, con l'intento di confrontar­si con le nuove Giunte comunali, provinciali, re­gionali, con una proposta di condizioni minime vincolanti, che accoglie il principio della parte­cipazione del sindacato alle scelte, decisioni e attività delle unità locali.

Altre associazioni, che operano da anni nel campo dei servizi sociali, forniscono le prime in­dicazioni raccolte dalle loro esperienze e emer­se dalla caotica politica di beneficenza ed assi­stenza durata molti anni e che ha visto la so­vrapposizione di competenze di 60.000 enti e una terribile situazione di emarginazione per gli assistiti.

Pubblichiamo per ordine le due piattaforme:

 

 

PIATTAFORMA PRESENTATA DAI SINDACATI ALLA REGIONE PIEMONTE, ALLE PROVINCE E AI COMUNI

 

Premessa politica

Dopo i primi incontri con i Partiti politici per un confronto delle posizioni sui programmi del­le nuove Giunte comunali, provinciali e regiona­le, la Federazione regionale CGIL - CISL - UIL ha prodotto, ricuperando tutte le posizioni già espresse in passato, una prima documentazione sui problemi della sanità e assistenza che si ri­tiene debba essere posta in discussione allo sco­po di aiutare tutte le strutture del sindacato a:

1) acquisire in proprio una conoscenza rea­le sui problemi generali e specifici della sanità e assistenza collegandoli a tutti gli altri presenti nella fabbrica e nel territorio (occupazione, ri­strutturazione, investimenti, riforme dei traspor­ti, casa, scuola ecc.);

2) tenere sempre più conto della inscindibili­tà fra salario diretto (soggetto a continuo proces­so inflazionistico) e salario sociale che si con­cretizza in servizi (che se funzionanti e rispon­denti alle reali esigenze della gente sono un com­plemento stabile del salario) da cui derivano pos­sibilità concrete di collegamento fra fabbrica e territorio e fra lotta per contrattare i processi di ristrutturazione aziendali e quella di ristruttura­zione dei servizi;

3) valutare che una risposta adeguata alle esigenze in servizi sanitari e sociali unitamente a casa, trasporti, scuola ecc. è una delle condi­zioni per attuare un diverso modello di sviluppo;

4) tenere conto del notevole incremento all'occupazione che comporta una reale attuazio­ne dei servizi rapportati ai bisogni della popola­zione;

5) considerare in modo sempre più attento la necessità di passare dall'attuale modello de­gli enti che intervengono solo quando uno è già ammalato o infortunato a un sistema diretto ad assumere il massimo benessere psico-fisico, fat­to che comporta da un lato l'inscindibilità nell'im­postazione e nell'attuazione fra prevenzione sa­nitaria e sociale, cura e riabilitazione e promo­zione sociale e, dall'altro lato, l'assunzione in ter­mini prioritari della prevenzione sanitaria e so­ciale nella fabbrica e fuori;

6) non cadere in soluzioni di razionalizzazio­ne, ma superare gli interventi di assistenza e be­neficenza che sono sempre dei mezzi per emar­ginare e segregare le persone (nella fabbrica autolicenziamenti, prepensionamento, ecc. e fuori) e, in ogni caso, per operare al fine di ridurre le cause socio-economiche che provocano le richie­ste di assistenza a fatti ed esigenze individuali.

In questo contesto è oggi fondamentale la ne­cessità di un esame degli scopi e funzioni reali che il padronato ha attribuito e continua ad attri­buire ai servizi sociali di fabbrica e che gli ope­ratori addetti, in mancanza di servizi pubblici al­ternativi, sono di fatto nella impossibilità di con­trastarne le finalità. Si tratta d'un grosso proble­ma che investe ad esempio gli articoli 5, 9, 12 dello statuto dei diritti dei lavoratori e che, in rapporto a tutti i processi di ristrutturazione e alle nuove possibilità di sbocco sul territorio, de­ve essere affrontato anche all'interno delle piat­taforme per i rinnovi contrattuali;

7) avere presente che l'attuazione di servizi sanitari e sociali adeguati, conseguenza dell'a­zione sull'ambiente e sulla organizzazione del la­voro in fabbrica, può portare (come comprovano alcune esperienze) prima di tutto alla riduzione della mortalità infantile e delle malattie in gene­re e ad assicurare ai lavoratori uno stato di be­nessere psico-fisico e una durata della vita, nei termini medio-normali, diversa da come avviene attualmente (oggi, infatti, la vita del lavoratore, oltre che tribolata, è fino a 10-15 anni inferiore rispetto alla media).

 

Punti di confronto con Regione Piemonte, Pro­vince, Comuni sui problemi della sanità e assi­stenza

1) Affermazione della inscindibilità fra sani­tà e assistenza nella programmazione e gestione degli interventi e della formazione, aggiornamen­to e riqualificazione del relativo personale.

2) Precisazione delle aree di intervento: la Regione promuove, coordina, legifera, finanzia, delega i poteri ai Comuni, affinché li esercitino a livello delle Unità locali dei servizi sanitari e so­ciali.

Le Unità locali dei servizi sanitari e sociali sa­ranno gestite esclusivamente dai Comuni in for­ma associata o decentrata (Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità Montane, Consigli di quar­tiere).

Dovranno essere concordate le modalità per l'inserimento operativo (e non istituzionale) nelle Unità locali dei Servizi sanitari e sociali del per­sonale e delle strutture degli altri enti ivi com­prese le Province.

3) Provvedimenti regionali promozionali a fa­vore dei Comuni per servizi alternativi a livello delle Unità locali dei Servizi sanitari e sociali in materia di sanità e assistenza (come ad esempio le proposte di legge dei Comuni di Settimo Tori­nese e di Torino) per le materie non delegabili.

4) La ripartizione del territorio deve realiz­zarsi in modo unitario per tutti gli ordini di pro­blemi (Consigli di quartiere, distretti scolastici, zone psichiatriche, Unità locali dei servizi sanita­ri e sociali, ecc.) anche per garantire l'unitarietà di intervento nei servizi; coordinamento della ri­partizione territoriale di cui sopra con i compren­sori.

5) Censimento di tutte le strutture (pubbli­che e private) e attrezzature attualmente prepo­ste all'intervento sanitario e assistenziale, da realizzarsi a livello di dimensione di Unità lo­cale dei servizi sanitari e sociali e sue articola­zioni, in diretto rapporto con i bisogni della po­polazione (nei luoghi di lavoro e non) ricavati da reali momenti di partecipazione alla definizione delle scelte e loro priorità.

6) Impegno degli Enti locali (Regione, Provin­ce e Comuni) a realizzare interventi utilizzando e coordinando tutte le loro strutture, nonché pre­disponendo l'estensione di tali attività coordina­te a quelle degli enti mutualistici e ospedalieri (anticipando con ipotesi concrete le strutture del costruendo servizio sanitario nazionale).

7) Passare alla concreta attuazione della deli­bera approvata dal Consiglio regionale sulla isti­tuzione dei dipartimenti di emergenza e accet­tazione; nonché alla formulazione di un disegno di legge regionale per la formazione, riqualifica­zione e aggiornamento permanente degli opera­tori socio-sanitari, sulla base dei criteri indicati dal contratto unico degli ospedalieri, e della pro­posta presentata dalla Federazione regionale pie­montese dei lavoratori ospedalieri.

8) Impegno in rapporto alla proposta di leg­ge di iniziativa popolare «Competenze regionali in materia di servizi sociali e scioglimento degli enti assistenziali», non solo in termini di raccol­ta delle firme, ma anche come momenti concreti di avvio al coordinamento e alla ristrutturazione del settore.

 

Nell'immediato

In attesa delle deleghe ai Comuni, realizzazio­ne delle Unità di base, quale uno dei servizi dell'Unità locale dei servizi sanitari e sociali in tut­to il territorio della Regione, per un intervento di prevenzione del rischio, di accertamento e tutela del danno nei luoghi di lavoro (articoli 5, 9, 12 dello Statuto dei lavoratori) al fine di rispondere alle esigenze dei lavoratori e all'impegno dei Co­muni singoli o associati (o, per Torino, a livello di singole zone) respingendo ogni forma di ac­centramento gestionale.

Effettuare la raccolta e corretta gestione del­le informazioni e dati esistenti, mediante l'utiliz­zo di alcune strutture (innanzi tutto l'INAIL, il Centro per l'asbestosi, i servizi di medicina del lavoro, l'INAM e Casse mutue).

Riorganizzare le strutture degli Enti locali (CPA, ecc.) e loro adeguamento per una utilizza­zione aperta, per avviare a soluzione i problemi dell'intasamento dei laboratori di analisi delle mutue e degli ospedali, offrendo così una alter­nativa alla tendenza alla privatizzazione di questo servizio.

Verifica della situazione per avviare soluzio­ni che investano anche tutto l'aspetto della me­dicina specialistica.

Proroga dei termini della legge regionale sugli asili-nido per quanto concerne il personale ed i relativi corsi professionali.

Primi interventi di riordinamento del settore della formazione, riqualificazione e aggiornamen­to professionali per bloccare la proliferazione di scuole e corsi inidonei e di false specializzazioni e qualifiche.

 

Criteri per la ripartizione del territorio regionale in unità locali dei servizi

1) Ciascuna Unità locale deve comprendere una popolazione non inferiore a 20.000 abitanti nelle zone con popolazione dispersa e non supe­riore a 80.000 abitanti nelle zone urbane ad alta densità demografica (tale limite massimo potrà essere superato per Torino, ma non oltre i 90.000 abitanti).

2) Ciascuna Unità locale deve essere rispon­dente alle condizioni socio-economiche del terri­torio, alla sua conformazione geomorfologica e alle possibilità delle comunicazioni interne.

3) Ciascuna Unità locale deve essere tale da consentire l'unificazione nella zona dei servizi di base prescolastici e scolastici, culturali, ricreati­vi, abitativi e sociali in genere sia per quanto concerne la direzione politico-amministrativa, sia nei riguardi delle aree d'intervento.

4) Le zone dei Comuni comprendenti più Uni­tà locali devono coincidere con il territorio dei Consigli di quartiere.

Gli altri Comuni devono appartenere nella loro interezza ad una sola Unità locale.

5) Le aziende, se costituiscono un complesso industriale unitario, devono fare parte nella loro interezza di una sola Unità locale.

6) Tenuto conto dei criteri sopraindicati, per quanto possibile, l'ambito territoriale di ciascuna Unità locale deve coincidere con quello della Co­munità montana o comprendere una o più Comu­nità montane nella loro interezza.

7) Le articolazioni territoriali preesistenti o in fase di proposta devono adeguarsi alle Unità locali.

 

Nota esplicativa del documento su sanità e assi­stenza presentato negli incontri Sindacato - Re­gione - Province - Comuni

I punti essenziali di riferimento per la riforma dei servizi sanitari e sociali sono:

- una risposta globale e unitaria alle esi­genze della popolazione e della comunità;

- la partecipazione come elemento fonda­mentale per costruire la riforma e per una sua gestione democratica.

Sul piano istituzionale questi due elementi por­tano all'identificazione da un lato di ambiti ter­ritoriali ben definiti e non troppo ampi perché la partecipazione possa incidere e, dall'altro lato, di ambiti non troppo ristretti affinché possano es­sere istituiti il maggior numero dei servizi ne­cessari.

Tale struttura che viene chiamata Unità locale dei servizi sanitari e sociali (comprendente da 20.000 abitanti circa nelle zone disperse a 80.000 circa nelle zone ad alta concentrazione) deve a­vere un unico organo di governo per la gestione politico-amministrativa che viene individuato nel Comune o nel Consorzio di Comuni o nelle Co­munità montane o nei Consigli di quartiere.

L'impegno chiesto alla Regione di realizzare con legge apposita le ULSSS, se attuato, rappre­senta una grossa conquista poiché costituisce un elemento di rottura del vecchio sistema, una an­ticipazione concreta della riforma del settore, unifica per la prima volta i problemi e le attività sanitarie e sociali.

Tuttavia, è importante anche definire se l'Uni­tà locale deve essere una organizzazione limitata ai servizi sanitari e sociali con il pericolo di iso­lare la sanità e l'assistenza dagli altri interventi, creare organismi istituzionali per le varie mate­rie (sanità e assistenza, urbanistica, trasporti, at­tività culturali ricreative ecc.) e, quindi, un og­gettivo ostacolo ad una partecipazione politica non settoriale e non corporativa.

Inoltre, questa separazione essendo in contra­sto con la necessità di iniziative politiche globa­li e di un impegno programmatorio e gestionale unitario, rischia, di fatto, di impedire la realizza­zione della piena autonomia dei poteri locali e la rifondazione dei Comuni intesi da un lato come Enti locali democratici di natura politica e, dall'altro, come strutture che - come area, come mezzi e come strumenti di intervento - sono un momento reale ed efficace di organizzazione e gestione di tutti i servizi in risposta alle esi­genze e ai bisogni di una popolazione che risiede o che lavora su un dato territorio.

L'ipotesi alternativa (premesso che la realizza­zione delle ULSSS è una grossa conquista) è in­vece quella di operare alla realizzazione dell'Uni­tà locale di tutti i servizi di base (in linea con la rifondazione del Comune), obiettivo che potrà es­sere raggiunto anche con la creazione, in un pri­mo tempo, dell'ULSSS alla condizione, però, che si abbia ben chiaro questo obiettivo.

A questo riguardo è bene ricordare che la re­gione Umbria:

- con legge 14 novembre 1974 n. 57 ha co­stituito le ULSSS;

- con legge 6 marzo 1975 n. 11 ha attribuito alle ULSSS anche i compiti in materia di soggior­ni e campeggi estivi e invernali o permanenti e di attività extra-scolastiche riconducibili al con­cetto di assistenza estiva ed invernale;

- con legge 3 giugno 1975 n. 39 ha delegato ai Comuni le materie relative a biblioteche, mu­sei, archivi di interesse locale al fine di trasfor­marli in centri di azione culturale e sociale, di attività didattica, di promozione, di ricerca e di programmazione, attività che devono tutte esse­re svolte in un ambito territoriale identico a quel­lo dell'ULSSS;

- con legge 3 giugno 1975 n. 40 ha delegato ai Comuni le competenze in materia urbanistica e di assetto del territorio, attività che devono es­sere svolte anch'esse in un ambito territoriale identico a quello delle ULSSS.

A proposito di tutti questi provvedimenti va notato che i Comuni delle singole zone possono costituire un unico consorzio per la gestione uni­taria delle materie previste nelle quattro leggi sopra citate.

Il Consorzio di soli Comuni può consentire più facilmente (appena vi saranno le condizioni poli­tiche) di unificare in un solo Comune i vari Co­muni appartenenti ad un Consorzio.

A questo riguardo è bene precisare che le Re­gioni hanno già adesso gli strumenti giuridici per promuovere e realizzare le fusioni di cui sopra.

Si intende sottolineare cioè che, in alternativa alla costituzione di Consorzi fra Comuni e Pro­vince (che porta alla creazione di enti aggiuntivi ai Consigli di quartiere e alle Comunità montane coincidenti con le ULSSS), la Regione Umbria ha disposto con la legge 14 novembre 1974 n. 57 che il progetto di piano regionale per i servizi sanitari e socio-assistenziali deve prevedere gli interventi da svolgere nell'ambito delle Unità lo­cali, oltre che da parte dei Consorzi, dagli enti ospedalieri, dagli enti comunali di assistenza, dalle IPAB e dalle altre istituzioni assistenziali a livello comunale, anche da parte delle Province al fine di assicurare il più stretto coordinamento fra tutti gli enti che operano nelle materie sanita­rie e socio-assistenziali.

Inoltre, mediante altri strumenti come ad e­sempio le «convenzioni», è possibile arrivare all'inserimento, nelle Unità locali, del personale e all'utilizzo delle strutture degli altri enti non compresi nell'elencazione di cui sopra: Mutue, ONMI, ENAOLI. ecc.

L'organizzazione del lavoro sia a livello dei di­stretti socio-sanitari che delle altre strutture de­ve realizzarsi sul piano di una gestione e di una operatività collegiale e unitaria degli operatori sanitari superando le attuali posizioni gerarchi­che, la frammentazione delle attività e, nella mi­sura del possibile, la rigidità dei ruoli professio­nali disponendo i campi operativi in base alle ca­pacità, attitudini, competenze specifiche degli operatori.

Tutto questo presuppone ovviamente un rap­porto di permanente contrattazione e un riferi­mento costante alla partecipazione.

Vi è, inoltre, la necessità oltre che l'urgenza:

- di una idonea formazione di base;

- di una formazione permanente;

- di una verifica continua, da un lato con le forze sindacali e sociali e, dall'altro, con le sedi di ricerca scientifica e di alta specializzazione.

Su tutte queste questioni e al fine di valorizza­re i poteri e le autonomie locali e la partecipazio­ne la Regione non dovrebbe svolgere alcuna at­tività operativa, ma delegare le competenze ai Comuni per il loro esercizio a livello delle Unità locali.

Ovviamente è necessario che alle Regioni sia­no trasferite tutte le competenze, il personale e i finanziamenti oggi attribuiti agli organi centrali dello Stato, agli enti nazionali e a quelli territo­riali non elettivi (ECA, IPAB, Patronati scolasti­ci ecc.).

Per quanto si riferisce alle competenze attua­bili e non esercitabili a livello di Unità Locale in materia di sanità e assistenza, va detto che pur non essendo stato fatto, a livello piemontese, un approfondito esame delle competenze che non possono essere esercitate a livello di Unità lo­cale, si possono però indicare alcuni elementi di riferimento per altro più volte sottolineati.

Le attività possono cioè essere così riassunte:

- prevenzione, cura, riabilitazione delle ma­lattie e dei disadattamenti;

- attività di promozione sociale come alter­nativa al ricovero in istituti di assistenza e bene­ficenza di minori, anziani, handicappati;

- formazione, aggiornamento, riqualificazio­ne, riconversione degli operatori sanitari e so­ciali.

Assumendo sempre come riferimenti essenzia­li la risposta globale e unitaria alle esigenze del­la popolazione e la partecipazione, è opportuno (come già avviene in alcune Regioni: Toscana, Umbria, Emilia-Romagna) e indispensabile prov­vedere a suddividere il territorio delle Unità lo­cali in aree di intervento denominate Distretti socio-sanitari comprendenti, in larga approssima­zione, 5.000 abitanti.

A questo riguardo va precisato che mentre ad ogni Unità locale corrisponde un unico organo di governo, i Distretti socio-sanitari rappresentano solo una suddivisione tecnica dell'Unità locale.

Nelle realtà già esistenti, a livello di ciascun Distretto è previsto o operante un unico gruppo di operatori sanitari e sociali comprensivo delle diverse specializzazioni e qualificazioni necessa­rie alle caratteristiche e ai bisogni della popola­zione e per lo svolgimento delle attività di pre­venzione sanitaria e sociale, di cura, di riabilita­zione e di promozione sociale con lo scopo di:

a) prevenire le malattie, i disadattamenti e la emarginazione operando per rimuoverne le cause nel territorio, nelle aziende industriali, agricole, commerciali, artigiane, nelle strutture pre-scolastiche, nelle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado, negli istituti di ricovero o di assistenza e nelle altre sedi necessarie;

b) prestare tutte le cure necessarie, limi­tando però gli interventi (sino alla soppressione degli enti mutualistici) a quelli non forniti dagli enti preposti per legge;

c) fornire i necessari trattamenti riabilitati­vi che devono essere assicurati:

- per i minori degli anni 15 nelle normali strutture prescolastiche (asili-nido, scuole ma­terne) e nella scuola dell'obbligo;

- per gli adulti nei normali servizi socio­sanitari;

d) assicurare a tutti i cittadini la fruizione di normali servizi scolastici, sanitari, abitativi, di tempo libero, culturali, ecc. e provvedere al rein­serimento sociale delle persone attualmente ri­coverate negli istituti;

e) provvedere agli affidamenti a famiglie, persone e comunità alloggio di minori, anziani e handicappati;

f) assicurare le necessarie prestazioni do­miciliari sia sanitarie che sociali;

g) provvedere ad assicurare il necessario economico per vivere mediante contributi in de­naro stabiliti in base a parametri prefissati;

h) fornire la necessaria consulenza prema­trimoniale, matrimoniale e familiare.

Nei gruppi di operatori sanitari e sociali del Distretto opera, oltre al personale a tempo pieno a livello del Distretto stesso, anche personale a tempo parziale a livello di Distretto ma a tempo pieno a livello di Unità locale. Quest'ultimo per­sonale, soprattutto nelle zone disperse, è costi­tuito da specialisti: psichiatri, ostetrici, cardio­logi, ecc.

Le attività specialistiche sono svolte sia a li­vello di Unità locale, sia in poliambulatori, sia in ospedali di zona.

Un problema ancora da definire è se sia utile o meno unificare gli ospedali di zona con i poliam­bulatori e con i laboratori di analisi ed eventual­mente anche con strutture del tipo dell'ospedale di giorno.

Va detto comunque che operando questa pos­sibile unificazione si costruisce una garanzia di continuità tra il momento ospedaliero e quello extra-ospedaliero e la partecipazione di almeno una parte del personale del gruppo di operatori del Distretto alle attività ospedaliere di cura e riabilitazione.

Naturalmente là dove si sono concretizzate le prime esperienze è stato anche dimostrato che non è necessario che ogni Unità locale disponga di un suo ospedale di zona e come due o tre Uni­tà locali limitrofe possono usufruire di una sola struttura ospedaliera zonale.

Per quanto si riferisce all'alta specializzazione è importante prevedere complessi ospedalieri e ambulatoriali nei quali inglobare l'attività di ri­cerca con l'attenzione di riportare a livello di ba­se le attività specialistiche mano a mano che si rendono generalizzabili.

Per le attività (in materia di sanità e assisten­za e di tutti gli altri servizi) che oggettivamente non possono essere svolte a livello dell'Unità lo­cale, si apre il problema della costituzione di un secondo livello di intervento e di gestione.

Se si assume questa esigenza, precisato che anche la gestione di questi interventi è politica, resta da definire se fare capo alle Province, orga­ni di elezione diretta, oppure a Consorzi delle Unità locali (a loro volta quasi sempre costituite da Consorzi), oppure ricercare altre soluzioni istituzionali tenendo conto che comunque è ne­cessario evitare la proliferazione di Consorzi che hanno il difetto di avere istituzionalmente una caratterizzazione burocratica.

Nell'ipotesi, auspicabile, si ritenga di indivi­duare la Provincia come soluzione più idonea e meno burocratica per le attività di secondo li­vello, è possibile adottare soluzioni simili a quel­la prevista nella proposta presentata dalla Fede­razione dei lavoratori ospedalieri del Piemonte. In essa è stato indicato, infatti, che pur essendo prevista la delega relativa alla formazione: riqua­lificazione, aggiornamento del personale alle Pro­vince, si precisa che deve essere data priorità ai centri gestiti da Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità montane.

In sostanza le attività di secondo livello non devono in alcun caso essere concepite come un livello gerarchicamente superiore alle Unità loca­li, ma il necessario completamento dei servizi e delle strutture di base per attività particolari che interessano o un territorio e popolazioni più va­sti di quelli dell'Unità locale, oppure richiedono personale e attrezzature non pienamente utiliz­zabili a livello di una singola Unità locale.

Prima di definire, a titolo indicativo, le attività che non è possibile (almeno nell'immediato futu­ro) svolgere a livello delle Unità locali, è bene precisare che la funzione integrativa dei servizi, strumenti e personale della Provincia deve esse­re chiaramente precisata da apposite leggi della Regione Piemonte. A titolo indicativo, le attività di cui sopra sono:

- risoluzione delle controversie in materia di spedalità e fra ULSSS;

- raccolta e corretta gestione delle informa­zioni, dati e statistiche epidemiologiche di con­fronto con quelle realizzate a livello di Unità lo­cali;

- indagini preventive di massa e indagini si­stematiche di altro tipo in campo veterinario, e­cologico e medico;

- interventi ordinari e straordinari di fronte a situazioni che minacciano la salute pubblica per le quali si richiedano attrezzature e compe­tenze specializzate e particolari;

- igiene degli alimenti;

- approvvigionamento idrico;

- inquinamento del suolo, delle acque e at­mosferico;

- indagini relative ai farmaci;

- strumentazione specialistica per interven­ti nel campo della medicina e igiene del lavoro; - organizzazione del trasporto d'urgenza, del pronto soccorso e della guardia medica not­turna e festiva.

Inoltre, nel campo socio-assistenziale:

- le strutture e gli interventi destinati a ga­rantire il segreto del parto;

- la formazione del personale a livello para­universitario (assistenti sociali, educatori, tera­pisti della riabilitazione) tenendo, ad esempio, conto che il numero degli assistenti sociali previ­sto per ogni Unità locale dovrebbe essere di un massimo di dieci e che il calcolo di una durata media di 20 anni di attività porta alla necessità di formazione di 1 operatore ogni 2 anni, e di 40 nuove assunzioni ogni anno per tutta la Regione Piemonte;

- l'aggiornamento del personale laureato, di quello formato a livello para-universitario;

- progettazioni non effettuabili a livello del­le Unità locali, quali ad esempio: progettazioni di ospedali zonali, di poliambulatori, di scuole ma­terne e dell'obbligo, di asili-nido, di centri di for­mazione professionale, ecc.;

- studi, ricerche e programmazione a livello comprensoriale, ferma restando la necessità che le Unità locali dispongano di un ufficio per il pia­no del territorio con relativi strumenti e persona­le, e questo anche allo scopo di legare permanen­temente la programmazione alle esigenze della popolazione e alla partecipazione trovando poi un coordinamento a livello comprensoriale e la sintesi a livello regionale;

- interventi per la garanzia del diritto allo studio nei confronti degli allievi delle scuole se­condarie superiori e dei centri di formazione pro­fessionale.

Un altro problema che deve essere discusso e definito è quello dei Comprensori. A questo ri­guardo si pongono alcuni interrogativi che hanno bisogno di precise risposte:

- devono essere organi della Regione o dei Comuni?

- devono avere personale e strumenti pro­pri o questi vengono forniti dai Comuni, Con­sorzi di Comuni, Comunità montane, Province o solamente da queste ultime?

- l'ambito dei Comprensori deve compren­dere nella loro interezza le Unità locali del terri­torio o una unità locale può anche appartenere a due o più Comprensori?

In relazione alla legge dell'Emilia-Romagna del 22 gennaio 1974 n. 7 istitutiva del circondario di Rimini con compiti di programmazione e coordi­namento dei Comuni e Consorzio di Comuni: i Comprensori devono essere unificati con i Cir­condari?

Su tutti questi problemi i Comuni, Consorzi di Comuni, le Comunità montane, le Province e tutti gli altri enti operanti nel campo della sanità e dell'assistenza devono, nell'ambito di un disegno globale della Regione Piemonte, assumere le ne­cessarie iniziative per la costruzione dell'orga­nizzazione dei servizi sanitari e sociali nel terri­torio puntando prioritariamente su una elabora­zione ampiamente partecipata e stabilendo un costante e permanente rapporto privilegiato con il Sindacato.

 

Partecipazione del sindacato alle scelte, decisio­ni e attività delle unità locali

Per quanto concerne la partecipazione, le pro­poste più volte avanzate dal sindacato possono essere così riassunte:

1) costituzione in ciascuna Unità locale dei servizi e su iniziativa del sindacato e delle sue strutture periferiche (consigli di fabbrica e con­sigli unitari di zona) di un Comitato di partecipa­zione alle scelte e decisioni e attività degli orga­ni politici e tecnici dell'Unità locale;

2) il Comitato di partecipazione deve poter definire autonomamente i propri criteri di compo­sizione, rappresentanza, funzionamento e artico­lazione territoriale;

3) fra l'Amministrazione dell'Unità locale e il Comitato di partecipazione si deve stabilire un rapporto non di consultazione ma di confronto su tutti i problemi riguardanti i Servizi sanitari e sociali;

4) al Comitato di partecipazione deve esse­re riconosciuta la facoltà di utilizzare le struttu­re dell'Unità locale per promuovere studi e ri­levazioni, indire assemblee, incontri e dibattiti sui problemi generali e specifici della sanità e dell'assistenza;

5) ai componenti del Comitato di partecipa­zione deve essere consentito l'accesso a tutti i servizi sanitari e sociali della Unità locale e de­vono essere messi a disposizione tutti i dati;

6) l'organizzazione politica della Unità loca­le deve trasmettere tempestivamente al Comita­to di partecipazione copia dei propri atti riguar­danti i servizi sanitari e sociali e deve fornire ogni altra informazione richiesta;

7) l'organizzazione politica della Unità loca­le deve fornire al Comitato di partecipazione i locali e gli strumenti necessari ai suo funzio­namento.

Come primo atto della sua attività il Comitato di partecipazione deve mettere in diretto rappor­to tutti i dati del censimento tecnico-burocratico di tutte le strutture, attrezzature e interventi at­tualmente preposti nel campo sanitario, assisten­ziale e sociale in genere, con i bisogni della po­polazione (nei luoghi di lavoro e non) mediante momenti di reale partecipazione che coinvolgano prima di tutto il personale addetto ai servizi esi­stenti sul territorio e quelli che, pur fuori dal ter­ritorio (ospedali, poliambulatori, istituti di rico­vero ecc.), sono utilizzati dalla popolazione della zona.

Questo confronto, oltre che portare all'indivi­duazione delle ristrutturazioni necessarie dei servizi esistenti (adeguamento, riorganizzazione, completamento organici ecc.) e alla individuazio­ne di quelli mancanti, deve consentire di poter indicare le scelte di intervento e le necessarie priorità.

In particolare è fondamentale che, modificando l'attuale organizzazione del lavoro presente nei servizi che è di tipo settoriale e gerarchico, si arrivi alla costituzione di gruppi di lavoro oriz­zontali (massima possibilità di intercambiabilità dei ruoli, gestione collegiale, ecc.).

Per quanto riguarda il personale mancante è necessario puntare in primo luogo sugli operato­ri sanitari e sociali attualmente operanti negli enti da superare (Asili nido ONMI, istituti di ri­covero, INAM e Casse mutue, ENPI, servizi so­ciali di fabbrica, ecc.).

Il passaggio del personale da questi servizi a quelli delle Unità locali potrà avvenire mediante accordi e/o convenzioni o di fatto e, ovviamente, potrà comportare la frequenza di corsi di aggior­namento, riqualificazione o riconversione.

 

Organizzazione interna dei servizi dell'unità lo­cale

Per quanto riguarda l'organizzazione interna dei servizi delle Unità locali, si assume (fatte al­cune correzioni formali) la delibera (*) approva­ta dal Consiglio Comunale di Moncalieri (comu­ne nella cintura di Torino di 62.000 abitanti).

 

Criteri per una legge regionale sulla formazione, riqualificazione e aggiornamento degli operatori sanitari e sociali (**)

1) La Regione Piemonte deve disciplinare con propria legge tutti i settori della formazione pro­fessionale riguardanti gli operatori sanitari e so­ciali, e cioè:

a) formazione professionale;

b) formazione permanente;

c) riqualificazione;

d) aggiornamento.

2) La formazione professionale e la riquali­ficazione riguardano gli operatori sanitari non medici e gli operatori sociali.

La formazione permanente e l'aggiornamento professionale devono interessare tutto il perso­nale addetto ai servizi sanitari e sociali, compre­si quelli in possesso di laurea.

3) La legge regionale deve avere validità fi­no all'entrata in vigore di una legge nazionale che regoli la materia della formazione profes­sionale.

4) Le funzioni amministrative ed i relativi fi­nanziamenti in materia di: formazione professio­nale, formazione permanente, riqualificazione e aggiornamento devono essere delegate alle Pro­vince, le quali devono esercitarle su parere con­forme dei Comuni o dei loro Consorzi o delle Co­munità montane, sentite le Organizzazioni sinda­cali e le forze sociali operanti sul territorio.

Con l'entrata in vigore della legge di riforma sanitaria, le Province eserciteranno la delega su parere conforme delle Unità locali dei servizi, sentite le Organizzazioni sindacali e le forze so­ciali operanti sul territorio.

5) Per quanto concerne gli enti gestori della formazione professionale, il criterio di priorità che deve essere adottato è il seguente:

I) Comuni o loro Consorzi o Comunità montane.

II) Province e loro consorzi.

III) Enti pubblici o di diritto pubblico.

6) Le Province, entro il ... di ogni anno, pre­sentano al Consiglio regionale, la proposta di piano comprensiva anche degli aspetti finanziari, relativa alla formazione professionale, alla for­mazione permanente, alla riqualificazione e all'aggiornamento.

Il Consiglio regionale lo approva entro il ......... Le modalità di consultazione e di parere confor­me sono quelli indicati al punto 4.

7) La legge regionale deve prevedere la pro­roga dell'art. 4 della legge 25 febbraio 1971 n. 124, in modo che tutto il personale che non ha potuto beneficiare della legge suddetta, possa usufruirne.

Inoltre gli infermieri generici, le puericultrici, le ostetriche, le vigilatrici d'infanzia che, all'en­trata in vigore della legge regionale, prestino ser­vizio alle dipendenze di enti ospedalieri o di isti­tuti pubblici di ricovero e cura della Regione e siano in possesso del diploma di istruzione se­condaria di primo grado, possono essere ammes­si al 2° anno del corso per infermieri professiona­li presso scuole gestite da enti ospedalieri del Piemonte fino all'inizio dell'anno scolastico 1977/ '78 e comunque sino all'entrata in vigore della legge di riforma sanitaria.

8) Le attività di formazione permanente, ag­giornamento e riqualificazione, devono essere considerate, a tutti gli effetti, parte integrante dell'orario di lavoro.

9) La formazione professionale degli opera­tori consiste nelle attività volte:

a) al conferimento dell'abilitazione profes­sionale nelle qualifiche previste o consentite dal­le leggi dello Stato;

b) alla preparazione degli operatori sociali per le seguenti funzioni:

- promozione e animazione di servizi so­ciali;

- assistenza educativa sociale;

- assistenza ed aiuto domestico familiare;

- altre attività d'interesse sociale.

10) Le scuole ed i corsi debbono assicurare una formazione che consenta agli operatori di esercitare la propria attività professionale con adeguata capacità tecnico-pratica, con piena di­sponibilità al lavoro di gruppo ed al lavoro inter­disciplinare e pronta percezione dei bisogni rea­li dei soggetti destinatari dell'intervento socio­sanitario, di modo che gli operatori stessi siano in grado di svolgere un ruolo di salute e di be­nessere sociale delle popolazioni. Pertanto l'a­zione formativa deve essere adeguata nei meto­di e nei contenuti al livello del progresso scien­tifico e tecnologico, deve realizzare una stretta integrazione tra insegnamento teorico e insegna­mento pratico e stimolare la capacità e l'autono­mia di giudizio degli studenti.

11) L'autorizzazione all'istituzione delle scuo­le e dei corsi deve essere deliberato, tenuto con­to delle priorità indicate al punto 5, in base ai se­guenti criteri:

a) le scuole e i corsi dovranno riguardare sia il personale per i servizi sanitari, che quello per i servizi sociali, attuando tutte le integrazio­ni possibili sia a livello teorico che pratico, al fine di favorire sia il lavoro in gruppo degli ope­ratori sanitari e di quelli sociali, sia la maggio­re ricomposizione possibile delle mansioni, sia i necessari rapporti e scambi fra gli allievi che frequentano corsi di formazione professionale, di riqualificazione e di aggiornamento con il per­sonale in formazione permanente:

b) idoneità dell'ente richiedente di assicura­re uno svolgimento dell'attività didattica confor­me alle disposizioni contenute nella legge re­gionale;

c) vi sia possibilità di assunzione nei servi­zi del personale che ha frequentato i corsi. In ogni caso il numero degli allievi frequentanti i corsi, non dovrà essere condizionato dai posti previsti negli organici.

Deve essere inoltre prevista in ogni momento la revoca dell'autorizzazione o la temporanea chiusura delle scuole o dei corsi, qualora venga­no meno le condizioni essenziali per il loro nor­male funzionamento o quando in sede program­matoria sia previsto un minor fabbisogno del per­sonale che ogni scuola o corso è abituato a pre­parare.

12) La gestione delle scuole e dei corsi deve essere attuata con la partecipazione degli allievi e degli strumenti i quali hanno diritto a svol­gere le assemblee da essi ritenute necessarie e ad avanzare proposte all'ente gestore, ai Consi­gli comunali, provinciali e consorziali e a quello regionale.

A questo fine, per garantire la partecipazione degli insegnanti e degli studenti all'organizzazio­ne ed allo svolgimento dell'attività didattica, in ogni scuola o corso deve essere costituito un Comitato didattico del quale fanno parte, su ba­se elettiva, rappresentanti degli insegnanti e de­gli studenti, nonché del personale dei servizi presso i quali gli studenti effettuano il tirocinio pratico.

La composizione numerica, le modalità di no­mina del presidente, il funzionamento e le attri­buzioni del Comitato didattico, sono disciplinate dal regolamento della scuola o del corso.

Il Comitato didattico deve essere sentito dagli organi dell'ente gestore per tutto ciò che concer­ne l'attività didattica della scuola e del corso.

Deve essere inoltre sentito dagli Organi poli­tici (Regione, Province, Comuni) per i problemi generali e specifici della formazione, della for­mazione permanente, dell'aggiornamento e qua­lificazione ai fini di una partecipazione alla pro­grammazione del settore.

13) L'ordinamento interno delle scuole e dei corsi è disciplinato da uno speciale regolamento.

In particolare. il regolamento detta norme per la nomina degli insegnanti, l'iscrizione e l'ammis­sione degli studenti, lo svolgimento del tirocinio, il controllo delle frequenze, la valutazione dell'apprendimento e il passaggio da un anno di cor­so al successivo nel caso di scuole o di corsi di durata pluriennale.

14) Gli studenti non possono essere impiega­ti in attività non contemplate nel quadro degli insegnamenti del corso al quale partecipano 0 prive di valore formativo ai fini della preparazio­ne professionale, né essere utilizzati in sostitu­zione o ad integrazione del personale dei servizi presso i quali svolgono il tirocinio pratico.

Il Comitato didattico controlla che siano rispet­tate tali disposizioni.

15) La frequenza dei corsi deve essere gra­tuita. Per tutta la durata del corso gli studenti hanno diritto all'uso gratuito dei testi e di ogni altro materiale occorrente per lo studio indivi­duale e collettivo e per effettuare il tirocinio pratico.

Agli allievi frequentanti i corsi di formazione professionale che non usufruiscano né del co­mando per perfezionamento né di altri istituti di carattere economico, verrà corrisposta un'inden­nità di pre-salario, il cui livello non dovrà essere inferiore al 50% del trattamento economico pre­visto dai contratti nazionali di lavoro per l'ultima categoria.

16) Alle Province devono essere trasferiti i fondi regionali relativi all'assistenza scolastica in modo che sia garantito agli allievi la effettiva possibilità di frequentare le scuole ed i corsi. A tale scopo le Province istituiscono borse di stu­dio ed i necessari servizi di trasporto e mensa e provvedono alla creazione di biblioteche ed a for­nire i necessari sussidi didattici. I Comuni, Con­sorzi di Comuni, Comunità montane, su loro ri­chiesta, possono gestire le attività di cui sopra ed in tale caso le Province trasferiscono agli enti suddetti i relativi finanziamenti.

17) Si fa divieto, ad eccezione delle ammini­strazioni dello Stato e dell'Università, di istituire o di fare funzionare nel territorio del Piemonte, senza l'autorizzazione della presente legge, scuo­le o corsi per la formazione professionale di per­sonale sanitario non medico destinato ad operare nei servizi sanitario-sociali.

18) Gli attestati di qualifica conseguiti al ter­mine di corsi di durata almeno biennale, svolti presso i centri di addestramento professionale autorizzati dalla Regione e per accedere ai qua­li è richiesto il diploma di istruzione secondaria di primo grado, sono equipollenti ai titoli richie­sti dall'articolo 2 della legge 25 febbraio 1971, n. 124, ai fini dell'ammissione alle scuole per in­fermieri professionali.

19) I fondi regionali relativi alle scuole ed ai corsi di formazione professionale vengono ripar­titi alle Province in base al numero degli abitan­ti. I fondi relativi al diritto allo studio, sono ri­partiti alle Province in proporzione agli abitanti e all'estensione del territorio di ogni singola Pro­vincia.

20) Tutto il personale addetto ai servizi sa­nitari e sociali ha diritto a n. ... di ore settimana­li per la propria formazione permanente.

La formazione permanente deve essere effet­tuata secondo modalità da concordarsi fra l'ente gestore del servizio in cui l'operatore presta la sua attività, la Provincia e le Organizzazioni sin­dacali.

21) L'aggiornamento e la riqualificazione pro­fessionale devono essere assicurati a tutti i la­voratori dei servizi sanitari e sociali, tenendo so­prattutto conto della diversa preparazione neces­saria per l'inserimento in nuovi servizi alternativi.

22) Gli enti gestori dei corsi di formazione professionale, riqualificazione e aggiornamento sono tenuti a fornire gratuitamente sedi; perso­nale e strumenti per la piena attuazione di quan­to previsto dai contratti nazionali di lavoro in ma­teria di diritto allo studio per le 150 ore.

La Regione deve provvedere al rimborso delle spese relative alla attuazione dei corsi suddetti. Le modalità di attuazione dei corsi sono con­cordate dalle Organizzazioni sindacali diretta­mente con gli enti in cui il personale presta l'at­tività lavorativa.

23) La legge regionale deve definire gli stan­dard qualificativi minimi cui dovranno attenersi le scuole ed i corsi in materia di formazione pro­fessionale, formazione permanente, riqualifica­zione e aggiornamento nei riguardi di tutte le fi­gure professionali previste e consentite dalla le­gislazione vigente nel campo dei servizi sanita­ri e sociali.

 

 

PIATTAFORMA DELLE FORZE SOCIALI SUI SER­VIZI: PRIME INDICAZIONI (16)

 

Aspetti generali

Il risultato del voto del 15 giugno, dimostran­do la volontà popolare di un cambiamento pro­fondo dei contenuti e dei metodi di gestione, ha portato le sinistre al governo degli enti lo­cali (Regione Piemonte, Comune e Provincia di Torino). Di qui la necessità di iniziative quali­ficanti che rispondano alle esigenze, alle attese e alle richieste della popolazione e che diano il segno del nuovo modo di governare di cui le sinistre si sono fatte garanti.

Pare importante alle organizzazioni firmatarie, che in questi anni hanno operato nel campo dei servizi, raccogliere le indicazioni emerse dalle esperienze compiute e presentarle alle nuove amministrazioni come proposta e confronto.

È ormai acquisito che le cause delle situazio­ni di emarginazione non risiedono, come po­trebbe apparire a prima vista, nella caotica so­vrapposizione di competenze dei 60.000 enti, organi e uffici assistenziali e negli interventi episodici e frammentari.

La causa vera risiede nel tipo di politica eco­nomica e sociale che viene portata avanti a li­vello nazionale e che è finalizzata al profitto e non alle esigenze individuali e collettive.

Pertanto anche il ruolo che deve essere svol­to dalla Regione Piemonte e dagli enti locali territoriali deve essere rivolto principalmente alla eliminazione delle cause.

In particolare occorre che si proceda ad una profonda reimpostazione dei servizi sanitari, a­bitativi, scolastici e parascolastici, culturali, ri­creativi e sociali in genere in modo da elimi­nare o ridurre drasticamente le cause che pro­vocano le richieste di assistenza e cioè le si­tuazioni di emarginazione.

Parallelamente, nei tempi brevi, l'operatività nel settore assistenziale va strettamente colle­gata con la ristrutturazione degli altri servizi, di modo che si realizzi un trasferimento dal settore assistenziale agli altri servizi non assi­stenziali del maggior numero di interventi tali da essere rispondenti alle esigenze reali.

Il problema dei servizi e dell'assistenza si po­ne oggi in termini più drammatici e urgenti del passato a causa dei massicci licenziamenti e delle drastiche riduzioni di orario nelle fabbri­che. Occorre cioè da un lato evitare che le ten­sioni siano contenute mediante interventi ele­mosinieri o segregativi (soprattutto nei confron­ti degli anziani, dei minori di famiglie numerose o povere, degli handicappati), e d'altro lato è necessario puntare decisamente sui servizi in­tesi come salario sociale e cioè gratuiti, effi­cienti e concepiti come diritto dei lavoratori e dei cittadini (diritto alla casa, diritto allo stu­dio, diritto alla salute, diritto ad una pensione sufficiente, ecc.).

Tutti gli interventi sia legislativi (Regione) che operativi (enti locali) non dovranno essere episodici, ma collocarsi come anticipatori delle riforme nazionali.

 

Partecipazione

Riteniamo fondamentale la scelta fatta dalle giunte della Regione Piemonte, della Provincia e del Comune di Torino di impostare la nuova gestione degli enti locali sulla partecipazione delle forze sindacali e sociali e dei cittadini.

Ad avviso delle organizzazioni firmatarie, per una effettiva partecipazione che consenta una elaborazione autonoma di linee politiche e di iniziative, sono necessarie alcune condizioni:

- disponibilità a un permanente rapporto dia­lettico fra amministrazioni e organi di par­tecipazione;

- informazione tempestiva e completa;

- possibilità di accesso ai dati ritenuti neces­sari per studi, elaborazioni e interventi;

- possibilità di confronto nelle sedi di elabora­zione delle scelte politiche e operative;

- messa a disposizione degli strumenti neces­sari all'attuazione di quanto sopra.

 

Ruolo della Regione sul piano generale dei servizi

La prima condizione essenziale per una rifor­ma organica dei servizi è il trasferimento com­pleto alle Regioni delle competenze, finanzia­menti, patrimoni e personale conservati attual­mente dallo Stato, dagli enti nazionali e territo­riali e da altri organismi.

In relazione alla legge «Norme sull'ordina­mento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione» sembra necessario e urgente che la Regione Piemonte assuma una iniziativa nei riguardi delle altre Regioni per in­dividuare quanto è oggetto di trasferimento e avviare l'azione politica per il pieno passaggio delle materie alle Regioni.

In particolare si sottolineano i pericoli insiti nella norma dell'articolo 1 lettera e) della legge sopra citata, che può essere interpretata nel senso di un rapporto diretto fra lo Stato ed i Comuni, le Province e le Comunità montane, escludendo le Regioni.

La seconda condizione è l'attuazione dello Statuto della Regione Piemonte definendo, co­me da tempo hanno fatto le altre Regioni, le funzioni del Consiglio regionale, della Giunta e del Presidente.

La terza condizione è la programmazione re­gionale intesa come metodo di lavoro di una Regione democratica. Tale programmazione de­ve saper tradurre le esigenze reali della popo­lazione: non deve pertanto nascere nel chiuso di uffici burocratici, ma dalla partecipazione at­tiva degli enti locali e delle forze sindacali e sociali del territorio.

Pertanto si richiede l'istituzione di una com­missione tecnico-politica (in cui siano rappre­sentati oltre alle forze politiche e democratiche del Consiglio regionale, i Comuni, le Province, le Comunità montane) la quale predisponga il piano di sviluppo in un confronto aperto con le forze sindacali e sociali.

Tale piano dovrà privilegiare i consumi pub­blici, promuovere il decentramento dei servizi e favorire la partecipazione delle forze sinda­cali e sociali.

La quarta condizione per una riforma organica dei servizi è rappresentata dalle leggi regionali di delega agli enti locali, che favoriscano lo scioglimento, il superamento di fatto e lo svuo­tamento degli enti nazionali e di quelli locali non territoriali (ECA, Patronati scolastici, IPAB, Con­sorzi provinciali per l'istruzione tecnica, ecc.).

La quinta condizione è il riconoscimento della partecipazione delle forze sindacali e sociali e dei cittadini quale motore di un reale cambia­mento attraverso momenti assembleari e for­me di controllo popolare.

In particolare si chiede l'applicazione dell'art. 7 dello Statuto regionale, assicurando a tutte le forze sindacali e sociali una informazione tem­pestiva e completa per quanto concerne i lavori del Consiglio regionale pubblicando, come già fanno altre Regioni, sul bollettino ufficiale:

- il resoconto sommario delle sedute o alme­no il processo verbale, in ogni caso con l'in­dicazione delle dichiarazioni di voto dei grup­pi consigliari;

- le proposte di legge, gli ordini del giorno, le interrogazioni e le mozioni;

- le delibere nel testo integrale;

- i resoconti per riassunto delle consultazioni. Si richiede inoltre che vengano concordate con le forze sindacali e sociali le modalità di attuazione delle «forme di comunicazione che consentano alla comunità regionale di esprimere le proprie esigenze». Si richiede inoltre che le consultazioni abbiano un carattere sostanziale di confronto.

 

Iniziative legislative regionali in materia di servizi

1) Legge per la ripartizione del territorio in unità locali dei servizi sanitari e sociali, che costituiscano però il riferimento costante e in­derogabile per tutti i servizi.

Tale ripartizione deve tener conto delle Co­munità montane e coincidere con il territorio dei consigli di quartiere (vedi parte relativa al Comune di Torino).

Definita la zonizzazione di cui sopra, si richie­de la modifica della deliberazione del Consiglio regionale sui distretti scolastici, affinché si giun­ga alla coincidenza assoluta dei distretti stessi con le UL.

Le unità locali non devono essere un ente di­stinto dai comuni, ma essere il complesso dei servizi sanitari, abitativi, scolastici, culturali, ri­creativi e sociali in genere gestiti dai comuni, loro consorzi e articolazioni subcomunali con la partecipazione delle forze sindacali e sociali e dei cittadini;

2) legge delega ai Comuni di tutte le com­petenze operative in materia di sanità, assisten­za sociale, diritto allo studio, tempo libero, su­perando ogni concezione settoriale ed emar­ginante.

L'esercizio delle deleghe dovrà avvenire solo a livello delle unità locali e delle Comunità montane coincidenti con le UL.

Vi é anche la necessità di prevedere una sub-articolazione tecnica ed organizzativa delle unità locali (si veda la legge della Regione Um­bra n. 57 del 14 novembre 1974 che prevede «l'adeguata articolazione territoriale dei presidi mediante la costituzione di distretti sanitari e socio-assistenziali»).

Dovrà inoltre essere previsto un reale colle­gamento dei servizi dell'U.L. con quelli di alta specializzazione che non possano realmente es­sere istituiti a livello dell'U.L.;

3) legge per la formazione di base, formazio­ne permanente, riqualificazione, aggiornamento e riconversione degli operatori sanitari, sociali ed educativi che in particolare consenta al per­sonale dei servizi esistenti di potersi inserire nei nuovi servizi alternativi che saranno isti­tuiti.

Al personale addetto ai servizi che saranno eliminati dovranno essere garantito, nell'ambito dei principi della funzionalità dei servizi e della mobilità del personale, í diritti soggettivi acqui­siti, nonché la eventuale riqualificazione, ag­giornamento e riconversione nell'orario di lavoro.

La formazione, riqualificazione, aggiornamento e riconversione devono essere attuati tenendo conto di una organizzazione del lavoro imposta­ta sul lavoro di gruppo, sulla massima intercam­biabilità dei ruoli nel rispetto delle specifiche professionalità, sulla degerarchizzazione, sulla possibilità da mobilità da un servizio all'altro, sulla massima riduzione possibile delle qualifi­che, su una reale professionalità diretta anche alla unificazione degli interventi sanitari con quelli sociali;

4) abrogazione delle norme della legge regio­nale 16-5-1975 n. 28 che prevedono finanziamen­ti agli istituti per minori, handicappati e anziani e utilizzazione dei fondi per le strutture dell'U. L.;

5) legge regionale che preveda l'assegnazio­ne di alloggi per anziani e di comunità alloggio per anziani, handicappati e minori nelle comuni case di abitazione dell'edilizia economica e po­polare nella misura fissa compresa fra il 5 e il 10%. Al riguardo non è sufficiente quanto pre­visto dalla convenzione intervenuta fra Regione Piemonte e IACP, in cui è stabilito il limite «non superiore al 10%» in quanto non è indi­cato il limite inferiore;

6) modifiche delle leggi regionali 2-9-1974 n. 27 e 4-6-1975 n. 39 sull'assistenza scolastica, prevedendo che tutte le deleghe siano attribui­te ai Comuni e il superamento degli interventi assistenziali mediante il riconoscimento del di­ritto allo studio;

7) revisione della legge 29-7-1974 n. 21 sull'assistenza domiciliare agli anziani, inabili e minori prevedendo interventi non emarginanti aperti a tutti e gestiti direttamente dalle U.L. e transitoriamente anche dai Comuni singoli;

8) proroga della norma (primo comma dell'art. 17 della legge 15-1-1973 n. 3) che prevede in via transitoria le assunzioni di personale per gli asili nido in mancanza di vigilatrici di infan­zia e di puericultrici;

9) attuazione della norma di cui all'ultimo comma del citato art. 17 che prevede «Allo scopo di favorire la formazione e la qualifica­zione professionale degli operatori degli asili nido, la Regione promuoverà corsi di formazio­ne professionale specifica», con delega agli en­ti locali;

10) approvazione di una legge analoga (inse­rendo anche l'affidamento educativo dei minori) a quella della Regione Umbria n. 12 del 23-2­1973 «Norme per l'assistenza a favore di mi­nori, anziani e inabili al lavoro» che prevede i seguenti interventi in ordine preferenziale:

a) prestazioni domiciliari di aiuto domesti­co, di servizio sociale e di assistenza sanitaria;

b) altre prestazioni idonee a favorire l'in­serimento, il mantenimento ed il reinserimento dell'assistito nella vita di relazione, compreso l'alloggio a condizioni preferenziali di assegna­zione e di canone;

c) prestazioni economiche, alternative ad altra forma di assistenza, anche attraverso la corresponsione di un assegno familiare o per­sonale integrativo di eventuale trattamento pen­sionistico;

d) formazione e finanziamento di piccoli nu­clei comunitari, a cui possano essere assicurate anche le prestazioni di cui al punto a) ;

e) ricoveri di minori e di adulti inabili e di anziani, rispettivamente presso istituti educati­vo-assistenziali e presso case di riposo, rico­nosciuti idonei dalla Regione, sempreché sia ac­certata l'impossibilità di provvedere altrimenti al loro mantenimento (questa norma deve avere però solo carattere transitorio).

L'eventuale ricovero non esclude altre presta­zioni di carattere economico ed assistenziale.

11) Modifica della legge 4-6-1975 n. 42 «Prov­vedimenti per la formazione dello sport in Piemonte» nel senso di destinare i contributi per attività culturali-ricreative (anziché sportive­competitive) di modo che esse siano praticabili da tutti. Inoltre i contributi per le attività (da inserire nell'ambito dell'U.L.) e quelli per im­pianti e attrezzature dovranno essere versati esclusivamente ai Comuni, Consorzi di comuni e Comunità montane;

12) approvazione di una legge per gli inter­venti a livello delle U.L. (come previsto nelle proposte di legge presentate nella scorsa legi­slatura dai Comuni di Torino e di Settimo Tori­nese) non delegabili agli enti locali e cioè in particolare: affidamenti a scopo educativo; co­munità alloggio; comunità di quartiere; assisten­za sanitaria, ospedaliera e farmaceutica; tutela della salute mentale; case albergo; barriere ar­chitettoniche; centri sociali;

13) approvazione della legge attuativa sui «consultori» non prevedendo servizi o struttu­re a se stanti (anche se collocate a livello delle U.L.), ma inserendo nelle attività di prevenzione sanitaria e sociale gli interventi consultoriali (lo stesso dicasi per gli altri interventi come ad esempio quelli concernenti la prevenzione e cura in materia di droga).

 

Iniziative regionali non legislative

1) Unificazione degli assessorati ai servizi sa­nitari e sociali e trasferimento degli asili nido all'assessorato all'istruzione per l'unificazione con la scuola materna. Per quanto concerne la formazione, riqualificazione, aggiornamento e ri­conversione degli operatori sanitari e sociali si sottolinea l'esigenza di un organico collegamen­to fra gli assessorati suddetti e quello dell'i­struzione.

Si chiedono inoltre precisazioni in merito all'assessorato «Tutela dell'ambiente e ecologia»;

2) blocco dei finanziamenti agli ECA e asse­gnazioni dei fondi alle U.L.;

3) censimento delle strutture ed istituzioni (IPAB comprese) sanitarie, sociali, assistenzia­li, di tempo libero: tipi di intervento, utenti, per­sonale e patrimoni, da attuarsi contemporanea­mente alle iniziative legislative e non legisla­tive richieste. Inopportuni, spesso inutili e inat­tuabili sono ritenuti invece i censimenti tenden­ti ad accertare il numero degli handicappati o di altre «categorie» di assistibili;

4) ritiro del ricorso presentato alla Corte Co­stituzionale dalla precedente giunta in merito alla legge cosiddetta del «riscaldamento», uti­lizzando i fondi per le iniziative legislative so­pra indicate;

5) azioni necessarie per ottenere che i rap­presentanti nominati dalla Regione per i vari enti qualifichino la loro presenza;

6) appoggio per la definizione delle vertenze OMNI, AIAS, EISS, Lombroso, Benefica, Istituto di riposo per la vecchiaia di corso Unione So­vietica, URPP, ecc.;

7) iniziative per l'inserimento degli handicap­pati nelle normali strutture e servizi (compresi i CAP) e ricerca di soluzioni alternative ai laboratori protetti;

8) istituzione di una commissione aperta di lavoro che affronti i problemi degli asili nido e del loro collegamento con le scuole materne nell'ambito di una revisione della legge re­gionale;

9) istituzione di una commissione aperta di lavoro che affronti il problema della pre­venzione sanitaria e sociale (contenuto, meto­di, organizzazione dei servizi, personale, finan­ziamenti ecc.).

 

Ruolo dei Comuni e Comunità montane

Per una gestione democratica è necessario che i Comuni e le Comunità montane predispon­gano piani di programmazione assumendo co­me riferimento le esigenze della popolazione e la partecipazione delle forze sindacali e sociali.

La programmazione degli enti locali deve da un lato rappresentare un contributo per la pro­grammazione regionale (intesa anche come sin­tesi delle programmazioni locali) e d'altro lato definire le linee di intervento degli enti locali stessi. Si chiede l'istituzione di commissioni analoghe a quelle indicate per la Regione. Di particolare rilevanza è la costituzione di una commissione composta (in base a criteri da specificare ulteriormente) dai Comuni dell'area metropolitana con la partecipazione delle Pro­vince interessate che stabilisca un rapporto dia­lettico con le forze sindacali e sociali del ter­ritorio.

Anche per gli enti locali si ritiene indispen­sabile, nell'ottica della partecipazione, una in­formazione completa e tempestiva e quant'al­tro indicato al riguardo nella parte generale.

Per quanto concerne il ruolo dei Comuni e delle Comunità montane si tratta in primo luo­go di concretizzare l'orientamento politico che vede nei Comuni, a livello dell'U.L. (e nelle Comunità montane coincidenti con le U.L.), l'u­nico organo gestore dei servizi di base.

Da un lato vi è quindi la necessità, come pri­mo passo verso la soppressione degli enti pa­rassitari, che i Comuni e le Comunità montane esercitino reali iniziative politiche sugli organi­smi quali ECA, Comitato comunali ONMI, IPAB, Patronati scolastici, ecc.

Tali iniziative devono consentire lo svuota­mento delle competenze di detti enti, il passag­gio delle stesse, dei relativi finanziamenti, pa­trimoni e personale ai Comuni e Comunità mon­tane (se del caso tramite convenzioni) e la messa in crisi della loro esistenza.

In secondo luogo i Comuni e le Comunità montane, preferibilmente a livello della futura U.L., devono coordinare e quando possibile uni­ficare i propri servizi.

In particolare per quelli sanitari e sociali si tratta di concretizzare i principi della inscindi­bilità fra sanità e assistenza, fra prevenzione, cura e riabilitazione, della priorità assoluta del­la prevenzione, del riferimento reale alla parte­cipazione.

Vi è poi da orientare secondo un preciso pia­no programmatico gli stanziamenti a bilancio, richiedere i contributi messi a disposizione del­la Regione e da altri organismi nazionali e locali, svolgere un'azione politica nei confronti del Governo, del Parlamento, della Regione e degli altri organismi interessati per il trasferimento delle competenze, dei relativi finanziamenti, pa­trimoni e personale.

Per evitare la duplicazione di servizi priorità assoluta deve essere data al passaggio nei nuo­vi servizi del personale dei servizi esistenti, siano essi comunali o dipendenti da altri enti, utilizzando gli strumenti dello scioglimento, as­sorbimento, comando e convenzione e provve­dendo alla necessaria riqualificazione del per­sonale.

Le premesse per l'organizzazione dei servizi si possono così riassumere:

- interventi nel territorio;

- riduzione degli interventi di assistenza con l'istituzione e la ristrutturazione dei servizi sanitari, abitativi, scolastici, culturali, ecc.;

- superamento del ricovero in istituti;

- massima unificazione possibile degli interven­ti e delle mansioni.

Sono pertanto necessari in particolare:

- servizi domiciliari sanitari e sociali;

- erogazione, secondo parametri fissi, di con­tributi economici alle persone e nuclei fa­miliari che non raggiungono il minimo vi­tale;

- costruzione di alloggi da destinare ad anziani e a comunità alloggio (vedi parte relativa alla Regione);

- istituzione (obbligatoria per legge) dei ser­vizi di medicina scolastica impostati però nella linea della prevenzione sanitaria e so­ciale a livello territoriale;

- graduale deistituzionalizzazione di minori, handicappati e anziani, compresi quelli ri­coverati in ospedali psichiatrici e in primo luogo quelli ricoverati in istituti fuori Re­gione, Provincia e Comune di residenza dell'assistito;

- istituzioni di servizi di affidamento di anziani, minori e handicappati a famiglie, persone e comunità alloggio;

- collaborazione con il Tribunale per i mino­renni per le adozioni e con le autorità giudi­ziarie competenti per i problemi relativi alla tutela, agli affidamenti, alle interdizioni, ecc., sostituendo gli interventi oggi svolti da en­ti privati;

- istituzione di centri polivalenti di formazio­ne base, formazione permanente, aggiorna­mento, riqualificazione e riconversione degli operatori sanitari e sociali, utilizzando i fi­nanziamenti della Regione e di altri organi­smi quali la C.E.E.;

- creazioni di ospedali di zona (U.L.) o di in­terzone (2-3 unità locali al massimo) con collegamento reale degli ospedali, ambula­tori e poliambulatori con le équipes territo­riali. Al riguardo si chiede la trasformazione dell'Ospedale geriatrico dell'INRCA, attual­mente in costruzione a Torino, in ospedale di zona;

- creazione di équipes di zona di prevenzione sanitaria e sociale, di cura, di riabilitazione e di promozione sociale che assorbano e unifichino nell'immediato i servizi di medici­na e igiene del lavoro, di medicina scolasti­ca, di orientamento professionale, le con­dotte mediche e ostetriche, il centro droga, il centro psico-pedagogico presso l'assesso­rato allo sport, e gestiscano anche le atti­vità previste dalla legge sui «consultori»;

- reimpostazione delle attuali attività cultura­li, ricreative, sportive, di turismo sociale, di soggiorni e colonie in una visione globale che tenga conto delle esigenze individuali e collettive e del contesto socio-ambientale. Le iniziative dovranno:

a) nascere da un confronto con la popolazio­ne ed i gruppi;

b) avere come punti di riferimento personale comunale qualificato e strutture idonee;

c) lasciare spazi di autoorganizzazione.

Ne discende la necessità dell'unificazione dell'assessorato alla cultura con quello allo sport.

- Il censimento delle strutture e istituzioni (IPAB comprese) sanitarie, sociali, assisten­ziali, di tempo libero: tipi di intervento, u­tenti, patrimoni e personale.

Struttura portante di tutti i servizi di zona (unità locale) dovrà essere il Centro civico nel quale devono trovare sede non solo i servizi de­centrati sanitari, sociali, ricreativi, culturali, ma anche quelli amministrativi.

Il centro civico deve essere aperto alla popo­lazione ed essere non solo sede del consiglio e del comitato di quartiere e delle associazioni e gruppi del territorio. Il Centro civico deve per­tanto essere anche una sede di dibattito poli­tico e di crescita della popolazione.

Condizione indispensabile per l'attuazione di quanto sopra è la ripartizione unica per i con­sigli di quartiere, i distretti scolastici e per tut­ti i servizi del territorio (vedi le proposte ri­guardanti le iniziative legislative regionali).

Si sottolinea la necessità e l'urgenza che il Comune di Torino definisca:

- le vertenze in atto: ONMI, AIAS, EISS, Lom­broso, Benefica (in collaborazione con gli altri comuni interessati), Istituto di riposo di corso Unione Sovietica, URPP, ecc.;

- le modifiche necessarie, nella linea sopra indicata, delle delibere approvate dal prece­dente Consiglio comunale in merito ai servi­zi assistenziali decentrati, alla medicina sco­lastica e all'orientamento professionale, agli asili nido (regolamento), agli anziani, ai minori, al pensionato di Corso Savona, alla colonia di Loano, ecc.;

- assuma le necessarie iniziative affinché sia­no sviluppati e qualificati gli inserimenti di handicappati nelle comuni scuole materne, dell'obbligo, nei Centri di formazione profes­sionale, negli asili nido, nelle altre strutture sociali, comprese in particolare le attività culturali-ricreative.

Vi è anche la necessità che siano messe in atto le necessarie azioni per ottenere che i rap­presentanti dei Comuni presso i vari enti qua­lifichino la loro presenza, anche al fine dell'uti­lizzazione a fini sociali dei patrimoni degli enti stessi.

Inoltre è necessario che a cominciare dai quar­tieri Vanchiglietta e Cit-Turin sia dato avvio ad una sperimentazione graduale di unità locale dei servizi articolata in compartimenti sanitari e sociali. Infine si chiedono precisazioni in merito al nuovo assessorato «ecologia e igiene cit­tadina».

 

Ruolo della Provincia

Oltre ai punti riguardanti la partecipazione e l'informazione (di cui ci si richiama alle parti precedenti), in merito ai compiti della Provin­cia si presentano due problemi essenziali:

1) trasferimento alle U.L., come obiettivo da raggiungere, delle competenze in materia di as­sistenza psichiatrica, medicina scolastica, ille­gittimi, ciechi, sordi, subnormali, assistenza sa­nitaria, attività culturali-ricreative.

Nell'immediato, punto essenziale di riferimento è l'applicazione completa dell'accordo inter­venuto con i Sindacati sull'assistenza psichia­trica.

I principi di tale accordo vanno però estesi a tutti i servizi sopra indicati.

Si tratta cioè di decentrare a livello dell'U.L. tutti i servizi e interventi di cui sopra e di sti­pulare, mano a mano che i comuni si rendono disponibili, convenzioni per il passaggio ai Co­muni stessi a livello di U.L., del personale e delle funzioni.

Nello stesso tempo la provincia dovrebbe intervenire per procedere alla deistituzionalizza­zione, per istituire servizi alternativi a livello zonale, per smantellare le strutture superate e ricavare dalla loro diversa destinazione o ven­dita possibilità per i servizi alternativi. A tale riguardo la Provincia deve intervenire per l'uti­lizzazione, al fine di acquisire strutture alterna­tive, delle disponibilità finanziarie dell'Opera Pia Ospedali psichiatrici.

Anche la Provincia dovrebbe assicurare al proprio personale possibilità di aggiornamento, riqualificazione e riconversione.

A tale scopo potrebbe essere utilizzata la SFES, la quale dovrebbe essere ristrutturata, nel quadro della programmazione regionale, per poter assicurare la formazione non solo di edu­catori, ma anche di terapisti della riabilitazione nonché di assistenti sociali, unificando gli in­terventi oggi svolti dalla scuola URPP e assor­bendo quelli della scuola UNSAS.

Il decentramento dei servizi della Provincia di Torino a livello delle zone (che dovranno es­sere definite dalla Regione Piemonte in accordo con i Comuni e le Comunità montane) deve comportare il lavoro di gruppo degli operatori sanitari e sociali della Provincia con quelli dei Comuni, loro consorzi, Comunità montane.

In ogni caso si ritiene che non si debbano costituire consorzi fra i Comuni e la Provincia, dovendo la gestione essere assicurata, a livello dell'U.L., dai Comuni, Consorzi di Comuni, Co­munità montane e articolazioni subcomunali (consigli di quartiere).

In particolare si richiede:

- la gestione diretta, come per gli altri servizi, dell'IPIM e lo scioglimento della commissio­ne amministratrice;

- lo scioglimento dello CSOS;

- la definizione delle vertenze Mainero, servi­zio di medicina scolastica, Ente Montessori, SFES - URPP, servizio di affidamento a fami­glie, persone e comunità alloggio.

Anche alla provincia di Torino si richiede il censimento delle strutture e istituzioni e la qualificazione delle presenze dei propri rappre­sentanti negli enti come indicato per i Comuni.

2) La definizione dell'eventuale ruolo della Provincia nel campo degli interventi sanitari e sociali e della formazione, riqualificazione, ag­giornamento e riconversione degli operatori sa­nitari e sociali, i quali non possono essere svol­ti a livello dell'unità locale o per l'ambito terri­toriale e demografico più vasto o per la stru­mentazione specialistica necessaria o per la li­mitatezza numerica degli operatori da formare.

Gli interventi di cui sopra potrebbero riguar­dare la raccolta e gestione delle informazioni, dati, strumenti e interventi relativi alle indagini di massa, le statistiche epidemiologiche, gli in­terventi in materia di farmaci, della igiene degli alimenti, del suolo, delle acque, ecc.

In ogni caso le attività che potrebbero essere attribuite alla Provincia dovrebbero essere una integrazione dei servizi delle U.L. a disposizione di queste ultime.

Inoltre resta da definire e verificare l'even­tuale rapporto fra Province e Comprensori. Sul nuovo possibile ruolo della Provincia, le organizzazioni firmatarie ritengono indispensabi­le l'apertura di un dibattito allargato a tutte le forze politiche, sindacali e sociali e al personale dei servizi che assuma come riferimento tutte le competenze (e non solo quelle relative ai ser­vizi sanitari e sociali e alla formazione, riquali­ficazione, aggiornamento e riconversione degli operatori sanitari e sociali) che non possono essere svolte, come sopra specificato, a livello delle unità locali.

Infine si richiedono precisazioni in merito alla competenza «ecologia» attribuita all'assessora­to dell'agricoltura.

 

 

DICHIARAZIONI DELLA NUOVA AMMINISTRA­ZIONE

 

La nuova Giunta confermava le aspettative di cambiamento con le sue dichiarazioni program­matiche.

 

Sanità

Da una parte per quanto concerne la sanità era stato precisato (17) che «a livello regionale do­vrà prevedersi e organizzarsi nell'ottica di nuo­vo assetto istituzionale e territoriale, anche pri­ma che a livello nazionale siano state varate una o più leggi di riforma (sanitaria, assistenziale, ecc.)».

Mentre gli impegni assunti erano stati i se­guenti:

«1°) unificazione in un'unica strategia dei ser­vizi sanitari e sociali;

2°) suddivisione del territorio regionale in zo­ne socio-sanitarie e costituzione di appositi co­mitati di zona per una gestione democratica e consortile delle attuali competenze della Regio­ne, degli Enti locali e settoriali;

3°) indicazione di obiettivi prioritari, individua­ti nella prevenzione, in particolare nei luoghi di lavoro e nella razionalizzazione dei servizi ospe­dalieri, con collaterale previsione di un piano sanitario regionale;

4°) superamento degli attuali istituti assisten­ziali, affidando poteri, funzioni e mezzi adeguati ai Comuni, per porli in condizione di sviluppare servizi non segreganti per gli anziani e gli han­dicappati;

5°) sviluppo di un piano pluriennale per gli asi­li nido;

6°) istituzione di un prontuario farmaceutico regionale per le farmacie;

7°) favorimento dell'istituzione di consultori di maternità e di igiene sessuale».

Più avanti veniva precisato che «l'esigenza di un intervento regionale di tipo riformatore non deriva solamente dalla necessità obiettiva e con­clamata di una ristrutturazione dei servizi so­cio-sanitari, ma rappresenta oggi la condizione necessaria per l'attuazione di una nuova politica economica che, privilegiando i consumi sociali su quelli privati, permetta al paese di uscire dal­la crisi attuale creando contemporaneamente le premesse e le strutture di una società più civile e democratica. Nel momento in cui la crisi eco­nomica, la caduta dei livelli di occupazione e l'erosione dei salari connessa al processo infla­zionistico sottopongono ad una durissima prova i lavoratori piemontesi, la Giunta Regionale ritie­ne che l'immediata realizzazione di un nuovo si­stema di sicurezza sociale rappresenti la neces­saria integrazione del salario diretto con un sa­lario sociale che si concretizza in servizi fun­zionali e rispondenti alle esigenze dei lavora­tori».

Si sottolineava inoltre: «Esiste inoltre un pre­ciso impegno di legge (L. 386-1974 art. 12/bis) sulla scadenza del 1° luglio 1977, al compimento della quale saranno trasferite alle Regioni ed agli Enti territoriali funzioni e strutture per l'at­tuazione dei servizi sanitari».

In merito al modello organizzativo la relazio­ne si pronunciava nei seguenti termini:

«a) globalità dell'iniziativa politica e dell'im­pegno programmatorio e gestionale dei servizi sociali e sanitari;

b) programmazione democratica dei servizi;

c) massimo decentramento dei servizi e parte­cipazione degli utenti alla gestione».

Gli organi di governo delle unità locali ave­vano una conferma puntuale che così veniva col­ta: «la globalità della politica dei servizi im­pone l'individuazione di un'area e di un livello di governo che possano porsi come luogo ottimale per la programmazione e la gestione democratica e organica di questi. Quest'area e questo livello (individuati nell'Unità locale) debbono necessa­riamente coincidere per tutti i servizi: le politi­che della salute, della scuola, dei servizi per l'infanzia, gli anziani, gli handicappati, del tempo libero, della casa, ecc., sono fra loro strettamen­te connesse. È indispensabile che l'area ed il li­vello di governo di ciascun servizio si identifi­chino con le dimensioni rilevate come ottimali per una unità globale di tutti i servizi di base, che risponda anche alle prioritarie esigenze di parte­cipazione e controllo sociale.

Di qui nasce l'esigenza di una zonizzazione che, nel rispetto della varietà delle situazioni ambientali e sociali, si proponga come dimensio­ne per tutta la gamma di interventi ricordati e cioè come area territoriale per un'organica poli­tica dei servizi: dimensione al tempo stesso fun­zionale al soddisfacimento delle esigenze e dei bisogni della popolazione residente, alle necessi­tà di programmazione, organizzazione e gestione dei servizi ed al reale svolgimento della parte­cipazione.

La individuazione dell'ambito territoriale dei Consorzi terrà pertanto anche conto della neces­sità di non polverizzare l'esercizio dei poteri su uno stesso territorio a diversi organismi (Comu­nità Montane, Distretti Scolastici, Unità Locali socio-sanitarie, ecc.) al fine di evitare l'impoveri­mento delle capacità di controllo democratico degli Enti locali e permettere di contro una visio­ne organica dei problemi dello sviluppo. Ovvia­mente, nelle zone in cui l'ambito territoriale dell'Unità locale coincida con quello di organi di po­tere già esistenti (comprensori, comunità mon­tane, singoli comuni, comitati di quartiere) non sarà necessario creare nuove strutture consor­tili».

 

Assistenza

Anche la relazione dell'Assessorato all'assi­stenza dell'ottobre 75, riaffermava sia il princi­pio della zonalizzazione unica «da definire uni­tariamente in ordine ai servizi e non solo in or­dine ai servizi socio-sanitari», che l'attuazione «delle deleghe ai Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità montane», ricordando che la Regio­ne nella definizione delle sue scelte politiche e operative doveva «evitare in ogni modo la ten­tazione che la riforma sia possibile solo come fatto istituzionale, calata dall'alto».

Posta su questa base, prendeva avvio una nuo­va linea che doveva consistere nel «saldare sul piano istituzionale il movimento di partecipazio­ne, la maturazione politica della comunità su questi problemi, l'assunzione degli enti locali del ruolo loro proprio ed, infine, la canalizzazione delle risorse nel senso giusto e l'eliminazione degli sprechi, della dispersione di risorse in di­rezione della voragine del sistema assistenziale italiano qual è quello che attualmente si pre­senta».

Anche sul piano dei contenuti venivano avan­zate proposte sostanziali:

«- occorre superare il concetto della pover­tà, dell'elemosina, dell'emarginazione, per affer­mare il diritto per tutti i cittadini di accedere ai servizi sociali ed il dovere dello Stato-ordina­mento di garantire l'attuazione di tale obiettivo;

- occorre che venga affermato e realizzato il principio della unitarietà e globalità dell'interven­to per i cittadini di ogni zona ben precisata, in­tervento che deve essere gestito dai Comuni e Consorzi di Comuni in forma aperta e parteci­pata;

- solo così si potrà mettere in moto quel processo di approccio alla definizione dei piani per aree e giungere alla formulazione del piano e della programmazione regionale anche in tema di servizi socio-assistenziali e sociali.

L'emarginazione dell'individuo rappresenta una delle contraddizioni insite nel sistema capitali­stico ed il rimedio a tale fenomeno è stato tro­vato accelerando il processo di emarginazione medesimo con un sistema assistenziale che na­sconde le piaghe della contraddizione del siste­ma, produce ulteriore emarginazione e brucia le risorse nei mille canali del sottopotere e della burocrazia. Perché ciò possa perpetuarsi occorre “chiudere” la porta delle istituzioni alla gente, ai lavoratori; perché tale vergogna cessi, occor­re, invece, aprire alla partecipazione, alla gestio­ne democratica, alla integrazione nei servizi, tali porte;

- occorre, infine, sciogliere gli enti carroz­zoni e trasferire beni e personale alle Regioni. Non dissimile comportamento deve essere as­sunto nei confronti delle IPAB (Istituzioni pub­bliche di assistenza e beneficenza), mentre sulle istituzioni private occorre rafforzare la vigilanza ed il controllo ed aprire un processo di integra­zione nei servizi sociali e sanitari».

Queste affermazioni suonavano critica alla precedente Amministrazione alla quale si impu­tavano scelte conservatrici come:

- i sussidi straordinari definiti intervento «all'insegna della carità e dell'elemosina»;

- la conservazione all'assessorato del pote­re decisionale dei contributi di cui sopra;

- la delega agli ECA delle strutture per i sus­sidi straordinari;

- l'erogazione dei contributi per la costruzio­ne di case di riposo per anziani. Proprio su que­st'ultima erogazione, si diceva, era stata «per­fezionata una scelta politica conservatrice» e perciò ci si apprestava ad una scelta alternativa che avrebbe visto la «necessità di bloccare ogni spesa in direzione della costruzione di case di riposo».

 

Formazione, aggiornamento e riqualificazione de­gli operatori sanitari e socio-assistenziali

Citiamo anche su questa materia, la relazione dell'Assessorato alla Sanità che così esprime­va il suo giudizio: «Nel tracciare il quadro di una politica dei servizi non si può dimenticare l'evi­dente legame tra questi problemi e quelli della formazione degli operatori socio-sanitari, che do­vrà essere vista con riferimento ad un quadro globale ed integrato dei servizi, quale quello pre­visto nella logica della Unità locale. La cosiddet­ta “formazione permanente” degli operatori so­cio-sanitari risulta dalla compresenza di tre mo­menti, altrettanto essenziali: quello della for­mazione di base, quello della riqualificazione, quello dell'aggiornamento. È da sottolineare, so­prattutto in una fase di transizione da un siste­ma ad un altro, che i nuovi servizi vanno intesi come sostitutivi di quelli tradizionali, e non af­fiancati o sovrapposti ad essi, per cui importan­te a questo momento risulta la riqualificazione del personale operante o la riconversione ad al­tri servizi. Sarà necessario sperimentare e ricer­care la massima intercambiabilità dei ruoli, in contrapposizione all'attuale tendenza alla parcel­lizzazione, con una semplificazione delle qualifi­che professionali: la politica di integrazione so­ciale degli handicappati, i nuovi orientamenti dell'assistenza psichiatrica, la desanitarizzazione di funzioni che attualmente svolgono gli ospedali in supplenza di esigenze socio-assistenziali, sono soltanto alcuni degli esempi che valgono a giu­stificare la ricerca di nuovi ruoli unificanti degli operatori socio-sanitari. Si renderà quindi neces­saria una iniziativa della Regione volta al supe­ramento dell'attuale sistema privatistico, fram­mentario, settoriale della formazione, attraverso la realizzazione di un sistema formativo pubbli­co promosso e coordinato dalle Regioni.

Ciò potrà concretizzarsi in un atto di volontà politica della Regione Piemonte nei confronti del Parlamento per sollecitare l'adeguamento a que­sto tipo di esigenze dei disegni di riforma di cui le Camere sono investite (Sanità, Assistenza, Scuola Secondaria Superiore, ecc.)».

 

 

ANALISI CRITICA DELLA SECONDA LEGISLATURA

 

Dall'esame dei provvedimenti riportati nelle pagine seguenti risulta che dalla netta imposta­zione conservatrice e spesso clientelare della prima legislatura (Presidente della giunta, Asses­sori alla sanità, all'assistenza e alla formazione professionale, tutti della D.C.), si è passati in questa seconda legislatura (Presidente della giunta e Assessore alla sanità del PSI, Assessori all'assistenza e alla formazione professionale del PCI) ad una situazione che conserva alcuni aspetti di conservazione insieme ad altri di me­ra razionalizzazione e di limitato cambiamen­to (18). Questa situazione consente forse di assicurare un «buon governo», ma non si ca­ratterizza come rottura e alternativa rispetto al passato.

Ne sono prova nei campi della sanità e dell'assistenza i seguenti interventi:

1) i finanziamenti per nuovi ospedali, anche nelle zone in cui non vi é carenza ma sovrab­bondanza di posti letto. I finanziamenti riguar­dano anche ospedali psichiatrici (19);

2) l'erogazione di contributi per la costru­zione di nuove case di riposo, erogazione che proprio l'attuale Assessorato all'assistenza, nel­la citata relazione dell'ottobre '75, aveva defi­nito «strumento con cui viene perfezionata una scelta politica conservatrice».

Inoltre, dal momento che il finanziamento per le nuove case di riposo è stato fatto quasi sem­pre ad enti pubblici parassitari (quali gli ECA e le IPAB) e a privati e, per lo più, in zone prive di servizi dove invece si dovrebbe prevedere l'attivazione di servizi alternativi (contributi economici, assistenza domiciliare, inserimenti presso famiglie e comunità alloggio, ecc.), non si vede come verranno riempite, a meno che servano a creare un alibi per la non istituzione di servizi alternativi;

3) la mancata vigilanza reale, obbligatoria per legge, dei 1209 ECA, delle 3000 IPAB e de­gli innumerevoli istituti pubblici e privati di assistenza all'infanzia, dal momento che le uni­tà di vigilanza istituite a Cuneo e a Vercelli esistono solo sulla carta;

4) la mancata regolamentazione delle com­petenze trasferite alla Regione con la legge di scioglimento dell'ONMI;

5) l'applicazione distorta della delibera re­gionale n. 40-2603 del 13-4-76 sui contributi omo­familiari, sugli affidamenti di minori e di inter­detti e sugli inserimenti di handicappati adulti e di anziani presso famiglie, persone e comunità alloggio, applicazione che spesso è diametral­mente opposta alle linee alternative precisate nella delibera stessa. Si continua così a favo­rire la disapplicazione da parte della stragrande maggioranza dei Comuni, dell'obbligo stabilito dall'art. 91, lettera H, punto 6 del R.D. 3-3-1934 n. 383, in base al quale essi sono tenuti a for­nire assistenza ai minori handicappati e non, agli invalidi adulti e agli anziani, sempre che non vi siano altri enti competenti in base a di­sposizioni legislative vigenti (ad esempio gli enti per l'assistenza agli orfani). La sola appli­cazione di questa legge, obbligando i Comuni ad intervenire con servizi alternativi, farebbe fa­re un passo avanti alla riforma dell'assistenza;

6) la continuazione del versamento di con­tributi agli ECA (2.200 milioni da parte della precedente amministrazione come da bilancio preventivo per il 1975; 2370 milioni da parte dell'attuale come da bilancio preventivo per il 1976);

7) la mancanza, pressoché assoluta, di in­formazione. Le delibere, per esempio, continua­no ad essere pubblicate sul Bollettino Ufficiale solo per estratto e a voi-te sono incomprensibili (valga l'esempio riportato nel paragrafo relati­vo all'informazione). Nel Bollettino Ufficiale non ci sono notizie circa i lavori del Consiglio regio­nale, le proposte di legge presentate, gli ordini del giorno approvati, le interrogazioni svolte, ecc.

Riconosciamo che vi è una maggiore dispo­nibilità, da parte degli Assessori e degli uffici preposti a fornire ragguagli e notizie.

Ma le negative realtà preesistenti non mute­ranno sino a quando gli Assessorati alla sanità, all'assistenza e alla formazione professionale non promuoveranno tutte le iniziative idonee all'indagine, al confronto, all'elaborazione. Sen­za di che le proposte appariranno e saranno ca­late dall'alto, anche se passeranno attraverso la sub-delega dei vertici partitici ai rispettivi tec­nici. Continueranno inoltre, come per la passa­ta legislatura, i riti pressoché inutili delle con­sultazioni indette dalle Commissioni consiliari sulle proposte di legge. Riti inutili perché por­tano allo svilimento della partecipazione, alla quale, perché possa esprimersi, vanno offerti strumenti e canali reali di informazione e di intervento.

Attuando un metodo di lavoro che punti sulla partecipazione e sull'informazione sarà possibi­le anche superare la scarsa elaborazione ideo­logica che vede ancora, in molte zone del Piemonte, soprattutto in quelle periferiche, il mo­vimento democratico e il sindacato in ritardo sul tema dei servizi sanitari e socio-assisten­ziali (vedi, ad esempio, le funzioni dei servizi sociali di fabbrica e le difficoltà di avvio delle unità di base per la tutela sanitaria dei luoghi di lavoro).

Vi sono inoltre numerosi e fondamentali pro­blemi in materia di sanità, assistenza e forma­zione del relativo personale, sui quali vi è ca­renza totale di iniziative da parte dell'Ammini­strazione regionale (20).

Altri interventi vanno intesi come razionaliz­zazione amministrativa e/o tecnica, poiché non rispondono ad una impostazione di cambiamen­to reale:

- la diminuzione, avvenuta specialmente nella primavera del '76, delle delibere di autoriz­zazione per l'ampliamento delle piante orga­niche degli ospedali e per l'istituzione di nuovi reparti;

- la diminuzione notevole dei contributi straor­dinari alle istituzioni assistenziali;

- le revoche di contributi, deliberati dalla pre­cedente Amministrazione, nei confronti di nuove case di riposo o ampliamenti;

- il funzionamento della commissione per il piano dei servizi sanitari e socio-assisten­ziali e della formazione di base e permanente del relativo personale, composta da alcuni funzionari degli Assessorati, da esperti di Torino, di Roma e di Perugia. Questa com­missione, nata a livello tecnico per delega dell'amministrazione, non ha mai, peraltro, diffuso all'esterno il materiale prodotto e non ha mai preso contatto alcuno con le forze sociali e la popolazione;

- la redazione del piano di sviluppo, avvenuta anch'essa nel chiuso degli uffici;

- la circolare dell'Assessorato alla sanità dell'8-9-1976, non ancora pubblicata sul Bollet­tino ufficiale, concernente la formazione del personale socio-sanitario, che prevede la rior­ganizzazione dei corsi e delle scuole ospeda­liere mediante forme di cogestione (21) ;

- le iniziative assunte dall'Assessorato regio­nale alla formazione professionale per ridur­re i finanziamenti agli enti privati, cui non hanno però fatto seguito provvedimenti per la gestione diretta da parte dei Comuni, Con­sorzi di Comuni e Comunità montane (Unità locale) di scuole e corsi per la formazione di base e permanente degli operatori sani­tari e socio-assistenziali.

Invece una prospettiva di modo alternativo di gestire i servizi socio-assistenziali e sanitari si apre con la delibera sui sussidi omofamiliari, sugli affidamenti, sugli inserimenti. Ciò, però, de­ve realizzarsi privilegiando gli interventi diretti alla messa a disposizione di servizi non assi­stenziali (casa, scuola, sanità, ecc.), oltre che alla ricerca di posti di lavoro.

Un ulteriore contributo alla politica di cam­biamento può essere la legge n. 41 del 9-7-1976 che ha suddiviso il territorio regionale in 76 unità locali di cui 23 per la città di Torino.

Come da apposita delibera approvata dal Con­siglio regionale (22) è stato richiesto al Mini­stero della pubblica istruzione che tutte le unità locali coincidano con i distretti scolastici.

Nella legge 41 è previsto che le 76 zone «rap­presentano la dimensione territoriale sulla qua­le si articola il complesso integrato di tutti i servizi di base che costituiscono, nel loro insie­me, l'Unità locale dei servizi».

Pertanto, con la legge suddetta, la Regione Piemonte ha avviato l'Unità locale di tutti i ser­vizi di base (e non solo di quelli sanitari e socio­assistenziali).

Per le unità locali di Torino (coincidenti con i quartieri), gli organi di governo sono il Comu­ne ed i 23 consigli di quartiere. Per le altre 53 unità locali gli organi di governo previsti nella legge 41 sono i Consorzi di Comuni e le Comu­nità montane.

Al riguardo vi è però da segnalare che il dise­gno di legge della Giunta regionale n. 104 (23) relativo alla riorganizzazione dei servizi sanitari e socio-sanitari e alle deleghe, non fa più riferi­mento alle Comunità montane.

Pertanto, allo stato attuale delle cose (e sia­mo a pochi mesi dal passaggio delle competenze degli enti mutualistici e delle casse mutue!) non si sa ancora, per il territorio regionale, esclusa Torino, quale sarà l'organo di governo delle uni­tà locali.

Su alcuni provvedimenti non abbiamo potuto, per carenza di informazione, verificare le carat­teristiche degli interventi.

Ad esempio i piani stralcio delle 44 Comunità montane (comprendenti anche gli aspetti sani­tari e socio-assistenziali) ed i relativi finanzia­menti non rientrano addirittura nella competen­za degli Assessorati alla sanità e all'assisten­za, per cui gli Assessorati stessi non ne sono a conoscenza. Sono questi finanziamenti quindi concessi in una logica burocratica, di raziona­lizzazione o di cambiamento?

Altro intervento sul quale non disponiamo di informazioni per quanto concerne l'applicazione - e riteniamo che non le disponga nemmeno la Regione - è quello relativo all'assistenza domiciliare e ai centri di incontro (legge regio­nale n. 19 del 4-5-1976).

All'art. ,4 è infatti precisato che i centri di incontro devono essere «aperti a tutta la popo­lazione» e fornire «attività di animazione so­ciale, culturale e di tempo libero», mentre ri­sulta che la maggior parte di essi continuano ad essere riservati ai soli anziani.

All'art. 5 è previsto che «le attività (di assi­stenza domiciliare e di centri di incontro) sono gestite dagli Enti beneficiari con la partecipa­zione dei cittadini e delle forze sindacali e so­ciali esistenti sul territorio» e non ci risulta quale tipo di interpretazione applicativa sia sta­to dato dai Comuni, Consorzi di Comuni e Co­munità montane.

Infine non siamo in grado di fornire elementi per quanto riguarda i consultori poiché la legge relativa è stata approvata solo recentemente.

Riprendiamo a questo punto quanto accenna­to nel l'introduzione sull'importanza e sulla ne­cessità di fornire strumenti di informazione da parte della Regione (Giunta e Assessorati com­presi) alle forze sindacali e sociali, alle asso­ciazioni, ai comitati di quartiere, ai vari gruppi esistenti sul territorio per non scoraggiare la loro concreta volontà di partecipazione per un nuovo modo di fare politica.

Diversamente l'amministrazione regionale di sinistra non riuscirà né a rendere credibili le proprie scelte, né ad avviare una linea politica ed operativa di reale cambiamento.

 

 

PROVVEDIMENTI APPROVATI IN MATERIA DI SANITÀ

 

DPGR n. 3244 del 13-8-75 - Autorizzazione a L. Nicoletti ad aprire un gabinetto di cure fisiche e massofisiotera­piche a Dormelletto.

DPGR n. 3331 del 18-8-75 - Concessione all'Amministra­zione provinciale di Novara di un contributo aggiuntivo di L. 4.580.000 all'anno per 35 anni per le maggiori spese per il nuovo Ospedale psichiatrico.

DPGR n. 3451 del 29-8-75 - Integrazione di L.47.708.000 all'anno per 35 anni del contributo regionale per il 5° stralcio dei lavori del nuovo Ospedale di Verbania.

DPGR n. 3473 del 2-9-75 - Approvazione dei progetti per L. 155 milioni per la ristrutturazione dei padiglioni di medicina Abegg e chirurgia dell'Ospedale S. Giovan­ni di Torino.

DPGR n. 3586 dell'8-9-75 - Approvazione del progetto di L. 3.657 milioni e del 1° lotto di L. 918 milioni di cui 500 milioni ammessi a contributo per la costruzione di un padiglione per lungodegenti dell'Ospedale S. Spirito di Casale Monferrato e concessione di un contributo di L. 47.317.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3617 del 9-9-75 - Autorizzazione alla Soc. CFOR all'apertura ed esercizio di un stabilimento in Torino di cure fisiche con attività di terapia fisica e rieducativa, di ortopedia e traumatologia.

DPGR n. 3691 del 15-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale Maria Vittoria di Torino all'apertura e all'esercizio del proprio istituto di radiologia.

DPGR n. 3770 del 17-9-75 - Approvazione del progetto di L. 1260 milioni e del primo lotto di L. 200 milioni del nuovo Ospedale di Demonte e concessione di un contri­buto di L. 19 milioni all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3803 del 18-9-75 - Approvazione del progetto di L. 800 milioni per la costruzione del nuovo Ospedale geriatrico dell'INRCA di Tornio e concessione di un con­tributo di L. 75.708.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3835 del 22-9-75 - Integrazione di L. 8.195.000 all'anno per 35 anni del precedente contributo regionale sulla spesa di 200 milioni per l'ampliamento dell'Ospe­dale di Varallo Sesia.

DPGR n. 3836 del 22-9-75 - Integrazione di L. 54.635.000 all'anno per 35 anni del precedente contributo regionale sulla spesa di 1 miliardo per la costruzione del nuovo Ospedale di Rivoli.

DPGR n. 3837 del 22-9-75 - Integrazione di L. 2.731.000 all'anno per 35 anni del precedente contributo regionale sulla spesa di L. 50 milioni per l'ampliamento del reparto radiologico dell'Ospedale di Susa.

DPGR n. 3838 del 22-9-75 - Integrazione di L. 3.824.000 all'anno per 35 anni del precedente contributo regionale sulla spesa di L. 70 milioni per la sistemazione del padi­glione di medicina dell'Ospedale di Borgosesia.

DPGR n. 3839 del 22-9-75 - Integrazione di L. 48.079.000 all'anno per 35 anni del precedente contributo regionale sulla spesa di L. 880 milioni per il completamento del nuovo monoblocco (40 lotto) dell'Ospedale di Alessandria.

DPGR n. 3840 del 22-9-75 - Integrazione di L. 10.927.000 all'anno per 35 anni del precedente contributo regionale sulla spesa di L. 200 milioni per il completamento e ri­strutturazione dell'Ospedale di Fossano (2° stralcio).

DPGR n. 3871 del 24-9-75 - Approvazione del progetto di L. 400 milioni per lavori di ampliamento dell'Ospedale di Novi Ligure e concessione di un contributo di Lire 37.854.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3942 dell'1-10-75 - Approvazione del progetto di L. 300 milioni per l'ampliamento e completamento del­l'Ospedale S. Croce di Moncalieri e concessione di un contributo di L. 28.390.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3946 del 2-10-75 - Approvazione dei progetti di L. 6 miliardi più 950 milioni più 500 milioni per l'am­pliamento e la ristrutturazione dell'Ospedale S. Biagio di Domodossola e concessione di un contributo di Lire 47.318.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 4033 del 7-10-75 - Approvazione dei progetti di L. 11 miliardi più 1.300 milioni per il nuovo Ospedale di Verbania (60 stralcio) e concessione di un contributo di L. 123 milioni all'anno per 35 anni.

DGR n. 75-195 del 16-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale di Omegna a trasformare la sezione pediatrica da aggre­gata ad autonoma e ad istituire il servizio di cardiologia.

DGR n. 76-193 del 16-9-75 - Autorizzazione allo sdoppia­mento del servizio di radiologia dell'Ospedale Mauriziano di Torino.

DGR n. 77-194 del 16-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale Civile di Asti di istituire il servizio di emodialisi.

DGR n. 78-195 del 16-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale S. Giacomo di Novi Ligure ad istituire il servizio di emo­dialisi.

DGR n. 79-196 del 16-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale S. Croce di Cuneo ad istituire il servizio di emodialisi.

DGR n. 80-197 del 16-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale di Ceva a rendere autonomo il servizio di anestesia.

DGR n. 81-198 del 16-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale di Castellamonte ad istituire il servizio di emodialisi.

DGR n. 83-200 del 16-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale di Borgomanero a istituire il servizio di emodialisi.

DPGR n. 4219 del 20-10-75 - Approvazione del proget­to di L. 352 milioni relativo alla costruzione del Centro sanitario di Biella.

DPGR n. 4316 del 24-10-75 - Autorizzazione a M. Ben­venuti e C. Bruno per l'apertura a Dogliani di un gabi­netto di analisi cliniche per il pubblico a scopo diagno­stico.

DPGR n. 4347 del 34-10-75 - Approvazione dei progetti di L. 2.400 milioni e L. 340 milioni di cui 300 milioni am­messi a contributo per la costruzione del nuovo Ospedale di Bra e concessione di un contributo di L. 28.390.000 all'anno per 35 anni.

DGR n. 24-230 del 23-9-75 - Autorizzazione all'Ospedale Agnelli di Pinerolo a istituire il centro dialisi.

DPGR n. 4353 del 24-10-75 - Approvazione del progetto di L. 600 milioni per la nuova divisione ortopedica (2° stralcio) dell'Ospedale Maria Adelaide di Torino e con­cessione di un contributo di L. 56.781.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 4356 del 24-10-75 - Integrazione di L. 38.245.000 all'anno per 35 anni del contributo regionale per i lavori di costruzione e ampliamento dell'Ospedale di Ciriè.

DPGR n. 4371 del 27-10-75 - Approvazione della perizia di L. 27 milioni relativa ai lavori di ristrutturazione dell'Ospedale di Sanfront.

DPGR n. 4484 del 3-11-75 - Autorizzazione all'INAIL all'apertura e all'esercizio di uno stabilimento di cure fi­sioterapiche a Collegno.

DPGR n. 4496 del 6-11-75 - Autorizzazione alla Ditta STATIC all'apertura e all'esercizio di un gabinetto di fi­siochinesiterapia a Alessandria.

DPGR n. 45-12 del 6-11-75 - Approvazione dei progetti di L. 1.500 milioni e di L. 322 milioni (1° stralcio), 169 mi­lioni (2° stralcio), 128 milioni (3° stralcio), 363 milioni (4° stralcio) per la ristrutturazione generale dell'Ospeda­le S. Croce di Cuneo e concessione di un contributo di L. 75.708.000 all'anno per 35 anni.

DGR n. 47-583 del 21-10-75 - Autorizzazione all'Ospe­dale Oftalmico di Torino all'apertura del Centro isotopi. DGR n. 49-585 del 21-10-75 - Determinazione degli Ospedali presso i quali vengono istituiti dipartimenti di emergenza di 1° livello (19 Ospedali) e di 2° livello (5 Ospedali).

DPGR n. 4794 del 17-11-75 - Ulteriore proroga di mesi 4 all'Ospedale di Asti alla deroga all'obbligo di inceneri­mento sul posto dei rifiuti dei servizi ospedalieri.

DPGR n. 4798 del 17-11-75 - Autorizzazione all'INAIL all'apertura e esercizio di uno stabilimento di cure fisio­terapiche in Torino.

DGR n. 63-963 del 26-11-75 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Andrea di Vercelli all'istituzione di un centro allergologico.

DGR n. 65-965 del 26-11-75 - Autorizzazione all'Ospeda­le di Galliate di istituire una sezione autonoma di oste­tricia e ginecologia.

DGR n. 66-1056 del 27-11-75 - Conferimento incarichi per la stesura del piano socio-sanitario (spesa L. 17 mi­lioni e 200.000).

DPGR n. 5407 del 12-12-75 - Autorizzazione all'Ospedale di Alessandria di istituire un Centro di raccolta mobile.

DPGR n. 5468 del 15-12-75 - Autorizzazione all'Opera Pia Piccola Casa della Divina Provvidenza all'apertura e all'esercizio di un gabinetto medico di analisi.

DPGR n. 5632 del 23-12-75 - Autorizzazione a R. Ghiot­ti Abelli di mantenere in esercizio in Torino uno stabili­mento di fisioterapia, massoterapia, ginnastica medica e preparazione psico-fisica al parto.

DGR n. 97-1166 del 18-11-75 - Autorizzazione all'Ospe­dale di Rivoli di istituire un centro di patologia neonatale. DGR n. 81-1334 del 23-12-75 - Concessione ai Comuni e all'ONMI di contributi per L. 8 milioni per la gestione dei dispensari dermovenerei.

DGR n. 80-1333 del 23-12-75 - Affidamento incarichi ad esperti per la programmazione dei servizi socio-sanitari per L. 75 milioni.

DGR n. 53-1589 del 19-1-76 - Autorizzazione alla Casa di Cura «La Residenza» di Rodello al ricovero di aventi diritto a carico della Regione.

DPGR n. 1092 del 19-2-76 - Approvazione del progetto di variante di 1.300 milioni del nuovo Ospedale di Ver­bania.

DGR n. 52-1831 del 10-2-76 - Approvazione della mo­difica della convenzione con il Comune di Vercelli per l'istituzione di una unità di base.

DPGR n. 7818 del 26-3-76 - Autorizzazione all'Opera Diocesana Assistenza di Saluzzo per l'apertura di un Isti­tuto medico-psico-pedagogico Raggio di Sole di Revello (50 posti letto).

DPGR n. 2147 del 16-4-76 - Approvazione del progetto di sistemazione dell'ex Casa Laugero (Ospedale di De­monte) per L. 46 milioni.

DPGR n. 2148 del 16-4-76 - Approvazione del progetto di 100 milioni per l'ampliamento dell'Ospedale di Borgo­manero.

DGR n. 41-2299 del 22-3-76 - Sanatoria dell'affidamento allo Studio Gamma di Bologna per l'allestimento dello stand di partecipazione della Regione Piemonte al 30 sa­lone delle attrezzature e apparecchiature ospedaliere svol­tosi a Roma dal 23 al 28-2-1976 (L. 8.159.000).

DGR n. 39-2297 del 22-3-76 - Approvazione della con­venzione con il Comune di Trino per l'istituzione di una unità di base e concessione di un contributo annuo di 10 milioni.

DGR n. 123-2381 del 22-3-76 - Autorizzazione alla S.r.l. LAMP all'apertura e all'esercizio di un gabinetto di ana­lisi per il pubblico a scopo diagnostico a Torino.

DGR n. 125-2383 del 22-3-76 - Revoca del decreto di autorizzazione alla S.r.l. Minerva all'esercizio di un gabi­netto di analisi in Torino.

DPGR n. 2379 del 4-5-76 - Approvazione del progetto di 200 milioni per la ristrutturazione dell'Ospedale SS. Tri­nità di Fossano e concessione di un contributo di L. 19 milioni all'anno per 35 anni.

DPGR n. 262 del 20-5-76 - Autorizzazione alla Fondazio­ne Pro Juventute Don Gnocchi a far funzionare in Bra un Centro ambulatoriale per il recupero fisico di motu­lesi, neurolesi, discinetici e invalidi civili in genere.

DPGR n. 2623 del 20-5-76 - Autorizzazione all'INAIL ad aprire in Saluzzo un gabinetto per terapia fisiche. Circolare dell'Assessore alla Sanità prot. 5701 del 10-6-76 - «Esercizio libero professionale dei medici ospe­dalieri nelle case di cura private».

DGR n. 47-2825 del 4-5-76 - Approvazione di modifiche alla convenzione con il Comune di Alessandria per l'isti­tuzione di una unità di base.

DGR n. 47-2870 del 4-5-76 - Approvazione della conven­zione con il Comune di Asti per l'istituzione di una uni­tà di base e concessione di un contributo di 10 milioni all'anno.

DPGR n. 2896 del 9-6-76 - Approvazione del progetto di 120 milioni per la costruzione di opere in cemento armato a protezione dei locali di radioterapia dell'Ospe­dale di Alessandria.

DPGR n. 2898 del 9-6-76 - Approvazione del progetto di L. 16 milioni per la costruzione degli spogliatoi per il personale dell'Ospedale S. Croce di Cuneo.

DGR n. 72-3082 del 18-5-76 - Piano di ripartizione fra gli Ospedali dei fondi per la concessione dei contributi per l'acquisto di attrezzature ospedaliere per L. 2.555 milioni.

DPGR n. 2948 del 9-6-76 - Autorizzazione all'INAIL per l'apertura di uno stabilimento di cure fisioterapiche a Ivrea.

DGR n. 2-3095 del 20-5-76 - Trasformazione in divisione dell'attuale sezione di ostetricia e ginecologia dell'Ospe­dale di Saluzzo.

DGR n. 3-3096 del 20-5-76 - Istituzione presso l'Ospe­dale di Borgomanero del primariato di anestesia e ria­nimazione.

DGR dall'85-3181 all'88-3184 del 26-5-76 - Approvazione delle convenzioni per l'istituzione delle Unità di base di Borgomanero, Casale Monferrato, Gattinara e Rivoli e concessione di un contributo di 10 milioni per ciascuna unità di base.

DGR n. 74-3290 del 3-6-76 - Affidamento per L. 47 mi­[ioni della Ditta Services Data di Torino del servizio di registrazione, elaborazione e controllo delle informazioni relative alle schede sanitarie.

DPGR n. 3631 del 22-7-76 - Approvazione dei progetti di L. 5.171 milioni e 500 milioni per la costruzione del nuovo Ospedale di Ceva e concessione di un contributo di L. 47.317.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3651 del 27-7-76 - Approvazione del progetto di variante di L. 100 milioni per il completamento e ri­strutturazione dell'Ospedale di Fossano e concessione di un contributo di 4 milioni all'anno per 35 anni.

DGR n. 181-3538 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Croce di Cuneo ad istituire il servizio di neuro­fisiopatologia aggregato alla divisione di neuropsichiatria.

DGR n. 165-3526 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale di Fossano a trasformare la sezione autonoma di ortopedia e traumatologia in divisione.

DGR n. 170-3527 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale di Fossano a provvedere all'aumento di 15 posti let­to mediante la sistemazione di locali per alloggio suore.

DGR n. 181-3538 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale di Carignano ad istituire un servizio di anestesia e rianimazione.

DGR n. 195-3552 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale Maria Vittoria di Torino ad istituire presso la sede staccata S. Vincenzo la divisione lungodegenti con 56 posti letto e la sezione di riabilitazione con 16 posti letto.

DGR n. 201-3558 del 15-676 - Autorizzazione all'Ospedale infantile Regina Margherita ad istituire il servizio not­turno di prelievo di neonati immaturi mediante autoam­bulanze con incubatrici.

DGR n. 202-3559 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale oftalmico di Torino a trasformare le strutture ospe­daliere per corrispondere alle esigenze del dipartimento di emergenza della città di Torino e alla consulenza spe­cialistica all'Ospedale S. Giovanni.

DGR n. 205-3562 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino a ristrutturare la Clinica Uni­versitaria di chirurgia plastica mediante l'istituzione di una divisione di chirurgia plastica presso la sede staccata di S. Vito.

DGR n. 206-3563 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino di ristrutturare il 1o Istituto di anatomia patologica dell'Università di Torino mediante l'istituzione del 1o servizio di anatomia patologica.

DGR n. 207-3564 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino a ristrutturale l'istituto uni­versitario di microbiologia mediante l'istituzione del ser­vizio autonomo di virologia.

DGR n. 208-3565 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino a ristrutturare il 20 Istituto di anatomia patologica dell'Università mediante l'istituzione del 2, servizio di anatomia patologica.

DGR n. 209-3566 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino a ristrutturare l'istituto di ra­diologia dell'Università.

DGR n. 210-3567 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino a ristrutturare l'Istituto uni­versitario di urologia, mediante l'istituzione della Divi­sione di urologia.

DGR n. 211-3568 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino a ristrutturare la Clinica uni­versitaria delle malattie nervose e mentali, mediante l'istituzione della 1a divisione neurologica con servizio di EEG e EMG e della 2a divisione neurologica con labo­ratorio di diagnostica neurologica e con aggregato ser­vizio di neurologia.

DGR n. 212-3569 del 15-6-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale S. Giovanni di Torino a ristrutturare l'istituto uni­versitario di chirurgia d'urgenza mediante l'istituzione di una divisione di chirurgia generale.

DGR n. 85-3678 del 23-6-76 - Approvazione della con­venzione con il Comune di Tortona per la costituzione di una unità di base e concessione di un contributo annuo di 10 milioni.

DGR n. 61-3931 del 13-7-76 - Approvazione della con­venzione con il Comune di Verbania per l'istituzione di una unità di base e concessione di un contributo annuo di 10 milioni.

DPGR n. 4429 del 27-9-76 - Approvazione del progetto di L. 28.800.000 per la ristrutturazione dell'Ospedale of­talmico di Torino.

DPGR n. 4430 del 27-9-76 - Approvazione del progetto di L. 24 milioni per la ristrutturazione della divisione di medicina dell'Ospedale maggiore di Chieri.

DPGR n. 4431 del 27-9-76 - Approvazione del progetto di L. 5.450.000 di opere inerenti l'Ospedale civile di Chivasso.

DPGR n. 4432 del 27-9-76 - Approvazione del progetto di L. 30 milioni per opere inerenti l'Ospedale civile di Chivasso.

DPGR n. 4433 del 27-9-76 - Approvazione del progetto di L. 52 milioni per opere inerenti l'Ospedale civile di Chivasso.

DGR n. 58-4494 del 6-9-76 - Autorizzazione alla Croce bianca di Fossano al trasporto infermi mediante proprie autoambulanze.

DGR dal n. 65-4501 al n. 71-4507 del 27-7-76 - Approva­zione delle convenzioni con i Comuni di Grugliasco, Cre­scentino, Omegna, Collegno, Nichelino, Novi Ligure e Al­pignano per l'istituzione di unità di base e concessione a ciascun Comune di un contributo annuo di 10 milioni.

DGR n. 80-4430 del 27-7-76 - Autorizzazione all'Ospeda­le Mauriziani di Torino a trasformare la divisione ocu­listica in sezione autonoma.

DGR n. 81-4431 del 27-7-76 - Autorizzazione all'Ospedale Mauriziano di Torino a istituire il servizio di magazzino economale centralizzato e 5 nuovi posti in organico.

DGR n. 82-4432 del 27-7-76 - Autorizzazione all'Ospeda­le Mauriziano di Torino ad istituire presso la sezione staccata di Valenza il servizio farmaceutico interno.

DGR n. 83-4433 del 27-7-76 - Autorizzazione all'Ospeda­le Mauriziano di Torino di trasformare posti di organico medico presso la sezione di Lanzo.

DGR n. 84-4434 del 27-7-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale Mauriziano di Torino per l'istituzione di un consul­torio di ginecologia preventiva per la diagnosi precoce dei tumori.

DGR n. 85-4435 del 27-7-76 - Autorizzazione all'Ospe­dale Mauriziano di Torino ad istituire il servizio telefo­nico unificato con 6 nuovi posti di applicato telefonista.

DGR n. 73-4600 del 13-9-76 - Riduzione di 155 milioni dei contributi previsti nel 1975 per la gestione del Cen­tro regionale per la tutela sanitaria dei luoghi di lavoro e per le unità di base.

DGR n. 81/82-4608 del 13-9-76 - Approvazione delle convenzioni con i Comuni di Savigliano e di Ovada per l'istituzione delle unità di base e concessione di un con­tributo annuo a ciascun Comune di 10 milioni.

 

 

PROVVEDIMENTI APPROVATI IN MATERIA DI ASSISTENZA

 

DPGR n. 3404 del 22-8-75 - Approvazione del progetto di L. 1.200 milioni e del primo lotto di 200 milioni della nuova Casa di riposo di Favria e concessione di un con­tributo di L. 8 milioni all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3416 del 22-8-75 - Approvazione del progetto di L. 180 milioni della nuova Casa di riposo di Caravino e concessione di un contributo di L. 7.200.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3422 del 22-8-75 - Approvazione del progetto di L. 184 milioni e del primo lotto di L. 160 milioni per la nuova Casa di riposo di Neive e concessione di un contributo di L. 6.400.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3441 del 25-8-75 - Conferma del contributo per la nuova Casa di riposo di Portocomaro.

DPGR n. 3499 del 2-9-75 - Approvazione del progetto di L. 440 milioni e del primo lotto (L. 143 milioni) e del secondo lotto (138 milioni) per la nuova Casa di riposo di Dronero e concessione di un contributo di L. 5.520.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3502 del 2-9-75 - Approvazione del progetto di L. 100 milioni per la nuova casa di riposo di Porto­comaro e concessione di un contributo di L. 4 milioni all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3523 del 2-9-75 - Approvazione del progetto di L. 612 milioni e del primo lotto di 100 milioni per la nuova Casa di riposo di Sparone e concessione di un contributo di L. 4 milioni all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3524 del 2-9-75 - Approvazione del progetto di L. 895 milioni e del primo lotto di L. 239 milioni per la nuova Casa di riposo di Caluso e concessione di un contributo di 6 milioni all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3543 del 4-9-75 - Approvazione del progetto di L. 146 milioni per la nuova Casa di riposo di Peveragno e concessione di un contributo di L. 5.853.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n, 3643 dell'11-9-75 - Approvazione del progetto di L. 619 milioni della nuova Casa di riposo di Santhià e concessione di un contributo di L. 24.763.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 4041 del 7-10-75 - Approvazione del progetto di L. 87.500.000 per completamento (secondo lotto) Casa di riposo di Corio Canavese e concessione di un contri­buto di L. 3.500.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 4119 del 16-10-75 - Approvazione del progetto di L. 515 milioni e del primo lotto di L. 277 milioni per la nuova Casa di riposo di Trofarello e concessione di un contributo di L. 11 milioni all'anno per 35 anni.

DGR n. 34-151 del 16-9-75 - Revoca del contributo re­gionale per la Casa di riposo di Mango.

DPGR n. 4346 del 24-10-75 - Approvazione del progetto generale di L. 144 milioni e di L. 63 milioni (terzo lotto) per il completamento della nuova Casa di riposo di Gua­rene e concessione di un contributo di L. 2.400.000 all'an­no per 35 anni.

DGR n. 64-366 del 5-9-75 - Contributo ai Consorzi di Comuni e Comunità montane per affidamenti educativi di minori (spesa prevista per il 1975 L. 35 milioni).

DGR n. 67-369 del 5-9-75 - Revoca del contributo regio­nale di L. 6 milioni all'anno per 35 anni relativo al se­condo lotto della Casa di riposo di Favria.

DGR dal n. 68-370 al n. 85-387 del 5-9-75 - Revoca con­tributi regionali per le Case di riposo di Montegrosso d'Asti (contributo L. 6 milioni, spesa 150 milioni) e di Castellamonte (contributo 36 milioni, spesa 400 milioni); Istituto per minori di Rocca de' Baldi - terzo lotto (con­tributo 5.400.000, spesa 135 milioni); Case di riposo di Bricherasio (contributo 3.600.000, spesa 90 milioni), di Strevi (contributo 7.800.000, spesa 130 milioni), di Pella (contributo 8.400.000, spesa 140 milioni), di Saluggia (con­tributo 3 milioni, spesa 50 milioni), di Morano (contri­buto L. 8.620.000, spesa 168 milioni), di Agliano (contri­buto 5.600.000, spesa 140 milioni), di Brossasco (contri­buto 6 milioni, spesa 100 milioni), di Niella Belbo (con­tributo 6 milioni, spesa 100 milioni), di Trinità (contribu­to 27.500.000, spesa 275 milioni), di Scurzolengo (con­tributo 2.400.000, spesa 60 milioni), di Frugardo (contribu­to 6 milioni, spesa 150 milioni), di Costigliole di Saluzzo (contributo di L. 6 milioni, spesa 150 milioni), di Rodello - quarto lotto (contributo 4.400.000, spesa 110 milioni), di Vespolate (contributo 13.800.000, spesa 230 milioni), di S. Francesco Bormida (contributo 5.940.000, spesa 66 milioni).

DGR n. 86-388 del 5-9-75 - Versamento agli ECA di 40 milioni per integrazione straordinaria di bilancio per calamità naturali.

DGR n. 6-542 del 21-10-75 - Accantonamento di L. 50 mi­lioni per l'integrazione di contributi per Case di riposo.

DPGR n. 4765 del 17-11-75 - Approvazione del progetto di L. 590 milioni e del primo lotto di L. 250 milioni per la nuova Casa di riposo di Canelli e concessione di un contributo di 10 milioni all'anno per 35 anni.

DGR n. 33-721 del 5-11-75 - Concessione all'Unione ita­liana Ciechi di un contributo di L. 60 milioni.

DGR n. 34-722 del 5-11-75 - Concessione di un contri­buto di 1.500.000 all'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra.

DGR n. 43-820 del 10-11-75 - Revoca del contributo re­gionale per la casa di riposo di Chivasso (contributo Li­re 18 milioni, spesa 300 milioni).

DGR n. 44-821 del 10-11-75 - Revoca del contributo re­gionale per la Casa di riposo di Cuorgnè (contributo Li­re 14.880.000, spesa L. 372 milioni).

DGR n. 10-910 del 26-11-75 - Revoca della delibera di revoca del 30-9-75 relative alle Case di riposo di Trinità e di Saluggia e concessione contributi di L. 24.750.000 all'anno per 35 anni per la Casa di riposo di Trinità e di L. 3 milioni all'anno per 35 anni per la Casa di riposo di Saluggia.

DGR n. 78-1068 del 2-12-75 - Approvazione di un con­tributo straordinario all'ECA di Asti di 10 milioni.

DGR n. 31-1284 del 23-12-75 - Integrazione contributi regionali trentacinquennali per nuove costruzioni o com­pletamenti di Case di riposo per un totale di L. 64.676.000 all'anno per 35 anni (spesa totale delle opere di Lire 1960 milioni): Case di riposo di Nizza Monferrato (180 milioni, 3.600.000); Niella Tanaro (30 milioni, 600.000); Paesana (55 milioni, 1.100.000); ECA di Torino (685 mi­lioni, 34.267.000); Pont Canavese (50 milioni, 1 milione); Front (120 milioni, 2.400.000); Caluso (150 milioni, 3 mi­lioni), Costanzana (200 milioni, 4 milioni); Cerrina Mon­ferrato (43 milioni, 1.288.0000); Mirabello Monferrato (72 milioni, 2.160.000); Dronero (138 milioni, 4.140.000); Gua­rene (60 milioni, 1.800.000); Montemagno (31 milioni, 930.000); Peveragno (146 milioni, 4.390.000).

DGR n. 33-1286 del 23-12-75 - Concessione all'ECA di Torino di un contributo di 10 milioni da erogare alla Casa­Albergo Ozanam di Torino.

DGR n. 60-1242 del 15-12-75 - Assegnazione straordina­ria agli ECA di L. 95 milioni per l'integrazione dei bilanci. DGR n. 21-1421 del 29-12-75 - Concessione di contributi a istituti di ricovero per L. 180 milioni.

DPGR n. 222 del 19-1-76 - Concessione all'Ente Ospi­zio di Carità di Savigliano di un contributo di L. 10 mi­lioni all'anno per 35 anni per la costruzione dell'Istituto Casa del giovane.

DGR n. 1-21475 del 31-12-75 - Sovvenzioni ad enti di assistenza per L. 45.600.000.

DGR n. 13-1476 del 31-12-75 - Contributi straordinari a enti di assistenza (quinto elenco 75) per L. 100 milioni.

DGR n. 14-1477 del 31-12-75 - Revoca della delibera di revoca per la nuova Casa di Riposo di Frugarolo e con­cessione di un contributo di L. 6 milioni all'anno per 35 anni (spesa 150 milioni).

DGR n. 27-1536 del 12-1-76 - Concessione di un con­tributo straordinario di 2 milioni all'ECA di Susa.

DPGR 727 del 3-2-76 - Estinzione dell'IPAB Ospedale dei pellegrini di Carignano.

DPGR n. 868 del 9-2-76 - Estinzione dell'IPAB Lombroso di Torino.

DGR n. 42-1665 del 27-1-76 - Contributo straordinario di 2 milioni all'ECA di Torino.

DGR n. 43-1666 del 27-1-76 - Autorizzazione agli ECA alla continuazione delle attività di assistenza già svolte dai Comitati provinciali di assistenza e beneficenza pub­blica.

DGR n. 64-1843 del 10-2-76 - Contributo straordinario di 4 milioni all'ECA di Settimo Torinese.

DGR n. 54-1908 del 16-2-76 - Contributi per sussidi e altre spese per profughi per L. 4 milioni.

DPGR n. 1397 dell'11-3-76 - Autorizzazione per la tra­sformazione dell'Ospedale Ricovero Maero di Manta in Casa di riposo (patrimonio L. 465 milioni).

DPGR n. 1921 del 5-4-76 - Autorizzazione per la trasfor­mazione dell'Ospedale della Provvidenza di Ghemme in Casa di riposo.

DGR n. 56-1990 del 24-2-76 - Contributo straordinario all'ECA di Torino di 120 milioni per provvedere alla con­tingente sistemazione alloggiativa di nuclei familiari ina­deguatamente sistemati.

DGR n. 56 bis-1991 del 24-2-76 - Contributo straordinario all'ECA di Torino di L. 20 milioni per provvedere alla contingente sistemazione alloggiativa di nuclei familiari inadeguatamente sistemati.

DGR n. 30-2083 del 2-3-76 - Assegnazione ordinaria agli ECA di un acconto di L. 537 milioni.

DGR n. 55-2247 del 15-3-76 - Concessione agli Istituti di patronato e di assistenza sociale di contributi per L. 175 milioni.

DPGR n. 2343 del 29-4-76 - Estinzione dell'Opera IPAB Monte Pensioni veterani indigenti ed invalidi di Torino o devoluzione del relativo patrimonio all'ECA di Torino.

DGR n. 2-2562 del 9-4-76 - Contributo straordinario al­l'ECA di Settimo Torinese di L. 10 milioni.

DGR n. 40-2603 del 13-4-76 - Contributi ai Comuni, Con­sorzi di Comuni e Comunità montane per sussidi omofa­miliari alternativi al ricovero in istituti, rette di ricovero, affidamenti educativi di minori, affidamenti assistenziali di interdetti, inserimento di handicappati adulti e di an­ziani presso famiglie, persone e comunità alloggio. (De­libera quadro).

DGR n. 35-2813 del 20-4-76 - Erezione in ente morale della Casa di Riposo «Villa Serena Tirone» di Castell'Al­fero di Asti.

DGR n. 35-2814 del 20-4-76 - Rinuncia della Casa Be­nefica Zavattaro-Rho di Borgo S. Martino del contributo regionale di L. 2.617.000 all'anno per 35 anni.

DGR n. 31-3127 del 16-5-76 - Criteri per l'ammissibilità a contributo delle opere realizzate o degli arredi e delle attrezzature acquistate da enti di istituzioni assistenziali.

DGR n. 104-3199 del 26-5-76 - Versamento al Prevento­rio di Limone di 100 milioni per minori ricoverati nel 1975.

DGR n. 84-3180 del 26-5-76 - Erogazione di un contributo di 10 milioni al Centro AIAS di Ivrea.

DPGR n. 3145 del 28-6-76 - Approvazione del progetto di L. 275 milioni della nuova Casa di riposo di Trinità e concessione di un contributo di L. 24.750.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3146 del 28-6-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di 1 milione all'anno per 35 anni sulla maggiore spesa di 50 milioni per il completamento della Casa di riposo di Vigliano Biellese.

DPGR n. 3147 del 28-6-76 - Elevazione a 9 milioni all'anno per 35 anni del contributo per la costruzione della Casa di riposo di Portocomaro (spesa 100 milioni per il secondo lotto).

DPGR n. 3148 del 28-6-76 - Approvazione del progetto di L. 230 milioni per la costruzione della Casa di riposo di Vespolate e concessione di un contributo di L. 13 mi­lioni e 800.000 all'anno per 35 anni.

DGR n. 55-3347 dell'8-6-76 - Assegnazione ordinaria agli ECA di L. 1.462 milioni.

DGR n. 64-3355 dell'8-6-76 - Contributo straordinario di 1 milione all'ECA di Tortona.

DGR n. 227-3583 del 15-6-76 - Contributo straordinario all'ECA di Moncalieri di 15 milioni.

DPGR n. 3527 del 13-7-76 - Costituzione dell'Unità ope­rativa per la vigilanza sulle istituzioni pubbliche e pri­vate di assistenza della Provincia di Vercelli.

DPGR n. 3633 del 23-7-76 - Costituzione dell'unità ope­rativa per la vigilanza sulle istituzioni pubbliche e priva­te di assistenza della Provincia di Cuneo.

DPGR n. 3643 del 26-7-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di L. 1.600.000 all'anno per 35 anni per la nuova Casa di riposo di S. Giusto Canavese.

DGR n. 59-3929 del 13-7-76 - Contributo straordinario all'ECA di Torino di 1 milione.

DPGR n. 3645 del 26-7-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di L. 9.160.000 all'anno per 35 per la costruzione di un nuovo istituto per sordomuti a Cuneo.

DPGR n. 3650 del 27-7-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di L. 1.550.000 all'anno per 35 anni sul primo lotto (31 milioni) per la nuova Casa di riposo di Montemagno.

DGR n. 717-3710 del 23-6-76 - Approvazione interventi

in favore dei profughi e assimilati assistiti dalla Regione (spesa 45 milioni).

DGR n. 122-3715 del 23-6-76 - Parere favorevole all'estin­zione dell'Opera pia Ritiro delle orfane di Mondovì.

DPGR n. 3662 del 27-7-76 - Concessione all'Istituto De Pagave di Novara di un contributo di 15.200.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 3663 del 27-7-76 - Approvazione del progetto di L. 90 milioni per la nuova casa di riposo di Corneliano d'Alba e concessione di un contributo di L. 8.100.000 all'anno per 35 anni.

DGR n. 15-4099 del 27-7-76 - Criteri di idoneità per l'autorizzazione preventiva a funzionare delle strutture educativo-assistenziali.

DPGR n. 3903 del 19-8-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di L. 6 milioni all'anno per 35 anni per la nuova Casa di riposo di S. Damiano d'Asti (spesa 300 milioni).

DPGR n. 3984 del 20-8-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di L. 1.600.000 all'anno per 35 anni per la costruzione della nuova Casa di riposo di S. Giusto Canavese (spesa 80 milioni).

DPGR n. 3985 del 20-8-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di L. 9.160.000 all'anno per 35 anni per il nuovo istituto per sordomuti di Cuneo (spesa L. 458 milioni).

DPGR n. 3987 del 24-8-76 - Concessione di un contri­buto integrativo di L. 12.382.000 all'anno per 35 anni per la nuova Casa di riposo di Santhià (spesa 619 milioni).

DGR n. 78-4044 del 22-7-76 - Approvazione della con­venzione con l'EISS (importo L. 146 milioni).

DGR n. 44-3807 del 7-7-76 - Approvazione del progetto di variante di 1.625 milioni e del progetto stralcio del terzo lotto di L. 220 milioni per la costruzione della nuova Casa di riposo di Savigliano.

DGR n. 8-4264 del 2-8-76 - Contributo straordinario di L. 2 milioni all'ECA di Collegno.

DPGR n. 4174 dell'8-9-76 - Approvazione del progetto generale di variante di L. 1.625 milioni e del progetto stralcio del terzo lotto (220 milioni) per la costruzione della nuova Casa di riposo di Savigliano.

DGR n. 50-4340 del 20-8-76 - Contributi straordinari agli ECA di 300 milioni per contributi a famiglie biso­gnose del Piemonte disastrate da calamità naturali.

DGR n. 43-4394 del 31-8-76 - Parere favorevole all'estin­zione dell'Opera pia Casa del Riposo di Bellinzago Nova­rese devoluzione del patrimonio al locale ECA.

DPGR n. 4216 del 10-9-76 - Approvazione del progetto di L. 458 milioni e del primo stralcio di L. 225 milioni per la nuova Casa di riposo di Venasca e concessione sul primo stralcio di un contributo di L. 20.250.000 all'anno per 35 anni.

DPGR n. 4379 del 20-9-76 - Erezione in ente morale dell'Opera pia R. Fracchia di Rivarone (AL).

DPGR n. 4654 del 5-10-76 - Estinzione dell'Opera pia Casa del Riposo di Bellinzago Novarese e devoluzione del patrimonio al locale ECA.

DGR n. 64-4591 del 13-9-76 - Assunzione in interventi per sussidi omofamiliari, per rette agli istituti, per affi­damenti educativi di minori e per inserimenti di handi­cappati adulti e di anziani presso famiglie, persone e co­munità alloggio per L. 42.629.000.

DPGR n. 4704 del 6-10-76 - Approvazione del progetto di variante di L. 110 milioni e del primo lotto di 50 mi­lioni per il completamento della Casa di riposo di Re­francore e concessione sul primo lotto di un contributo di L. 2 milioni all'anno per 35 anni.

 

 

LEGGI APPROVATE

 

a) in materia di sanità e assistenza

N. 53 del 19-11-1975 - «Modifica all'art. 7 della legge regionale 16-5-1975 n. 28».

N. 1 del 5-1-1976 - «Modificazioni dell'art. 6 della leg­ge regionale 21-5-1975 n. 31. Norme per la concessione di contributi agli Istituti di Patronato e di Assistenza Sociale».

N. 12 del 12-3-1976 - «Contributo regionale per l'assi­stenza farmaceutica ed integrativa ai coltivatori diretti per l'anno 1976».

N. 15 del 26-3-1976 - «Norme per l'esercizio delle fun­zioni trasferite dal D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 9, in mate­ria di nomina dei Consigli di amministrazione delle IPAB».

N. 17 del 31-3-1976 - «Contributo regionale per l'assi­stenza farmaceutica ed integrativa agli esercenti attività commerciali per l'anno 1976».

N. 18 del 31-3-1976 - «Contributo regionale per l'assi­stenza farmaceutica ed integrativa agli artigiani per l'an­no 1976».

N. 19 del 4-5-1976 - «Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani, agli inabili ed ai mi­nori, nonché per il funzionamento di centri di incontro».

N. 37 del 7-7-1976 - «Delega al Comune di Tortona della gestione della comunità protetta per profughi».

N. 38 del 7-7-1976 - «Norme provvisorie di salvaguardia alla istituzione di nuovi istituti di diagnosi e cura».

N. 39 del 9-7-1976 - «Norme e criteri per la program­mazione, gestione e controlli dei servizi consultoriali».

N. 41 del 9-7-1976 - «Definizione degli ambiti territo­riali delle unità locali dei servizi».

N. 49 del 30-8-1976 - «Rifinanziamento e modifiche del­la legge regionale 16 maggio 1975 n. 28 - Norme per l'in­centivazione delle iniziative di Enti locali, Enti ospeda­lieri e di Istituzioni di assistenza e beneficenza, assistite da contributo regionale e istituzione degli organi consul­tivi in materia di opere pubbliche di interesse regionale».

 

b) in materia di formazione, aggiornamento e riqualificazione di operatori sanitari e socio­assistenziali

Nessuna legge.

 

 

 

(*) La delibera è stata pubblicata sul n. 30 di Prospettive assistenziali, pag. 12 e segg.

(**) Documento presentato dalla Federazione dei lavoratori ospedalieri alla Regione Piemonte nel luglio 1974.

 

 

(16) Documento dell'8 agosto 1976 delle seguenti organizzazioni: ACLI, Associazione nazionale famiglie di fanciulli subnormali, AIAS, Associazioni per la lotta contro le malattie mentali, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, Centro Maran Atà, Centro di animazione sociale, Centro italiano per l'adozione internazionale, Coordinamento dei comitati di quartiere, Comunità di Via Terni, Gruppo Abele, Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.

(17) V. relazione dell'Assessorato alla Sanità «Linee generali della politica socio-sanitaria in Piemonte» dell'ottobre '75.

(18) Vedi all'inizio lo schema sugli orientamenti politici ed operativi esistenti nei settori della sanità e dell'assistenza.

(19) Nel piano di sviluppo regionale si afferma che uno degli obiettivi qualificanti è «la ridefinizione delle strutture ospedaliere in presidi territoriali polifunzionali, capaci di rispondere con sicurezza ed efficacia alla molteplicità di inter­venti che la complessità e la globalità della malattia rendono necessaria: in questo senso, si tratterà di razionalizzare le strutture e gli investimenti verso un sistema di medio-piccole strutture bene attrezzate e capaci di rispondere alle esigenze definite da un quadro di servizi sanitari integrato».

(20) È il caso degli anziani cronici che continuano ad essere rinchiusi in istituti di assistenza con rette anche di 300.000 lire al mese, come all'Istituto di riposo per la vecchiaia di Torino, Corso Unione Sovietica, e al Ricovero di Corso Casale, rette a carico degli interessati, dei loro parenti o, per le quote non pagate, dei Comuni. Ciò malgrado che alla Regione sia stato più volte fatto presente - a voce e per iscritto - che le leggi vigenti impongono l'intervento del sistema ospedaliero, gratuito e senza limiti di durata, nei casi in cui i trattamenti non possano essere forniti a domicilio o ambu­latorialmente. (V. la legge nazionale n. 692 del 4-8-1955; il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 21-12-1956; l'art. 41 della legge 12-1-1968 che stabilisce il principio innovatore del ricovero nei casi in cui ne sia accertata la necessità superando il concetto di malattia; la legge n. 386 del 17-8-1974).

I vuoti di intervento riguardano inoltre:

- il settore psichiatrico per cui nei manicomi continuano ad essere ricoverate centinaia di persone che non hanno pro­blemi psichiatrici;

- la disapplicazione della convenzione stipulata dalla Regione con il consorzio degli IACP per la messa a disposizione agli anziani di alloggi dell'edilizia economica e popolare; convenzione che andrebbe estesa alle comunità alloggio e ad alloggi per altre persone (ad esempio handicappati, madri nubili, ecc.);

- l'inserimento nelle normali strutture prescolastiche, scolastiche, sociali in genere e lavorative degli handicappati; - la prevenzione sanitaria e sociale, escluso il poco che è stato fatto per le unità di base.

(21) È previsto lo scioglimento dei Consigli di amministrazione autonomi e la formazione di un comitato di gestione, unico in ciascuna unità locale, formato da rappresentanti degli enti ospedalieri, degli enti locali, delle organizzazioni sin­dacali, dei docenti, degli allievi e degli organi collegiali dei distretti scolastici, ed inoltre la nomina per ogni corso pro­fessionale di un comitato didattico composto pariteticamente dai docenti e dagli allievi.

(22) La precedente Amministrazione regionale aveva approvato una delibera nell'aprile 1975 in base alla quale gli ambiti territoriali dei distretti scolastici erano stati individuati in modo settoriale in base al principio «dividi e comanda».

A Torino vi erano 4 suddivisioni territoriali, una diversa dall'altra:

- 21 zone psichiatriche;

- 20 distretti scolastici;

- 18 zone sanitarie;

- 23 quartieri.

(23) In questo rapporto non sono state prese in esame le proposte di legge in quanto spesso le proposte stesse durante l'iter per l'approvazione subiscono modifiche anche notevolmente peggiorative (v. ad esempio quella sull'assi­stenza domiciliare).

 

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