Prospettive assistenziali, n. 44, ottobre-dicembre 1978

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

RICHIESTA AL SINDACATO DI PRECISARE LA SUA POSIZIONE IN MERITO ALLA RIFORMA SANITARIA (1)

 

Questo Coordinamento è intervenuto presso la Commissione Sanità del Senato, tramite una delegazione composta anche degli Assessori alla Sanità della Regione Piemonte e del Comune di Torino per richiedere che la gestione dei servizi sanitari sia affidata o alle U.S.L. (che il testo di riforma sanitaria prevede come un nuovo ente autonomo rispetto ai Comuni e con proprio per­sonale inquadrato in modo che può essere di­verso da quello degli enti locali) o, secondo l'emendamento da noi presentato alla Commis­sione Sanità, «alla gestione diretta da parte dei Comuni singoli o delle Comunità montane coin­cidenti con una Unità sanitaria locale o dei Co­muni associati. Nel caso del Comune compren­dente più Unità sanitarie locali la gestione può essere affidata al Comune e ai Consigli di circo­scrizione di cui alla legge 8-4-1976, n. 278, qua­lora le circoscrizioni coincidano con l'Unità lo­cale».

Nell'incontro avuto il 26 ottobre con la Com­missione Sanità, il Presidente Ossicini ci ha det­ta che i Sindacati sono favorevoli all'U.S.L. non gestita direttamente dai Comuni, dai loro Con­sorzi e dai Consigli di circoscrizione coincidenti con l'Unità locale. Siamo rimasti molto stupiti di quanto sopra e vi scriviamo anche per verificare se l'affermazione del Prof. Ossicini è vera.

Trent'anni sono stati necessari per arrivare allo scioglimento di alcune decine di enti na­zionali (ONMI, ENAOLI, ONPI, ecc.) e alla messa in liquidazione delle mutue e degli enti mutua­listici, anni che sono stati costellati da dibattiti, proposte di legge di iniziativa popolare, parla­mentare e governativa, impegni di governo più volte disattesi, scioperi nazionali e locali, lotte articolate dei movimenti di base.

Sulle proposte alternative al vecchio e supe­rato sistema centralizzato spesso clientelare, vi erano, accanto a divergenze, alcuni punti fermi. Fra questi era da tutti riconosciuta (forze politi­che, sindacali e sociali, studiosi, amministratori nazionali e locali) la necessità di una gestione assicurata direttamente dai Comuni e dalle Co­munità montane coincidenti con l'Unità locale, dai Consorzi fra i Comuni facenti parte di una U.L., dai Comuni e dai Consigli di quartiere per le città (com'è il caso di Torino) comprendenti più unità locali.

Su questa linea si era mosso anche il legisla­tore sia con la legge n. 278 dell'8 aprile 1976 (che prevede la creazione dei Consigli di quar­tiere nelle grosse città e l'attribuzione a detti Consigli di poteri per la gestione di vari servizi fra i quali quelli sanitari), sia con la legge 382 del 22 luglio 1975 e il D.P.R. 616 del 24 luglio 1977 (che completano il trasferimento delle fun­zioni alle Regioni).

In particolare il D.P.R. 616 prevedeva all'arti­colo 25 che gli ambiti territoriali delle unità locali dovevano «concernere contestualmente la ge­stione dei servizi sociali e sanitari».

Per la gestione diretta da parte dei Comuni (a seconda dei casi: singoli, consorziati o de­centrati) si erano mosse alcune Regioni (Lombardia fin dal 1972, poi Umbria, Toscana, Emilia­-Romagna, Veneto, Calabria, Lazio, Piemonte, Abruzzo) sia pur con alcune differenziazioni che però non intaccavano il principio della gestione comunale.

Inoltre, a parte la Lombardia, tutte le altre Re­gioni hanno legiferato nel senso di unificare la sanità e l'assistenza.

Nella stessa linea si è mossa l'Amministra­zione comunale di Torino entrata in funzione nel luglio 1975.

Anzi è andata ancora più avanti poiché ai Con­sigli di quartiere sono state affidate non solo le funzioni sanitarie e assistenziali, ma anche quel­le di altri servizi (attività parascolastiche e pre­scolastiche, ricreative, sportive e culturali ecc.).

I 736 Consiglieri nominati dal Consiglio comu­nale (a partire dal 1980 dovrebbero essere eletti direttamente dai cittadini) dovrebbero appunto gestire tutti i servizi decentrati nei 23 quartieri cittadini.

Che cosa succederà se verrà approvata la riforma sanitaria nel testo già varato dalla Camera e attualmente discusso dal Senato? Gli 80 Con­siglieri comunali ed i 736 Consiglieri di quartiere dovranno nominare altre persone (da 300 a 500), con l'incarico di far parte dei comitati di gestione delle unità sanitarie locali. Infatti i Comuni ed i Consigli di quartiere non avranno in pratica al­cuna competenza nella gestione della sanità.

Siamo dunque di fronte ad un assurdo: da un lato si sopprimono enti e d'altro lato se ne crea­no di nuovi: le Unità sanitarie locali. Chi ben comincia è a metà dell'opera. Fatti i nuovi enti nel campo della sanità, non ci sarà da stupirsi che vengano assunte iniziative simili in altri settori.

Che ne sarà delle attuali équipes comunali composte da operatori della sanità e dell'assi­stenza, la cui costituzione è andata avanti con grosse difficoltà?

Il personale sanitario sarà trasferito alle Unità sanitarie per cui le attuali équipes si sfasce­ranno.

Anzi, poiché è fondatamente ipotizzabile che il personale sanitario - per il fatto di compren­dere una categoria potente come i medici - sarà più pagato di quello comunale, vi sarà cer­tamente una forte spinta da parte di molti ope­ratori dell'assistenza per essere trasferiti alle unità sanitarie.

 

 

 

(1) Lettera inviata in data 10 novembre 1978 alle Segre­terie nazionali confederali CGIL, CISL e UIL dal Coordina­mento sanità e assistenza fra i movimenti di base, Via As­sietta 13, Torino. Aderiscono al C.S.A. le seguenti organiz­zazioni: ACLI, AIAS (Associazione italiana assistenza spa­stici), ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie), ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di fanciulli subnormali), Centro Maran Atà, CIPE (Centro in­formazioni politiche ed economiche), Comitato per l'inte­grazione scolastica degli handicappati, Coordinamento auto­gestione handicappati, Coordinamento dei comitati di quar­tiere, Gruppo Abele, Unione italiana ciechi, ULCES (Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale).

 

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