Prospettive assistenziali, n. 40, ottobre-dicembre 1977

 

 

ABITAZIONI INDIPENDENTI PER ADULTI INSUFFICIENTI MENTALI: UNA ESPERIENZA DANESE (1)

 

 

Le possibilità di un insufficiente mentale adul­to dipendono essenzialmente dalle capacità che ha sviluppato nell'ambiente in cui è vissuto.

La sua più o meno accentuata autonomia di­penderà dagli stimoli e dagli interventi rieduca­tivi che ha ricevuto da bambino e da adulto sia sul piano pedagogico che sociale.

Tuttavia, le possibilità di inserimento dell'in­sufficiente mentale dipendono anche dalle aspet­tative dei suoi genitori, e del personale di orga­nizzazioni come la nostra, nonché dal nostro impegno per modificare le regole tradizionali del­le norme sociali e dai trattamenti.

In Danimarca solo negli ultimi dieci anni so­no state assicurate le condizioni economiche necessarie per poter offrire agli insufficienti mentali migliori condizioni di vita, secondo li­nee e prospettive di normalizzazione; infatti fi­no al 1965 gli insufficienti mentali non avevano diritto a una pensione di invalidità pari a quella data ai cosiddetti cittadini normali.

L'handicappato sul piano mentale era conside­rato una persona obbligata a dover dipendere da altri, e quindi incapace di condurre una vita normale, come potrebbe essere vivere solo in una propria casa.

Così l'atteggiamento negativo della società nei suoi riguardi aggravava il disadattamento dell'insufficiente mentale.

La società era convinta che i «disadattati» dovessero vivere un'esistenza protetta (quasi sempre di tipo collettivo). isolati dal resto del­la società, o al sicuro curati dalla propria fami­glia in casa dei propri genitori.

A seguito di una modifica di legge (che per­metteva all'istituto di erogare aiuti economici sufficienti ad assicurare un livello di vita nor­male), nel 1965 incominciammo a mettere adul­ti insufficienti mentali in appartamenti ad essi destinati. Questo progetto fu elaborato dal di­rettore nazionale delle attività sociali in colla­borazione con i responsabili dei servizi sociali e con i vari tecnici (alcuni dei quali erano mol­to scettici e a volte anche contrari).

Ci rendemmo immediatamente conto che il quartiere doveva essere accuratamente scelto in relazione al grado di autonomia del soggetto e che dovevamo operare su dati fattori essen­ziali:

1) apprendimento degli strumenti necessa­ri per la vita di tutti i giorni non solo prima che l'insufficiente mentale occupasse l'appartamen­to, ma anche dopo per aiutarlo ad inserirsi nel nuovo ambiente;

2) aiuti pratici molto diversificati di cui la maggior parte degli insufficienti mentali aveva bisogno, all'inizio della loro nuova vita, per po­ter essere in grado di diventare in seguito ca­paci di affrontare da soli i loro problemi quoti­diani.

Succede infatti che i nostri assistiti abbiano spesso difficoltà nell'amministrare il loro dena­ro (noi tutti sappiamo che il disadattamento e l'incapacità di comprendere il valore del denaro e di fare bilanci portano a spese troppo alte). Inoltre il fatto di spendere tutti i soldi lo stesso giorno che si ricevono, senza che resti più nul­la per il resto del mese, crea una situazione sociale disastrosa. Rimediare a questa situazio­ne è un aiuto essenziale che deve essere porta­to all'assistito; vedremo dopo, in che modo.

Non esistono statistiche che ci dicano quan­ti insufficienti mentali vivevano in appartamenti prima del 1965 e negli anni seguenti. Da una indagine fatta nel 69-70 risulta che il 4% degli insufficienti mentali non ospedalizzati conduce­vano una vita autonoma o nel proprio apparta­mento o in un appartamento affittato. Nel gen­naio 1975 è stato fatto un censimento nazionale dal quale emerge che si è passati dal 4% a più del 25%. Considerando che un certo numero di insufficienti mentali cessa di aver contatto con il nostro servizio di assistenza sociale, questi dati possono essere considerati positivi. È no­stra opinione che noi potremo aumentare la per­centuale del 25%.

 

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Descriverò ora brevemente le modalità per trasferire un insufficiente mentale in un appar­tamento.

Il nostro programma e i nostri metodi hanno subito negli ultimi dieci anni un continuo miglio­ramento: conosciamo meglio i nostri assistiti e con l'esperienza acquisita ed i metodi più af­finati, oggi siamo in grado di trasferire in appar­tamenti degli insufficienti mentali che sino a die­ci anni fa erano considerati come candidati a vivere 'per sempre in istituto.

Quando aiutiamo un assistito a installarsi nel suo appartamento, facciamo di tutto per creare le condizioni necessarie per quanto concerne i seguenti tre punti:

- l'ambiente di vita pratica e sociale;

- l'ambiente di lavoro;

- l'ambiente per il tempo libero.

Pur cercando di inserirli in un ambiente di vi­ta il più normale possibile, consentiamo all'han­dicappato di utilizzare l'aiuto di operatori socia­li e di assistenti domiciliari. Questi assistenti domiciliari hanno acquisito una formazione par­ticolare per il loro lavoro. Infatti la loro forma­zione di base dura tre anni; inoltre essi lavora­no in collaborazione con gli assistenti sociali consultandoli ogni qualvolta sia necessaria la loro esperienza.

Ci sono alcuni assistiti che non sono in gra­do di preparare i pasti, altri lasciano a deside­rare per quanto concerne l'igiene e la pulizia degli abiti e vengono quindi emarginati; altri, a dire il vero molti, non sono, né saranno mai in grado di leggere e scrivere.

Ci troviamo pertanto di fronte a molti proble­mi di vitale importanza che dobbiamo risolvere, fra l'altro, tramite interventi concreti dentro e fuori l'abitazione.

Valutando i problemi di ogni giorno dell'insuf­ficiente -mentale bisogna sempre dare molta im­portanza agli aspetti economici.

Le banche ci sono state di grande aiuto per l'amministrazione dei conti degli insufficienti mentali.

La maggior parte degli assistiti riceve la pen­sione di invalidità.

L'esperienza ci dimostra che le spese devo­no essere strettamente controllate: quelle fisse e ricorrenti devono essere pagate; inoltre occor­re che vi sia il denaro sufficiente per provvede­re alle spese da fare durante tutto il mese per l'acquisto di oggetti duraturi e infine vi è la ne­cessità di avere qualche risparmio per le spese impreviste. Abbiamo provveduto affinché per quasi tutti i nostri assistiti la loro pensione sia versata su un conto bancario e la banca prov­veda al pagamento delle spese ricorrenti.

Inoltre, ogni settimana la banca versa ai nostri assistiti una somma concordata, sufficiente per le spese settimanali in modo da permettere un livello di vita accettabile.

In questo modo siamo sicuri che l'assistito amministrerà bene il suo denaro.

Si potrebbe obiettare, a ragione, che così fa­cendo sottomettiamo i nostri assistiti a una sor­ta di tutela e siamo in contraddizione con il no­stro obiettivo della «normalizzazione».

Rispondiamo che oggi anche gli altri cittadi­ni utilizzano questo sistema che ormai è diven­tato normale per tutti. Inoltre abbiamo dato la preferenza a questo sistema in quanto è assolu­tamente necessario assicurare ai nostri assisti­ti un mezzo sicuro per provvedere in modo re­golare alle proprie spese.

Se ciò non potesse essere fatto, essi reste­rebbero ben presto senza soldi.

 

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Vediamo ora qual è il bilancio economico del­la sistemazione di un assistito in un alloggio: in Danimarca i proprietari di appartamenti ri­chiedono una cauzione di un ammontare com­preso fra 800 e 1.200 dollari.

Attualmente il bilancio dell'assistenza sociale non permette tale spesa. Di conseguenza l'as­sistito presenta una domanda di prestito senza interesse al comune o alla sua banca (usando come intermediario ad esempio l'associazione dei genitori).

Non tutti i comuni concedono questi prestiti anche quando gli assistiti ricevono la pensione di invalidità.

L'associazione dei genitori della Danimarca ha creato un fondo di garanzia di 41.600 dollari e pertanto può farsi garante di questi prestiti presso le banche. (I 41.600 dollari non sono an­cora sufficienti, e noi operatori sociali, speriamo che l'Associazione, non avendo compiti di cura verso gli handicappati, aumenti il suo attivo nei riguardi dell'iniziativa di cui sopra).

Normalmente si richiedono tre mesi di affit­to anticipato. Inoltre dobbiamo prevedere una somma compresa tra gli 800 e 1200 dollari per le prime spese di installazione (mobili, oggetti vari, ecc. come specificheremo in seguito).

La sistemazione di un assistito richiede per­tanto una somma di 2000-2800 dollari.

A questa cifra va aggiunta la somma versata all'assistito che varia dai 3.400 ai 5.000 dollari: la cifra totale deve essere confrontata con il co­sto della precedente permanenza in istituto che varia dai 13.300 ai 16.600 dollari l'anno.

Da quanto sopra risulta che c'è un guadagno finanziario per la società: che dire poi dell'aspetto più importante e cioè dell'aspetto uma­no dell'iniziativa, il quale non può certo essere misurato in termini economici?

Darò ora un esempio di quel che è stato fatto per inserire in un appartamento una insufficien­te mentale che aveva vissuto molti anni in isti­tuto. A 62 anni la persona di cui parliamo mani­festa il desiderio di vivere da sola, dopo aver trascorso ben 40 anni della sua vita in istituto.

L'assistita venne sottoposta a diversi test (Vi­neland, o scala AB) che ci consentirono di ac­certare che si poteva tentare l'inserimento.

Trovammo una monocamera che l'assistita venne a visitare con l'assistente sociale e tro­vò di suo gradimento.

L'affitto mensile era di 115 dollari e la cauzio­ne di 660 dollari. Facemmo a nome dell'assisti­ta domanda al comune per un prestito garantito (somma che venne versata al proprietario) e un'altra domanda per il servizio denominato «pasti a domicilio».

Il servizio di assistenza domiciliare diede all'assistita tutto l'aiuto necessario per installar­si e per l'acquisto dei mobili e degli oggetti ne­cessari, mentre il disbrigo delle pratiche, come l'abbonamento al giornale, cambiamento di in­dirizzo, ecc. venne svolto dall'assistente sociale.

Fu sempre il servizio di aiuto domiciliare che accompagnò il primo giorno l'assistita che in tal modo prese conoscenza del suo nuovo ambien­te: i vicini, la banca, il supermarket ecc.; fu u­gualmente accompagnata le prime volte che si recò a fare la spesa, fornendola poi degli orari degli autobus e dei treni diretti alle città più vi­cine alla sua abitazione.

Si aprì un conto presso la banca più prossi­ma, dove venne versata direttamente la pensio­ne di invalidità. La banca provvide a pagare l'af­fitto e le spese ricorrenti dell'assistita. Que­st'ultima decise di andare in banca ogni setti­mana per ritirare 33 dollari.

Nel caso suddetto sono stati spesi 470 dol­lari per vari mobili, lampade, installazione della cucina, lenzuola, biancheria ecc. (più tardi con i risparmi fatti, la nostra assistita ha acquistato un televisore ed un aspirapolvere).

Fummo noi a mettere l'assistita in contatto con un club locale per persone anziane, dove in­contrò un'altra nostra cliente nelle sue stesse condizioni alla quale avevamo trovato una iden­tica sistemazione qualche tempo prima.

La persona di cui parliamo vive sola dall'otto­bre del 1974, si è adattata in poco tempo al nuo­vo genere di vita e se la cava molto bene.

Riceve una pensione di invalidità di 316 dol­lari al mese e il comune le versa inoltre altri 50 dollari per aiutarla a pagare l'affitto. L'assi­stita è rimasta in contatto con il servizio di as­sistenza sociale da cui riceve un aiuto per i la­vori domestici e la consegna a domicilio di pa­sti caldi (quest'ultimo servizio è fornito in tutta la Danimarca ai pensionati che lo richiedono).

 

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Sono gli operatori sociali (sulla base di una collaborazione con tutti coloro che si occupano di handicappati psichici: personale curante, me­dici, educatori, dirigenti di laboratorio) che as­sumono l'iniziativa di inserire un assistito.

Molti si oppongono all'operazione «vita indi­pendente» poiché temono che gli handicappati psichici, trovandosi soli e isolati una volta pri­vati della protezione dell'istituto, si sentano in­felici. Non possiamo negare di esserci trovati a dover risolvere numerosi problemi che all'ini­zio parevano insolubili, ma questa è stata forse la sfida necessaria per poter andare avanti nel nostro lavoro.

Ma quante, quante volte queste situazioni so­no state una fonte di incoraggiamento per noi, come quando abbiamo visto i rapidi progressi fatti dai nostri assistiti a seguito del cambia­mento delle condizioni di vita!

La vita in un ambiente normale li stimola tal­mente di più della vita in istituto.

In questa relazione non ho trattato dei proble­mi relativi agli adulti ritardati mentali, ad essi sono sufficienti modesti aiuti per renderli auto­nomi.

Devo aggiungere che il nostro lavoro è orien­tato anche verso altre soluzioni, alternative al ricovero in istituto. Abbiamo delle case dove gli assistiti trascorrono un periodo per impara­re a cavarsela da soli in vista di un eventuale inserimento in «comunità alloggio». Chiamiamo così degli appartamenti (per esempio cinque ca­mere, dove vivono quattro clienti), posti sotto la responsabilità di un operatore sociale che su­pervisiona 4 o 5 di queste «famiglie».

 

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Per i prossimi cinque anni il nostro program­ma di lavoro è stato fatto in modo che ridurre­mo al 10% il numero delle persone ricoverate in istituto.

Questo programma richiede da un lato la ri­cerca di soluzioni non tradizionali e, d'altro la­to, un nuovo modo di pensare da parte delle fa­miglie, dei tecnici e delle autorità.

Per quanto riguarda gli handicappati che han­no bisogno di un'assistenza continuativa 24 ore su 24, e che non sono in grado di provvedere a se stessi, i problemi sono ancora immensi, ma non insolubili.

 

 

(1) Relazione tenuta da Oluf Gream, direttore del Forsorgscentret for Nordsjaelland den Sociale Afdeling, Birkerod, al 6° Congresso dell'I.L.S.M.H., Dublino, Irlanda, 14-19 settembre 1975.

Su questa argomento si veda anche:

- NEW NEIGHBORS, The ritarded citizen in quest of a home, Presidents Committee on mental retardation, DHEW Publica­tion n. (OHD) 74-21004, 1974;

- Canadian Association for the Mentally Retarded, An Apartment Living Plan to Promote Integration and Normalisation of Mentally Retarded Adults, maggio 1971.

 

www.fondazionepromozionesociale.it