Prospettive assistenziali, n. 40, ottobre-dicembre
1977
Notiziario del Centro
italiano per l'adozione internazionale
BENEFICI ALLE LAVORATRICI MADRI ADOTTIVE
Da tempo il C.I.A.I., in collegamento anche con l'A.N.F.A.A.,
ha preso una serie di iniziative miranti al riconoscimento alle lavoratrici
madri adottive di benefici analoghi a quelli già in atto per le altre madri che
lavorano. È noto che nell'attualità tale riconoscimento è frequentemente
rimesso a benevoli interpretazioni di circolari
ministeriali o degli Istituti di previdenza se non addirittura a sentenze pretorili. Trattandosi poi di adozioni
internazionali interviene a rendere più difficile le cose la procedura spesso
complessa che sta a monte dell'affidamento. Sono ancora eccezionali i casi di estensione normativizzata dei
benefici di cui trattasi: riguardano il settore pubblico e specificamente
alcuni, pochi Enti locali (ad esempio: Provincia e Comune di Milano) che nella
propria regolamentazione organica fanno esplicito riferimento alle lavoratrici
madri adottive.
Il centro del problema sul quale il C.I.A.I. è ripetutamente intervenuto concerne il termine
iniziale dei benefici da concedere alle madri adottive: questo termine deve
coincidere non già con la nascita del minore ma con il suo ingresso di fatto
nella nuova famiglia. Questo principio dovrebbe essere ovvio
ma nei fatti è tuttora disatteso, per cui l'assenza obbligatoria
retribuita dal lavoro è, ad esempio, riconosciuta alle lavoratrici madri
adottive soltanto nel caso (raro per non dire rarissimo) che il minore affidato
a scopo di adozione abbia meno di 3 mesi di vita ed anche in tal caso
l'assenza obbligatoria retribuita vale solo per il periodo di tempo che manca
al raggiungimento dei 3 mesi. È evidente l'assurdità di questo stato di cose.
Avuta notizia che nel progetto di
legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, in
discussione presso
«Le lavoratrici che abbiano adottato
bambini, o che li abbiano ottenuti in affidamento preadottivo,
ai sensi dell'articolo 314-20 del codice civile, possono avvalersi, sempreché in ogni caso il bambino non abbia superato al
momento dell'adozione o dell'affidamento i sei anni di età,
dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo 4, lettera c),
della legge 30 dicembre 1971 n. 1204, e del trattamento economico relativo,
durante i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella
famiglia adottiva o affidataria.
Le stesse lavoratrici possono
altresì avvalersi del diritto di assentarsi dal lavoro di cui all'articolo 7,
primo comma, della legge di cui sopra, entro un anno dall'effettivo ingresso
del bambino nella famiglia e sempreché il bambino
non abbia superato i tre anni di età, nonché del diritto
di assentarsi dal lavoro previsto dal secondo comma dello stesso articolo 7».
L'intero progetto di legge trasmesso
al Senato nella scorsa estate è stato approvato con
modifiche (che non riguardano peraltro il problema che ora ci interessa).
L'iter legislativo si è concluso nei giorni scorsi.
Il testo dell'articolo
6 ora riportato non è totalmente soddisfacente: più coerente sarebbe
stato prevedere il limite di 8 anni, in linea con la vigente legge
sull'adozione speciale, anziché di 6. Ci sembra comunque
rappresenti un indubbio passo avanti nell'equiparazione fra lavoratrici madri
e lavoratrici madri adottive soprattutto in quanto trattasi di una normativa a
carattere nazionale che supererà l'attuale varietà di situazioni (nel settore
pubblico e privato e nell'ambito di ciascuno dei due settori).
L'occasione per un ulteriore affinamento della normativa potrà essere
rappresentata dall'auspicata riforma della legge 431-67 sull'adozione
speciale.
ANGELO
PROVERBIO
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