Prospettive assistenziali, n. 42, aprile-giugno
1978
SULLA
PROPOSTA DI PROGETTO A MEDIO TERMINE DEL PCI
Pubblichiamo
le parti della proposta di progetto a medio termine del PCI (1) relative alla sanità, all'assistenza, agli
enti locali, al decentramento e alla partecipazione.
Per
quanto riguarda la sanità e l'assistenza le proposte
sono del tutto condivisibili anche se molto generiche e tali da non aggiungere
nulla alle elaborazioni note da anni.
Stupisce
tuttavia che nessun riferimento venga fatto alle unità locali dei servizi
finora individuate da tutti come la struttura assolutamente indispensabile per
riformare la materia.
Osserviamo
inoltre che mentre il piano a medio termine pone come obiettivo da raggiungere
la soppressione degli enti inutili, l'accordo raggiunto dal PCI con
Non
solo; purtroppo, il PCI è disponibile ad ulteriori cedimenti; lo constatiamo come emerge ad esempio dall'articolo «L'assistenza, gli enti pubblici e
quelli privati» apparso sull'Unità del 27-10-1977 e
dall'affermazione fatta da Minucci, direttore di Rinascita, che in un dibattito con Padre Sorge,
direttore della Civiltà cattolica, ha
dichiarato che il partito comunista è d'accordo sulla formula «pluralismo
nelle istituzioni e pluralismo delle istituzioni» (v. l'Unità del 30-10-1977).
Resta
infine da vedere, soprattutto per l'assistenza, quali
iniziative assumerà il PCI nei riguardi dei propri
militanti (amministratori compresi) che troppo spesso si disinteressano dei
problemi dell'emarginazione sia sul piano politico che su quello operativo.
Enti locali
Le
proposte relative agli enti locali sono, a nostro
avviso, insoddisfacenti e anche abbastanza demagogiche; riteniamo infatti che
non si possa seriamente affermare che i Comuni così come sono attualmente,
devono essere considerati «istanza di rappresentanza generale, con funzioni relative
non solo al territorio e ai servizi, ma anche al campo dello sviluppo economico
e con un ruolo primario nella programmazione», né che essi (tutti? anche quelli con poche migliaia di abitanti?) possano e
debbano essere decentrati nei quartieri.
L'attuale
polverizzazione dei Comuni (si veda la tabella nell'editoriale del n. 40 di Prospettive assistenziali) pone
la stragrande maggioranza di essi nell'impossibilità assoluta di dare una qualsiasi
risposta alle esigenze della popolazione. Crediamo pertanto che, senza una loro
riorganizzazione, anche proposte giuste come le deleghe e la riforma della
finanza locale non possano conseguire risultati di rilievo.
Al
riguardo segnaliamo che la rifondazione dei Comuni è stata affrontata in altri
Paesi, ad esempio in Polonia (3) e in Belgio. In quest'ultimo paese, a seguito del decreto 17-9-1975 dei 2359 comuni
esistenti, ne sono rimasti alla data del 10-10-1976 solamente 596 e pertanto
ne sono stati soppressi 1763. Altri sette Comuni scompariranno l'1-1-1980. Dei 942 Comuni inferiori a 1000 abitanti ne è rimasto uno solo; quelli fra i 1000 ed 12500 sono scesi
da
Anche
in merito alla istituzione dei Consigli di quartiere
la proposta del PCI è generica. Da parte nostra ribadiamo
che la loro istituzione dovrebbe avvenire solo nei Comuni comprendenti più
unità locali (4) e con elezione diretta da parte dei cittadini.
Al
riguardo è molto preoccupante la presa di posizione del PCI che, ancora una
volta in accordo con
Partecipazione
Circa
la partecipazione il progetto a medio termine esprime
una linea che non trova sempre riscontro dove il PCI è al potere (Regioni,
Province, Comuni).
Spesso
l'informazione - che è il presupposto di una effettiva
partecipazione - alle forze sociali ed ai cittadini è fornita dalle Amministrazioni
di sinistra in modo scarso e spesso è incompleta.
La
partecipazione, invece di essere concepita come rapporto dialettico con le
forze sociali - il che richiede la loro assoluta autonomia rispetto alle
istituzioni - è intesa come coinvolgimento nella gestione (cogestione o gestione cosiddetta sociale).
A
causa di ciò vi è stata e vi è una consistente diminuzione degli attivisti nei
movimenti di base e si registra una assenza
preoccupante di iniziative di lotta, assenza non giustificata certamente da
reali cambiamenti della situazione a livello nazionale, regionale e locale.
Organo intermedio fra
Regione e Comuni
Il
progetto a medio termine propone la soppressione dell'ente Provincia e la
costituzione dei comprensori (ad elezione diretta? organi
del
Da
parte nostra ribadiamo che i problemi di tondo sono la
rifondazione dei Comuni e, come momento intermedio, la costituzione delle unità
locali di tutti i servizi
(5).
La
questione delle funzioni delle unità locali è fondamentale non solo per
l'attuazione delle funzioni attribuite alla Regione con la legge 382, ma anche
per poter affrontare il problema, diventato di viva attualità con il recente
accordo di governo, dell'unico organo intermedio fra Regione
e Comuni.
Attualmente tali organi sono: le
Province, i Comprensori, le Comunità montane ed inoltre le istituende
unità locali le quali dovrebbero coincidere con i Consigli di quartiere, da
prevedere solo nelle città metropolitane.
Il
dibattito si è incentrato sulla proposta di soppressione o delle Province o
dei Comprensori oppure nella unificazione dei due
enti.
Noi
riteniamo invece che la discussione debba essere ampliata tenendo conto di
tutte le strutture intermedie che abbiamo sopra elencato.
Se
l'unità locale venisse intesa come l'abbiamo definita
nell'editoriale del numero scorso, si avvierebbe il processo - certamente lungo
e difficile - per sostituire gradualmente gli 8056 Comuni italiani con
9000-1500 unità locali.
Siffatta
costruzione delle unità locali consentirebbe inoltre l'inserimento in esse, con modalità da individuare caso per caso, delle
Comunità montane.
Tale
prospettiva consentirebbe, a nostro avviso, la soppressione delle Province (6) e renderebbe inoltre superflua la creazione
di un altro organo intermedio di governo (il Comprensorio). Infatti, se è vero
che la programmazione deve partire dal dato economico e perciò deve tenere
conto delle aree di sviluppo, non necessariamente tale riferimento conduce
alla creazione di un organismo apposito (il
Comprensorio).
In
altre parole la programmazione comprensoriale può essere un metodo scelto che
non comporta l'istituzione di un altro ente.
PROPOSTA DI PROGETTO A MEDIO TERMINE DEL P.C.I.
Con la pubblicazione del progetto a
medio termine il P.C.I. ha presentato al pubblico una sua «proposta aperta ad
ogni positivo apporto di valutazioni critiche e di
suggerimenti, sia di carattere generale che di carattere specifico» per «il
rinnovamento e la trasformazione della società italiana».
Nella prima parte viene
proposto «uno sviluppo delle forze produttive che sia capace di contrastare
non solo la miseria che nasce dalla ingiustizia e dalla disoccupazione, ma
anche le nuove forme di impoverimento umano e lo squallore, la povertà ideale
e morale dei modelli di vita finora prevalsi».
La proposta di progetto a medio
termine tocca anche i problemi dell'emarginazione nei seguenti termini: «Nell'ambito
di una più ricca e solidale vita comunitaria vanno
anche affrontati i problemi del rapporto con i diversi e del superamento dei
fenomeni di emarginazione degli anziani, così come í problemi della dolorosa condizione
degli handicappati».
Nel capitolo relativo
al «risanamento e riqualificazione della finanza pubblica» la proposta
così si esprime nei riguardi dei settori sanitario e assistenziale: «Il
risanamento della finanza pubblica passa attraverso il contenimento e la graduale
riduzione dei disavanzi degli enti di assistenza
sanitaria e di previdenza. Per i primi vanno attuate misure immediate di
riduzione della spesa farmaceutica e ospedaliera, nel quadro
di una rapida attuazione della riforma sanitaria e quindi di un
mutamento e miglioramento qualitativo del "modello" di assistenza e
di tutela della salute. Per quanto concerne la previdenza sociale occorrerà
provvedere all'eliminazione dei pesanti disavanzi di alcune
gestioni pensionistiche, attraverso l'adeguamento e la riscossione unificata
dei contributi, e avviare un'opera di più generale riordinamento e risanamento,
anche attraverso il superamento di gravi deformazioni come quella
rappresentata dall'inflazione delle pensioni di invalidità.
«Altri elementi essenziali di un
programma di risanamento della finanza pubblica sono da considerarsi:
la rigorosa attuazione della legge che prescrive la liquidazione degli enti
inutili; la drastica riduzione degli sprechi nel caotico settore della
pubblica assistenza, attraverso una riforma che preveda lo scioglimento di tali
enti e il passaggio delle rispettive funzioni alle regioni e agli enti locali.
«Occorre infine evitare che la spesa
per il personale cresca, in tutta l'area pubblica, al
di fuori di qualsiasi sforzo di previsione e programmazione complessiva, fino
a sfuggire a ogni possibilità di controllo. Il tasso di espansione
del numero dei dipendenti pubblici va nei prossimi anni contenuto, al fine di
evitare un ulteriore peggioramento nella composizione della spesa pubblica e
nel rendimento del settore pubblico. Vanno invece adottate misure volte a
garantire la mobilità settoriale e territoriale del personale dello Stato, del
parastato, delle regioni e degli enti locali,
assicurando a tal fine un più omogeneo trattamento economico, procedure di
riqualificazione e l'unificazione delle normative contrattuali; già è aperto,
d'altronde, il problema di una diversa utilizzazione del personale che si
renderà libero sulla base delle leggi per lo scioglimento degli enti inutili,
per lo scioglimento delle mutue e per il trasferimento di poteri alle regioni.
In rapporto a queste prospettive, va decisa la sospensione delle assunzioni e
delle richieste di nuovi concorsi nelle amministrazioni statali e in altre
amministrazioni pubbliche, fino a quando non sia stata
effettuata una verifica e, se necessario, una revisione degli organici e
sempre che la riapertura delle assunzioni risulti indispensabile per
soddisfare esigenze di personale non altrimenti risolvibili».
Un apposito
capitolo riguarda la sanità e l'assistenza che riportiamo integralmente:
«a) Tra le finalità dello sviluppo è
fondamentale la promozione del benessere fisico,
psichico e sociale dei singoli individui e della collettività. Finora, sanità e
assistenza - sebbene estese a gran parte dei cittadini, anche come risultato di
pressioni popolari - hanno spesso nascosto e assorbito, aggravandole, iniquità
sociali e deformazioni nei rapporti umani e ambientali. Adesso la politica
sanitaria e previdenziale deve mirare, oltre che a risanare istituzioni che
sono diventate un intollerabile onere dal punto di vista dell'economia, del
costume, della democrazia, ad elevare globalmente la qualità della vita e il modo
di vivere assieme dei cittadini, ad abbattere barriere discriminatorie, a
consentire maggiore uguaglianza e valorizzazione delle capacità personali.
«b) Una fondamentale distorsione in
questo campo, come pure nella previdenza sociale, è stata quella per cui, ad ogni bisogno emergente si è fatto sempre più fronte
con trasferimenti monetari e con proliferazione di leggi e di nuovi enti.
Questo é accaduto per valide richieste, come l'estensione dell'assistenza
mutualistica a categorie che ne erano prive, ma anche
per spinte speculative (come mostra la diffusione dei farmaci), per pressioni
corporative, per giochi di potere. Questo ha consolidato le incongruità sociali
e ambientali dell'Italia: anziché lottare contro le malattie, si è moltiplicata
un'attività terapeutica sempre meno efficace; anziché promuovere la
solidarietà verso i deboli, gli anziani, gli handicappati, si è estesa la
pratica di erogazioni monetarie, fonte di soggezione
e corruzione; anziché accrescere il salario diretto e il numero degli
occupati, si è sviluppato uno dei sistemi previdenziali più costosi del mondo.
«Questa crescita quantitativa delle
prestazioni, della spesa, delle istituzioni ha visto, anziché l'attenuazione
delle ingiustizie, il prevalere delle categorie più forti e l'accrescimento
delle sperequazioni fra i cittadini; ha prodotto, invece di una maggiore
socializzazione, una chiusura egoistica ed un'ulteriore
scomposizione del tessuto sociale, dei rapporti familiari, della convivenza tra
le generazioni: ha stimolato non già l'integrazione, ma l'emarginazione e la
segregazione dei soggetti considerati improduttivi.
«Questa crescita quantitativa non è
riuscita a far fronte ai nuovi e vecchi bisogni dei cittadini: frutto non solo di antiche arretratezze, ma anche di uno sviluppo distorto e
di nuove esigenze, maturate col progresso culturale e politico del paese. Nel
campo sanitario, si è ancor più aggrovigliato l'intreccio fra malattie tipiche
del sottosviluppo (elevata mortalità infantile, malattie infettive e parassitarie, denutrizione), malattie derivanti dallo sfruttamento
dell'uomo e dalla spoliazione dell'ambiente (infortuni e malattie professionali,
patologia da inquinamento), e malattie collegate all'incongruità dei rapporti
e dei comportamenti umani (nevrosi, alcoolismo, droga, violenza) : ma al tempo
stesso, le lotte per la salute, soprattutto nelle fabbriche e nelle città, si
sono moltiplicate ed hanno favorito lo sviluppo della coscienza sanitaria e
dello spirito collettivo fra la gente. Nel campo sociale, si sono ingigantiti i
bisogni emergenti dall'urbanizzazione forzosa, dalla
scomposizione delle famiglie, dall'insicurezza generale: ma al tempo stesso,
sono emerse linee rinnovatrici nei rapporti fra i sessi e le generazioni, nella
concezione della maternità, nel rifiuto dell'emarginazione e dell'isolamento,
nella partecipazione ai servizi. Gli orientamenti che qui si propongono non
sono, perciò, elaborazioni astratte, bensì il frutto di una vasta maturazione
collettiva.
«c) I criteri essenziali - politici
o culturali - sui quali basare la sanità e l'assistenza sono: 1) che l'uomo e
la donna non hanno valore solo in quanto produttori: 2) che la salute e la sicurezza
sociale hanno significato decisivo ai fini di una società ordinata, di una
ricomposizione del tessuto sociale, dello stesso pieno
esplicarsi delle capacità di lavoro; 3) che la politica sanitaria e
assistenziale, come è stata spesso strumento e veicolo di distorsioni, può
divenire stimolo per il miglioramento dell'ambiente lavorativo ed
extralavorativo, per la partecipazione alla vita democratica, per il
risanamento dell'amministrazione pubblica.
«Gli obiettivi principali, in tale
quadro, sono i seguenti:
«1) la tutela della salute
nell'ambiente (lavoro, città, zone depresse) in modo da incidere sostanzialmente
sui livelli di infortuni e malattie del lavoro, da
ridurre drasticamente le principali malattie infettive, da attenuare i
fenomeni di inquinamento dell'aria, delle acque, del suolo, degli alimenti:
«2) la maternità, che va affrontata
come problema non solo privato ma sociale, come scelta libera e consapevole,
non deformata dall'ignoranza e dal bisogno. A questi fini va sviluppata la
regolazione delle nascite, come ricerca scientifica e come diffusione delle
conoscenze; la tutela della maternità nell'ambiente di lavoro e nelle zone di
maggiore miseria: lo sviluppo delle attività dei
consultori; le cure prima, durante e dopo il parto;
«3) il benessere e la salute dei
bambini, che non possono essere un esclusivo carico delle famiglie, ma
richiedono un impegno di tutta la collettività. Si deve tendere a ridurre la
mortalità prenatale e infantile dell'1-2% annuo, in modo da raggiungere entro
5-10 anni i paesi più progrediti, portare a termine il piano degli asili nido,
sviluppare la scuola materna pubblica, particolarmente
nel sud, generalizzare i servizi sanitari per la scuola, potenziare le attività
sportive e culturali di massa dei ragazzi e dei giovani;
«4) le esigenze degli anziani e dei
vecchi, cui vanno garantite non solo entrate monetarie (già assicurate,
peraltro, in misura insufficiente e diseguale, dall'estensione della
previdenza sociale) e una stentata sopravvivenza, ma
forme civili e umane di vita. A questo fine va sviluppata l'assistenza e il
servizio domiciliare, incentivando il rapporto con la
famiglia, affrontato il tema dell'abitazione degli anziani, reso possibile un
impegno sociale e forme di attività idonee alle capacità psicofisiche degli
anziani;
«5) i bisogni
degli handicappati, dei soggetti gravemente minorati, degli emarginati, dei malati
di mente. Si
deve tendere al massimo di recupero e di integrazione,
valorizzando anche il minimo delle capacità e combattendo ogni forma di
isolamento e di segregazione istituzionale.
«d) Questi obiettivi possono essere
raggiunti non solo mediante atti politici, legislativi, amministrativi;
richiedono mutamenti nel comportamento individuale e
nella cultura; richiedono il rinnovamento del rapporto fra uomo e donna, fra
genitori e figli, fra giovani e vecchi, sulla base di un'effettiva
collaborazione tra famiglia e società.
«Questi obiettivi implicano leggi,
fra le quali assumono rilevanza fondamentale la creazione del Servizio
sanitario nazionale e la riforma dell'assistenza; e implicano applicazioni
rigorose di leggi esistenti, fra le quali la n. 382 che prevede il passaggio di
poteri assistenziali e sanitari alle regioni ed agli
enti locali, e la n. 70 che prevede lo scioglimento degli enti inutili.
«È necessario spostare l'asse
dell'intervento pubblico dal sistema dei trasferimenti monetari a quello di prestazioni
"in natura" mediante servizi aperti a tutti e finanziati in modo da
favorire i ceti meno abbienti, mediante la qualificazione tecnico-scientifica
dell'attività pubblica nel campo sanitario e
assistenziale e, in particolare, l'accentuazione delle fasi di prevenzione e
di recupero rispetto a quelle di carattere riparativo.
«Sul piano economico, si deve
tendere a comprimere prestazioni superflue o dannose e distorte,
particolarmente nei seguenti campi: a) la riduzione dei consumi farmaceutici dall'attuale
numero di 20 prescrizioni annue per cittadino a 5-10, come accade in altri
paesi; b) la riduzione della durata della degenza ospedaliera dagli attuali 13-14 giorni fino a 10-8 e lo spostamento
della tutela sanitaria verso attività domiciliari e ambulatoriali; c) la
riduzione del numero delle pensioni di invalidità, che oggi sono spesso supplenza
di altre forme previdenziali, sia attraverso un'opera di prevenzione sanitaria,
sia attraverso il miglioramento delle pensioni di vecchiaia per i redditi più
bassi; d) la qualificazione degli standards dei
servizi assistenziali, particolarmente per l'infanzia, gli anziani, gli
handicappati, concentrando i mezzi sulle situazioni più acute e combattendo
sprechi e parassitismi.
«Sul piano politico, è essenziale
puntare sul decentramento dei poteri, sulla partecipazione della popolazione,
sull'estensione e potenziamento del volontariato, sulla congiunzione dei
servizi specializzati (sanitari e assistenziali) con
l'insieme dell'ambiente e della vita collettiva».
In merito alla partecipazione nel
territorio le proposte sono le seguenti: «La ricerca di forme
originali della democrazia all'interno delle imprese deve accompagnarsi allo
sviluppo di tutte le forme di democrazia di base. Molto importanti sono
state in questo senso le esperienze e acquisizioni degli ultimi anni: il più
intenso collegamento dei comuni con la società civile attraverso il
decentramento in consigli di quartiere; le prospettive di democratizzazione
delle strutture sanitarie e assistenziali; l'avvio
degli organi collegiali della scuola; le forme, sperimentate nelle regioni
amministrate dalle sinistre, di gestione sociale dei servizi. Si è di fronte a un processo di espansione della democrazia che si attua
attraverso molteplici istanze di partecipazione popolare.
«Il decentramento delle decisioni e dei controlli, fino ai consigli di quartiere, deve essere
perseguito sia come uno dei principali strumenti per fondare il confronto
politico non solo sui rapporti di vertice tra i partiti, ma su una ricca
attività democratica di base, sia come metodo per una rigenerazione della vita
pubblica. Esso va concepito come lo strumento vitale di una -più
ampia partecipazione popolare alla direzione dello
Stato.
«Il comune, decentrato nei quartieri
e associato nei comprensori, può diventare sempre più un punto di raccordo e di unificazione delle varie forme di partecipazione di
base, di cui sono protagoniste molteplici organizzazioni sociali, sindacali,
culturali, e che trovano espressioni organiche nella fabbrica e nella scuola.
«Così si delinea
il ruolo nazionale dei comuni, quali istanze di rappresentanza generale, con
funzioni relative non solo al territorio e ai servizi, ma anche al campo dello
sviluppa economico e con un ruolo primario nella programmazione, in un
corretto rapporto di dialettica democratica».
Circa l'articolazione regionale
dello Stato e delle autonomie locali e la
partecipazione, il piano a medio termine così si esprime: «Il problema di una
verifica e valorizzazione delle molteplici forme in cui è
possibile sviluppare la partecipazione popolare alla gestione della cosa
pubblica va visto nel quadro di uno sforzo teso a congiungere - nella vita
dello Stato - efficienza e democraticità. Dinanzi ai sempre più gravi e urgenti
problemi posti dalla crisi economica, dalla criminalità
comune e dal terrorismo politico, ogni cittadino ha diritto di chiedersi qual è
la produttività del sistema politico e amministrativo italiano, ha il diritto
di appuntare la critica sui tempi e sulle forme di produzione delle decisioni
politiche e di misurare il tempo occorrente a varare una decisione con
tempestività, il tempo di discuterla coi partiti e coi sindacati, di
approvarla nei due rami del parlamento. Le popolazioni che hanno lottato per
strappare una legge difficilmente riescono a comprendere il
significato dei numerosi e complicati passaggi burocratici che vengono
fissati per attuarla.
«La riforma dello Stato - sulla base
della piena attuazione del modello costituzionale, - come strada maestra per il
superamento dell'attuale crisi di funzionalità delle strutture pubbliche,
diventa un'esigenza quotidiana e concreta per milioni di uomini.
Il paese ha bisogno di uno Stato che non proceda in
modo disorganico, ma che sappia coordinare tutto l'arco dei suoi interventi,
esprimendo le potenzialità democratiche del paese.
«La realizzazione del dettato
costituzionale richiede, accanto all'effettivo riconoscimento del comune come istanza di base dell'ordinamento democratico, il rilancio
delle regioni attraverso il superamento degli ostacoli finora frapposti alla
piena esplicazione delle loro funzioni, il concreto avvio - attraverso misure
significative, anche se parziali - di un processo di riforma della pubblica
amministrazione, la soppressione o il riordino degli enti inutili.
«In questo contesto
le regioni devono assolvere a un preminente ruolo legislativo e programmatico,
di propulsione e sostegno del sistema autonomistico
di base, prevedendo un nuovo livello intermedio di gestione amministrativa che
si ponga sostanzialmente come prolungamento e potenziamento del potere comunale
per l'esercizio coordinato degli interventi nell'economia e sul territorio in
relazione alla politica di piano.
Ciò richiede:
«1) che sia riconosciuta alle
regioni la pienezza dei poteri loro conferiti dalla Costituzione e che si
attribuiscano loro per delega determinate altre funzioni e cioè
- senza indulgere a criteri estensivi - quelle che servono a snellire gli
apparati centrali e a rendere organico l'esercizio dei poteri regionali;
«2) che le regioni portino
rapidamente a conclusione il processo di delega agli
enti locali ed assumano quindi essenzialmente un ruolo di "enti di
governo", di indirizzo, programmazione e alta amministrazione;
«3) che si assicuri ai comuni la
piena responsabilità, nel quadro degli indirizzi
regionali, di tutti gli interventi che si operano nel loro territorio;
«4) che attraverso una riforma della
legge comunale e provinciale si giunga alla rapida eliminazione della provincia
e al definitivo superamento di enti, uffici, ed
organismi burocratico-corporativi (o in taluni casi,
alla loro trasformazione in enti strettamente legati alle assemblee
regionali, comprensoriali, comunali) quali le camere di commercio, i consorzi
di bonifica, gli enti turistici, ed altri organismi - riconoscendo così nei
comprensori e nelle comunità montane - cui danno vita i comuni associandosi tra
loro - sedi essenziali di una articolata e unitaria programmazione democratica
che trovi nelle regioni un primo momento di sintesi;
«5) che si realizzi una riforma della finanza locale tale da assicurare ai comuni,
nell'unitarietà della finanza pubblica, e nel rispetto degli indirizzi di
programmazione regionale e nazionale, le risorse finanziarie adeguate ai
compiti sopra indicati.
«In sintesi, lo Stato democratico
deve fondarsi - superando i pesanti residui di
un'organizzazione per corpi burocratici e amministrazioni parallele - su una
corretta ripartizione di compiti e responsabilità tra le assemblee elettive
comunali, regionali e nazionali, legate insieme da una direzione politica
nazionale unitaria e da una programmazione democratica che dia forza e coerenza
agli interventi pubblici.
«Il parlamento deve essere sempre
più chiamato a lavorare attorno alle grandi linee della politica di sviluppo
del paese e ad elaborare le leggi di riforma e di principio (...) .
« In questo contesto
i partiti devono organizzare la partecipazione politica delle masse evitando
di confondere le loro funzioni di direzione politica e ideale con le
responsabilità proprie degli organi dello Stato democratico. Le funzioni
essenziali dei partiti potranno essere assolte con maggiore efficacia se essi
contribuiranno al processo di formazione delle decisioni nella sede delle istituzioni elettive stimolandone e garantendone la
libera dialettica.
«Va in questo spirito affrontato il
problema, importante e complesso, della definizione di un rapporto tra
sindacati e istituzioni democratiche che eviti le strettoie del puro confronto
con l'esecutivo e le contraddizioni che ne possono nascere per l'esercizio di
un potere di scelta e di sintesi generale che spetta al parlamento e alle
regioni. Si tratta di trovare - nel pieno rispetto dell'autonomia e della
funzione contrattuale dei sindacati, e nella considerazione degli
importar ti compiti di carattere generale che essi svolgono in alcuni
settori della vita sociale - procedure che garantiscano un equilibrio tra le
fondamentali istanze di progresso sociale di cui si fanno portatrici le
organizzazioni dei lavoratori e le compatibilità complessive di una politica di
programmazione».
(1) Proposta di progetto a medio termine,
Editori Riuniti, Roma, 1977, pag.
(2) Sono quelle che
«svolgono in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo-religiosa».
V. l'editoriale del n. 39 di Prospettive assistenziali.
(3) V. Prospettive assistenziali n. 38.
(4) V. Prospettive assistenziali n. 39.
(5) V. la bozza di proposta di legge regionale di
iniziativa popolare «Riorganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali e
costituzione delle unità locali di tutti i servizi», in Prospettive assistenziali, n. 39.
(6) In occasione di un incontro sulla proposta di legge
di iniziativa popolare «Competenze regionali in materia di servizi sociali e scioglimento degli enti assistenziali», il
PCI si era opposto al trasferimento delle competenze dalle Province ai Comuni.
Siamo lieti che la posizione sia mutata.
www.fondazionepromozionesociale.it