Prospettive assistenziali, n. 43, luglio-settembre
1978
Editoriale
ISTITUZIONE DEL
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E RIFORMA DELL'ASSISTENZA
In
data 17 maggio 1978 il Governo ha presentato alla Camera il disegno di legge
n. 2196 «Riordinamento dell'assistenza sociale» (1).
Riforma della sanità
Com'è
noto la prestazioni sanitarie sono oggi fornite da una
miriade di enti. Le Province assistono i malati
mentali, l'INPS i colpiti da tubercolosi, le mutue e casse mutue assistono i
lavoratori, i Comuni i poveri, per arrivare all'assurdo per cui i componenti
di una stessa famiglia possono essere curati da enti diversi.
Ora
gli obiettivi fondamentali del testo di legge approvato dalla Camera dei
deputati vengono così fissati:
-
prestazioni uguali per tutti i cittadini;
- attribuzione delle competenze operative esclusivamente
al Ministero della sanità, alle Regioni e soprattutto ai Comuni (Unità locali);
-
soppressione di tutti gli enti settoriali;
-
priorità della prevenzione e inscindibilità fra gli interventi preventivi,
curativi e riabilitativi;
-
razionalizzazione dell'attuale spesa sanitaria con
eliminazione degli sprechi;
-
partecipazione delle forze sindacali e sociali e dei cittadini.
Compiti delle Regioni
Vediamo
qui di seguito quali sono le funzioni che dovranno essere esercitate dalle
Regioni. Le Regioni (art. 11) «esercitano le funzioni legislative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera nel rispetto dei
principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e delle norme di cui
alla presente legge ed esercitano le funzioni amministrative proprie e loro
delegate.
«Le leggi regionali devono altresì
conformarsi ai seguenti principi:
a) coordinare l'intervento sanitario
con gli interventi negli altri settori economici, sociali e di
organizzazione del territorio di competenza delle Regioni;
b)
unificare l'organizzazione sanitaria su base territoriale e funzionale
adeguando la normativa alle esigenze delle singole situazioni regionali.
«Le regioni svolgono la loro
attività secondo il metodo della programmazione pluriennale e della più ampia
partecipazione democratica, in armonia con le rispettive norme statutarie. A
tal fine, nell'ambito dei programmi regionali di sviluppo, predispongono piani
sanitari regionali, previa consultazione degli enti locali, delle
università presenti nel territorio regionale, delle organizzazioni
maggiormente rappresentative delle forze sociali e degli operatori della
sanità, nonché degli organi della sanità militare territorialmente competenti.
«Le regioni, sentiti i Comuni
interessati, determinano gli ambiti territoriali delle unità sanitarie locali
che debbono coincidere con gli ambiti territoriali di
gestione dei servizi sociali.
«All'atto della determinazione degli
ambiti di cui al comma precedente, le Regioni provvedono
altresì ad adeguare la delimitazione dei distretti scolastici e di altre unità
di servizio in modo che essi di regola coincidano».
Unità sanitarie locali
L'organizzazione
territoriale poggia sulle Unità sanitarie locali definite (art. 10) «il complesso dei presidi, degli
uffici e dei servizi dei comuni singoli o associati».
Le
Unità sanitarie locali dovranno di regola articolarsi
«in distretti sanitari di base per l'erogazione dei servizi di primo livello e
di pronto intervento» (2).
Compete
alle Unità sanitarie locali (art. 14) «provvedere in particolare:
a) all'educazione sanitaria;
b) all'igiene dell'ambiente;
c) alla prevenzione individuale e
collettiva delle malattie fisiche e psichiche;
d)
alla protezione sanitaria materno-infantile,
all'assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente
e responsabile;
e) all'igiene e medicina scolastica
negli istituti di istruzione pubblica e privata di
ogni ordine e grado;
f) all'igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali;
g)
alla medicina dello sport e alla tutela sanitaria delle attività sportive;
h) all'assistenza medico-generica e
infermieristica, domiciliare e ambulatoriale;
i)
all'assistenza medico-specialistica e infermieristica ambulatoriale e
domiciliare per le malattie fisiche e psichiche;
1) all'assistenza ospedaliera per le
malattie fisiche e psichiche;
m) alla riabilitazione;
n) all'assistenza farmaceutica e alla
vigilanza sulle farmacie;
o)
all'igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli
alimenti e delle bevande;
p) alla profilassi e alla polizia
veterinaria; alla ispezione e alla vigilanza
veterinaria sugli animali destinati ad alimentazione umana, sugli impianti di
macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale,
sull'alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili degli animali
all'uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci di uso
veterinario;
q) agli accertamenti sanitari
necessari alle certificazioni di carattere medico-legale spettanti
all'autorità sanitaria pubblica a norma della legislazione vigente, con
esclusione di quelli di competenza delle autorità
sanitarie militari».
Compete
inoltre all'unità sanitaria in cui sono ubicati la
gestione degli ospedali, compresi quelli che (art. 18) «per le finalità specifiche perseguite
e per le caratteristiche tecniche e specialistiche, svolgono attività
prevalentemente rivolte a territori la cui estensione includa più di una unità
sanitaria locale».
Entro
il 31 dicembre 1979 le unità locali sono delimitate dalle Regioni in base «a gruppi di popolazione
di regola compresi fra
Il
numero degli abitanti può anche essere inferiore «nel caso di aree
di popolazione particolarmente sparsa» o
superiore (il che ci sembra illogico) nelle zone con forte concentrazione di
abitanti.
Per
ogni Unità locale deve essere previsto (art. 15) un organo collegiale di
gestione comprendente anche le minoranze che deve
essere espressione
«del consiglio comunale, quando il territorio comunale coincide con quello della
unità sanitaria locale; dei consigli dei comuni interessati, quando l'ambito
dell'unità sanitaria locale comprende il territorio di più comuni; del
consiglio comunale e dei consigli circoscrizionali interessati, quando
l'ambito dell'unità sanitaria locale corrisponde ad una parte del territorio
comunale. Quando l'ambito dell'unità sanitaria locale
corrisponde a quello di una comunità montana, alla gestione dell'unità
sanitaria locale provvedono gli organi della comunità, fermo il principio della
presenza della minoranza».
Mentre
per l'organo di gestione delle unità locali comprendente più Comuni o una
Comunità montana non c'è nulla da obiettare, ci sembra grave che qualora
l'unità sanitaria locale coincida con un Comune non possa essere gestita dal
Comune stesso ma questi venga sostituito da un altro
organo, isolando in tal modo la sanità dagli altri servizi.
Così
ugualmente preoccupante è il caso del Comune quando
esso comprenda più unità locali, per cui la gestione non può essere assicurata
direttamente dai Consigli di quartiere, essendo prevista la costituzione di un
altro organismo.
È
inoltre molto strano che compaia ancora la denominazione «unità sanitaria
locale» soprattutto dopo che il DPR
L'ultimo
comma dell'art. 15 del testo di riforma sanitaria non
parla più di gestione «contestuale», ma recita: «La legge
regionale stabilisce altresì norme per la gestione coordinata ed unificata dei
servizi dell'Unità sanitaria locale con i servizi sociali esistenti nel
territorio».
Per
quanto concerne il personale l'art. 47 prevede quanto
segue:
«La gestione amministrativa del
personale delle unità sanitarie locali è demandata all'organo di gestione
delle stesse, dal quale il suddetto personale dipende sotto il profilo
funzionale, disciplinare e retributivo. Il Governo è delegato ad emanare, entro
il 30 giugno 1979, uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per disciplinare
(...) lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
1) assicurare un unico ordinamento del personale in tutto il territorio nazionale;
2) disciplinare i ruoli del
personale sanitario, tecnico e amministrativo secondo
qualifiche funzionali con la specificazione dei profili di professionalità
e delle mansioni;
3) definire le tabelle di equiparazione per il personale proveniente dagli enti e
dalle amministrazioni le cui funzioni sono trasferite ai comuni per essere
esercitate mediante le unità sanitarie locali e provvedere a regolare i trattamenti
di previdenza e di quiescenza, compresi gli eventuali trattamenti integrativi
di cui all'articolo 14 della legge 20 marzo 1975, n. 70;
4) garantire con criteri uniformi il
diritto all'esercizio della libera attività professionale per medici dipendenti
delle unità sanitarie locali, degli istituti universitari e dei policlinici
convenzionati e degli istituti scientifici di ricovero e cura di cui all'articolo 42. Con legge regionale sono stabiliti
le modalità e i limiti per l'esercizio di tale attività;
5) prevedere misure rivolte a
favorire, particolarmente per i medici a tempo pieno, l'esercizio delle
attività didattiche e scientifiche e ad ottenere su
richiesta, il comando per ragioni di aggiornamento tecnico scientifico;
6) fissare le
modalità per l'aggiornamento obbligatorio professionale del personale;
7) prevedere disposizioni per
rendere omogeneo il trattamento economico complessivo e per equiparare gli
istituti normativi aventi carattere economico del personale sanitario
universitario operante nelle strutture convenzionate con quelli del personale delle unità sanitarie locali».
In
sostanza il testo di riforma sanitaria approvato dalla Camera:
-
espropria praticamente i Comuni di ogni competenza,
attribuendo le stesse alle unità locali, che sono previste come organi
totalmente autonomi rispetto ai Comuni (com'erano, ad esempio, gli ECA);
-
separa il personale delle unità sanitarie locali da
quello dei Comuni
(3).
Disegno di legge di
riforma dell'assistenza
Anche
il giudizio sul disegno di legge presentato dal Governo in materia di assistenza non può che essere decisamente negativo sotto
il profilo istituzionale.
Infatti:
-
viene riconfermato l'assurdo legame fra assistenza e
ordine pubblico. Restano infatti al Ministero
dell'interno le competenze di indirizzo e coordinamento (formalmente
attribuito allo Stato). Inoltre il Ministro dell'interno o un Sottosegretario da questi delegato presiede il Consiglio nazionale per
l'assistenza sociale;
-
sono attribuite allo Stato e cioè ai Ministeri
dell'interno, di grazia e giustizia, della ditesa, delle finanze e
dell'agricoltura tutte le funzioni per le prestazioni assistenziali nei riguardi
degli appartenenti alle forze armate, all'arma dei carabinieri, alla guardia di
finanza, agli agenti di custodia, al corpo forestale, ai vigili del fuoco ed
ai loro familiari, discriminando queste persone dagli altri cittadini;
-
alle Province è affidato il compito di intervenire
nell'elaborazione dei piani regionali. Ad esse spetta
inoltre l'approvazione dei programmi di localizzazione dei presidi
assistenziali. Dette attribuzioni sono del tutto
ingiustificate per un corretto funzionamento dei servizi potendo
scatenare conflitti e provocare ritardi. Inoltre è
data facoltà alle Regioni di delegare funzioni alle Province (sottraendole
alle Unità locali?);
-
eccessivi spazi e poteri sono dati all'assistenza
privata;
-
in contrasto con le norme del D.P.R. 616, è previsto il trasferimento alle
Regioni ed ai Comuni solamente delle IPAB che non sono in grado di proseguire
la loro attività. Viene stabilito invece che le altre
IPAB, quasi tutte e cioè oltre 9.000, i cui patrimoni ammontano a centinaia di
miliardi, siano trasformate in enti privati.
Oltre
a presentare questa retriva proposta di legge il Governo ha violato le
disposizioni del DPR 616 prorogando con il decreto legge 24 giugno 1978, n.
300 fino al 31 dicembre 1978 i finanziamenti agli enti in
attesa di scioglimento, enti che dovevano essere soppressi entro il 1° aprile
scorso (art. 113 del D.P.R. 616).
Nonostante che il decreto
suddetto non sia stato convertito in legge dal Parlamento, il Governo ha
ripresentato un altro decreto legge (n. 481 del 18 agosto 1978) il cui art.
Questo
secondo decreto legge prevede inoltre che è fatto divieto agli enti pubblici
di cui alla tabella e del DPR 616, alle IPAB, nonché
alla disciolta AAI:
a) «di istituire nuovi posti in
organico e di procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato che
comportino un aumento complessivo del numero dei dipendenti comunque
in servizio alla data del 1° luglio 1978; i provvedimenti di inquadramento o
promozione a qualifiche superiori adottati dopo la medesima data non hanno
effetto qualora non siano previsti da norme regolamentari o comportino
valutazioni a carattere discrezionale;
b) di procedere ad alienazioni o
trasformazioni di beni immobili o di titoli, alla costituzione di diritti
reali sugli stessi, alla stipulazione di contratti di affitto
di durata superiore a quattro anni. Gli atti compiuti in
violazione del divieto di cui al comma precedente sono nulli. Gli amministratori
dell'ente e l'impiegato designato a sottoscrivere l'atto sono
personalmente e solidamente responsabili del danno conseguente al compimento
degli atti predetti».
Inoltre
il decreto legge n. 481 stabilisce che per l'ENAOLI e l'ONPI non si applica la
procedura di scioglimento degli enti di categoria di
cui all'art. 114 del DPR 616. Pertanto essi non possono essere trasformati in
associazioni private.
(1) Il disegno di
legge governativo è praticamente uguale a quello pubblicato sul n. 41 di Prospettive assistenziali.
(2) I distretti
sanitari di base sono strutture tecniche funzionali dell'Unità sanitaria
locale, rispetto alla quale non hanno alcuna autonomia giuridica.
Ad evitare
confusioni fra i distretti scolastici e quelli sanitari, riteniamo che questi
ultimi potrebbero essere chiamati «compartimenti».
(3) Riserve devono
essere anche avanzate sul testo di riforma sanitaria per i numerosi rinvii ad
altre disposizioni che dovranno essere approvate con leggi o con decreti.
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