Prospettive assistenziali, n. 44, ottobre-dicembre
1978
HANDICAPPATI
E TRASPORTI PUBBLICI (1)
Dall'art.
27 della legge 118 del 30 marzo 1971: «... i servizi di trasporto pubblico, ed
in particolare i tram e le metropolitane, dovranno essere accessibili agli invalidi
non deambulanti».
ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO
L'attuale sistema dei trasporti è
uno degli elementi che concorrono alla concentrazione di tutte quelle risorse
che si prestano ad essere utilizzate ai fini di una più immediata produzione
di profitti.
I vari piani dei trasporti sono volti più ad una razionalizzazione
degli spostamenti, funzionali alla produzione ed al commercio, che a favorire
la mobilità individuale. Mobilità peraltro richiesta proprio
in un'epoca in cui le distanze non costituiscono più un freno all'utilizzo di
servizi e risorse, le più varie e disparate, nella città (sempre più dilatata),
tra le città, tra le regioni, ecc.
Appunto perciò servizi di trasporto
non adeguati, in definitiva significano ancora emarginazione, segregazione, e
perpetuarsi di situazioni di disuguaglianza che colpiscono proprio coloro che già partono da condizioni svantaggiate (lavoratori
pendolari, persone anziane, handicappati, ecc.) e che sono costretti, comunque
a subire la necessità di utilizzare
tali servizi.
Se infatti
non viene negata apertamente la possibilità per tutti di usufruire di tutti i
servizi e di tutti gli «spazi» di informazione, cultura, svago, partecipazione,
ecc., questo è reso di fatto impossibile da fattori apparentemente esterni e
soggettivi (costi, distanze, orari) che pongono falsamente il problema dell'inaccessibilità in una sfera privata e del tutto
apolitica.
La «selezione» è dunque
costantemente presente in tutte le sue forme anche quando è così mistificata
da apparire indolore. Essa può passare anche attraverso un sistema dei
trasporti che, negando per alcuni un effettivo collegamento tra i diversi spazi
della città può essere considerato esso stesso una effettiva
«barriera architettonica».
Occorre allora individuare e
denunciare quali sono di volta in volta i piccoli
meccanismi e le «sviste» che rendono effettiva la selezione. È necessario
rompere questa catena che ci fa accettare come inevitabile e «naturale» tutto
ciò che è contro l'uomo, contro di noi, a vantaggio del profitto.
ACCESSIBILITÀ FISICA
I problemi di accessibilità
fisica riguardano la possibilità concreta di «usare» i mezzi di trasporto.
Le persone con invalidità fisica
transitoria o permanente, le persone anziane, ogni persona comunque
limitata nella libertà a pienezza dei movimenti, può trovarsi nella necessità
di spostarsi con mezzi pubblici o privati, per andare al lavoro, per fare
compere, ma anche per andare in biblioteca, a scuola, a fare fisioterapia, al
cinema, dal medico, al parco, al museo, alla mensa, a casa di qualcuno, ecc. o
anche solo per andare in giro!
È evidente dunque che, se i trasporti
pubblici non possono essere usati da chi ha maggiore difficoltà a superare da
solo (ossia a piedi o con mezzi privati) distanze anche relativamente piccole,
di fatto ciò nega a queste stesse persone la
possibilità di vivere nelle città, usando liberamente di tutti gli spazi e di
tutte le occasioni che essa offre e di uscire perciò da un isolamento che resta
fondamentalmente uguale a quello dell'istituto (= quartiere-ghetto).
TRASPORTI URBANI
Premettendo dunque che i trasporti
pubblici sono un servizio necessario e dovuto, e che
dunque devono essere tutti (e non solo qualche linea) accessibili, individuiamo
qui di seguito una serie di situazioni esemplari ed alcune proposte.
- Capita spesso agli anziani ed a
chi è più lento nel camminare di vedersi «sfrecciare»
sotto il naso il tram (o l'autobus) le cui porte si chiudono inesorabilmente mentre l'aspirante passeggero
vi si avvicina. L'attesa del mezzo successivo è lunga...
- Ma tale
attesa potrebbe essere resa meno penosa se le fermate fossero al riparo, e se
magari ci fosse modo di sedersi (almeno qualche sedile). Che dire poi delle
fermate che scaricano i passeggeri direttamente nella strada, in pieno traffico
(in via Monginevro, per esempio)?
- Ancora sulle fermate: raggiungerle
non è sempre agevole (o possibile!) per chi ha bastoni, passeggini (chi è in
sedia a ruote non ci prova neppure!). Esempi:
• Corso Francia:
banchina scarsissima, fangosa con gradino elevato ed accidentato e attraversamento
dei binari.
• Via Cernaia, via Po, via Pietro Micca:
gradone, da scendere, del marciapiede, gradone della banchina da risalire... (e
davanti a Porta Susa?).
• Ecc. ecc.
- Tram e autobus devono essere
progettati (e modificati) in modo che tutti
possano salirvi senza difficoltà e senza dover ricorrere all'aiuto degli altri.
All'estero vi sono già esempi concreti e realizzati in tal senso (vedi progetto
londinese di autobus con elevatore per carrozzine).
È evidente che se si prevede la
salita di carrozzine, anche le porte devono essere abbastanza larghe, e deve
esser previsto uno spazio adeguato per esse
all'interno della vettura.
- I sedili sono, a volte, troppo
alti perché anziani o persone con difficoltà motorie possano sedervisi. I sostegni sono scarsi, mal disposti, spesso
troppo alti anche solo per persone di bassa statura (e sono scomodi, quando non
pericolosi).
- Sino a che i mezzi pubblici non
saranno veramente tali per tutti (ma anche dopo, per chi abbia comunque difficoltà a servirsene), si deve predisporre un
adeguato servizio di taxi, al prezzo del mezzo di trasporto pubblico.
- Quando il
sottopassaggio è l'unico modo offerto come attraversamento di carreggiata a
binari (davanti a Porta Nuova, per esempio) la discriminazione tra chi può
scendere (e salire) le scale e chi no, è immediata e definitiva. Eppure basterebbero degli
ascensori...
IL BIGLIETTO
Potersi servire di tram e di autobus è chiaramente indispensabile, soprattutto per
chi è handicappato, per gli anziani, per i lavoratori pendolari: perciò tale
servizio deve essere garantito, e non
già «venduto» come merce. In poche parole, il biglietto, in tutti questi casi,
non ha ragion d'essere (beninteso, tenendo conto di precise fasce di
reddito).
IL PERCORSO
I percorsi seguiti
dai mezzi pubblici dovrebbero essere tali da creare una rete che raggiunga
veramente tutti i punti della città, consentendo a chiunque di raggiungere
facilmente e nel minor tempo possibile qualunque posto, favorendo gli
spostamenti dei lavoratori, ma non emarginando chi non serve ad un processo
produttivo basato sull'efficienza fisica.
TRASPORTI EXTRAURBANI
Come per gli spostamenti nella
città, così deve essere garantita a tutti la possibilità
autonoma di raggiungere qualsiasi altra località posta lontano dalla
città stessa (per motivi di lavoro, culturali, ricreativi, o altro).
Ciò significa, ancora una volta, che
tutti i mezzi di comunicazione
(urbani: tram, autobus, metropolitane; extraurbani: tramvie, autolinee, treni
per pendolari, funivie; regionali e nazionali: treni, aerei, navi; le loro
attrezzature: stazioni, porti, aeroporti) devono essere adatti alle esigenze di
tutti, ed in particolare di coloro che hanno maggiori
limitazioni fisiche di qualsiasi natura.
Occorre rompere i criteri di impostazione con cui si affrontano in Italia i problemi
riguardanti i trasporti, risolti spesso solo nell'ambito dei compartimenti
stagni delle rispettive competenze (quando si vuole risolverli...).
La possibilità di fare uso di mezzi
di comunicazione è infatti un problema che non può
risolversi a «settori», per non creare tante «isole felici» assolutamente
separate e non comunicanti fra loro.
Ci soffermeremo, in particolare, sui
trasporti ferroviari, citando i contenuti della relazione: «Gli
handicappati nell'industria ferroviaria» presentata dagli architetti P. Cosulich e A. Ornati al 15° Congresso dell'Union International de Chemin
de Fer tenutosi a Roma il 20-25 settembre 1976: «Gli ostacoli che un individuo handicappato
può incontrare nelle strutture ferroviarie sono molteplici: parcheggi inadatti,
biglietterie scomode, servizi maldisposti, dislivelli da superare, sale di attesa mal riscaldate; ma l'ostacolo maggiore è
l'accesso alle vetture ferroviarie: il piano delle banchine, o marciapiedi è ad
una altezza paurosamente inferiore a quella interna delle vetture e il suo
superamento è realizzato con una serie di gradini più adatti ad un equilibrista
che non a un normale viaggiatore, anche in buona salute. Anche lo spazio
all'interno delle carrozze non è certamente sufficiente sia nei compartimenti,
sia nei corridoi e nei servizi igienici; la sua percorribilità in caso di affollamento risulta poi estremamente difficile».
TRASPORTI PRIVATI
Il problema dei trasporti, per
quanto finora detto, non potrebbe esser risolto solo con agevolazioni
rispetto al trasporto privato, né a livelli parziali (qualche linea o linee
speciali), o volontaristici, perché è un problema che tocca tutti e che
comunque non deve essere considerato in una ottica assistenziale, ma come un
servizio pubblico necessario e dovuto.
Tuttavia, fin quando non esisteranno
adeguati trasporti pubblici (ed anche dopo, considerato che continueranno ad
esistere coloro che comunque non potranno farne uso),
si dovrà tener conto anche delle esigenze di persone con invalidità che fanno
uso del mezzo di trasporto personale adattato ai suoi bisogni.
In particolare, segnaliamo i
seguenti problemi:
1) necessità di posteggi adatti e
raggiungibili facilmente (vedi, per i particolari tecnici, la circolare
ministeriale n. 4809 del 19 giugno 1968 del Ministero dei
lavori pubblici, art. 2.1.1. e 2.1.2);
2) possibilità di raggiungere in
macchina qualsiasi zona della città, anche nelle isole pedonali (esempio:
mediante il rilascio di un permesso speciale di transito, come hanno ottenuto
gli handicappati, a Roma); occorre, a questo proposito, estendere la validità
degli attuali «permessi di transito e sosta» concessi
alle persone con invalidità alle zone attualmente riservate al transito del
mezzo di trasporto pubblico; occorre infine facilitare la concessione di tale
permesso, favorendo l'espletamento delle relative pratiche burocratiche (da
notare, a questo proposito, che per ottenere la concessione di tale permesso,
attualmente, occorre recarsi presso uffici, quali l'ufficio d'igiene e la
ripartizione di polizia, che sono assolutamente inaccessibili per chi si muove
in carrozzella);
3) rivedere le modalità di rilascio
della patente di guida «F» che spesso viene negata a
persone con invalidità che in altri paesi potrebbero guidare la macchina
munita, se necessario, di adeguati comandi speciali.
Da notare, sempre a proposito della accessibilità degli uffici preposti alla visita
medica per tale tipo di patente ed alle pratiche burocratiche necessarie per la
sua concessione che, per l'appunto, sono assolutamente irraggiungibili per chi
si muove in carrozzella.
In altri casi sarà invece necessario
un aiuto finanziario per l'acquisto e l'allestimento speciale dell'adatto
mezzo di locomozione;
4) esaminare la possibilità di
concedere, secondo precise modalità che tengano conto di fasce di reddito,
«buoni» per l'acquisto di determinate
quantità di carburante, a prezzo ridotto, riservati a quanti sono costretti,
per il loro tipo di invalidità, a fare uso di un mezzo
privato e speciale di trasporto;
5) studiare la possibilità di
concedere, secondo modalità che tengano conto di precise fasce di reddito, dei
«buoni di percorso», al prezzo del mezzo di trasporto pubblico, da utilizzarsi
sui taxi che, a tal fine, intendano convenzionarsi con il Comune (un
esperimento di questo tipo è stato iniziato a Genova);
6) rendere
facilmente raggiungibili ed utilizzabili luoghi di sosta, di ristoro e le
attrezzature per richiedere soccorso, lungo le strade ed autostrade.
CONCLUSIONE
Ci sembra significativo
sottolineare che dalle statistiche sulle ore e le linee più o meno frequentate
non emergono mai dati su quanti «restano a terra», perché non possono fisicamente
salire sulle vetture.
Il mancato o scarso riscontro di
tali persone (anziani, gestanti, persone con invalidità, persone con bambini piccoli...) dovrebbe denunciare con chiarezza
che il servizio non è veramente per tutti; mentre serve da alibi per
giustificare il fatto che «le modifiche non vengono realizzate perché non
vengono richieste da nessuno».
«Usare la città significa imporre la
nostra presenza: fare sì che l'ostacolo venga
superato attraverso un atteggiamento di richiesta che in un certo senso
dichiara potere».
(1) Documento
presentato all'Assessorato ai trasporti della Regione Piemonte e alla viabilità
del comune di Torino nell'incontro del 13-4-1978 dal Coordinamento autogestione
handicappati.
www.fondazionepromozionesociale.it