Prospettive assistenziali, n. 39, luglio-settembre
1977
Notiziario del Centro
italiano per l'adozione internazionale
SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ADOZIONE SPECIALE
La
prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha emanato una
interessante sentenza sull'adozione speciale, di cui riportiamo le parti
più significative.
La vicenda della
piccola B.B.
Nel 1970 i coniugi I.B. e A.M. con i loro cinque figli si trasferivano in
Italia dalla Somalia.
La piccola B.B., nata il 15-11-
La bimba rimaneva presso i coniugi
C. i quali però, nel febbraio 1975, si separavano.
Della bimba si prendevano cure tali
signori L.G. e poi i coniugi D. i quali ne chiedevano
l'adozione speciale.
Il Tribunale per i minorenni di
Milano, in data 15 maggio 1975, sospendeva i genitori della bimba dalla patria
potestà, nominava tutrice l'assistente sociale P.R. e
collocava provvisoriamente la bimba presso i coniugi E. il cui nucleo familiare
veniva ritenuto il più idoneo per l'inserimento della bambina. Quindi con
decreto 16 maggio 1975, il Tribunale ne dichiarava lo stato di
adottabilità e, avendo la madre proposto opposizione,
con sentenza 20 ottobre 1975, la respingeva.
Questa proponeva impugnazione e
A seguito dei ricorsi presentati
dalla curatrice speciale della minore e dalla tutrice,
Sentenza (estratto)
(...) Il nuovo istituto (dell'adozione
speciale) non ha, innanzi tutto, funzione sanzionatoria
nei confronti dei genitori naturali di un bambino e prescinde del tutto dalla
loro colpa nella creazione dello stato di abbandono. Richiede solo una loro
coscienza e volontarietà nella situazione stessa,
perché non si può parlare di abbandono là dove vi sia forza maggiore e per
forza maggiore debbono intendersi quegli eventi che coartano la condotta
dell'uomo in modo assoluto, impedendogli ogni scelta diversa.
L'istituto mira a tutelare
unicamente l'interesse del minore a svilupparsi in seno a
una famiglia cui sia legato da vincoli affettivi e questa finalità deve essere
assicurata anche a scapito dei genitori naturali e di ogni altro interesse, pur
se meritevole di apprezzamento (cfr. sent. 25-275 n. 749; 8-11-74 n. 3425;
5-1-72 n. 11).
L'abbandono, se comprende ovviamente
nel suo caso limite l'ipotesi, raffigurata dalla Corte di merito, del minore
lasciato a se stesso, senza difese, non comprende solo tale ipotesi, bensì
anche quella in cui l'assistenza materiale, psicologica e affettiva venga fornita da altri.
Ma il legislatore con l'istituto
dell'adozione speciale ha voluto superare anche l'abitudine talvolta seguita in
alcune regioni del nostro paese da parte di famiglie particolarmente numerose
di affidare per molti anni un figlio ad altra famiglia, dando così al piccolo
una famiglia di fatto e una di diritto e creando una situazione ibrida a
scapito dell'equilibrio psichico del bambino.
I genitori, cioè,
non sono arbitri di trasferire ad altri il loro potere-dovere educativo e se lo
fanno possono dar luogo a una situazione di abbandono. Il legislatore ha
voluto che sia il giudice (e non il genitore) a
vagliare l'idoneità della nuova famiglia e che al minore sia assicurata la
piena tranquillità del focolare, con il farlo entrare a tutti gli effetti a
far parte della nuova famiglia.
In altre parole l'affidamento dei
minori non può essere oggetto di attività negoziale da
parte dei genitori (anche se i fini non sono egoistici).
Che l'esercizio dei doveri dei
genitori non imponga di tenere il bambino permanentemente presso di sé e che
sia possibile metterlo in collegi o istituti è cosa ovvia;
ma non è nella mancanza di convivenza che va ravvisato lo stato di abbandono; perché
il genitore che non vuol trascurare i suoi doveri, segue il modo di crescere
del figlio e mantiene con lui nel modo più stretto possibile i legami
consentiti dalla particolarità della situazione, sì che in definitiva non ci
sia altri nella vita del minore che prenda il suo posto.
Non si tratta, giova ribadirlo, di punire i genitori naturali o, cosa che sarebbe
mostruosa, di procedere a una sorta di espropriazione dei figli ai danni dei poveri,
perché chiunque ha il diritto e il dovere di tenere i figli con sé, e la legge
interviene solo in funzione sostitutiva, al fine di assicurare a tutti i minori
la possibilità di svilupparsi in seno ad una famiglia, cui siano legati da
vincoli affettivi, nei casi di incapacità dei genitori naturali.
La dichiarazione di
adottabilità, riferendosi a una situazione pregressa, non ha neppure lo
scopo di spronare coloro che hanno messo al mondo il minore a prendersi
maggior cura di lui, perché essa tiene conto della situazione pregressa e di
quella esistente al momento della pronuncia e non può essere condizionata da
promesse di un diverso comportamento futuro.
Deve ancor aggiungersi che nel caso
di minore nato da persone coniugate non può negarsi
lo stato di abbandono sol perché uno dei genitori ha conservato verso di lui
un qualche interessamento; ma, discutendosi del diritto del minore alla
famiglia, deve considerarsi la condotta di entrambi i coniugi.
Ciò posto, appare che
E anche nel periodo in cui la madre
fu edotta dell'inizio della pratica di adozione speciale
da parte dei B. e, poi, per il separarsi dei due coniugi rimase per mesi senza
notizie della bambina e pure oulla fece che
dimostrasse alla bimba che ella si prendeva cura di lei,
La stessa argomentazione di
raffronto tra la situazione di benessere in cui si trovava la bambina presso i
B. e quella di miseria. in
cui si sarebbe venuta a trovare andando a vivere con la madre, è stata usata
dalla Corte d'appello in modo contraddittorio. Da un lato è stata considerata
rilevante, al fine di giustificare la permanenza della bambina lontano dalla
casa paterna; dall'altro è stata considerata irrilevante e non ostativa ai fini
della revoca del decreto di adottabilità.
Gli è che, come già si è detto, un
genitore può dar luogo a una situazione di abbandono
del figlio, anche mandandolo a vivere presso una famiglia ricca e
disinteressandosi di lui.
Parlare, quindi, di
inalienabili diritti di natura dei genitori sui figli dopo l'entrata nel
nostro sistema giuridico dell'istituto dell'adozione speciale non è più
possibile.
Fuorviata da questo
errore di fondo di anteporre gli interessi della madre a quelli della
figlia,
In conclusione la sentenza impugnata
deve essere cassata e la causa va rinviata ad altra Corte d'appello che si
determina in quella del distretto di Bologna, la quale riesaminerà i fatti
della causa considerando:
a) che l'istituto dell'adozione speciale
mira al solo interesse del minore «abbandonato dai genitori»,
(indipendentemente dalle eventuali colpe di questi), interesse teso ad
assicurargli la possibilità di crescere come figlio in una famiglia accogliente e affettuosa;
b) che la situazione di abbandono va intesa non o non soltanto sotto l'aspetto
materialistico, ma anche sotto quello psicologico affettivo;
c) che l'affidamento di figli minori
a coppie attuato in forma negoziale per lunghi anni può integrare gli estremi
dell'abbandono sotto il profilo psicologico e affettivo;
d) che la situazione da considerare
è quella esistente al momento della dichiarazione di
adottabilità e quella pregressa, dovendo i propositi futuri dei genitori
essere visti solo in funzione del loro precedente comportamento;
e) che nel caso di minore
abbandonato, figlio di coniugi, il comportamento da considerare è quello di entrambi i coniugi, di talché, nel caso di abbandono
totale di uno di essi, la cura del figlio da parte dell'altro deve essere
particolarmente intensa al fine di sopperire alla trascuratezza dell'altro;
f) che qualora la lontananza del
minore dalla famiglia di origine si sia protratta a
lungo, è necessaria un'indagine comparativa tra la situazione che il minore
lascerebbe e quella che troverebbe presso la famiglia di origine, nel caso di
revoca della dichiarazione di adottabilità.
Il giudice di rinvio provvederà
anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
Cassa l'impugnata sentenza e rinvia
per nuovo esame alla Corte di appello di Bologna, che
provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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