Prospettive assistenziali, n. 42, aprile-giugno
1978
ABORTO
E ADOZIONE
Il commento alla proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal Movimento per la vita,
pubblicato su «Specchio nero» del n. 40 di Prospettive
assistenziali, ha suscitato reazioni negative da
parte di quattro lettori che ci hanno espresso con lettere il loro dissenso.
Riassumiamo per economia di spazio la loro critica che così rileva:
1) Prospettive assistenziali non ha seguito
la solita prassi: commento e pubblicazione integrale della proposta;
2) «è stata ignorata, con deliberato
proposito, l'esistenza di una vastissima base popolare (lo dimostra il rapido
successo di adesioni dell'iniziativa) che non ha
perso
3) il testo della proposta di legge
è stato travisato in alcuni punti.
Quanto al primo punto riconosciamo
che è stata seguita una prassi diversa dal solito: a ciò cercheremo di
rimediare con il presente articolo, nel tentativo di
fornire un'utile occasione per un confronto che interessa tutti.
Il commento apparso su «Specchio
nero» - e veniamo al secondo punto - è stato scritto,
è vero, in modo polemico ma perché avevamo ritenuto, e riteniamo, le norme
della proposta incompatibili con i diritti fondamentali della persona umana.
È pur vero che tutti hanno diritto a
proporre ciò che credono più opportuno, ma non ci sembra sia
ammissibile che uno o più gruppi di cittadini possano imporre ad altri, non
importa se siano in maggioranza o in minoranza, propri
convincimenti opinabili, a scapito delle libertà individuali.
Che il feto sia
persona (come sostiene il movimento per la vita) è opinione discutibile, come
dimostra il dibattito in corso nel nostro paese; che poi molti la pensino in
modo opposto emerge dalle leggi di numerosi paesi che hanno tentato di
misurarsi con la realtà senza infingimenti o
ipocrisie.
La nostra vis polemica tentava poi
di sottolineare la mancanza di coerenza di alcuni
partecipanti alla campagna del Movimento per la vita, attivisti che conosciamo
da tempo, che appartengono a gruppi che da anni contrastano la riforma
dell'assistenza ed i servizi alternativi al ricovero con tutti i mezzi,
utilizzando il potere che detengono nelle istituzioni per segregare minori, anziani
e handicappati, per nulla quindi preoccupati della vita umana.
Veniamo poi al terzo punto: il testo
da noi esaminato era quello pubblicato dal quotidiano «Avvenire»
nell'edizione pervenuta alla redazione torinese.
Il testo ha poi subito due modifiche
importanti: - nel 1° comma dell'art. 15 la segnalazione al Tribunale per i
minorenni è subordinata alla richiesta della donna. L'inciso «a richiesta della
donna» non compare nella stesura da noi commentata;
- nell'ultimo comma dell'art. 16 è stata
soppressa l'indicazione «a mezzo del telefono».
Prendiamo atto delle due modifiche ma anche così la proposta ci pare
inaccettabile per questi motivi:
1) nonostante il suo altisonante
titolo, essa difende ben poco la vita dei genitori e dei figli se, prendendo in
considerazione il periodo fino al momento del parto, si nascondono tutti i problemi
che sorgono dopo la nascita;
2) viene
prevista la creazione di strutture speciali in duplicazione di quelle normali
per tutti i cittadini: residenze per gestanti «che vogliono tenere nascosta la
propria maternità», i centri di accoglienza e difesa della vita umana vengono
contrapposti ai consultori familiari e sottratti alla programmazione delle
Regioni e alla gestione delle Unità locali. Le nomine dei componenti
dei centri di accoglienza e difesa della vita umana vengono attribuite ai
Presidenti dei Tribunali per i minorenni (in base all'equazione assistenza
uguale colpa?) mentre si crea un fondo speciale e un ispettorato centrale
presso
3) l'adozione viene
concepita come alternativa all'aborto per cui, in nome di un principio opinabile
(il feto è persona), l'aborto è vietato e punito ancora più severamente di
quanto prevede la legge vigente anche nei casi di pericolo di vita della
madre, in contrasto per altro con una sentenza della Corte costituzionale che
si dichiara non contraria all'aborto per ragioni terapeutiche o genetiche;
4) la norma che prevede, insieme con
la concessione del perdono giudiziale, il pagamento di una somma da L.
5) le donne che dichiarano di non
voler riconoscere il proprio nato sono sottoposte al pesante
ricatto della pubblicità del decreto di adottabilità
prenatale emanato dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell'art. 16.
Queste osservazioni trovano
riscontro nel paese, che ha espresso la propria voce anche in Parlamento;
giudizi negativi sulla proposta del movimento per la vita sono stati espressi
anche da ambienti cattolici: COM-NUOVI TEMPI (5-2-78), ad esempio, la
definisce «una legge repressiva, medioevale nelle soluzioni» e «indegna»;
BOZZE 78 (n. 4, aprile '78) la valuta pervasa di
«gelida freddezza».
(1) Testo della proposta di legge.
Art. 1. - (Diritto alla vita) -
Art. 2. - (Ricerca scientifica) - Lo Stato assegna
carattere prioritario alla ricerca scientifica nei campi connessi con la
tutela della vita prenatale e della maternità difficile, della regolazione
della fertilità, della genetica, delle gravidanze ad alto ed altissimo rischio,
della terapia precoce, delle minorazioni e malformazioni congenite, della
pedagogia e terapia per la infanzia minorata e
handicappata.
Vengono istituite cattedre
universitarie, scuole di specializzazione e corsi di addestramento e di
informazione in tali materie.
Art. 3. - (Assistenza) - La legge favorisce la procreazione
responsabile; riconosce il diritto della persona all'assistenza psicologica e
sociale per la preparazione alla paternità e maternità responsabile; dispone dei mezzi e delle strutture adeguate per la
consulenza e assistenza alla famiglia e alla coppia; protegge la gravidanza
approntando i servizi sanitari e sociali specifici; tutela la gestante
lavoratrice nel quadro di un sistema completo di sicurezza sociale.
Art. 4. - (Spese per gravidanza e parto) - Fino alla completa
attuazione del servizio sanitario nazionale, sono a carico
della Regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze
necessarie per il parto, il puerperio e per le malattie connesse con la
gravidanza riguardanti le donne che non hanno diritto all'assistenza
mutualistica.
Art. 5. - (Residenze per gestanti) - Anche per le finalità di cui agli articoli 15 e seguenti, è
istituita, a cura delle Regioni, in ogni circoscrizione di Tribunale per i Minorenni,
una residenza per gestanti che vogliono tenere nascosta la propria maternità.
Per tale scopo
Le spese per il
ricovero della gestante gravano sul fondo nazionale di cui al
successivo articolo 11.
Art. 6. - (Centri di Accoglienza e
Difesa della Vita Umana: composizione) - Ferme restando le competenze dei
consultori regionali, di cui alla legge 29-7-75, n. 405, sono costituiti in
ogni provincia, con il compito specifico di difendere, in situazioni concrete,
il diritto alla vita prevenendo l'aborto volontario, uno o più centri di
accoglienza e difesa della vita, di cui fanno parte:
1) un medico,
possibilmente specialista in ostetricia e ginecologia;
2) altro medico
possibilmente specialista in psichiatria o esperto in psicologia;
3) un'assistente
sociale;
4) tre cittadini, di
cui due di sesso femminile, possibilmente con figli, scelti tra persone
fornite di esperienza e sensibilità in ordine ai fini
del Centro.
Tutti i componenti dei Centri di cui sopra sono nominati dal
Presidente del Tribunale per i Minorenni nel cui distretto è istituito il
Centro, tra persone che ne abbiano fatto domanda e che diano assoluta garanzia
di volersi adoprare per rimuovere le cause mediche, sociali, economiche e
familiari che, in concreto, possano orientare i genitori verso la interruzione
della maternità.
I medici di cui ai
numeri 1 e 2 sono proposti dal Consiglio dell'Ordine
dei Medici.
Tra i componenti del Centro il Presidente del Tribunale per i
Minorenni sceglie il Presidente.
Art. 7. - (Giuramento) - I componenti
dei Centri di Accoglienza e Difesa della Vita Umana, sono immessi nelle loro
funzioni dal Giudice Tutelare del luogo ove opera il Centro e prestano dinanzi
a lui il giuramento sulla formula: «Giuro di operare con
fedeltà e diligenza in difesa della vita e di mantenere il segreto su quanto conoscerò
nell'esercizio delle mie funzioni».
Art. 8. - (Volontariato) - I componenti
di cui ai numeri 1, 2, 4 dell'art. 6 prestano il loro ufficio volontariamente
e restano in carica per un triennio.
Il Centro si avvale
della collaborazione di altro personale volontario,
particolarmente per quanto riguarda l'aiuto alla maternità difficile dopo la
nascita. A questo scopo il Centro, anche in collaborazione con le
Amministrazioni Comunali e con i Consigli circoscrizionali, predispone elenchi
di personale volontario idoneo a svolgere assistenza anche
domiciliare, specialmente in favore delle lavoratrici madri.
In caso di
particolare necessità, il Centro può avvalersi di personale distaccato dai
consultori familiari di cui alla Legge 27-7-1975 n.
405.
Art. 9. - (Finalità dei Centri) - Il Centro al quale si rivolge la donna procede con la maggior
cura possibile ad un esauriente colloquio con lei esaminandone le esigenze.
Qualora emergano difficoltà concernenti la
salute della donna o l'eventualità di malformazioni fisiche o anomalie
psichiche del nascituro, il Centro, anche mediante istituti specialistici o
professionali esterni, offre tutti gli accertamenti
sanitari opportuni, provvedendo, se del caso, ad ogni terapia e assicurando la
costante assistenza sanitaria e psicologica per tutto il tempo necessario,
prima e dopo il parto.
Le spese che non
siano già a carico di altri Enti, gravano sul Centro.
Qualora emergano
difficoltà di carattere economico, sociale e
familiare, ovvero di qualsiasi altra natura, il Centro - accertatane la
consistenza - predispone un concreto e dettagliato piano di assistenza alla
donna, in stretto collegamento con tutti i servizi di assistenza esistenti sul
territorio.
Se del caso, il
Centro può autonomamente assicurare, secondo criteri fissati
dalle Regioni, ovvero autonomamente, prima che sia emanata la normativa
regionale, sussidi per tutto il periodo della gravidanza e per i primi tre anni
del bambino o promuovere la immediata adozione del bambino a norma dell'art.
15 e seguenti della presente Legge.
Con il consenso
della donna, il Centro prende contatti con i suoi familiari, in particolare con
il padre del concepito, onde sollecitarne l'aiuto
morale e materiale.
Art. 10. - (Obbligo del segreto) - I componenti del Centro ed i collaboratori sono tenuti
all'osservanza del segreto di ufficio.
La violazione del
segreto su fatti di cui sono venuti a conoscenza
nell'esercizio delle loro funzioni è punita con le pene previste dall'art. 622
Codice Penale, aumentate di un terzo.
Il Centro può
rilasciare alla donna che ne faccia richiesta
soltanto l'eventuale documentazione medica relativa agli accertamenti compiuti.
Una relazione sulle
difficoltà prospettate dalla donna, sugli accertamenti di ogni
tipo compiuti dal Centro, sugli interventi espletati, è inviata alla Autorità
Giudiziaria nel caso di cui al successivo articolo 22 n. 4 su autorizzazione
della donna. Tale relazione, in ogni caso, non contiene alcun riferimento a
fatti costituenti reati eventualmente commessi dalla donna, né nomi di terzi
implicati in responsabilità di ordine penale di cui
il Centro sia comunque venuto a conoscenza.
Nei confronti dei componenti e dei collaboratori del Centro si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 351 del Codice di Procedura Penale. In ogni
caso essi non sono tenuti alla osservanza dell'obbligo
di rapporto e di referto.
Art. 71. - (Fondo nazionale per la tutela della vita) - I mezzi
finanziari sono assicurati ai Centri di Difesa e accoglienza della vita
mediante:
1)
uno stanziamento statale di L. 50 miliardi annui; 2)
uno speciale tributo volontario pari all'1 per cento del reddito imponibile
delle persone fisiche. Nella dichiarazione annuale dei redditi
ciascun contribuente dichiara se intenda o no
sottoporsi alla suddetta imposta. L'imposta pagata costituisce onere
deducibile nella dichiarazione dei redditi dell'anno successivo a quello a cui
si riferisce.
Alla copertura
dell'onere di 50 miliardi di cui al numero 1 di questo articolo,
relativamente all'esercizio finanziario 1977 si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 9001 dello
Stato di previsione della spesa del ministero del Tesoro per il medesimo
esercizio. Il ministero del Tesoro è autorizzato ad apportare can propri
decreti le necessarie variazioni di bilancio.
Presso la presidenza
del Consiglio dei ministri è istituito il Fondo nazionale per la tutela della
vita, al quale sono devoluti, oltre ai proventi di cui ai numeri 1 e 2 della
prima parte di questo articolo, anche i proventi di
eventuali lasciti e donazioni in favore dei Centri di accoglienza e difesa
della vita. Gli introiti sono ripartiti ogni anno tra le Regioni in base a tabelle che tengano conto degli interventi
espletati dai singoli centri nel corso dell'anno precedente.
Art. 12. - (Ispettorato Centrale) - Presso la
presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l'ispettorato centrale per i
Centri di accoglienza e difesa della vita che studia
ed elabora i dati forniti annualmente dai Centri, formula proposte, dispone gli
stanziamenti sul Fondo di cui all'articolo precedente, vigila affinché i
consultori familiari di cui alla Legge 29-7-75 n.
Art. 13. - (Rilevazioni annuali) - Ogni anno i
Centri di accoglienza e difesa della vita redigono una
relazione da inviarsi al Presidente del Tribunale per i minorenni ed al
Presidente della Regione che la trasmette al presidente del Consiglio dei
Ministri, relazione nella quale si forniscono i dati statistici sul numero e
sulla natura degli interventi effettuati ed altresì sul loro presumibile
effetto.
Art. 14. - (Informazione, istruzione, educazione) - La costituzione e
le funzioni dei Centri di aiuto e difesa della vita
sono pubblicizzate mediante appositi stampati da affiggersi e da distribuirsi
in particolare nei consultori familiari, nelle scuole, nei reparti ostetrici e
ginecologici, nelle farmacie, negli ambulatori pubblici.
I medici, le
ostetriche ed inoltre gli operatori dei consultori
familiari invitano le donne che abbiano prospettato difficoltà attinenti alla
loro gravidanza, a prendere contatto con i Centri di accoglienza e difesa della
vita e consegnano loro un apposito stampato redatto dalla Regione, contenente
una illustrazione dei compiti attribuiti ai Centri di accoglienza e difesa
della vita ed ogni altra informazione in merito ai diritti e alla assistenza
previsti dalla legislazione in favore della maternità e dell'infanzia, ai
servizi sociali, sanitari e assistenziali offerti dalle strutture pubbliche e
private operanti sul territorio regionale.
Nelle scuole di istruzione
secondaria superiore i consigli di istituto e i Centri di accoglienza e difesa
della vita collaborano per la realizzazione di incontri di approfondimento
scientifico sulla procreazione responsabile, il concepimento, lo sviluppo
prenatale dell'individuo umano, nonché incontri di aggiornamento sull'attività
dei Centri stessi.
Art. 15. - (Dichiarazione di disconoscimento) - Coloro che
esercitano una professione sanitaria, gli incaricati di servizi sociali e di assistenza degli enti pubblici, i componenti dei Centri
di aiuta e difesa della vita e dei consultori familiari, che vengano a
conoscenza del proposito di una gestante di non voler dare il suo nome al nascituro
e di volerlo dare in adozione, devono, a richiesta della donna, darne
immediatamente notizia al Tribunale per i Minorenni territorialmente competente
per il luogo ove la gestante si trova.
Il Tribunale, appena
ricevuta la notizia, nomina un Giudice delegato perché disponga d'urgenza a mezzo dei servizi sociali, ed eventualmente anche
ascoltando la donna, gli opportuni e discreti accertamenti sulla condizione
personale e familiare della gestante al fine di chiarire le motivazioni del suo
proposito.
Qualora la gestante
sia sposata, deve essere ascoltato anche il marito, purché non vi sia
separazione legale o di fatto protrattasi per oltre
trecento giorni, ovvero la donna non dichiari espressamente che il nascituro
non è stato procreato dal marito.
Se anche il marito
manifesta l'intenzione di non riconoscere il nascituro, i genitori sono
dispensati dal presentare la dichiarazione di cui all'articolo 67 R.D. 9-7-1939
numero 1238, sempreché sia iniziata la procedura di
cui al successivo articolo.
Art. 16. - (Dichiarazione di adottabilítà prenatale) - Quando risulti confermata la
decisione della gestante, e se ricorra il caso, del marito, il Tribunale per i
minorenni dichiara con decreto che, qualora la decisione di non riconoscimento
sia confermata successivamente al parto, esistono le condizioni per l'immediato
affidamento del bambino subito dopo la nascita ad una famiglia adottiva.
Il decreto deve
essere comunicato agli interessati a mezzo dei servizi
sociali.
Con lo stesso decreto il Tribunale, a richiesta della donna, può disporre
il ricovero della gestante, almeno per gli ultimi tre mesi di gestazione, nella
residenza di cui all'articolo 5.
Avvenuta la nascita,
il servizio sociale incaricato dal Tribunale o quello dell'Ospedale, ovvero l'ostetrica, devono interpellare la puerpera e, se
ne ricorra il caso, il marito non separato di lei, se intendono o meno confermare
la decisione di non riconoscere il figlio.
Qualora i genitori
intendano eseguire il riconoscimento, vi provvederanno ai sensi dell'art. 67
R.D.L. 9-7-1939 numero 1238 nel termine ivi prescritto. In tal caso il decreto
di cui al primo comma perde di efficacia.
Nel caso di conferma
della volontà di dare in adozione il figlio, l'interpellante ne dà notizia al più presto al Tribunale per i minorenni.
Art. 17. - (Intromissioni indebite nel procedimento preadottivo) - Chiunque offre denaro od altra utilità
economica per influire sulle persone che devono
rendere le dichiarazioni o manifestare le intenzioni di cui agli articoli 15,
ultima comma, e 16 primo e ultimo comma, è punito con la reclusione da sei mesi
a tre anni.
La pena è aumentata
se l'intento è conseguito.
Art. 18. - (Affidamento provvisorio) - Ricevuta la comunicazione
di cui all'ultimo comma dell'art. 16, il Tribunale per i minorenni, a mezzo del suo Giudice delegato, provvede immediatamente
alla scelta dei coniugi adottivi ai sensi dell'art. 314-20 Codice Civile ed
emette decreto di affidamento provvisorio del neonato, identificato con gli
estremi del sesso, della data, dell'ora e del luogo di nascita, ai coniugi
prescelti. Costoro immediatamente si presenteranno al servizio sociale già
interessato o al servizio sociale dell'Ospedale presso cui
trovasi il neonato, consegnando copia del decreto del Tribunale che avrà
immediata esecuzione.
Quindi muniti del
certificato di parto, provvederanno entro quindici giorni dalla nascita, in
deroga all'articolo 67 R.D.L. 9-7-1939 numero 1238 sull'Ordinamento dello Stato
civile, alla denuncia del neonato presso l'Ufficio di stato civile del Comune
di nascita, producendo altra copia del decreto del Tribunale.
L'Ufficiale di stato
civile, nel dare atto dell'affidamento provvisorio del neonato ai coniugi
adottanti, deve scegliere a richiesta di costoro, quale cognome da attribuire
al neonato ai sensi dell'articolo 71 ultimo comma sull'Ordinamento dello stato
civile, lo stesso cognome degli affidatari, i quali, comunque,
sceglieranno il nome.
Nell'ipotesi in cui
i servizi sanitari abbiano segnalato la grave immaturità del neonato o
l'esistenza di sue evidenti malformazioni fisiche o
gravi malattie in atto, o abbiano manifestato dubbi su danni cerebrali del
neonato, il decreto di affidamento provvisorio di cui al comma 1o potrà essere
ritardato, nell'interesse del minore, fino alla comunicazione, da parte dei
medici delle loro diagnosi e prognosi.
In tal caso la ostetrica che ha assistito al parto provvederà a
denunciare il neonato all'Ufficiale dello Stato Civile entro quindici giorni
dal parto, in deroga al termine di cui all'art. 67 regio decreto legge
9-7-1939 n. 1238 e l'Ufficiale dello Stato civile provvederà alla formazione
dell'atto di nascita ai sensi dell'art. 71 ultimo comma stesso decreto.
L'Ufficiale di Stato
Civile e l'Ospedale senza ritardo devono comunicare al Tribunale per i
Minorenni rispettivamente l'avvenuta denuncia del neonato e l'avvenuta esecuzione
del decreto di affidamento provvisorio. Ricevute tali
comunicazioni, il Tribunale pronuncerà immediatamente
decreto di adottabilità ai sensi dell'art. 314-7 Codice Civile.
Per i successivi
provvedimenti sull'adozione del minore e per le
eventuali richieste di revoca per successivo riconoscimento del minore da parte
dei genitori biologici, si applicano le norme della Legge 5 giugno 1967 numero
431 sull'adozione speciale.
PARTE II
Art. 19. - (Aborto di donna non consenziente) - Chiunque cagiona
l'aborto di una donna, senza il consenso di lei, è
punito con la reclusione da quattro a otto anni.
Questa disposizione
si applica anche se il consenso è estorto con
violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con l'inganno.
Art. 20. - (Aborto di donna consenziente) - La donna che si cagiona o si fa cagionare l'aborto è punita con
la reclusione da uno a quattro anni.
La stessa pena si
applica a chiunque cagiona l'aborto di una donna con il consenso
di lei.
In deroga all'art.
9, primo capoverso, Codice Penale, nel caso di aborto
commesso all'estero da cittadina italiana residente in Italia che si sia recata
nel territorio dello Stato estero al solo scopo di farsi praticare l'aborto, la
punibilità non è condizionata dalla richiesta del Ministero di Grazia e
Giustizia.
Art. 21. - (Circostanze aggravanti) - Le pene di cui
all'art. 20 sono aumentate:
1) se la persona che
ha cagionato l'aborto non è abilitata all'esercizio della professione medica;
2) se l'aborto è
determinato da fine di speculazione economica.
Art. 22. - (Circostanze attenuanti) - Le pene previste
dall'articolo 20 sono diminuite dalla metà a due terzi:
1) se la gravidanza
determina gravi difficoltà di ordine sanitario per la
madre;
2) se il
concepimento è stato causato da violenza carnale;
3) se sussiste
rischio elevato di grave malformazione o malattia psichica del nascituro
incurabile in base alle tecniche mediche disponibili al momento della diagnosi;
4) se la donna,
prima di commettere il reato, si sia presentata ad uno dei Centri di accoglienza e difesa della vita ed abbia prestato ogni
possibile collaborazione per la soluzione dei problemi esposti, purché risulti
che il reato non è stato commesso per motivi antisociali ed egoistici; ovvero a
seguito di rifiuto dell'aiuto offerto dal Centro;
5) se la gravidanza,
il parto e la maternità determinano difficoltà economiche, familiari e sociali
di notevole gravità.
Art. 23. - (Morte o lesione della donna) - Se dal fatto
preveduto dall'art. 19 deriva la morte della donna, si applica la reclusione da
otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima, si applica
la reclusione da sette a quattordici anni; se la lesione è grave si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la
lesione è lieve si applica la reclusione da cinque a dieci anni.
Se dal fatto preveduto
dall'articolo 20 deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre a
sette anni; se ne deriva una lesione personale, si applica la reclusione da
due a sei anni.
Se i fatti di cui al
precedente comma sono conseguenza di intervento
abortivo praticato da un medico chirurgo, si applica l'articolo 586 Codice
Penale.
Art. 24. - (Istigazione all'aborto) - Fermo quanto disposto
dall'articolo 414 Codice Penale, si applica la pena della reclusione da due
mesi a due anni a chi fa pubblicità a favore sia di istituti,
anche esteri, nei quali sono praticati gli aborti, sia di medicinali, prodotti,
strumenti o metodi destinati a procurare l'aborto.
La pena di cui
all'art.
In ogni caso alla
condanna consegue l'obbligo del pagamento in favore del Fondo nazionale per la
difesa della vita di una somma da Lire
Art. 25. - (Perdono giudiziale per la madre) - Anche fuori dei
limiti previsti dall'articolo 169 Codice Penale, il Giudice può concedere il perdano giudiziale alla madre che ha commesso il fatto di
cui all'articolo 20:
1) quando la
gravidanza ha determinato il pericolo attuale, non altrimenti evitabile, di
una grave e permanente menomazione della integrità
fisica della madre, ovvero della sua capacità di intendere o di volere;
2) quando ricorre una
delle circostanze di cui ai numeri 2, 3 e 4 dell'articolo 22.
Queste disposizioni
si applicano anche ai concorrenti che siano prossimi congiunti della donna e,
ad eccezione del caso di cui al numero 2 dell'articolo 22, al padre dei concepito.
Art. 26. - (Perdono giudiziale per il medico) - Quando ricorrono
le circostanze di cui all'articolo precedente, il Giudice può concedere il
perdono giudiziale anche al medico che ha eseguito
l'aborto e al personale ausiliario che lo ha assistito, purché il fatto risulti
compiuto senza fine di speculazione economica e nella ragionevole convinzione,
fondata su adeguato tentativo di dissuasione, compiuto dal medico stesso che
la interruzione della gravidanza sarebbe comunque avvenuta senza adeguata assistenza
sanitaria.
Questa disposizione
non si applica a chi abbia cagionato l'aborto senza essere abilitato
all'esercizio della professione medica.
Con la sentenza che
proscioglie per concessione del perdono giudiziale, il Giudice condanna sempre al pagamento di una somma da Lire
Art. 27. - (Disposizioni comuni) - Il perdono
giudiziale è concesso a condizione che il Giudice, valutate le
circostanze di cui all'art. 133 Codice Penale, presuma che il colpevole
si asterrà dal commettere altri reati contro la vita e l'incolumità
individuale.
Nell'ipotesi
prevista dal numero 4 dell'articolo 22 il perdono giudiziale non può essere
concesso più di una volta.
Art. 28. - (Aborto colposo) - Chiunque per
colpa cagiona l'aborto di una donna, è punito con la reclusione fino a due
anni.
La pena è aumentata
se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli
infortuni sul lavoro, sulla tutela delle lavoratrici madri, sull'inquinamento, ovvero se il fatto è determinato dalla
somministrazione di farmaci non adeguatamente sperimentati.
Quando dai fatti preveduti
dal precedente comma derivano anomalie o malformazioni gravi del nascituro, si
applica la pena ivi prevista.
Art. 29. - (Disposizione finale) - Il titolo X del
libro secondo del Codice Penale è abrogato.
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