Prospettive assistenziali, n. 41, gennaio-marzo 1978

 

 

Notizie

 

 

CONTRO LA DISCRIMINAZIONE DELL'ASSISTEN­ZA PSICHIATRICA

 

Riportiamo integralmente la lettera inviata in data 17 ottobre 1977 dalla Sezione di Cuneo dell'Associazione per la lotta contro le malattie mentali ai Presidenti della Giunta e del Consiglio della Regione Piemonte, all'Assessore regionale alla sanità, al Presidente della Provincia di Cu­neo, all'Assessore provinciale all'assistenza psi­chiatrica, ai Direttori dell'Ospedale psichiatrico provinciale di Racconigi (Cuneo) e ai Primari dei servizi psichiatrici di zona.

 

Testo della lettera

Rappresentando per statuto gli interessi degli utenti dell'assistenza (malati mentali ricoverati e non), quesfa Associazione da quando è sorta (1968) si è sempre posta in posizione interlo­cutoria di confronto, collaborazione e polemica contestazione, nei riguardi dell'Amministrazione Provinciale.

A questa si è dato atto più volte dei risultati, ancorché parziali e spesso riduttivi, discontinui e contradditori, realizzati sulla strada difficile dell'alternativa al ricovero manicomiale perma­nente e definitivo.

Dal 1970 ad oggi svariate iniziative sono sta­te compiute in questa direzione: decentramento di centinaia di malati dall'O.P. di Racconigi pres­so Sezioni distaccate in Ospedale di zona (De­monte) ed Infermerie (Caraglio, Bagnolo, Bene­vagienna); potenziamento e creazione di Ambu­latori di Igiene mentale; Centri di lavoro protet­to; Centro per handicappati gravi (cerebropati­ci) in età evolutiva; Reparti ospedalieri di Setto­re a Bra ed a Cuneo.

Ma notevoli e spesso drammatiche restano le carenze assistenziali, ampie le zone vuote di un sistema di interventi pubblici che teoricamen­te dovrebbe soddisfare i bisogni di una grande popolazione sparsa su di un vasto territorio in 250 Comuni. A Mondovì e Saluzzo continuano a mancare le strutture fondamentali del Settore (reparti ospedalieri - presenza continuativa di operatori per le emergenze diagnostiche e tera­peutiche oltre che per gli interventi preventivi); a Bra, Alba ed a Cuneo la carenza di personale, di mezzi, di ambienti idonei rischia di paralizza­re presto gli sforzi sinora compiuti per il decol­lo dell'organizzazione settoriale; negli Ambula­tori C.I.M. si registrano lunghi periodi di chiu­sura feriale per la mancanza di medici negli or­ganici previsti; i progetti già in fase avanzata di studio per nuove forme di assistenza conti­nuativa, alternative al ricovero di particolari am­malati (comunità terapeutiche, gruppi alloggio etc.) , in mancanza di sostegni finanziari aggiun­tivi all'attuale bilancio provinciale, rischiano di restare buone intenzioni.

A questo punto va precisato che questa Asso­ciazione sostiene sin dal 1969, che le spese per la creazione e lo sviluppo dei servizi settoriali (esterni all'O.P. ed operativamente autonomi) devono essere spese alternative, e non aggiun­tive, rispetto a quelle affrontate in via ordinaria e straordinaria per la gestione dello stesso O.P.; ma questa base concettuale, cui in piccola par­te la nostra Provincia ha mostrato negli ultimi due anni di volersi adeguare, incontra nella pras­si amministrativa ed organizzativa fortissime e solo in parte superabili resistenze, per le note ragioni di difesa sindacale dei diritti e dei privi­legi acquisiti dagli operatori dell'O.P., ragioni in parte legittime, in parte non giustificate, ma non per questo meno forti.

Di fronte a questa situazione, visti i ritardi or­mai non più misurabili preventivamente dei pro­getti di riforma sanitaria generale, rilevata la mancanza di prospettive politiche per una rifor­ma-quadro dell'assistenza psichiatrica, rilevata ancora la mancanza di qualsiasi, anche se par­ziale, elemento innovatore di questo campo nel­la legislazione regionale del Piemonte, il Comi­tato Esecutivo dell'Associazione ha deliberato di associarsi a coloro che chiedono la definizione urgente, in senso positivo, della ormai annosa vertenza concernente il riconoscimento delle spese di spedalità affrontate dalle Province per il ricovero negli O.P. o nelle Sezioni distaccate di questi malati non coatti e non volontari. Come è noto questi ricoveri sono stati altrimenti defi­niti, «neurologici» od «a porte aperte», ed in passato sono stati sempre parificati ai ricoveri negli Ospedali generali in quanto non soggetti alle procedure previste dalle Leggi manicomiali del 1904 e 1909 e loro modificazione del '68.

È vero che in passato i ricoveri «neurologici» furono contestati da molte parti, ed anche da questa Associazione, perché creano discrimina­zione fra i malati degenti in O.P. stabilendo due ben diverse categorie giuridiche, amministrati­ve e spesso anche di trattamento assistenziale; ma il vasto movimento avvenuto negli ultimi cinque anni ed il blocco delle riforme portano oggi a rivedere parzialmente le primitive posizioni cri­tiche al riguardo di questa problema; fra i vari fattori di movimento ricordiamo ancora: il de­centramento di molti malati lungodegenti, la tra­sformazione in volontari di molti ricoveri coatti, la tendenza oggi dominante alla ospedalizzazio­ne in sedi diverse dall'O.P. (case di cura priva­te, reparti aperti là dove esistono).

Questa Associazione rileva che il credito ma­turato al 31-3 u.s. dalla Provincia di Cuneo per i ricoveri «a porte aperte» ammontava a un mi­liardo e duecento milioni e che sinora tutte le trattative svolte in sede di rapporto istituzionale sono fallite per l'opposizione sorda ed ostinata, per i rinvii, le assurde dilazioni dialettiche frap­poste dagli Amministratori regionali. Non sta a noi entrare nel merito giuridico di una questione, che tuttavia ad ogni coscienza civile appare chia­rissima: se i ricoverati psichiatrici aperti erano prima del gennaio 1975 riconosciuti dalle Mutue, perché la Regione, che ha ereditato da queste la competenza del sistema di assistenza ospedalie­ra generale, non vuole riconoscerli? In senso fa­vorevole ai diritti delle Province già si sono espresse alcune sentenze del Consiglio di Stato. Ma il problema come sempre in questo Paese, che non ha alcun titolo morale per chiamarsi «patria del diritto», è di natura politica e come tale va risolto. Allo stato attuale infatti l'argo­mento dell'attesa della riforma sanitaria non ri­vela più una seria base politica e non giustifica più le dilazioni frapposte dalla Regione alla so­luzione della vertenza.

Esaminate le condizioni attuali dell'assistenza psichiatrica in Provincia di Cuneo, dobbiamo con­fermare, nel nostro ruolo di Associazione priva­ta dei malati, ex-malati, loro familiari ed opera­tori psichiatrici (ruolo pubblico, anche se non ri­conosciuto, nella misura in cui si pone a tutela di interessi collettivi), che senza i mezzi finan­ziari corrispondenti alle rette per i ricoveri aper­ti, l'Amministrazione provinciale non è in grado di mantenere adeguatamente e sviluppare i ser­vizi di Settore.

Ciò avviene mentre la Regione continua a ri­conoscere rette anche molto elevate (comunque superiori a quelle fissate dalle Province) a fa­vore di tutte le Case di Cura private, istituzioni, che per quanto loro si voglia attribuire un carat­tere di utilità sociale, si muovono in una logica esclusiva o prevalente di profitto o di specula­zione, come infiniti esempi hanno dimostrato; le Cliniche private sono spesso portatrici di inte­ressi di casta e concretamente azionari di me­dici dell'Università e di certi Ospedali, in con­trasto con i progetti di riforma e di avanzamen­to dell'assistenza pubblica; infine le Case di cu­ra, a differenza delle Province, non si curano as­solutamente della profilassi e delle terapie post­dimissione.

Nessuna differenza formale corre fra il ricove­ro psichiatrico in Casa di Cura ed il ricovero aperto in O.P.

Siamo quindi in presenza di una situazione di fatto abnorme, contraddittoria rispetto ai program­mi della maggioranza che governa la Regione, scandalosa per molti aspetti: si privilegia il set­tore privatistico dell'assistenza ospedaliera psi­chiatrica, ai danni di quello pubblico che resta in condizioni di inferiorità, spesso di impotenza. Le Cliniche private introitano miliardi di profitti e possono accrescere così la loro potenza patri­moniale e la loro capacità operativa, mentre le Province, cariche di debiti per mille ragioni, re­stano prive dei fondi indispensabili per far na­scere e crescere i servizi dei Settori e delle zo­ne psichiatriche e per garantire inoltre alle mi­gliaia di persone, che ancora rimangono lungo­degenti negli O.P., esistenza e prestazioni di­gnitose.

Questa Associazione non propone ulteriori di­scussioni su questo tema, ma se i poteri respon­sabili vorranno promuoverle, si augura che esse siano pubbliche; l'argomento è già stato a suf­ficienza dibattuto: pare giunto il momento di di­mostrare con i fatti quali sono le scelte fonda­mentali di governo della Regione, quale sia il se­gno del cambiamento promesso prima delle ele­zioni del 15-6-1975.

Intanto restiamo in attesa di vedere, sul piano legislativo ed amministrativo, qualche linea di rinnovamento organico della psichiatria pubbli­ca, linee che altre Regioni hanno dimostrato di voler assumere e concretamente realizzare, pur nella mancanza di una legge di riforma nazionale.

Preghiamo voler inviarci una risposta scritta, che comunicheremo alla nostra prossima Assem­blea ordinaria annuale.

 

 

LA CHIUSURA DEL MAINERO

 

Nel 1969 veniva denunciata da associazioni e da operatori la gravissima situazione di «Villa Azzurra», reparto del manicomio di Grugliasco (Torino) in cui erano ricoverati una cinquantina di bambini handicappati psichici.

Dopo una dura e lunga lotta, la Provincia di Torino decideva nel 1972 di trasferire una parte dei ragazzi in un nuovo istituto denominato «Mai­nero», nonostante l'opposizione delle forze di base che proponevano altre soluzioni più idonee. Le spese di acquisto e di adattamento furono superiori al miliardo; il costo giornaliero per ogni bambino supera attualmente le 150.000 lire.

Ancora una volta in contrasto con le richieste delle forze sociali, l'Amministrazione provincia­le ha recentemente deciso un nuovo trasferimen­to dei ragazzi ospiti del Mainero in un reparto dell'Istituto provinciale per l'infanzia, mettendo famiglie e forze sociali di fronte al fatto com­piuto.

Nello stesso tempo, nonostante gli impegni assunti fin dal 1972 e rinnovati nel 1976 per lo smantellamento di Villa Azzurra, questa struttura continua a funzionare.

Su questi problemi riportiamo la lettera dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione so­ciale inviata il 6 febbraio 1978 al Presidente, al Vice Presidente e all'Assessore alla sicurezza sociale della Provincia di Torino e ai Capi Grup­po DC, PCI, PLI, PRI, PSDI e PSI del Consiglio provinciale; la lettera del Primario dell'Ospedale psichiatrico di Grugliasco e del Direttore di Villa Azzurra del 16 gennaio 1978 e quella degli infer­mieri datata 23 gennaio 1978.

 

Lettera n. 1

Questa Unione protesta vivamente per quan­to previsto nella delibera della Giunta Provincia­le di Torino relativa al trasferimento di sede dell'istituto medico-psico-pedagogico del Mainero e in particolare nei riguardi:

a) dell'inserimento di un rappresentante di questa Unione nella «Commissione pluriprofes­sionale di partecipazione». Detto inserimento è stato deliberato senza che questa Unione sia stata interpellata e non si vorrebbe che questa fosse una meschina manovra avente lo scopo di far credere che questa Unione sia d'accordo con le proposte dell'Amministrazione;

b) del trasferimento del Mainero all'IPIM che trova questa Unione nel più totale disaccordo in quanto si riprodurrà all'IPIM la tragica situazio­ne di Villa Azzurra e del Mainero.

Ammassare ragazzi con diverse esigenze in una stessa istituzione, infatti, non può che ri­produrre i gravissimi inconvenienti già riscon­trati nelle istituzioni che in precedenza avevano attuato tale inconcepibile principio.

Si osserva al riguardo che la Commissione istituita dall'Assessore alla Sicurezza sociale della Provincia di Torino era giunta a conclusio­ni del tutto difforme rispetto a quelle contenute nella citata delibera.

Inoltre l'Assessore si era impegnato a indire una consultazione a breve termine delle forze sindacali e sociali in merito alle proposte della Commissione. Ora invece l'Amministrazione pro­vinciale procede prima alla ristrutturazione dei locali dell'IPIM, mette poi le famiglie di fronte al fatto compiuto e infine delibera asserendo che le famiglie e le forze sociali sono d'accordo.

 

Lettera n. 2

Abbiamo appreso con vivo stupore dal quoti­diano «La Stampa» dell'11-1-1978 la notizia del­la chiusura a fine mese dell'Istituto Mainero, mentre non risulta che sia stata contemporanea­mente prevista ed attuata la chiusura di Villa Azzurra di Grugliasco.

Esisteva da anni un preciso impegno della pre­cedente Amministrazione Provinciale per la chiu­sura di Villa Azzurra in quanto la presenza dei soggetti che essa ospita all'interno del «mani­comio» era considerata inadeguata e provviso­ria, ma non si era mai giunti ad una soluzione del problema nonostante reiterate richieste di Associazioni, Opera Pia ed operatori.

Nel documento della nuova Amministrazione Provinciale del 27-10-1976 si afferma che con la istituzione di una struttura paraospedaliera per gravissimi cerebropatici si sarebbe attuata «la chiusura di Villa Azzurra», e che i tempi di tale operazione potevano essere indicati «entro i pri­mi tre-quattro mesi del prossimo anno ('77)».

Un successivo documento provinciale dell'au­tunno '77, rilevata la «non immediata disponi­bilità della Regione Piemonte a farsi carico di questo problema» nonché le difficoltà inerenti al decreto Stammati, prospettava la «costituzio­ne di un repartino para-ospedaliero per lungo degenti handicappati gravissimi» utilizzando la struttura del Marro. Ma già era scomparso ogni riferimento alla soluzione contemporanea di Vil­la Azzurra.

La Regione, nel recente documento «linee po­litiche ed operative per l'Assistenza Psichiatri­ca» indica chiaramente la volontà di smantella­mento dell'istituto manicomiale inteso come stru­mento di segregazione ed emarginazione; per quanto concerne più specificamente «gli insuf­ficienti mentali cronici» viene prospettata una sistemazione alternativa al manicomio del tutto generica.

Infine documenti redatti dalle Organizzazioni Mediche ed Infermieristiche concordano sul fat­to che una soluzione per questo tipo di malati venga ricercata ovviamente fuori dalla istituzio­ne manicomiale.

«Non è più ulteriormente tollerabile la per­manenza di tali soggetti in reparti di Ospedale Psichiatrico (tipo Villa Azzurra)» afferma il re­centissimo documento delle Organizzazioni Me­diche.

Ricordiamo infine che negli ultimi mesi è sta­to costituito un gruppo di lavoro colla partecipa­zione degli scriventi, delle OO.SS. (FLO) e di rappresentanza del personale di Villa Azzurra, nel tentativo di esaminare la situazione attuale degli ultimi dieci soggetti rimasti, e di reperire soluzioni adeguate. Risulta che la maggioranza di questi soggetti necessita di soluzione para­ospedaliera (come quella del Mainero). Solo al­cuni, per quanto largamente non autosufficienti, potrebbero essere accolti in comunità alloggio esterne di un certo tipo.

Non è certamente possibile inserire i degenti cerebropatici di Villa Azzurra nei comuni reparti psichiatrici (dove già in modo anomalo e contro­producente per la vita di reparto sono ricoverati altri cerebropatici di cui dovrebbe farsi carico la Regione), perché ciò avverrebbe in contrasto con la politica di smantellamento del «manico­mio», politica avallata da tutte le recenti dichia­razioni sia della Amministrazione Provinciale che dell'Opera Pia, sia delle forze sindacali sia de­gli operatori a tutti i livelli.

Inoltre una soluzione nel senso della definiti­va psichiatrizzazione di tali soggetti, che rici­clandoli in manicomio portasse in tal modo alla eliminazione di Villa Azzurra, oltre a non essere condivisa dagli scriventi, urta contro difficoltà giuridiche non trascurabili, dal momento che gli attuali ospiti di Villa Azzurra non sono ammessi in manicomio, ma vi soggiornano provvisoria­mente in attesa di adeguata sistemazione, né paiono ammissibili in reparto psichiatrico data la loro patologia.

Spetta alle Amministrazioni Provinciale e Re­gionale competente provvedere alla sistemazio­ne dei più gravi cerebropatici analogamente alla sistemazione di quelli del Mainero, e per gli al­tri all'allestimento di una piccola comunità e­sterna, eventualmente utilizzando parte dell'at­tuale personale di Villa Azzurra che accetti di essere distaccato a tale scopo.

Per tale motivo gli scriventi comunicano che entro il prossimo mese di febbraio non intendo­no più oltre assumersi la responsabilità di Villa Azzurra, che hanno mantenuto sinora in via prov­visoria al di là dei loro obblighi professionali e giuridici, poiché non si tratta di un reparto ospe­daliero psichiatrico e si trova in una ambigua si­tuazione giuridica.

Qualora entro tale periodo le Amministrazioni responsabili non abbiano proceduto allo sman­tellamento di Villa Azzurra dovranno provvedere all'assistenza medica specialistica e di urgenza, anche perché il reparto stesso non usufruirà più del servizio del Medico di Guardia.

 

Lettera n. 3

Le infermiere che dovranno con il 1° febbraio prendere servizio presso l'istituto di Villa Az­zurra Minori intendono esprimere quanto segue:

1) Prendono atto come risulta dall'articolo del quotidiano «La Stampa» dell'11-1-78 che l'Am­ministrazione Provinciale intende chiudere con la fine del mese di gennaio l'istituto del Mainero.

2) Sono altresì a conoscenza della lettera del 16-1-78 redatta dal dott. Pascal e dott. Parascan­dalo nella quale sono esposti con chiarezza i ri­tardi, le ambiguità che hanno sempre caratteriz­zato il comportamento degli Amministratori Pro­vinciali nello scottante problema della chiusura di Villa Azzurra.

3) Scoprono dalla lettera che Villa Azzurra non é un reparto ospedaliero psichiatrico, che i bam­bini non sono ammissibili nei reparti data la lo­ro patologia, che la Villa Azzurra si trova in una ambigua posizione giuridica e ancora che con la fine di febbraio '78, detti medici non intendono assumersi le responsabilità di gestione dell'Isti­tuto stesso.

Di fronte ad una situazione così complessa e caotica sentono il dovere di invitare l'Ammini­strazione Provinciale, l'Opera Pia e le OO.SS. a esprimersi con chiarezza su tempi di chiusura di Villa Azzurra bambini.

Dichiarano pertanto che l'accettazione del tur­no di servizio a Villa Azzurra minori è subordi­nata ad una pubblica dichiarazione dell'Ammini­strazione Provinciale che si impegni a chiudere contemporaneamente sia l'istituto del Mainero che Villa Azzurra. In caso contrario adotteranno le stesse decisioni già prese nella lettera del 16-1-78 dal dott. Pascal e dal dott. Parascandalo.

Infine richiamandosi alla piattaforma sull'Assi­stenza Psichiatrica, i firmatari della presente let­tera fanno riferimento in modo particolare al capitolo 8 di detta piattaforma.

Dal punto A viene precisato che la modalità del personale deve essere: «contrattata sinda­calmente» e funzionale ad una sollecita attua­zione dell'assistenza psichiatrica, della sua zo­nizzazione e del suo inserimento delle unità lo­cali di servizio.

Nel punto B afferma che nelle mobilità con­trattate occorre assecondare le scelte dei lavo­ratori in base alle loro volontarietà collettive o di gruppo ed individuale.

Concludendo nella misura in cui avranno da­to un fattivo contributo allo smantellamento di quello che resta dell'Istituto psico-medico-peda­gogico Villa Azzurra gli scriventi ricordano che la loro mobilità e il loro inserimento nelle unità locali dovrà attuarsi secondo i punti a cui si è fatto esplicito riferimento.

 

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