Prospettive assistenziali, n. 38, aprile-giugno 1977
Notiziario del Centro
italiano per l'adozione internazionale
COSA PENSANO DELL'ADOZIONE GLI ADOTTATI
IN GIOVANE ETA’
Riportiamo una informazione
interessante sull'adozione che ci è stato possibile avere grazie alla
Federazione nazionale famiglie adottive, membro attivo del comitato mondiale
delle madri: 200 adottati divenuti adulti hanno risposto all'inchiesta sul
tema «Cosa pensano dell'adozione gli adottati in
giovane età?», promossa in Francia dalla Federazione nazionale famiglie adottive
(1).
I principali argomenti
dell'inchiesta riguardano:
1) informazioni generali riguardanti
l'adottato e la sua famiglia adottiva;
2) la conoscenza della famiglia
d'origine;
3) eventuali ricordi di esperienze con famiglie affidatarie o focolari per
l'infanzia;
4) la propria vita.
Riportiamo qui sotto la sintesi dei risultati dell'inchiesta,
che è stata resa pubblica il 15 maggio
Vorremmo fare un'osservazione a
proposito del paragrafo n. 6 (caso in cui l'adozione è vissuta come negativa):
gli adottati che hanno risposto all'inchiesta sono
stati affidati ad un'epoca in cui anche la direzione sanitaria e sociale,
oltre che gli istituti privati, non possedevano l'attuale conoscenza della
psicologia infantile e delle esigenze del bambino; errori che sono stati
commessi nel passato e che non ritroveremo in futuro.
Ci sembra possibile estrarre alcuni
dati importanti, senza peraltro staccarci dall'obiettività che ci siamo prefissi sin dall'inizio; questi punti possono essere
raggruppati in numero di sei:
1) La maggioranza degli adottati non rimpiange di non conoscere la propria
origine.
Non è per questo che essi non ci pensino, ma d'altronde non esiste nel senso che non è portatrice
di ricordi e di emozioni; non ha quindi una sua realtà precisa. Se viene evocata, è a livello di ereditarietà, di interrogativi
sulle possibili cause dell'abbandono.
2) Il legame con la famiglia affidataria è possibile
soltanto dopo che il bimbo vi ha trascorso almeno un anno o più.
Il tempo trascorso nella famiglia affidataria ha influenzato il bimbo e, più questo periodo è
stato lungo, più i legami sono forti ed i ricordi rimangono vivi nella mente
del bimbo. Tuttavia, appare alquanto difficile, se non
impossibile, conservare questi legami dopo l'entrata nella famiglia adottiva,
a causa della stessa intensità di questi legami.
3) Un periodo di soggiorno presso focolari lascia
nella maggior parte sintomi di insicurezza.
Sembra che, al contrario della
famiglia affidataria, il focolare non lasci al bimbo
la possibilità di creare dei legami, e che questa vita collettiva pesi al
bambino, lasciandogli un sentimento spiacevole, come
di dispiacere.
4) I legami che vengono creati con la famiglia
adottiva sono gli stessi che si formano con una famiglia biologica.
Dai risultati emerge che ciò che
interessa effettivamente il bambino è il fatto di essere
amato, e «sono coloro che amano che possono chiamarsi genitori»
(testimonianza n. 1). Soltanto l'amore crea il rapporto
genitori-figli (testimonianza n. 2), il sangue ha legami soltanto
tramite l'amore.
5) L'informazione dell'adozione nei confronti del bambino si rende
assolutamente necessaria.
In tutti i casi in cui i genitori
hanno deciso di informare il bambino fin dall'inizio della
sua situazione, si sono osservate le stesse ripercussioni sul
carattere: il bambino non ha provato alcun trauma, e parla con serenità e gioia
di questa informazione e di quanto sia stata utile. Al contrario, è evidente
che se anche i genitori fanno di tutto per nascondere la verità al bambino,
questi se ne renderà conto da solo un giorno o
l'altro. Le conseguenze sul comportamento il giorno
della «scoperta» sono ugualmente identiche: il trauma è violento, crea disturbi,
stupore, smarrimento.
6) L'adozione è vissuta in certi casi dall'adottato come una sconfitta
per dei motivi precisi:
- i genitori erano troppo anziani;
- i genitori hanno adottato per motivi personali, per colmare un vuoto;
- gli è stata nascosta la sua
condizione;
- il legame con la famiglia affidataria è stato troncato troppo bruscamente.
Termineremo questa sintesi con
l'espressione dei desideri stessi degli adottati:
a) essi
chiedono genitori giovani (test. n. 3);
b) chiedono che l'adozione cominci il
più presto possibile, in tenera età (test. n. 4);
c) chiedono che sia possibile lasciare
il bambino in affidamento, se ciò lo fa felice (test. n.
5);
d) pensano che si debbano obbligare i
genitori a informare i figli sulla situazione adozionale;
e) ed, infine, esprimono il desiderio
che i responsabili dei mass-media (radio, TV) ed i giornalisti prendano
contatto con famiglie adottive o bimbi adottati allo scopo di
essere più informati sull'argomento.
Non ci sembra infine possibile
trarre risultati importanti riguardo agli adottati da madri nubili, o dei bimbi
di colore, a causa del numero relativamente scarso delle risposte.
Alcune testimonianze
N. 1 (maschio): «I veri genitori,
per un bambino adottato, non sono coloro che lo hanno creato, ma coloro che
lo hanno cresciuto, che hanno sofferto per lui quando
aveva problemi o difficoltà di qualsiasi genere».
N. 2 (maschio - madre nubile,
assistente sociale, adottato a 6 mesi, tre fratelli): «Tre mesi fa, il giorno
del mio matrimonio, erano tutti là; la nostra famiglia era appena uscita da una
crisi abbastanza intensa, ma in quel giorno, chi di noi ha pensato alla sua
origine, chi ha pensato alla adozione, se non forse
mia madre? In quel giorno ho potuto vedere la prova
vivente del fatto che il sangue ha legami soltanto tramite l'amore, e che non
esiste amore senza famiglia, né famiglia senza amore... Non c'è bisogno di
capire, il sentirlo é già la prova del successo».
N. 3 (femmina): «Non si dovrebbe
avere il diritto di abbinare un bimbo a dei genitori troppo avanti in età».
N. 4 (maschio): «Il fatto che io sia
stato adottato abbastanza tardi ha avuto
un'importanza notevole su di me; ciò mi lascia inconsciamente l'impressione di
un rifiuto, che mi ha portato ad avere un carattere aggressivo e reazioni molto
intense e profonde».
N. 5 (maschio): «È assolutamente
sbagliato poter togliere un bambino da una famiglia affidataria
dove è stato allevato e cresciuto; un bambino non è proprietà privata, non è un
oggetto che si prende, poiché è su di esso che
ricadono poi le conseguenze».
N. 6 (femmina): «Non bisogna mai
nascondere la verità ad un bambino».
N. 7 (maschio): «Trovo
che i giornalisti siano molto male informati sul problema dell'adozione; questo
spesso li porta ad affermazioni completamente errate».
Termineremo infine
citando due testimonianze come conclusione:
N. 1 (maschio): «L'adozione deve
essere riservata alle persone che abbiano grandi
capacità di amare i bambini che adottano così come sono; l'adozione non deve
avere come scopo il rinnovamento di matrimoni sterili, perché non si tratta di
un atto di pietà verso un povero bimbo abbandonato. È un atto di giustizia, in
quanto ogni bambino ha il diritto di pretendere un nome ed una famiglia ed il
calore dei genitori; l'adozione é un atto d'amore».
N. 2 (femmina): «Sono felice della
mia vita di adottata; felice non significa tuttavia
senza problemi; mi scontro con le stesse difficoltà di milioni di giovani, ma
sono anche in una famiglia che mi ama ed alla quale posso dimostrare il mio
amore; e quando penso che potrei essere sola al mondo con l'unico contatto
affettivo di una visita di una madre o di una parente, mi accorgo di avere una
fortuna incredibile, e ringrazio profondamente la donna che ha avuto il coraggio
di darmi in adozione».
(1) I risultati
completi di questa inchiesta sono stati oggetto di una pubblicazione integrale
nei numeri 19 e 20 della rivista della Federazione nazionale famiglie adottive Accueil (questi numeri possono essere richiesti alla F.N.F.A., 28, piace Saint Georges,
Paris 9e, al prezzo di 5 fr. il
numero).
www.fondazionepromozionesociale.it