Prospettive assistenziali, n. 43, luglio-settembre
1978
Notizie
ALLOGGI E COMUNITA' ALLOGGIO PER
MINORI, ANZIANI E HANDICAPPATI
L'équipe
socio-sanitaria del Comune di Beinasco, Torino, ci
ha inviato in data 16 maggio 1978 la lettera che riportiamo integralmente:
«L'équipe socio-sanitaria del Comune di Beinasco
opera sul territorio e attua interventi a diretto contatto con la popolazione
anche in modo capillare, con i servizi di fisioterapia e logopedia domiciliari
per minori handicappati.
Tale
azione permette di stabilire un rapporto di fiducia tra gli operatori e le
famiglie interessate e di rilevare bisogni non soddisfatti, a livello sanitario, economico, alloggiativo,
ecc., delle stesse.
L'intervento
riabilitativo è di sicuro ricupero nella misura in cui si risolvono in modo globale
tali esigenze.
Mentre
per interventi socio-assistenziali risponde il Comune in
base a scelte precise di politica assistenziale a favore
dell'integrazione degli handicappati, l'équipe
denuncia la situazione di carenza alloggiativa in
cui si trovano molte famiglie con minori handicappati.
Si
rileva la carenza dell'attuale legge n. 1035 del 1972
per la assegnazione di alloggi popolari, che non prevede alcun punteggio a
favore delle famiglie con minori handicappati, mentre riconosce un punteggio al
capo-famiglia invalido.
A
maggior ragione il minore handicappato, in particolare quello con handicap
motorio ha bisogno di uno spazio proprio e di ulteriori
strutture anche all'interno della propria abitazione per aumentare le sue possibilità di recupero e per acquisire indipendenza nel
movimento.
Corrisponde
quindi ad un criterio di giustizia sociale assegnare un punteggio maggiore a favore
di tali famiglie svantaggiate.
Richiamandosi
alla legge 118 del 1971 che attua interventi a favore di invalidi
e handicappati, nel campo sanitario, nel campo economico, nel campo
scolastico, si richiede la modifica o quantomeno la deroga, all'attuale
legislazione per l'assegnazione di alloggi popolari, legislazione non più
rispondente ad una corretta politica di sicurezza sociale tesa al recupero
integrale dell'individuo».
La proposta degli operatori di Beinasco può trovare accoglienza in quanto l'art. 95 del
D.P.R. 616 prevede quanto segue: «Le funzioni amministrative concernenti
l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale
pubblica sono attribuite ai Comuni, salva la competenza dello Stato per
l'assegnazione di alloggi da destinare a dipendenti civili e militari dello
Stato per esigenze di servizio».
Segnaliamo inoltre che la legge n. 513
dell'88-1977 prevede che «non meno del 30 per cento delle abitazioni
realizzate dai programmi di intervento debbono essere
di superficie utile di mq. 45 ed assegnate, in via prioritaria, a famiglie di
nuova formazione e ad anziani».
Ricordiamo inoltre l'art. 17 del
D.P.R. 384 pubblicato in questo numero.
Per quanto riguarda l'attuazione
della legge 865 del 1971 ricordiamo, quale iniziativa
da estendere su tutto il territorio nazionale, che il 20-10-1974 fra
Esistono dunque leggi nazionali che
rendono concretamente possibile l'assegnazione di alloggi
e di comunità alloggio per minori, anziani e handicappati e per altri casi
sociali (madri nubili, genitori soli con figli, dimessi da ospedali
psichiatrici, ecc.), si tratta però di esercitare una pressione sulle Regioni,
sui Comuni e sugli IACP affinché le possibilità legislative si tramutino in
atti concreti.
ABOLITE LE BARRIERE ARCHITETTONICHE NEL REGOLAMENTO EDILIZIO
DI MILANO
Il
17 dicembre 1977 è entrato in vigore il regolamento edilizio del Comune di
Milano. L'abolizione delle barriere architettoniche è sancita dalle «Norme
sulla fruibilità degli edifici da parte delle persone in stato di minoranza fisica» che riproduciamo:
Art.
52. - Accesso alle costruzioni.
52.1. - L'accesso ai disimpegni
verticali, scale e ascensori sia interni che esterni
alle costruzioni, quando gli stessi non sono alla quota del piano terreno,
deve essere assicurato con rampe o con rampe abbinate a scale di pendenza non
superiore all'8 per cento e di lunghezza massima, quando superino la pendenza
del 5 per cento, di
La larghezza di dette rampe che
vanno protette opportunamente, non può essere inferiore
a
52.2. - Le scale delle costruzioni
devono essere dotate di corrimano su entrambi i lati e formate da gradini con
alzata non superiore a
52.3. - La larghezza delle porte di accesso alle singole unità immobiliari deve essere non
inferiore a
52.4. - Almeno uno degli ascensori
presenti negli edifici e che garantisca il servizio a
tutte le unità immobiliari, deve avere le seguenti caratteristiche:
52.4.1. - cabina con dimensione
interna minima di
52.4.2. - porte a battenti o a
scorrimento laterale, aventi larghezza minima di
52.4.4. - inizio della corsa a partire dalla quota più bassa della costruzione.
52.5. - I ripiani di distribuzione
delle scale o anche dei soli ascensori devono avere una profondità minima di
52.6. - Le presenti norme sono
vincolanti per gli edifici di nuova costruzione e, in quanto compatibili con
le soluzioni tecniche realizzabili, per gli interventi su edifici esistenti.
Art.
53. - Percorsi pedonali.
53.1. - I percorsi pedonali, ferme
restando le prescrizioni sulla pendenza di cui all'art. 52.1 e compatibilmente
con la larghezza dei percorsi stessi, devono essere conformati in modo da
consentire il transito dei mezzi per invalidi.
PIATTAFORMA PER GLI HANDICAPPATI PSICHICI ULTRAOUATTORDICENNI
(1)
Controparti:
Comune di Torino, Consigli di
Quartiere, Consorzi di Comuni per la istituzione e la
gestione.
Premessa
Il nostro quartiere è stato tra
quelli individuati per iniziare l'esperienza concreta della «proposta di intervento
territoriale per promuovere le opportunità di inserimento degli handicappati
ultraquattordicenni», formulata dall'Assessorato alla sicurezza sociale,
all'igiene e sanità e all'istruzione del Comune di Torino e dall'Assessorato
alla sicurezza sociale della Provincia di Torino (dicembre 1976).
Le ragioni che hanno determinato la
scelta del nostro quartiere sono state:
a) l'esistenza di
un alto numero di handicappati non collocati;
b) l'esistenza di équipes del Comune e della Provincia che hanno iniziato un
discorso di collaborazione nella prospettiva
dell'Unità locale dei servizi;
c) l'individuazione di locali
disponibili per eventuali attività.
Allo scopo sono state distaccate nel
nostro quartiere tre operatrici già educatrici al Mainero.
Gli handicappati psichici della presente piattaforma possono essere distinti in base a tre esigenze:
1) gli handicappati psichici che a
causa di lesioni cerebrali estese e permanenti non
sono in grado né di muoversi autonomamente né di stabilire alcun rapporto con
gli altri, nonostante gli interventi effettuati su di loro da
Proposta: la costituzione di
idonee strutture inter-unità locali con massimo di 15-20 posti. La
funzione di questi reparti è essenzialmente di custodia e di
assistenza per tutta la vita, senza tralasciare interventi di recupero
ed educativi anche se difficili allo stato delle attuali conoscenze.
2) Handicappati per i quali oggi si
presume, da dati obiettivi ma periodicamente
verificati, l'impossibilità di ogni forma di inserimento lavorativo.
Proposta: per questi soggetti che siano privi di famiglia si propone un alloggio o preferibilmente
un'abitazione e attività di tipo agricolo, per un massimo di otto o dieci
persone, il più possibile vicino al quartiere di residenza.
Per i soggetti con famiglia o ospitati in alloggi o cascine di cui sopra si propone la
creazione di centri di Unità locali o di inter-unità locali con un massimo di
20 soggetti (con orario che copra l'orario lavorativo dei familiari, es. ore
8-18).
Nella struttura di questi centri è
da valutare l'opportunità di differenziarli per fasce di età,
es. da
Questi centri dovrebbero assicurare
agli ospiti il massimo possibile di socializzazione e di autonomia.
Indicativamente si suggerisce:
Attività
di lavorazione di materiale: creta, carta, stoffa, legno, ecc.
Attività
espressiva:
pittura, animazione, musica, ecc.
Attività
dell'apprendimento dell'autonomia: pulizia personale e dell'ambiente circostante, lavori domestici, orientamento nel tempo e nello spazio, cucina,
piccola agricoltura, ecc.
Attività
corporea: nuoto,
palestra, giochi all'aperto.
Attività
terapeutiche:
logopedia, fisioterapia, ecc.
Tutte queste attività per quanto
possibile dovranno privilegiare i momenti di
convivenza con i normodotati, anche nelle ore preserali, serali e festive, e dovranno coinvolgere
responsabilmente tutti gli operatori.
Per queste attività proponiamo
l'utilizzazione dei locali sottostanti
Per quanto concerne l'acquisizione
della «cascina» o dell'«alloggio» chiediamo che in tempi brevi gli Enti locali
concretizzino queste strutture alternative, tenuto conto del fatto che confiniamo
con milioni di metri quadrati di terreno agricolo (Gerbido di Grugliasco).
3) Handicappati per i quali è
ipotizzabile l'inserimento lavorativo né qualificato né specializzato che
però può non avvenire per insufficienza di «strumenti», per insufficiente socializzazione o per indisponibilità dei datori di lavoro
ad assumerli.
Proposta: la creazione di corsi di formazione pre-professionale
presso i normali centri di formazione professionale pubblici e privati, eventualmente coinvolgendo handicappati
di quartieri limitrofi (non più di dieci persone per gruppo). La funzione di
questi corsi è quella di fornire gli strumenti elementari per l'inserimento
lavorativo e favorire la massima socializzazione ed
autonomia.
Oltre a momenti di lavoro del
materiale, di conoscenza delle macchine e di orientamento
professionale-attitudinale sono da prevedere attività
espressive e corporee e appena possibile attività di tirocinio sui posti di
lavoro che devono preludere al collocamento pilotato.
In questo ambito
ribadiamo con forza che gli Enti pubblici per primi devono impegnarsi seriamente
alla totale copertura dei posti previsti per gli invalidi civili secondo le
leggi n. 482 e n. 118.
Questo impegno è importante per
coinvolgere contemporaneamente le aziende private al rispetto delle leggi
attuali e tutte le forze sociali a modificarle, soprattutto per quanto concerne
un più agevole inserimento degli handicappati psichici.
Questa proposta non vuole mettere in
discussione gli inserimenti attuali nei corsi normali e per invalidi civili.
Per gli handicappati di questo tipo,
privi di sostegno familiare, è da prevedere
l'inserimento in comunità alloggio con normodotati o
in alloggi individuali o collettivi.
Note
Le indicazioni programmatiche devono
essere sperimentali, cioè non si devono adattare i
ragazzi a programmi prestabiliti ma costituire gli interventi in base alle
esigenze degli stessi e continuamente metterli in discussione perché rispondano
sempre meglio agli obiettivi di recupero, autonomia, socializzazione e
inserimento sociale.
Nelle strutture per handicappati
dovrà essere favorita la collaborazione di volontari non in supplenza dei
tecnici.
In tutte le strutture per
handicappati devono essere garantite forme
di controllo da parte delle forze sindacali e sociali.
Per gli handicappati che continuano
a vivere in famiglia è comunque da attuare l'appoggio
educativo, terapeutico e se necessario economico, secondo la delibera del
Comune di Torino n. 1398 del 14-9-1976.
Resta evidente che deve essere assicurata
ogni possibilità di acquisire professionalità agli handicappati che ne siano in
grado e ancora deve essere prevista la possibilità di passaggio da una
struttura all'altra secondo le esigenze degli interessati.
Le strutture proposte, come tutte le
strutture pubbliche e private di servizio pubblico,
devono essere prive di barriere architettoniche.
Le proposte valgono anche per gli
handicappati psichici aventi altre minorazioni.
Resta da predisporre un'apposita piattaforma per il collocamento al lavoro.
L'INCREDIBILE REPARTO CRONICI DI TRIESTE
Da
Trieste Antonello Massaro ci
scrive:
«Si parla spesso molto bene
dell'Ospedale Infantile Burlo Garofolo, si dice che è ben attrezzato, che vi è un personale
competente, che è un ospedale all'avanguardia in Italia.
Non si parla mai però di uno dei
suoi reparti, il più nascosto: il reparto «cronici». Si tratta di un piccolo edificio a
due piani, che sorge isolato lontano dal grande edificio, dove circa 60 tra
bambini e ragazzi di ambo i sessi sono rinchiusi:
sono ragazzi che, a causa di menomazioni fisiche e/o psichiche più o meno
gravi, sono stati etichettati come «cronici», come persone quindi che «non sono
in grado di svilupparsi» per le quali quindi «è inutile ogni tipo di cura».
Non dico
che sia facile educare questi ragazzi, ma sostengo che è possibile farlo.
Certo, ci sono alcuni soggetti così
gravemente danneggiati che non possono né potranno mai essere autosufficienti,
ma questi sono una minima parte. I più, invece, se
solo venissero aiutati nel loro sviluppo
psico-fisico, se venissero sollecitati e anche, ad un certo momento, addestrati,
potrebbero attivamente inserirsi nella società.
Nel grande edificio dell'Ospedale
infantile Burlo Garofalo sono
ospitati i bambini non handicappati. Per loro si parla di: Day
Hospital, deospedalizzazione, assistenza superiore al
servizio ambulatoriale, camere quasi vuote e molto spazio. I pazienti
beneficiano di tutti i vantaggi che offre l'ospedale:
strumentazioni, esami, interventi polispecialistici.
È inoltre evitato il trauma del ricovero e del distacco improvviso dalla
famiglia in quanto i genitori possono essere sempre vicini ai figli.
Insomma l'ospedale infantile Burlo Garofalo è un'isola di
felicità e di salute per i bambini esenti da menomazioni fisiche e/o
psichiche.
Invece, per i giovani handicappati
che vivono o, meglio, vegetano in completa
inattività all'interno del reparto «cronici», non
esiste niente di tutto questo: non vi è un'assistenza psicofisica adeguata,
non vi è spazio sufficiente per la loro riabilitazione fisica né per la loro
espressione, le attività ricreative sono pressocché
assenti: nessuno si occupa dello sviluppo intellettuale del ragazzo, né di
cercare di capire quali sono le sue attitudini; manca un contatto diretto con il
mondo esterno: le rare gite fuori dall'ospedale, cui non tutti possono
partecipare, sono insufficienti palliativi. Il trauma del ricovero non solo non
è evitato, ma non si cerca nemmeno di renderlo meno duro. Di riduzione della degenza
non si parla nemmeno: sono costretti a restare in questo luogo dove, pur non
subendo maltrattamenti fisici, sono condannati
all'inattività. Provate a lasciare una persona normale per un mese senza
fare assolutamente niente; per quanto possa essere forte psichicamente, come
minimo quella diventa paranoica.
E come può, allora, un soggetto più
debole resistere per anni a questa tortura? Non può resistere, ma deve
adattarsi in qualche modo per sopravvivere, così si estrania completamente
dalla vita e regredisce fino a forme di pura comunicazione affettiva,
dipendenza assoluta, apatia cronica: questo è ciò che succede ai ragazzi che
vivono al reparto «cronici» dell'Ospedale infantile Burlo
Garofolo. E la situazione è
destinata a rimanere tale fino a quando verranno trasferiti alla Villa Coslovich. E poi?
Premettendo che non il luogo, ma le
condizioni di vita sono determinanti sulla formazione
di una persona sul suo rapporto con la società, io mi domando: cambierà
finalmente la situazione per questi giovani o sono destinati a vivere per
sempre così?
Concludendo, non è possibile parlare della
magnificenza del Grande Burlo dato che nel magnifico ingranaggio di questa
macchina "perfetta" c'è una grossa rotellina
che gira in senso contrario: è il Piccolo Burlo i cui giovani detenuti ci
chiedono soltanto di rispettare il loro diritto alla vita.
Non condanniamo queste persone, le
più innocenti, alla "morte in vita".
Non è giusto che queste persone
siano rinchiuse e nascoste agli occhi dei «poveri cittadini, che soffrono nel
vedere un handicappato e lo considerano un animale spregevole del quale avere al massimo compassione».
(1) Piattaforma dei
Comitati di quartiere di Torino Mirafiori Nord,
Sud-Ovest e Città Giardino dell'aprile 1978.
www.fondazionepromozionesociale.it