Prospettive assistenziali, n. 44, ottobre-dicembre
1978
Notiziario
dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie
PROPOSTA DI RIORGANIZZAZIONE DEL
SERVIZIO DI AFFIDAMENTO EDUCATIVO DI MINORI (1)
«Il
ricovero in istituto di minori, anziani e handicappati è, ancora oggi, uno strumento largamente praticato: infatti...», così comincia la delibera 1389 del
20 luglio 1976, approvata dal Consiglio comunale in data 14 settembre 1976, che
porta come titolo: «Affidamenti e inserimenti attuati
tramite volontari e comunità alloggio comunali. Deliberazione istitutiva».
Come dice la delibera stessa: «con il presente provvedimento si intendono incrementare i servizi alternativi, diretti
cioè a soddisfare le esigenze reali evitando ogni forma di segregazione e di
emarginazione, consentendo alle persone la permanenza nel proprio nucleo
familiare o nella propria abitazione o comunque nel proprio contesto sociale».
Occorre intervenire sul territorio cioè, sia per
quanto concerne la prevenzione, sia per ciò che riguarda l'intervento diretto
che consenta la non emarginazione delle persone che abbiano bisogno di tale
servizio.
L'A.N.F.A.A.
dopo molti anni di lavoro in questo campo e a seguito delle prime esperienze di affidamento attuate dalle «équipes
socio-sanitarie» di quartiere, dopo aver contattato i propri soci ed
analizzato i singoli bisogni, ritiene necessario intervenire presso
l'assessorato competente per richiamare alcuni punti della delibera in
oggetto e per proporre alcuni suggerimenti di intervento, da attuare da parte
dell'équipes, per quanto riguarda espressamente il
problema affidamento familiare.
Pur prendendo in considerazione
solamente questo tipo di intervento pensiamo sia
importante richiamare ancora la scala di priorità
degli interventi proposti dalla delibera stessa:
a) messa a disposizione dei servizi
primari, in modo da eliminare o ridurre le cause che provocano le richieste di assistenza...
b) assistenza domiciliare...
c) assistenza economica...
d) segnalazione ai sensi dell'art.
314/4 della legge 5-6-1967, n. 431 (adempimenti di servizio sociale per
l'adozione speciale e ordinaria dei minori che si trovino in stato di abbandono)...
e) affidamenti educativi di minori...
f) istituzione di comunità alloggio
per minori...
Riteniamo infatti
che, essendo l'affidamento e gli inserimenti uno dei compiti delle équipes socio-sanitarie del territorio, che sono quindi a
conoscenza delle reali esigenze di assistenza delle persone che richiedono un
intervento, debbano essere vagliate e ricercate tutte quelle soluzioni che
possano servire per affrontare i problemi portatori di bisogni, prima di
arrivare all'affidamento stesso.
Purtroppo le esperienze in proposito
ci confermano invece delle tendenze diverse e più disparate; in moltissimi
casi l'affidamento o l'«affibbiamento» diventano l'unica soluzione cercata e attuata dagli
operatori delle équipes.
A questo punto ci sembra opportuno
riprendere le «norme generali» che regolano l'affidamento familiare per poter
contribuire con questo nostro scritto ad un servizio migliore.
Sulle delibere leggiamo che:
«Le
équipes socio-sanitarie di zona assicurano:
-
la promozione degli affidamenti, degli inserimenti o
delle comunità alloggio;
-
l'individuazione dei destinatari dell'intervento, tenendo conto delle priorità
indicate;
-
la selezione-preparazione e l'assistenza tecnica e di appoggio
delle famiglie (...), privilegiando le modalità che portano all'autoselezione dei candidati ed all'auto-formazione del
gruppo;
-
l'autonomo inserimento dei soggetti tutte le volte che
è possibile;
- per i minori (...) i necessari opportuni interventi
nei confronti della famiglia d'origine, tenendo conto in particolare delle
possibilità di ritorno del minore nella
propria famiglia d'origine».
Leggiamo ancora:
«La
scelta delle famiglie, persone e dei gruppi parafamiliari di volontari viene effettuata dalle équipes
socio-sanitarie del territorio mediante incontri individuali, visite
domiciliari o mediante incontri di gruppo con altre famiglie, persone e
volontari che già effettuano affidamenti e/o inserimenti» e poi «Le famiglie, le persone singole ed i gruppi parafamiliari di volontari
a cui sono affidati i minori (...) partecipano sia come gruppo,
sia individualmente alle attività in materia svolte dalle équipes
socio-sanitarie del territorio».
Attraverso queste poche norme, si è
cercato di definire il lavoro che i singoli operatori o gruppi di operatori delle équipes
socio-sanitarie di territorio dovevano svolgere per quanto riguarda
l'affidamento.
Alla luce delle esperienze a nostra
conoscenza, ci pare che troppo sia stato lasciato alla libera
interpretazione degli operatori, i quali oberati forse da molti altri
lavori, hanno utilizzato il volontariato delle famiglie, dei singoli, come scarico
di parte delle loro responsabilità lasciando in molti «casi» la gestione del
caso esclusivamente a questi.
In quasi tutti i «casi» si sono
tralasciati totalmente i rapporti con le famiglie di origine
e si è lasciato gestire il rapporto famiglia di origine - famiglia affidataria esclusivamente da quest'ultima.
Poiché ribadiamo
che la caratteristica principale dell'affidamento familiare è il ritorno del
minore presso il suo nucleo familiare, riteniamo quanto mai pericoloso questo
sistema di lavoro in quanto pregiudica a volte in modo irreparabile il rientro
del minore, poiché non è quasi mai possibile alla famiglia affidataria
risolvere quei problemi che hanno portato all'allontanamento del minore dal
suo nucleo familiare.
I gruppi di discussione, di appoggio per le famiglie affidatarie hanno sempre avuto
delle grosse difficoltà di gestione e in molti casi non si è neppure cercato
di formarli; in situazione ancora più negativa quelli per la selezione e
formazione delle nuove famiglie.
Da questa piccola e certamente
incompleta analisi della situazione oggi esistente sul territorio del Comune
di Torino, possiamo solo cercare di riformulare meglio le nostre richieste
attraverso quelle che sono le necessità dei volontari,
perché il servizio possa continuare con risultati migliori degli attuali.
Per offrire quindi un servizio più
vicino alle reali esigenze degli utenti e dei volontari occorre forse partire
più a monte di quanto si era previsto. L'incontro seminariale attuato circa un anno e mezzo fa non ha portato
ad un grosso coinvolgimento degli operatori sui problemi, ma è stato, a nostro
avviso, vissuto da molti solamente come un ulteriore
carico di lavoro e di difficoltà.
- Pensiamo quindi che sia necessario
riaffrontare tale argomento attraverso momenti di aggiornamento
per gli operatori, dove vengano affrontate non tanto le teorie dei bisogni,
quanto invece i problemi reali che questi bisogni creano utilizzando quindi ad
esempio esempi concreti dai quali passare eventualmente all'analisi anche
teorica.
- Cercare nell'ambito
dell'amministrazione competente e delle singole équipes
strumenti più adeguati per il reperimento delle nuove famiglie e dei singoli, adottando tutti quei mezzi che si ritengono
opportuni, verificando di situazione in situazione quelli più validi ed
interessanti.
- Devono essere formati, con queste
nuove famiglie, come dice la delibera, dei gruppi di autoformazione e autoselezione
con incontri settimanali, quindicinali, mensili, questo a seconda dei momenti
e delle situazioni, condotti da un tecnico (psicologo) e da una assistente
sociale.
Riteniamo molto importante la
presenza anche dell'assistente sociale all'interno di questo gruppo, per evitare la settorializzazione
e la parcellizzazione del lavoro, poiché pensiamo che essendo il gruppo delle
assistenti sociali quello che dovrebbe in maggior modo evidenziare i problemi
sul territorio dovrebbe anche essere presente nella formazione delle nuove
famiglie, poiché dovrà poi lavorare con loro per quanto concerne lo sviluppo
dell'affidamento.
Questo gruppo, delle famiglie «nuove»,
dovrà avere dei momenti unificati con il gruppo delle famiglie affidatarie,
fino all'inserimento dello stesso gruppo.
- Per quanto riguarda le famiglie
affidatarie o con esperienze precedenti di affidamento,
riteniamo importantissimo che venga data loro la possibilità di incontrarsi
con una periodicità mensile (eventualmente variabile a seconda delle
esperienze) in un gruppo di discussione e non terapeutico, con la presenza di
un tecnico (psicologo) e di una assistente sociale.
In funzione delle nostre esperienze
chiediamo che il tecnico che gestisce questi gruppi non sia lo stesso tecnico che ha in cura psicoterapeutica minori che sono stati
affidati a famiglie del gruppo: questo per evitare delle grosse difficoltà di
gestione del gruppo da parte del tecnico che non potrebbe essere libero di
affrontare certi problemi emersi nelle sedute psicoterapeutiche. La necessità
della presenza dell'assistente sociale è a nostro avviso, per i motivi esposti
nel punto precedente, opportuna e evidente.
- Le famiglie affidatarie devono
avere la possibilità di essere ricevute ed assistite da parte dell'équipes, qualora ne ravvedano la
necessità, in termini prioritari rispetto agli altri assistiti; devono poter
contare sempre sull'équipe, per tutto ciò che
riguarda il rapporto con la famiglia di origine del minore e se è il caso,
anche per i rapporti scuola-famiglia.
- Deve essere ribadito
presso gli enti competenti, che il nucleo familiare che ha in carico un minore
in affidamento deve avere la priorità nelle graduatorie per l'inserimento del
minore o dei propri figli, presso gli asili nido, le scuole materne, le classi
di scuola elementare a tempo pieno.
- Rimane ancora un problema che
riteniamo debba essere ulteriormente chiarito, questo riguarda la necessità
che la famiglia affidataria ha di avere da parte
dell'équipes tutte le informazioni, le notizie del
minore che viene affidato. Dovrà conoscere quali sono
i problemi che hanno portato all'affidamento e perché; sapere quali sono le
modalità e i tempi previsti (riverificabili nel tempo)
per l'affidamento. Dovrà conoscere quali sono le strategie poste in atto da
parte dell'équipes per il ritorno del minore nel
proprio nucleo familiare.
- Vogliamo che venga
definito in modo molto chiaro da parte dell'amministrazione, attraverso i
propri canali, agli organi competenti e all'équipes
che il servizio deve essere esteso a tutti gli affidamenti esistenti sul
territorio anche se non attuati da parte dell'équipe
stessa.
- Si sottolinea
infine la necessità urgente di un incontro fra Assessorato, Tribunale per i minorenni
e ANFAA, promosso dall'Assessore alla sanità e ai servizi sociali, al fine di
valutare gli ambiti di intervento dell'affidamento e dell'adozione. A detto
incontro sarebbe auspicabile la presenza delle prof.sse
Di Cagno e De Leo, come era
stato concordato da oltre un anno in sede del disciolto gruppo di lavoro
sull'affidamento.
(1) Testo della
lettera inviata il 6 novembre 1978 dalla Sezione piemontese dell'ANFAA
all'Assessore alla sanità e ai servizi sociali del Comune di Torino.
www.fondazionepromozionesociale.it