Prospettive assistenziali, n. 43, luglio-settembre 1978

 

 

Specchio nero

 

 

«Ma anche camminando per istrada, chi è stolto a causa del suo scarso cervello, giudica stolti tutti gli altri»

(da l'Ecclesiaste, cap. X)

 

 

APARTHEID

 

La recente legge sulla nuova organizzazione psichiatrica, in vigore dal 13 maggio 1978, do­vrebbe segnare la fine della segregazione ma­nicomiale, quindi l'inizio di un nuovo giudizio e di un nuovo rapporto con la sofferenza psichica. Frettolosamente approvata dal Parlamento per evitare il referendum senza che si sia svilup­pato un necessario processo di partecipazione e una effettiva maturazione culturale, si trova ora ad agire nel territorio in una realtà che la respinge, che tenta di riproporre il ghetto dell'emarginazione, della segregazione.

È successo a Torino: il condominio di C.so Arimondi 7, costruito dalla Provincia per i propri dipendenti, ha citato in Tribunale la Giunta pro­vinciale, che aveva assegnato un appartamento, ridivenuto di proprietà della Provincia per suc­cessione testamentaria ad uso abitazione, per una piccola «casa-famiglia». Questi nuclei fa­migliari, scelti tra componenti di età e di sesso diverso, controllati da una équipe psichiatrica operante nella zona, si propongono di dare una abitazione a quelle persone che, dimesse dall'ospedale psichiatrico perché guarite, non han­no la possibilità di rientrare nella propria fami­glia od hanno bisogno di una assistenza sotto il profilo economico-sociale.

I motivi di contrarietà di questi condomini, che si sono appellati per impedire «immissioni moleste e dannose nella proprietà degli altri condomini, intendendosi per immissioni anche ogni turbativa al decoro, alla tranquillità, alla si­curezza degli occupanti le altre parti dell'edifi­cio comune», provano, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, la linea di separazione impo­sta da vecchi miti di garanzia «morale» che hanno relegato i malati di mente accanto ai po­veri, a coloro che danno scandalo, ai non gra­diti, a tutti coloro che sono sospettati di appar­tenere al male.

Questi antichi pregiudizi trovano forma nella paura degli abitanti della casa di Corso Arimon­di sino a farli temere, in una città che ha trovato ben altre forme di violenza, «la pericolosità» potenziale di un nucleo di persone dimesse dall'ospedale psichiatrico e quindi guarite.

Non sappiamo cosa deciderà il Tribunale di Torino sulla richiesta di tutela da parte dei con­domini di C.so Arimondi e sull'illegittimità dell'assegnazione in quanto «suscettibile di arre­care ai condomini inconvenienti ed incomodi gravi, pregiudizi sia di carattere morale consi­stenti nella turbativa della serenità, tranquillità, sia di carattere materiale consistenti nel note­volissimo deprezzamento del valore venale».

Restiamo tuttavia turbati da questa insensibi­lità sociale perché sappiamo che da questa a quell'oscura finalità, che permette ad un gruppo di escludere gli elementi che gli sono eteroge­nei o gli paiono nocivi, il passo può esser breve.

 

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