Prospettive assistenziali, n. 43, luglio-settembre 1978

 

 

PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI PER LA DIMISSIONE DI UNA MINORE DAL REPARTO SPECIALE DEL MANICOMIO DI BISCEGLIE

 

 

Nell'editoriale del n. 37 di Prospettive assisten­ziali elencavamo una serie impressionante di no­tizie riportate dai giornali da cui si ricavava la situazione drammatica di molti bambini torturati o maltrattati.

Fra le notizie riportate vi era anche quella rela­tiva all'Ospedale psichiatrico privato «Casa della divina provvidenza» di Bisceglie così descritta: «Accoglie 3800 persone e dà lavoro a 2000 per­sone (tutte assunte con sistemi clientelari) e ri­ceve ogni anno dall'Amministrazione provinciale di Bari per le sole rette ben 20 miliardi. Era un vero e proprio "lager" l'istituto ortofrenico di Bisceglie dove ieri è stata effettuata una ispe­zione per ordine del Tribunale per i minorenni di Bari (...). Si sono appresi particolari agghiaccian­ti che non trovano riscontro in nessuno dei più turpi casi del genere, venuti alla luce negli ulti­mi venti anni». L'istituto «ospita malati soffe­renti di insufficienza mentale: duecento hanno meno di 18 anni, il più piccolo ne ha cinque; al­cuni sono ricoverati da pochi mesi; altri da anni; un ragazzo di dodici anni è lì da quando ne aveva uno e mezzo». «L'ispezione ha permesso di ac­certare che tre bambini erano bloccati con me­dioevali attrezzi di contenzione; altri tre erano "ancorati" coi piedi ad altrettanti tavoli, con cin­te consunte: ai letti, maniglie con fasce penden­ti; negli armadi, viti, manicotti ed altri rudimen­tali aggeggi usati per "tenere a freno" i malati» (Gazzetta del Popolo del 9-1-1977, l'Unità del 10­1-1977 e COM-Nuovi Tempi del 23-1-1977).

Riportiamo ora integralmente il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bari disposto a tutela della minore G.M., provvedimento analogo ad altri presi nei riguardi di altri ricoverati.

L'intervento del Tribunale per i minorenni di Bari nei confronti dell'istituto di Bisceglie si ègradatamente trasformata da un'indagine gene­rale su tutta l'istituzione ad un esame delle situa­zioni dei minori ricoverati.

In tal modo sono stati praticamente evitati nuovi ricoveri, mentre il numero delle dimissioni è di una certa consistenza: al momento dell'inter­vento del Tribunale nel gennaio 1977 vi erano 217 minori, all'inizio del 1978 ne erano rimasti 164.

Il problema è peraltro tuttora grave per il fatto che di questi 164 solo una settantina sono stati ricoverati dall'Amministrazione provinciale di Bari, mentre tutti gli altri (cioè quasi il 60% dei minori ospitati) provengono da varie altre parti dell'Italia meridionale: ciò, oltre a sottolineare l'esistenza di un massiccio fenomeno di deporta­zione psichiatrica, pone in evidenza anche lo scarso interesse di molte Province meridionali per le condizioni di vita dei loro assistiti, che so­no tuttora a Bisceglie, ad oltre un anno dall'ispe­zione del Tribunale per i minorenni di Bari.

È evidente che i Tribunali per i minorenni do­vrebbero intervenire solo nelle situazioni in cui è necessario tutelare il minore (come nel caso in esame).

D'altra parte è anche evidente che i Tribunali per i minorenni non dovrebbero svolgere nessuna funzione spettante alle Regioni ed agli Enti lo­cali, come ad esempio definire i criteri di ammis­sione negli istituti (o meglio precisare e avviare gli interventi alternativi al ricovero).

Di fronte però al fatto che Amministrazioni re­gionali, comunali e provinciali (come troppo spes­so avviene specialmente nel Meridione) conti­nuino a ledere i diritti dei minori mediante la lo­ro segregazione in istituti, fanno bene i Tribunali per i minorenni ad estendere il loro campo di intervento.

 

 

PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI

 

Il Tribunale per i minorenni di Bari, riunito in Camera di consiglio nelle persone di Vincenzo Lorusso, Presidente; Francesco P. Occhiogrosso, Giudice; Maria Diele, Giudice onorario; Giusep­pe Petruzzellis, Giudice onorario.

Letti gli atti relativi alla minore G.M., nata a C.M. il 9-11-1963, ricoverata nell'Istituto Ortofre­nico di Bisceglie sin dalla data del 20-5-75.

Visto il ricorso con cui il P.M. ha chiesto, a norma dell'art. 50 R.D. 16 agosto 1909 n. 615, che venga disposto l'immediato licenziamento della minore, non affetta da deficienza mentale tale da renderne necessario il ricovero.

Rilevato che, per quanto attiene all'apertura del procedimento di cui al citato art. 50 in fa­vore della minore stessa, la richiesta del P.M. va accolta per le seguenti ragioni:

1) I principi costituzionali in base ai quali la libertà personale è inviolabile (art. 13); tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione... di condizioni per­sonali e sociali (art. 3); ogni cittadino ha diritto alla tutela della integrità personale e della sa­lute ed a sviluppare la propria personalità, prin­cipalmente nell'ambito della famiglia, come so­cietà naturale, o di analoghe formazioni sociali in grado di assicurargli il mantenimento, la edu­cazione e l'istruzione necessaria (art: 3, 2° com­ma, 29, 30, 31. 32), devono trovare una puntuale applicazione nel caso in esame;

2) Pertanto, l'art. 6 R.D. 16 agosto 1909 nu­mero 615 - il quale prevede il ricovero di men­tecatti cronici tranquilli, epilettici, epilettici in­nocui, ecc., in istituti o in separati reparti di ma­nicomio destinati a questo scopo - va messo in correlazione con l'art. 13, 2° comma, Cost., che non consente alcuna restrizione della libertà per­sonale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. L'art. 6 citato prevede esplicitamente il caso che i ricoverati in detti istituti o reparti ces­sino di essere tranquilli e stabilisce che per co­storo siano predisposti «personale e locali ido­nei alla temporanea custodia»: vi è, in sostanza, la precisa previsione di una possibile limitazio­ne della libertà personale dei ricoverati da parte dei responsabili sanitari dell'istituto. Ciò rende indispensabile, a norma dell'art. 13 della Costi­tuzione, l'intervento dell'Autorità giudiziaria nei modi previsti dalla legge;

3) Questa interpretazione trova conferma nel disposto degli artt. 1, 1° comma, L. 14-2-1904, n. 36; 1, 1° comma, R.D. 16 agosto 1909 n. 615; 36 e segg. dello stesso R.D. In base alle prime due norme citate sono da considerare manicomi tutti gli istituti pubblici o privati, comunque de­nominati - case, ville di cura, asili e simili - che ricoverino alienati di qualunque genere. La terza norma e quelle successive contenute nel capo III del R.D. n. 615 del 1909 stabiliscono per l'ammissione in tutti i luoghi di cura e ricovero senza eccezione alcuna un'unica disciplina ugua­le per tutti i casi. Se ne deve dedurre che l'am­missione in luoghi di cura e ricovero di mente­catti, epilettivi innocui, idioti ecc. non può avve­nire, se non con tale disciplina. È necessario, solo, precisare che - non essendo questi ma­lati pericolosi per sé e per gli altri, secondo la lettera dell'art. 6 - il certificato medico pre­scritto dal successivo art. 39, non può attestare che fatti da cui si deduca la manifesta tendenza dell'individuo a riuscire di pubblico scandalo (tranne che non si verifichi l'ipotesi di persona considerata inizialmente pericolosa e poi non ri­tenuta tale, a conclusione dell'osservazione) ;

4) Ad identiche conclusioni porta anche la let­tura degli artt. 49 e 50 R.D. n. 615 del 1909. Tali norme prevedono una fase di osservazione indi­stinta per tutti gli alienati e, a conclusione di essa, un provvedimento in Camera di consiglio del competente Tribunale sia per il licenziamen­to dei ricoverati non alienati o affetti da defi­cienza mentale lieve, sia per il ricovero defini­tivo in manicomio, sia per il ricovero negli isti­tuti e reparti separati previsti dall'art. 6, sia per l'affidamento di cui all'art. 61;

5) Accogliendo una diversa interpretazione, si giungerebbe all'assurdo che finirebbero per tro­varsi nello stesso istituto o reparto separato alie­nati ricoverati secondo la disciplina normativa e, quindi, con provvedimento giudiziale e alienati ricoverati in via amministrativa, senza alcun prov­vedimento giudiziale: e ciò, in palese violazione del disposto dell'art. 3 della Costituzione, per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge;

6) Va poi sottolineato che non può qui tro­vare alcuna applicazione l'art. 4 della L. 18 mar­zo 1968 n. 431. Tale norma, infatti, non è appli­cabile alle persone che, anche a causa della loro minore età, non possono aver il pieno esercizio dei loro diritti e, in particolare, del diritto di limi­tare la propria libertà, che, essendo personalis­simo, non è delegabile né esercitabile per rap­presentanza. Questo principio è tanto pacifico che l'art. 4 non ha ritenuto neppure di ribadirlo, ma esso risulta senza equivoci, quando tale nor­ma venga posta in collegamento con l'art. 53 del R.D. n. 615 del 1909, che fa riferimento esplicito ed esclusivo ai maggiorenni. In ogni caso, non c'è dubbio - come conferma il confronto tra le due norme citate - che l'ammissione volontaria (e sottratta al controllo giudiziario) dell'infermo di mente è consentita solo a persone affette da disturbi psichici, che, essendo coscienti del pro­prio stato di alienazione parziale, siano in grado di chiedere liberamente di essere ricoverate per il tempo strettamente necessario agli accerta­menti diagnostici ed alle cure occorrenti;

7) Deve essere rilevato, infine, che le consi­derazioni esposte sono l'applicazione in materia psichiatrica - oltre che dei principi costituzio­nali citati - anche del principio normativo ge­nerale del nostro ordinamento, per il quale ogni forma di istituzionalizzazione a tempo pieno ed indeterminato di un cittadino e, a maggior ra­gione, di un minore (che per la sua stessa con­dizione personale può più facilmente subire vio­lenze altrui anche occulte), costituendo obiet­tivamente un'apprezzabile limitazione di libertà, è consentita solo se finalizzata ad uno scopo di protezione (sanitario, educativo, rieducativo) e sempre a condizione che sia previamente auto­rizzata dall'Autorità giudiziaria (art. 155, 6° com­ma; 333 e 371 n. 1 Cod. Civ.; 25 e 26 R.D. 20-7-1934 n. 1404; art. 6 e segg. L. 1-12-1970 n. 898; artt. 177 e segg. R.D. del 18-6-1931 n. 773; art. 100 L. 22-12-1975 n. 685; artt. 1, 2° comma e 2, 2° com­ma, L. 14-2-1904 n. 36; artt. 37, 43, 44, 50 R.D. 16-8-1909 n. 615) ;

Considerato che, per quanto riguarda il c.d. Istituto Ortofrenico di Bisceglie (la cui precisa denominazione, a norma dell'art. 3 del regola­mento interno è «Casa della Divina Provvidenza -Ospedale- Ricovero per alienati cronici e defi­cienti») non c'è dubbio che esso sia un istituto privato di quelli previsti dall'art. 6 R.D. n. 615 del 1909, tant'è che l'art. 2 del regolamento in­terno fa esplicito riferimento a tale norma;

Considerato che più precisamente, nella spe­cie si versa nella previsione di cui all'art. 6, 4° comma, del R.D. citato, poiché per insufficien­za dell'istituto vero e proprio sono stati allestiti anche separati reparti di manicomio destinati ad ospitare mentecatti, idioti ecc.;

Ritenuto necessario, peraltro, sottolineare che i ricoverati a norma dell'art. 6 citato, non posso­no essere collocati, se non nel cd. Istituto Orto­frenico (e cioè nel complesso costituito dall'o­riginario ospedale-ricovero e dai reparti separati successivamente adibiti allo stesso scopo) ;

Ritenuto inoltre che il regolamento interno dell'Istituto Ortofrenico di Bisceglie va disatteso in vari articoli, perché in contrasto con disposi­zioni di legge: precisamente nell'art. 2, il quale prevede illegalmente la possibilità di ricovero in tale istituto anche di paralitici distrofici ed anormali sensoriali, i quali sono invece tutelati da una specifica disciplina normativa, che preve­de interventi di tipo diverso; nell'art. 12, che opera una distinzione tra deficienti ed alienati, stabilendo la necessità di un provvedimento giu­diziale solo per i secondi, in contrasto con il di­sposto dell'art. 50 R.D. n. 615 del 1909, che espressamente prevede tale necessità anche nei casi di deficienza mentale e, come si è rilevato, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge; e nell'art. 20, in cui si prevede la permanenza nell'Istituto Ortofrenico di « anormali psichici di lieve grado », che, invece, per il citato art. 50 R.D. n. 615 del 1909 devono essere immediata­mente licenziati;

Considerato che nella specie si prospetta ap­punto quest'ultimo caso, in quanto già dalla sche­da inviata dall'Istituto Ortofrenico di Bisceglie risulta che la minore è affetta da «insufficienza mentale lieve da pregressa cerebropatia», onde già solo in base a tale diagnosi la minore va im­mediatamente licenziata dall'Istituto Ortofrenico di Bisceglie;

Rilevato che dalla consulenza tecnica disposta da questo Tribunale è risultata confermata l'ur­genza di disporre il licenziamento della minore. Dice, infatti, testualmente la relazione di consu­lenza: «l'esame della cartella clinica riporta po­che notizie anamnestiche personali e familiari anche per la scarsa collaborazione della madre che non ricorda che pochi dati riguardo alla fi­glia. Non appaiono notizie riferentisi alla situa­zione socio-ambientale né al nucleo familiare; non si ricava alcuna notizia del padre, per cui difficile, se non impossibile, è avere un quadro obiettivo (anche se solo riferito dal genitore e non confermato da approfondite indagini sociali) dei rapporti interfamiliari e dell'ambiente di origine. G.M. al colloquio appare con notevole stato di ansia, si adatta in modo formale e cerca di attuare ogni forma di collaborazione. Tutto il suo atteggiamento appare improntato a stato di pau­ra e di ansia che traduce più volte con la richie­sta “posso tornare a casa”, “qui non sto be­ne”. L'applicazione è sufficientemente positiva, la capacità critica adeguata, solo troppo a lungo non ben condizionata né stimolata, la memoria, specie se immediata, valida.

«Il vissuto della minore è di notevole reazio­ne aggressiva, soffocata dalle istanze ambien­tali che sostanzialmente non accetta. Il suo in­tenso desiderio è il rientro in famiglia che palesa più volte con richieste verbali espresse con an­sia e disagio notevoli. Il pensiero è valido, la cri­tica positiva; sia l'analisi della cartella clinica che il suo atteggiamento suscitano parecchie per­plessità circa l'avvenuto ricovero che viene giu­stificato (cartella clinica) con la motivazione “allontanarla dalla strada”. A lungo è stata eser­citata una notevole azione passivizzante, anche se fosse solo in forma indiretta, dell'ambiente negativo in cui è stata costretta a vivere.

«Non si riesce a comprendere il motivo delle continue ripetizioni scolastiche che hanno finito con il creare nella G.M. il timore di “non capi­re” col conseguente rifiuto della scuola. Si ha l'impressione che il suo affidamento fatto con desiderio apparente di protezione da parte della famiglia, sia in effetti un'azione di deresponsabi­lizzazione nei confronti del rapporto educativo e scolastico. Il suo vissuto è fortemente frustran­te e la stima di sé è attualmente piuttosto nega­tiva, in quanto l'ambiente in cui è inserita non le permette una giusta valorizzazione della sua per­sonalità né le dà punti di riferimento positivi. Si ritiene, quindi, indispensabile, per la “crescita” della minore nel senso più ampio del termine, un ambiente capace di offrire validi modelli di rife­rimento e che possa rispondere ai suoi reali bi­sogni.

«Inoltre, va sottolineato che nessun tentativo è stato fatto per il reinserimento della minore nel suo ambiente familiare. Infine, le note scola­stiche in genere negative si devono valutare solo sotto l'aspetto didattico tradizionale, perché le stesse non tengono conto del profondo rifiuto di G.M. verso l'ambiente istituzionale a cui in real­tà è adattata solo in modo superficiale e for­male».

Rilevato inoltre che tali valutazioni sono con­fortate anche dalle impressioni che vennero tratte dall'esame della minore effettuato in data 28-1-1977, impressioni che conducono a conclu­sioni analoghe a quelle della consulenza tecnica;

Ritenuto, pertanto, che anche nel merito va ac­colto il ricorso del P.M. e va ordinato l'imme­diato licenziamento della minore G.M. dall'Isti­tuto Ortofrenico di Bisceglie;

Considerato che dai colloqui avuti con i fami­liari della minore è emersa la difficoltà del rien­tro in famiglia di G.M., per le condizioni fami­liari (il padre sembra essere alcoolizzato, la ma­dre manifesta al colloquio notevoli limiti di ca­pacità) e per l'inaccettazione (i familiari chie­dono il trasferimento di G.M. in un istituto assi­stenziale di A., donde potrebbe rientrare a casa la domenica) ;

Ritenuto necessario disporre che il Centro di igiene mentale di Bari prenda immediato contatto con la minore e la famiglia, attuando il rientro in famiglia della minore nel modo più rapido ed adeguato - compatibilmente con le esigenze della minore stessa - o, comunque, nel caso in cui il rientro in famiglia non risulti possibile, re­perendo altra valida soluzione alternativa all'at­tuale ricovero in istituto ortofrenico;

 

P. Q. M.

 

Il Tribunale

Letti gli artt. 50 R.D. 16 agosto 1909; n. 615; 32 R.D. 20 luglio 1934 n. 1404; 333-336-314 Cod. Civ.; 38 Disp. Att. C.C.; 737 e segg. C.P.C.; così provvede:

1) Ordina l'immediato licenziamento della mi­nore G.M. dall'Istituto Ortofrenico di Bisceglie, accogliendo i) ricorso del P.M.;

2) Invita il Centro di igiene mentale di Bari - tenendo presente le difficoltà esposte dalla famiglia per il rientro della minore in famiglia - a prendere immediato contatto con la minore e la sua famiglia, attuando nel modo più rapido ed adeguato l'allontanamento della medesima dall'istituto Ortofrenico di Bisceglie e ponendo in essere - nel caso in cui il rientro in famiglia risulti effettivamente non attuabile - ogni altra valida soluzione praticabile in alternativa all'at­tuale ricovero nell'Istituto Ortofrenico di Bisce­glie;

3) Dispone che il presente decreto venga tra­smesso per estratto in fonogramma ai genitori della minore, tramite i Carabinieri di C.M., ne consegnerà copia ai medesimi, al Direttore del Centro di igiene mentale di Bari con invito ad ottemperare a quanto sopra richiesto, alla Di­rettrice dell'Istituto Ortofrenico di Bisceglie, all'Assessore alla Solidarietà Sociale della Provin­cia di Bari;

4) Manda la Cancelleria per la notificazione del presente decreto in copia integrale oltre che alle persone indicate sub 3) anche al Giudice Tutelare di A. a norma dell'art. 337 C.C.;

5) Attribuisce al presente decreto efficacia im­mediata.

 

Bari, 7-7-1977.

 

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