Prospettive assistenziali, n. 41, gennaio-marzo 1978
Editoriale
UNITÀ LOCALE DI TUTTI I SERVIZI E COSTITUZIONE DEI
CONSORZI FRA COMUNI
Pur
con i suoi notevoli limiti
(1) il D.P.R. 616 «Attuazione della legge
382» dà alle Regioni ed ai Comuni la possibilità di provvedere sia ad una
ristrutturazione globale dei servizi, sia all'avvio di
un processo di adeguamento della realtà comunale alle nuove esigenze dei
cittadini.
Per
quanto concerne le città metropolitane la nostra
proposta è la coincidenza dei consigli di quartiere con le unità locali e con i
distretti scolastici
(2).
E poiché siamo convinti che nella
suddivisione del territorio in Unità locali è importante tener conto delle
Comunità montane, al fine di ottenere la massima semplificazione possibile
degli organi di governo locale, ricordiamo ancora che l'articolo 25, 4°
comma, del DPR 616 stabilisce: «Allorché gli ambiti territoriali coincidano
con quelli delle comunità montane le funzioni di cui al presente articolo (n.d.r. organizzazione ed erogazione
dei servizi sanitari e assistenziali) sono assunti dalle Comunità montane
stesse».
Unità locali di tutti
i servizi
Così
pure non ci stanchiamo di ripetere che uno dei punti centrali della riorganizzazione dei servizi è la costituzione dell'Unità
locale di tutti i servizi.
L'Unità
locale è il punto centrale per tutti coloro che vedono nell'allargamento della
partecipazione attraverso sedi diverse da quelle tradizionali un nuovo metodo
democratico di controllo sugli abusi o le carenze in
campo assistenziale e sanitario.
Negli
editoriali del n. 39 e 40 di Prospettive assistenziali già denunciavamo manovre ed equivoci sulla
riorganizzazione dei servizi sanitari e sociali, tanto da predisporre una
proposta di legge regionale di iniziativa popolare che fosse di riferimento e
di informazione ai cittadini in questo campo, mentre richiamavamo partiti,
sindacati e movimenti di base sull'importanza dell'Unità locale di tutti i
servizi e sul pericolo che una classe politica retrograda e uno Stato accentratore,
richiamino a livello nazionale competenze attribuite alle Unità locali
lasciando a queste pochissimo spazio.
È
una preoccupazione condivisa anche da Luigi Berlinguer
che è intervenuto sull'argomento al convegno indetto dall'Istituto Gramsci «Programmazione,
autonomia, partecipazione. Un nuovo ordinamento dei poteri locali» (Roma, 23-25
gennaio 1978). Ne riportiamo le parti più significative
in relazione a questo problema: «la consapevolezza che il pulviscolo comunale resta un buon
alleato del centralismo, e che l'inadeguatezza delle attrezzature dei piccoli
comuni ha costituito finora un comodo alibi contro una più decisa politica di
deleghe e attribuzioni di nuove funzioni agli enti locali, ha portato il
legislatore a prefigurare ed incoraggiare un meccanismo di collegamento e di
associazione fra i comuni che loro consenta di attrezzarsi a dovere.
«Il 2° comma dell'art. 25 di quel
decreto (n.d.r.
DPR 616) introduce un principio istituzionale nuovo:
l'ambito territoriale adeguato all'erogazione dei servizi sociali e sanitari e
invita regioni e comuni a ridisegnare la mappa territoriale periferica del
paese, ad individuare queste aree ottimali e promuovere associazioni
intercomunali nelle forme dovute, nel rispetto dell'autonomia e della
democrazia rappresentativa, secondo l'inderogabile principio della polisettorialità. Gli attuali consorzi, che parcellizzano
l'amministrazione in ambiti settoriali, e pertanto separati ed incomunicanti, hanno fatto il loro tempo,
lascino ora il passo a nuovi organismi deputati a coprire contestualmente il
più ampio raggio di competenze.
«Non sarà opera semplice, ma
certamente indispensabile ed urgente, perché imposta dai nuovi compiti e incoraggiata dai processi in atto nelle
istituzioni di base.
«Alla crescita tumultuosa degli
spazi che la democrazia si è data, non può non seguire una opera
di ricomposizione del tessuto territoriale delle istituzioni, lacerate dalle
forme caotiche dello sviluppo socio-economico.
«Abbiamo bisogno di realizzare in
tempi ragionevolmente brevi una rete di comuni associati che - assieme ai comuni singoli - disegni nella realtà sociale ed
istituzionale italiana aree omogenee coincidenti, coperte da una razionale e
moderna attrezzatura per l'organizzazione dei servizi (scolastici,
socio-sanitari, culturali, ecc.) e per un intervento nell'economia. Questi strumenti
istituzionali, lo sforzo comune che li sorreggerà in
sede politica, diverranno un potente motore non solo nel rapporto con le
comunità amministrate ma nei confronti di tutto il paese, per la forza che alle
realtà comunali deriverà dal superamento della tradizionale frammentazione e
del tradizionale isolamento voluti dalla politica delle classi dirigenti e
dello Stato accentrato.
«Area ottimale
di servizi e di gestione amministrativa, quindi, che - mi preme precisare subito
- non ha niente a che fare con l'ente intermedio, ma piuttosto con l'ente
Comune. Si potrà con essa dimostrare l'inconsistenza
delle resistenze ad uno spedito e deciso procedere delle deleghe e delle
attribuzioni ai comuni nel campo dei servizi ma anche in quello dell'economia;
si potrà approvare una legge di principi sulle autonomie locali che ponga
finalmente il comune - singolo o associato su un'area ottimale di intervento -
al centro della realtà istituzionale italiana, che ne faccia un protagonista
autentico dell'Italia moderna.
«Ecco una via davvero praticabile
per uscire dalle secche della crisi».
Consorzi fra Comuni
Il
consorziamento dei Comuni e la creazione delle unità
locali su tutto il territorio nazionale è un problema della massima importanza
che riguarda il futuro di milioni di italiani e cioè
di tutti gli abitanti del nostro paese ad esclusione dei residenti nelle città
metropolitane e delle Comunità montane coincidenti con le Unità locali.
Un
consorzio per essere tale, dovrebbe riunire le funzioni e le disponibilità in
personale, strutture, attrezzature e finanziamenti dei Comuni.
Invece
in alcuni consorzi si mantiene una duplicazione di intervento:
alcuni servizi li gestisce il consorzio, altri li gestiscono i Comuni.
Inoltre
è aperto il problema se il consorzio debba o meno
avere competenza in materia di programmazione locale.
Riportiamo
al riguardo l'esperienza di Carlo Trevisan (3) sul rapporto Comuni - Consorzi: «Cosa significa,
il consorzio gestisce la politica dei servizi, la gestisce globalmente, in toto? O il consorzio fa solo programmazione, e la gestione dei servizi, almeno di quelli capillari, resta in mano o
viene ora attribuita ai Comuni?
«È un grosso problema e non solo un
problema di potere perché tutti questi discorsi si ricol
legano poi a centri di potere, anche a
livello di Enti locali.
«Tra l'altro, si contesta che si
possa distinguere funzioni di programmazione da funzioni
di gestione. Anche qua c'è da mettersi d'accordo sul cosa
intendiamo per programmazione. Perché, certo, se per
programmazione intendiamo la scritturazione di un piano di sviluppo, è un
momento specifico che si esaurisce nel tempo e nello spazio e può essere
attribuito anche ad Enti esterni. Ma se per programmazione intendiamo un metodo
di gestione politica dello sviluppo è chiaro che la
programmazione non è un momento, ma un processo che non si esaurisce in un
dato periodo o in un dato spazio, ma è continuo. È il modo di gestire lo
sviluppo.
«Allora non si può, a mio giudizio, dire che il Consorzio fa la programmazione e i Comuni fanno
la gestione, col pericolo di ricreare la tradizionale spaccatura fra
programmazione e gestione, che di fatto è poi una gestione abbastanza del
quotidiano, dell'episodico, per la quale i collegamenti fra i servizi restano
pura affermazione di principio senza concretizzazione.
«Inoltre il personale dei servizi è
personale dipendente dal Consorzio, anche quando opera a livello di base, in quelli che nelle ipotesi regionali si chiamano i
distretti? O il personale a livello di distretto, che coincide di solito con
uno o più Comuni, resta alle dipendenze del Comune, mentre alle dipendenze del
Consorzio resta il personale di livello centrale, la équipe
dell'ufficio di piano, la équipe tecnica centrale, a seconda delle denominazioni, e il personale caso mai di
servizi come medicina del lavoro e dell'ambiente, che per loro natura hanno
dimensione territoriale consortile?
«Anche qua il problema non è facile,
oltretutto perché si ricreerebbero due categorie di operatori
delle autonomie locali, su un territorio con interlocutori diversi.
«Non è solamente un fatto di
controllo amministrativo ma dovrebbe essere una
logica molto più articolata che salvaguardi sì i diritti degli operatori, ma
con una metodologia elastica a differenza della metodologia generalizzata e
chiusa che si è adottata fino ad ora.
«Tutto ciò non è semplice. Anche io propendevo (vedendo per esempio il comprensorio di
Faenza) nel dire, ma lasciamo in mano ai Comuni i distretti di base, tra l'altro
perché così si garantisce di più la partecipazione. I Comuni sono già,
nonostante tutto, un organo eletto dai cittadini, espressione potenziale della
volontà democratica di partecipazione.
«Però ho constatato che lasciare in
mano operatori e servizi ai Comuni del Consorzio significa
proseguire, spesso, nella metodologia tradizionale. I Comuni, proprio perché
non si è realizzata una rivoluzione culturale sul piano della politica dei
servizi, continuerebbero a gestire e anzi, a
utilizzare ancora più il nuovo personale e le nuove attrezzature con i metodi
tradizionali. Non solo clientelari, ma soprattutto burocratizzati e
formalizzati».
Perché
avvenga questa rivoluzione culturale sul piano della politica dei servizi è dunque necessario che si stimoli un dibattito sui
Consorzi.
Questo
dibattito è estremamente urgente tenuto anche conto
che la proposta di legge di riforma sanitaria parla di Unità sanitaria locale.
Vi è perciò un arretramento rispetto al DPR 616 che
all'art. 25 prevede l'Unità locale dei servizi sociali e sanitari.
Apriamo
il dibattito sui Consorzi fra Comuni indicando quelli che sono
a nostro avviso i punti essenziali perché essi siano messi in grado di
funzionare:
-
massima estensione possibile delle funzioni del consorzio (programmazione
locale e gestione di sanità, assistenza, diritto allo studio, servizi
culturali, ricreativi e sportivi, casa e assetto del
territorio, agricoltura, turismo, commercio ecc.);
- rappresentatività dell'assemblea consortile coerente
con gli orientamenti politici espressi dalla popolazione nelle ultime elezioni
amministrative e proporzionale al numero
degli abitanti dei singoli Comuni consorziati;
- autonomia del consorzio tale che esso possa
garantire una tempestiva e corretta gestione delle sue competenze.
Il principio dell'autonomia, indispensabile per l'assunzione
delle decisioni e per l'amministrazione dei servizi non dovrebbe essere
disgiunto dalla natura stessa del Consorzio, che è espressione dei Comuni che
lo compongono. Queste contestanti esigenze potrebbero
trovare una accettabile composizione stabilendo che:
a) i membri del Consorzio sono scelti esclusivamente fra i Consiglieri
comunali. In tal senso dovrebbe pertanto essere modificata la legge regionale
del Piemonte n. 39/77;
b) essi rispondono al Consiglio comunale che li ha designati. Il Consiglio
comunale può in qualsiasi momento revocarli e procedere alla
loro sostituzione senza che ciò comporti sospensione alcuna delle
attività degli organi di governo del Consorzio;
c) gli atti più rilevanti del Consorzio (bilanci, piani di programmazione,
delibere di indirizzo) sono inviati ai Consigli
comunali che in un termine prefissato (15-20 giorni) esprimono il loro parere
non vincolante. In caso di decorrenza dei termini, si intende
che il Consiglio comunale abbia rinunciato a far conoscere le proprie osservazioni;
d) le altre deliberazioni del Consorzio, una volta approvate, sono
trasmesse ai Consigli comunali affinché possano prenderne atto;
e) i finanziamenti regionali ai Consorzi sono effettuati per conto dei
Comuni che compongono il Consorzio, i quali inseriranno le somme nei bilanci fra le entrate e uscite figurative. In tal modo la discussione dei bilanci comunali potrebbe essere
estesa ai finanziamenti regionali.
Per
evitare dei doppioni che potrebbero finire di dar luogo ad una gestione
burocratica e clientelare secondo la vecchia tradizione è opportuna una norma
che stabilisca il divieto di assunzione di personale
da parte dei Consorzi (salvo eventuali deroghe da sottoporre all'approvazione
caso per caso da parte del Consiglio regionale). Questa norma dovrebbe avere
validità almeno fino al completamento del trasferimento del
personale proveniente dagli enti sciolti o la cui soppressione è
prevista dal DPR 696.
Resta
il metodo di operare, che dovrebbe essere sia per i Consorzi che per i Comuni una scelta fondata sulla partecipazione
delle forze sindacali e sociali e della popolazione, alle quali dovrebbe essere
data una tempestiva e completa informazione.
Ma il problema dell'obbligatorietà dei Consorzi,
potere attribuito dal DPR 616 alle Regioni (V. art.
25, 2° comma), va visto come prioritario. Infatti se i Consorzi non vengono istituiti, i servizi non
possono essere avviati mancando l'organo politico-amministrativo competente.
Di qui il rischio che il trasferimento delle competenze alle Regioni ed ai
Comuni provochi un arretramento rispetto alle prestazioni fornite dagli enti
soppressi o il cui scioglimento è imminente.
Tale
rischio è purtroppo una realtà come insegna l'esperienza dello scioglimento
dell'ONMI e la assoluta mancanza di iniziativa da
parte delle Regioni e dei Comuni nei due anni trascorsi dalla soppressione
dell'ente.
La
costituzione dei Consorzi è dunque una necessità assoluta e l'obbligatorietà risponde a questa inderogabile esigenza.
(1) V. l'editoriale
del n. 39 di Prospettive assistenziali.
(2) V. l’editoriale
del n. 40 di Prospettive assistenziali.
Va però precisato che, a seguito dell'accordo fra i partiti DC, PCI, PRI, PSDI
e PSI, le elezioni dirette dei Consigli di quartiere potranno essere effettuate solo in concomitanza con quelle comunali. Fino alla scadenza di cui sopra i Comuni possono nominare i
Consiglieri di quartiere e attribuire ai Consigli stessi poteri deliberanti (V.
legge n. 3 del 3-1-1978).
(3) C. TREVISAN, I servizi sociali nella realtà territoriale:
problematiche connesse ai processi di programmazione e partecipazione, in
«Rassegna di servizio sociale», n. 4, ottobre-dicembre 1977.
www.fondazionepromozionesociale.it