Prospettive assistenziali, n. 43, luglio-settembre
1978
Libri
A.M. DELL'ANTONIO, Bambini in istituto, Bulzoni Editore, Roma, 1977, pag.
«Circa
trenta anni fa Bowlby pubblicava il
suo rapporto sulle conseguenze dell'istituzionalizzazione dei bambini,
evidenziando il nesso tra ricovero precoce e disturbi di personalità. In un'ottica
psicoanalitica che considerava essenziale per lo sviluppo della persona un valido rapporto iniziale con la madre, Bowlby aveva preso in considerazione bambini ricoverati nei
primi anni di vita e traeva le sue conclusioni sulla base di numerose ricerche
catamnestiche compiute in varie parti del mondo che
convergevano nei risultati: le persone che non avevano avuto un rapporto
individuale, stabile e valido con la madre nella prima infanzia (come appunto
i bambini ricoverati in brefotrofi) dimostravano in seguito - ed in modo
irreversibile - incapacità a stabilire rapporti adeguati con gli altri e con la
realtà in genere, erano anaffettivi e dissociali,
erano in poche parole, "diversi"».
In questo modo, focalizzando
l'attenzione sul danno portato al bambino nei primi anni di vita, negli anni
seguenti, si veniva sempre più radicando il concetto della negatività del
ricovero in istituto per i bambini nella primissima età «
mentre l'istituzionalizzazione del bambino più grandicello
non veniva considerata dannosa per sé, ma solo nella misura in cui l'istituto
era mal organizzato o con personale qualitativamente o quantitativamente
insufficiente per poter sopperire alle necessità del bambino ».
Così Dell'Antonio
spiega nel suo libro l'ideologia e la prassi del ricovero dei bambini normali
in Italia, la cui esclusione viene praticata per uno «stato di bisogno»
genericamente definito, ma che in sostanza si configura nella presunta
incapacità della famiglia e dell'ambiente ad assisterli economicamente
e moralmente.
Da questa ideologia
di assistenza - beneficenza, l'ente appare più disposto a sovvenzionare
l'istituto che la madre, e ne consegue una successiva proliferazione sia degli
enti che degli istituti.
Tuttavia, contemporaneamente e
specialmente negli ultimi anni, gli psicologi sociali e relazionali mettevano
a fuoco l'importanza di altri legami del bambino con
l'ambiente familiare ed extrafamiliare oltre a quello con la figura materna.
Si veniva cioè maturando il concetto che la persona
per svilupparsi adeguatamente non ha bisogno «solo» di cure materne nei primi
anni: ha bisogno anche di un contesto ambientale che lo accetti in ogni fase
del suo sviluppo e nella stessa vita adulta. Il sentirsi parte di un gruppo veniva considerato condizione indispensabile per
l'evoluzione ed il mantenimento di una immagine di sé tale da permettere una effettiva
realizzazione personale.
Il ricovero quindi, lungi dal
rappresentare una soluzione, è una ulteriore causa di
deterioramento del «sé» del bambino, e dei suoi contatti con la realtà,
poiché egli perde un punto di riferimento essenziale per il suo sviluppo, cioè
il contesto in cui vive, ed in particolare, il nucleo familiare.
La storia di Rocco e Rita fratello e
sorella di 6 e 8 anni allontanati dalla loro famiglia da una «benefattrice»
che, vedendo l'istituto «meglio» di «quella» famiglia senza mezzi, persuade
la madre a portarli da un piccolo paese dell'Avellinese
ad un istituto di Roma, dove poi verranno definiti «in
stato di abbandono materiale e morale», è emblematico, e viene riportata
dall'A. perché simile a molti bambini ricoverati in istituto con l'intenzione
di dar loro un aiuto, senza capire ciò di cui hanno bisogno.
Completano il libro alcune ricerche:
sul numero dei bambini istituzionalizzati in età scolare o prima, e i motivi
dichiarati per il ricovero (la condizione socio-economica del nucleo familiare
determinerebbe il 75,1 per cento dei ricoveri in alcune regioni
mentre in altre colpisce l'alto numero di ricoveri per «motivi scolastici»,
motivi che dovrebbero incrementare le strutture scolastiche piuttosto che il
ricovero dei bambini), sulle alterazioni del rapporto familiare dovute
all'impossibilità dei genitori di mantenere rapporti costanti con i figli
ricoverati, sulle alterazioni del rapporto madre-bambino in un brefotrofio,
sugli atteggiamenti contradditori delle madri nei confronti del ricovero in
istituto del figlio, e sulla azione di frattura operata all'interno di nuclei
familiari già fragili.
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