Prospettive assistenziali, n. 44, ottobre-dicembre
1978
DISCUTIBILE
PROPOSTA DI LEGGE DELLA REGIONE LOMBARDIA SUL RIORDINO DEI SERVIZI SANITARI E ASSISTENZIALI
Pubblichiamo
il testo della proposta di legge della Giunta della
Regione Lombardia n. 308 del 4 luglio 1978 «Ordinamento dei
servizi di zona» e le osservazioni delle ACLI regionali e provinciali.
TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Scopo
della legge).
La regione stabilisce con la
presente legge le linee fondamentali per l'organizzazione, la programmazione e
l'erogazione dei servizi sociali sul proprio territorio, in attuazione dei
principi di cui all'art. 3, 3° comma, 2ª linea dello statuto e delle norme di
trasferimento e di attribuzione di funzioni contenute
nel D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
I servizi di cui al precedente comma
comprendono quelli elencati al successivo art. 2 nonché
tutti gli altri che le leggi regionali organizzeranno
su base territoriale al fine di soddisfare con interventi organici ed integrati
le esigenze dei singoli e delle collettività presenti in ciascuna area. Tali
servizi sono indicati, nei successivi articoli della presente legge, come
servizi di zona.
Art. 2.
(Individuazione
dei servizi di zona).
Sono inclusi fra i servizi di zona e
organizzati unitariamente, con i criteri stabiliti dalla presente legge, dai comuni singoli o associati a norma del
successivo art. 12, tutti i servizi attribuiti ai comuni ai sensi degli artt. 25 e 32 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonché gli altri comunque svolti dai comuni nelle medesime
materie, e in particolare:
a) i servizi di medicina preventiva,
sociale e del lavoro e di educazione sanitaria,
previsti dalla legge regionale 5 dicembre 1972, n. 37;
b) i servizi di prevenzione, cura e
riabilitazione della patologia comportamentale e psichiatrica, ivi compresi i
servizi sanitari e sociali, previsti dalla legge 22 dicembre 1975, n. 685;
c) i servizi di assistenza
medico-chirurgica e di assistenza veterinaria dei comuni ed ogni altro servizio
comunale in materia sanitaria;
d) i servizi di vigilanza e controllo
sull'igiene dell'ambiente, del territorio, dei luoghi di lavoro, delle
strutture comunitarie, degli alimenti e delle bevande, dei pubblici esercizi, nonché sull'inquinamento dell'aria e dell'acqua;
e) i servizi di medicina scolastica e di assistenza psico-pedagogica;
f) i servizi di assistenza
alla famiglia ed alla maternità di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405 ed
alla legge regionale 6 settembre 1976, n. 44;
g) i servizi di assistenza
ai minori, ivi compresi quelli di cui alla legge 23 dicembre 1975, n. 698 ed
alla Legge regionale 3 settembre 1974, n. 56, nonché gli interventi a favore
dei minori di cui all'art. 23, lettera c),
del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;
h)
gli asili nido, di cui alla legge regionale 22 dicembre 1972, n. 39;
i) i servizi di assistenza
agli anziani e agli invalidi ivi compresi quelli di cui alla legge regionale 3
aprile 1974, n. 16;
l) i servizi di assistenza
in favore delle famiglie dei detenuti e delle vittime del delitto, nonché di
assistenza post-penitenziaria di cui all'art. 23 lettere a) e b) del D.P.R. 24
luglio 1977, n. 616;
m)
gli interventi di protezione sociale di cui all'art. 23 lettera d) del D.P.R.
24 luglio 1977, n. 616;
n) i servizi di assistenza
e segretariato sociale;
o) i servizi già svolti dagli enti
comunali di assistenza e dalle istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza le cui funzioni saranno trasferite ai comuni ai
sensi dell'art. 25, 5° comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;
p) ogni altro servizio in materia di assistenza, ivi compresi quelli di cui all'art. 3 della
legge regionale 10 marzo 1978, n. 28, recante «Norme di attuazione
degli articoli 23, 25 e 118 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616».
Art. 3.
(Strutture
pubbliche e private).
I servizi di zona sono erogati
mediante:
a) strutture organizzative
polifunzionali, di norma decentrate sul territorio zonale, direttamente
gestite dai comuni singoli o associati a norma del successivo art. 12;
b)
strutture gestite da altri enti pubblici e convenzionate a norma del successivo
art. 20;
c)
strutture gestite da enti ed organismi privati e convenzionate a norma del
successivo art. 21.
Il coordinamento delle strutture
nell'erogazione dei servizi per il soddisfacimento
dei bisogni di servizi nelle rispettive aree è assicurato dai programmi zonali,
comprensoriali e regionali.
Art. 4.
(Finalità
generali del sistema dei servizi socio-assistenziali e sanitari).
Per rendere effettivo, con
un'organica politica di sicurezza sociale, il diritto di tutti i cittadini alla
promozione, mantenimento e recupero dello stato di benessere fisico e psichico,
al pieno sviluppo della personalità nell'ambito dei rapporti
familiari e sociali, al soddisfacimento delle esigenze essenziali di vita,
l'attività del sistema dei servizi socio-assistenziali e sanitari persegue le
seguenti finalità:
a) prevenire e rimuovere le cause di ordine economico-sociale e psicologico che possono
provocare situazioni di bisogno sociale o sanitario o fenomeni di
emarginazione negli ambienti di vita, di studio e di lavoro;
b) rendere effettivo il diritto di
tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni
individuali o sociali, ad usufruire delle strutture, dei servizi e delle
prestazioni sociali e sanitarie secondo modalità che garantiscano la libertà e
la dignità personale e assicurino eguaglianza di trattamento, riconoscendo alle
persone, per i problemi che le coinvolgono direttamente, congrue possibilità
di scelta in merito al tipo di strutture, di servizi, di prestazioni e alle
relative modalità esecutive;
c)
tutelare l'integrità fisica e psichica nei luoghi di lavoro, nella scuola e in
qualunque altro ambiente di vita comunitaria e difendere l'igiene e la salubrità degli
ambienti di vita;
d) sostenere l'azione della famiglia;
garantire la permanenza nell'ambiente familiare e sociale di
appartenenza o in quello liberamente scelto o assicurare, ove necessario,
l'inserimento in idonei ambienti sostitutivi della famiglia; promuovere il
reinserimento di quanti sono emarginati in strutture o istituzioni segreganti;
e) sostenere i soggetti affetti da minorazioni psico-fisiche e sensoriali con tutti gli interventi
idonei, atti a garantire la loro presenza anche nel normale ambiente di vita e
di lavoro.
Art. 5.
(Tipologia
degli interventi).
Le finalità indicate nell'art. 4
sono perseguite mediante:
a) servizi territoriali aperti, di cui
all'art. 6;
b)
strutture di ricovero organizzato con i criteri di cui all'art. 7;
c)
interventi di sostegno economico, con le modalità di cui all'art. 8.
Nell'organizzazione e
nell'erogazione dei servizi sono assicurati l'integrazione operativa e il
coordinamento funzionale fra tutti gli interventi di cui al comma precedente.
Art. 6.
(Servizi
territoriali aperti).
I servizi di cui alla lettera a) del 1° comma dell'art. 5 forniscono,
a domicilio e nelle comunità di vita e di lavoro, prestazioni sociali e
sanitarie accessibili alla generalità dei cittadini che vivono e operano
nell'area di rispettiva competenza.
Art. 7.
(Strutture
di ricovero).
Fatta salva la libertà di scelta del
cittadino, il ricovero in strutture è attuato per il periodo per il quale si
ritiene necessario e nei casi in cui non sia possibile provvedere mediante gli
interventi dei servizi territoriali aperti o mediante gli interventi di
sostegno economico.
Tutte le strutture di ricovero
devono essere organizzate in modo da garantire il pieno rispetto della personalità
degli utenti e da promuoverne la partecipazione.
Art. 8.
(Intervento
di sostegno economico).
Gli interventi di sostegno economico
si attuano mediante:
a) l'erogazione per il tempo
necessario, anche a sostituzione od integrazione di servizi direttamente
prestati, di assegni che consentano:
1. il mantenimento e la cura dei
minori nelle famiglie, che altrimenti non possano provvedervi o comunque, in casi di provata impossibilità o inidoneità di
queste, in ambienti atti allo sviluppo equilibrato della loro personalità;
2. il mantenimento nel loro ambiente
familiare e sociale degli inabili al lavoro e degli anziani, privi di adeguati mezzi di sussistenza;
b) la fornitura di attrezzature
o l'esecuzione dei lavori necessari ai fini di cui alla lettera a);
c) l'erogazione di
assegni a favore di persone che in via temporanea, per circostanze eccezionali
o improvvise, si trovino in situazione di particolare bisogno, anche in
dipendenza di eventi catastrofici e di calamità naturali.
Art. 9.
(Ruolo
dei comuni e delle loro forme associative)
Spetta ai comuni, singoli o
associati a norma dell'art. 12:
a) provvedere, nel
quadro del coordinamento previsto dal precedente art. 3, alla organizzazione
ed erogazione di tutti i servizi di zona;
b) redigere i bilanci sociali di area di cui all'art. 23 e i programmi annuali di
attività;
c) collaborare alla formazione dei
piani, programmi e progetti comprensoriali relativi ai servizi di zona;
d)
attuare gli interventi per lo sviluppo dei servizi previsti nei programmi
regionali e comprensoriali;
e) assicurare e promuovere la
partecipazione e disciplinarne le modalità.
Art. 10.
(Ruolo
degli organismi comprensoriali e delle province).
Gli organismi comprensoriali
concorrono alla formazione dei programmi di sviluppo dei
servizi di zona, e svolgono gli altri compiti previsti dalla presente legge.
Le province, ai sensi degli artt. 26 e 33 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616:
a) esprimono parere sulla
delimitazione delle aree territoriali per
l'organizzazione e l'erogazione dei servizi di zona;
b) approvano i programmi, formulati
dagli organismi comprensoriali, sulla base dei programmi presentati dai comuni
singoli o associati, di localizzazione dei presidi assistenziali
e sanitari.
Le province concorrono inoltre alla realizzazione dei servizi di zona mettendo a disposizione
degli enti responsabili dei servizi di zona di cui al successivo art. 12 le
proprie strutture decentrate sul territorio e il relativo personale, nonché le
prestazioni dei servizi già organizzati su scala provinciale, sulla base di
apposite convenzioni promosse dalla regione, che regolano altresì i
conseguenti rapporti finanziari.
Art. 11.
(Ruolo
della regione).
La regione:
a) stabilisce gli indirizzi generali
per ]'erogazione e lo sviluppo dei servizi di zona e stabilisce gli standards anche organizzativi e gestionali, con
l'obiettivo di una fondamentale uguaglianza di prestazioni sul territorio regionale;
b) stabilisce l'ammontare e la
ripartizione delle risorse finanziarie destinate dalla regione ai servizi di
zona, ivi comprese quelle previste da singole leggi dello Stato;
c) disciplina i rapporti finanziari
fra i comuni o le loro forme associative in relazione ai
servizi prestati a vantaggio della popolazione delle diverse zone;
d) stabilisce i criteri per
l'integrazione nell'ambito dei servizi di zona delle prestazioni rese mediante
le strutture dipendenti da enti pubblici diversi dagli enti responsabili dei
servizi di zona, nonché delle prestazioni rese
mediante le strutture convenzionate dipendenti da enti e organismi privati;
e) detta norme al fine di favorire la mobilità del
personale dei servizi fra le diverse zone;
f) verifica l'efficacia ed i risultati
dei servizi prestati dalle strutture di zona e promuove, nei casi di carenze riscontrate, gli opportuni provvedimenti.
Art. 12.
(Enti
responsabili dei servizi di zona).
Ai fini dell'organizzazione e
dell'erogazione dei servizi sociali, il territorio regionale è ripartito in
zone a norma della legge regionale concernente «Adeguamento
delle delimitazioni territoriali ai sensi dell'art. 90 della L.R. 31-3-1978, n. 34» e della tabella A) allegata alla
stessa legge.
Nelle zone coincidenti con l'intero
territorio di un comune le funzioni relative ai
servizi sono svolte dal comune medesimo.
Nelle zone coincidenti con l'ambito
di una o più delle circoscrizioni nelle quali sia stato
diviso il territorio di un comune ai fini del decentramento, tali funzioni
sono svolte dal comune, il quale si avvale nei modi stabiliti dal proprio regolamento
degli organismi del decentramento.
Nelle zone comprendenti il
territorio di più comuni, tali funzioni, salvo quanto previsto dai commi
seguenti, sono svolte da una associazione
intercomunale per i servizi di zona costituita fra tutti i comuni di ciascuna
zona anche ai fini di cui agli artt. 25, 2° comma, e 32, 4° comma, del D.P.R. 24-7-1977, n. 616.
Nelle zone coincidenti con il
territorio di una Comunità montana tali funzioni sono assunte dalla Comunità
montana medesima, ai sensi dell'art. 25, 4° comma, del
D.P.R. 24-7-1977, n. 616.
Fino a quando non sarà diversamente
disposto dalla legge, le associazioni intercomunali sono disciplinate, per
quanto non previsto dalla presente legge e dai rispettivi statuti, dalle norme
vigenti sui consorzi tra comuni.
Il comune, per le zone monocomunali, l'associazione intercomunale o
Art. 13.
(Gestione
dei servizi).
Nelle zone comprendenti il
territorio di più comuni, e non coincidenti col territorio di una Comunità
montana, spetta allo statuto dell'associazione intercomunale per i servizi di
zona stabilire quali funzioni inerenti alla gestione dei singoli servizi
restano riservate ai comuni singoli e quali sono
affidate all'associazione medesima. Nelle zone coincidenti col territorio di
una Comunità montana spetta allo statuto di questa stabilire quali funzioni
inerenti alla gestione dei singoli servizi sono delegate ai singoli
comuni ai sensi dell'art. 6, 2° comma, della legge 3 dicembre 1971, n. 1102.
Spetta in ogni caso all'associazione
intercomunale per i servizi di zona o alla Comunità montana:
a) approvare i programmi annuali di attività relativi all'insieme dei servizi di zona;
b)
assicurare l'integrazione fra i servizi gestiti dai comuni singoli e quelli
gestiti in forma associata, il coordinato impiego e la mobilità delle risorse e del personale
nell'ambito di tutte le strutture della zona, una fondamentale eguaglianza di
prestazioni per tutti i cittadini della zona;
c) provvedere alla gestione dei
servizi di cui alle lettere a), b), c),
d), e) ed f)
del precedente art. 2.
I finanziamenti regionali relativi
ai servizi di zona sono in ogni caso attribuiti
all'associazione intercomunale o alla Comunità montana, che provvedono a
ripartirli, in relazione alle previsioni statutarie di cui al 1° e al 2°
comma, fra i comuni singoli e l'associazione o
Art. 14.
(Organi
delle associazioni intercomunali per i servizi di zona).
Lo statuto dell'associazione di cui
al 4° comma dell'art. 12 è deliberato dall'assemblea a maggioranza assoluta.
Gli statuti delle associazioni
intercomunali di cui al 4° comma dell'art. 12 dovranno comunque
prevedere i seguenti organi:
a) un'assemblea;
b) un consiglio direttivo;
c) un presidente.
L'assemblea è composta da membri di diritto e da membri elettivi.
Sono componenti
di diritto dell'assemblea i sindaci, o, se delegati da questi, gli assessori
competenti per le materie demandate alle associazioni intercomunali, di tutti
i comuni associati.
I componenti
elettivi sono in numero tale che il numero complessivo dei componenti, di
diritto ed elettivi dell'assemblea, sia pari al numero dei consiglieri comunali
assegnati, in base alla legislazione vigente, ai comuni aventi una popolazione
uguale a quella della zona considerata.
Se peraltro il numero dei componenti di diritto è superiore a 1/3 della cifra
complessiva di cui al comma precedente, il numero dei componenti dell'assemblea
è aumentato della cifra necessaria per portare il numero dei componenti
elettivi a 2/3 del totale. I componenti elettivi dell'assemblea
sono scelti preferibilmente fra i consiglieri comunali di tutti i comuni
associati. A tal fine i consiglieri comunali si riuniscono in unica assemblea,
convocata dal sindaco del comune sede dell'associazione.
L'elezione ha
luogo a scrutinio di lista e con voto di preferenza limitato a due nomi.
La ripartizione dei seggi fra le liste di candidati concorrenti avviene
secondo il sistema proporzionale, col metodo del quoziente e dell'attribuzione
dei seggi residui alle liste che ottengono più alti resti. Nell'ambito di
ciascuna lista sono eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di
voti di preferenza.
Il consiglio direttivo è composto
dal presidente e da un numero di membri non superiore a
un quinto dei membri dell'assemblea, e comunque non superiore a 10.
Gli statuti prevederanno
le ulteriori norme per l'elezione del consiglio
direttivo e del presidente, nonché le norme per l'organizzazione ed il
funzionamento delle associazioni intercomunali.
Per il funzionamento degli organi delle associazioni valgono, per quanto non disposto nello
statuto, ed in quanto applicabili, le norme vigenti per i corrispondenti
organi dei comuni.
Lo statuto delle associazioni, i
programmi di attività dei servizi ed i bilanci annuali
delle associazioni intercomunali per i servizi di zona e delle Comunità
montane che ne abbiano assunto le funzioni dovranno essere portati, prima della
loro approvazione, all'esame dei consigli di tutti i comuni della zona, i quali
potranno formulare osservazioni e proposte entro un termine non superiore a
trenta giorni dalla data di trasmissione.
Art. 15.
(Organizzazione
tecnico-amministrativa dei servizi).
Lo statuto o il regolamento
dell'ente responsabile dei servizi di zona disciplina le modalità di organizzazione tecnico-amministrative dei servizi di
zona, assicurando l'integrazione e l'unità di direzione dei servizi stessi.
L'ente responsabile articola i
servizi e le strutture sul territorio zonale al fine di assicurare in ciascun
comune e alla intera popolazione della zona condizioni
analoghe di fruizione e di accessibilità dei servizi stessi e analoghe possibilità
di controllo e di partecipazione, anche attraverso turni di presenza degli
operatori nelle diverse strutture decentrate dei servizi.
Ai fini di realizzare il massimo
coordinamento operativo fra tutte le strutture ed i servizi operanti nella zona,
di favorire la discussione delle metodologie di intervento
e la diffusione delle esperienze innovative, saranno previste, dallo statuto o
dal regolamento dell'ente responsabile dei servizi di zona, conferenze di
servizio, generali o relative a singoli servizi, cui partecipano, insieme agli
operatori delle strutture direttamente gestite, gli operatori delle strutture
e dei servizi convenzionati gestiti da altri enti pubblici e privati che
concorrono all'erogazione dei servizi di zona.
Art. 16.
(Partecipazione,
informazione, gestione sociale).
Gli enti responsabili dei servizi di
zona debbono garantire, nei modi che saranno
stabiliti dallo statuto o dal regolamento, la massima informazione e la
massima possibilità di controllo e di partecipazione dei cittadini e dei gruppi
sociali nella gestione dei servizi.
In particolare dovranno essere
previste consultazioni periodiche degli organismi territoriali sindacali e di altre forze sociali interessate, sui programmi di
attività dell'ente.
Lo statuto o il regolamento
disciplina altresì le forme di gestione sociale dei servizi.
Art. 17. (Personale).
L'ente responsabile dei servizi di
zona si avvale:
a) di personale assunto alle
dipendenze dell'ente medesimo o con il quale l'ente medesimo stipuli contratti
di consulenza per prestazioni di carattere non continuativo o per tempo determinato;
b) di personale trasferito dai comuni
all'associazione intercomunale per i servizi di zona o alla Comunità montana,
nei casi in cui la zona comprenda più comuni;
c) di personale trasferito dai
soppressi enti comunali di assistenza o dalle IPAB ai
sensi dell'art. 25, 5°, 7° e 8° comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; di
personale dei consorzi soppressi a norma del successivo art. 31, nonché di
personale delle amministrazioni statali o di altri enti pubblici posto a
disposizione della regione e da questa assegnato ai sensi dell'art. 123, 1° comma,
del medesimo D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Fino a quando non provvederanno
diversamente le leggi statali sull'istituzione del servizio sanitario
nazionale, di riforma dell'assistenza e delle autonomie locali, l'ente
responsabile dei servizi di zona si avvale altresì, in base ai programmi della
regione:
a) di personale comandato, o messo a
disposizione per una parte del rispettivo orario di servizio, in base ad apposite convenzioni, dalle province, dagli enti
ospedalieri e da altri enti pubblici;
b) di personale comandato ai sensi
dell'art. 6, 2° comma, della legge 29 giugno 1977, n. 349, da enti, casse,
fondi, servizi e gestioni autonome già preposti alla erogazione
dell'assistenza sanitaria.
Art. 18.
(Aggiornamento
e qualificazione degli operatori).
Al fine di promuovere l'acquisizione
di metodologie e di criteri di organizzazione e di
lavoro coerenti con i principi della presente legge, la regione promuove
iniziative per la riqualificazione, l'aggiornamento e la ulteriore
qualificazione degli operatori addetti ai servizi di zona. A tale attività si
applicano le norme previste dalle leggi che regolano i singoli settori.
A tale fine gli enti responsabili
dei servizi di zona segnalano alla regione le esigenze da soddisfare, in relazione allo stato dei servizi. Gli interventi
sono previsti nell'ambito dei programmi di formazione
professionale.
L'attuazione delle iniziative può
essere affidata agli enti responsabili dei servizi di zona individuati dai
programmi stessi.
Art. 19.
(Strutture
di rilevanza comprensoriale e regionale).
Ferma la gestione da parte dell'ente
responsabile dei servizi di zona di tutte le
strutture pubbliche di erogazione dei medesimi, gli organismi comprensoriali o
la regione identificano le strutture che, per le finalità specifiche
perseguite e per le caratteristiche tecniche specialistiche, erogano servizi,
rispettivamente, a favore della popolazione di più zone del medesimo comprensorio
o di più comprensori; definiscono le caratteristiche e le direttive di
sviluppo, e le modalità di regolamentazione dei rapporti finanziari relativi
ai servizi da esse erogati.
Il consiglio comunale o circoscrizionale
o, nelle zone che ricomprendono il territorio di più
comuni, l'assemblea della Comunità montana o dell'associazione intercomunale
per i servizi di zona stabilisce le modalità per la gestione delle strutture di
cui al precedente comma, anche prevedendo la costituzione di
appositi comitati di gestione.
Le spese relative
alla gestione delle strutture di cui al presente articolo sono
contabilizzate separatamente nell'ambito del bilancio dell'ente responsabile
dei servizi di zona.
Ove le strutture di cui ai
precedenti commi siano gestite da enti pubblici o privati diversi dall'ente
responsabile dei servizi di zona, le relative
convenzioni sono stipulate ai sensi dei successivi artt.
20 e
Art. 20.
(Convenzioni
con altri enti pubblici).
Al fine di assicurare l'integrazione
nell'ambito dei servizi di zona e la gestione unitaria su base territoriale dei
servizi erogati a qualsiasi titolo da enti pubblici diversi dagli enti
responsabili dei servizi di zona, la regione promuove la stipulazione da parte
di questi di apposite convenzioni con i predetti enti
pubblici.
Tali convenzioni disciplinano le
modalità per l'utilizzo delle strutture, delle risorse, del personale
destinati allo svolgimento dei servizi di cui al 1° comma, per l'assunzione dei
relativi compiti da parte degli enti responsabili dei servizi di zona, nonché per la regolazione dei rapporti finanziari fra gli
enti interessati.
Il consiglio regionale, su proposta della giunta detta criteri per le convenzioni di
cui ai precedenti commi, fermo quanto disposto dall'ultimo comma del
precedente art. 19.
Art. 21.
(Convenzioni
con enti e organismi privati).
I programmi regionali,
comprensoriali e zonali promuovono l'estensione a tutto il territorio regionale
dei servizi nell'ambito delle unità locali mediante strutture proprie e
convenzionate, in conformità agli standards per essi stabiliti.
A questo fine, gli enti responsabili
dei servizi di zona stipulano apposite convenzioni per
la erogazione dei servizi o per l'utilizzo delle strutture.
Le strutture ed i servizi per i
quali è prevista la stipulazione delle convenzioni
sono indicati nel bilancio sociale di zona.
Nelle delibere con cui sono adottati
i bilanci sociali sono indicati i motivi per i quali è
previsto il convenzionamento di ciascuna struttura o
servizio, nonché i motivi per l'esclusione di strutture o servizi i cui gestori
privati abbiano chiesto di convenzionarsi.
Le convenzioni sono subordinate al
possesso, da parte delle strutture e dei servizi contemplati, dei requisiti
richiesti in via generale dalla legge e dai programmi regionali per ciascun
tipo di struttura o servizio.
Le convenzioni dovranno inoltre
prevedere l'impegno degli enti ed organismi privati:
a) ad adeguare
i servizi e le strutture agli standards stabiliti dai
programmi regionali, comprensoriali e zonali per gli analoghi servizi e
strutture pubbliche;
b) ad armonizzare i propri programmi di attività, relativi ai servizi ed alle, strutture convenzionati,
agli indirizzi della programmazione regionale, comprensoriale e zonale;
c) a prestare i propri servizi a
favore dei gruppi di popolazione indicati nelle convenzioni,
e ad adeguare le procedure di
ammissione dei singoli utenti a quelle previste per gli analoghi servizi e
strutture pubbliche;
d)
ad avvalersi di personale avente i requisiti indicati nei programmi regionali;
e)
a realizzare forme di gestione sociale dei singoli servizi attraverso la
costituzione di comitati consultivi.
Le convenzioni hanno durata non
superiore a tre anni, e disciplinano i rapporti finanziari fra l'ente pubblico
stipulante e l'ente od organismo privato, prevedendo anche forme di pagamento a
rimborso di singole prestazioni in base a tariffe
prestabilite, nei limiti fissati dai programmi regionali.
Le convenzioni debbono
assicurare la possibilità per l'ente pubblico stipulante di controllare gli
elementi di costo dei servizi in base ad esse erogati.
Il consiglio regionale, su proposta della giunta, detta criteri per le convenzioni
da stipulare a norma dei commi precedenti, fermo quanto disposto dall'ultimo
comma del precedente articolo 19.
Art. 22.
(Disposizioni
generali sulla programmazione dei servizi).
La programmazione regionale e locale
dei servizi inclusi fra quelli di zona ai sensi della
presente legge è attuata secondo le norme di cui ai successivi articoli del
presente capo, nonché secondo le norme di cui alla legge regionale 31-3-1978,
n. 34 «Norme sulle procedure della programmazione, sul
bilancio e sulla contabilità della regione».
Art. 23.
(Bilancio
sociale di zona).
Entro due anni dall'entrata in
vigore della presente legge ciascun ente responsabile dei servizi di zona,
redige il bilancio sociale di zona nel quale saranno
posti in evidenza:
a) le strutture, i livelli di servizio
e le risorse destinate ai servizi sociali nell'ambito zonale e la relativa
congruità quantitativa e qualitativa in relazione ai
fabbisogni di rilevanza sociale dell'area, generali o afferenti a specifici nuclei
di popolazione, valutati anche in rapporto agli standards
fissati dalla regione a norma del successivo art. 24;
b) le strutture ed i servizi di
rilevanza zonale, gestiti da enti od organismi
privati, da convenzionare ai sensi del precedente art. 21;
c) le indicazioni e le preposte relative ai nuovi interventi, alle ristrutturazioni e
riconversioni dei servizi esistenti, a nuovi modelli gestionali.
L'organismo comprensoriale trasmette
alla regione i bilanci sociali di zona accompagnati
dalle proprie osservazioni, con riguardo agli obiettivi generali di sviluppo
previsti nel piano socio-economico comprensoriale.
L'organismo comprensoriale individua
altresì le strutture di rilevanza comprensoriale di cui all'art. 19, e indica
le strutture ed i servizi di rilevanza comprensoriale gestiti da enti od organismi
privati da convenzionare ai sensi del precedente art. 21.
Art. 24.
(Programmazione
regionale degli interventi).
Il programma regionale di sviluppo,
anche tenendo conto dei documenti e delle osservazioni di cui all'art. 23,
stabilisce gli obiettivi qualitativi e quantitativi, le priorità di intervento e gli standards,
relativi a tutto il territorio regionale e concernenti sia il complesso dei
servizi sociali che ciascun gruppo di essi, cui debbono uniformarsi le azioni
programmatiche degli organismi comprensoriali e degli enti responsabili dei servizi
di zona, nonché le attività di gestione dei servizi medesimi.
Gli standards
definiti dal programma regionale di sviluppo sono vincolanti per gli enti responsabili dei servizi di zona, salvo diversa previsione
contenuta nel programma stesso.
Il consiglio regionale con apposita delibera, in base alle previsioni del bilancio
pluriennale, definisce la ripartizione di massima delle risorse proprie, o
comunque controllate dalla regione, per il settore dei servizi sociali,
specificando:
1) i parametri per la distribuzione
fra gli enti responsabili dei servizi di zona delle risorse per le spese
correnti e di investimento necessarie al normale
funzionamento dei servizi;
2) i criteri, collegati sia a
parametri oggettivi sia agli obiettivi di sviluppo e di riequilibrio, per la
distribuzione fra i comprensori delle risorse destinate al finanziamento di
programmi di sviluppo dei servizi, nonché le eventuali
risorse riservate ad interventi diretti della regione medesima.
Gli organismi comprensoriali
adottano i programmi pluriennali per l'impiego delle risorse loro assegnate e
provvedono agli adempimenti di cui all'art. 13 della legge regionale 31-1-1978, n. 34.
Il consiglio regionale, su proposta della giunta, individua altresì le strutture di
rilevanza regionale di cui al precedente art. 19; indica le strutture ed i
servizi di rilevanza regionale gestiti da enti od organismi privati da
convenzionare ai sensi del precedente art. 21.
Art. 25.
(Programmi
annuali).
Entro 30 giorni dall'approvazione
del bilancio annuale della regione e sulla base delle determinazioni in esso contenute, la giunta provvede alla ripartizione e
all'erogazione delle risorse destinate al normale funzionamento dei servizi di
zona, in base ai criteri di cui all'art. 24, 3° comma, n. 1.
Entro 30 giorni dall'approvazione del
bilancio annuale della regione e sulla base delle determinazioni in esso contenute la giunta delibera la ripartizione fra i
comprensori delle risorse destinate al finanziamento dei programmi di sviluppo
dei servizi in base ai criteri di cui all'articolo 24, 3° comma, n. 2.
Sono fatti salvi, in ogni caso, i
vincoli di destinazione di somme erogate dallo Stato
alla regione per servizi compresi fra quelli di cui alla presente legge.
Possono essere altresì previsti
fondi appositi per il finanziamento di iniziative a
carattere sperimentale.
Nel bilancio regionale è iscritto un
apposito fondo per far fronte ad esigenze
straordinarie relative ai servizi di cui alla presente legge. La giunta
provvede all'erogazione delle somme relative a favore
degli enti responsabili dei servizi delle zone interessate.
Gli enti responsabili dei servizi di
zona, tenendo conto delle risorse proprie e di quelle ripartite dalla regione
ai sensi dei precedenti commi, formulano i programmi annuali di attività e li comunicano all'organismo comprensoriale e
alla giunta regionale.
Sulla base delle deliberazioni
regionali di cui al 2° comma, gli organismi comprensoriali adottano
annualmente programmi per l'impiego delle risorse regionali per i programmi di
sviluppo dei servizi da realizzarsi nel relativo esercizio finanziario e li
trasmettono alla giunta regionale.
La giunta regionale eroga i
finanziamenti a carico del bilancio regionale, per programmi di sviluppo, sulla
base dei programmi comprensoriali di cui ai commi
precedenti.
Le procedure previste dall'art. 24 e
dal presente articolo sostituiscono ogni altro
procedimento previsto dalle leggi regionali in vigore per la programmazione ed
il finanziamento regionale dei singoli servizi disciplinati dalla presente legge,
ed in particolare quelli previsti dalle leggi regionali 3-12-1972, n.
Art. 26.
(Controlli
di gestione).
La giunta regionale e gli organismi
comprensoriali esercitano in modo continuativo controlli di gestione sullo
stato di attuazione dei programmi di sviluppo e sul
funzionamento dei servizi, allo scopo di verificare la corrispondenza dei
risultati agli obiettivi programmati.
Gli enti responsabili dei servizi di
zona sono tenuti a trasmettere alla giunta regionale e agli organismi
comprensoriali tutti i dati e le informazioni di cui siano
richiesti circa l'andamento dei servizi, gli elementi di costo e le
prestazioni effettuate.
Le risultanze
dei controlli effettuati sulle gestioni dei servizi sono sottoposte al
consiglio regionale, agli organismi comprensoriali e agli enti responsabili dei
servizi di zona, per le valutazioni e per le determinazioni di rispettiva
competenza.
Art. 27.
(Costituzione
delle associazioni intercomunali per i servizi di zona).
Nelle zone, comprendenti il
territorio di più comuni, ma non coincidenti con quelli di una Comunità
montana, le associazioni intercomunali per i servizi di zona, di cui al
precedente art. 12, 4° comma, dovranno essere
costituite dai comuni entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente
legge.
Nei casi in cui la zona coincida con
quella ove si sia già costituito il consorzio per la vigilanza igienico
sanitaria e per l'esercizio di attività di medicina
preventiva e sociale e di educazione sanitaria, a norma dell'art. 11, 2° comma,
della legge regionale 5-12-1972, n. 37, i comuni provvedono alla
trasformazione del consorzio medesimo in associazione intercomunale per i
servizi di zona.
Ai fini di cui ai commi precedenti i
consigli comunali deliberano la costituzione dell'associazione o la
trasformazione del consorzio ed eleggono i propri rappresentanti
nell'assemblea dell'associazione, ai sensi del precedente art. 14, 6° comma.
Il presidente
della giunta regionale, ricevute le delibere di cui al comma precedente, dichiara con proprio
decreto l'avvenuta costituzione dell'associazione, o la trasformazione del
consorzio e convoca la prima riunione dell'assemblea, stabilendo altresì la
sede provvisoria dell'associazione.
L'assemblea è presieduta, fino
all'approvazione dello statuto, da un presidente
provvisorio eletto dall'assemblea medesima nella sua prima riunione e fino a
tale elezione è presieduta dal sindaco del comune dove ha sede l'associazione.
Lo statuto dell'associazione è
deliberato dall'assemblea entro 60 giorni dalla prima riunione e diviene
esecutivo a norma dell'art. 59 della legge 10-2-1953,
n. 62 e della legge regionale 30-6-1974, n. 33.
Art. 28.
(Costituzione
di associazioni obbligatorie).
Ove i comuni non provvedano, entro
il termine di cui al 1° comma del precedente art. 27, alla costituzione
dell'associazione o alla trasformazione del consorzio, il presidente della
giunta regionale, con proprio decreto, emanato entro i successivi 30 giorni,
costituisce l'associazione obbligatoria, a norma degli artt.
25, 2° comma e 32, 4° comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, fissa i termini
entro i quali i consigli comunali debbono eleggere i
propri rappresentanti nell'assemblea, e stabilisce altresì la sede provvisoria
dell'associazione.
Con successivo decreto, emanato
entro 10 giorni dalla scadenza del termine fissato a norma del comma
precedente, il presidente della giunta regionale convoca la prima riunione
dell'assemblea.
L'assemblea può essere convocata anche se non siano ancora stati scelti i
componenti elettivi della medesima.
Art. 29.
(Conferimento
graduale delle funzioni comunali alle associazioni intercomunali).
Gli statuti delle associazioni
intercomunali per i servizi di zona possono prevedere il conferimento graduale
alle associazioni medesime dei compiti, già di pertinenza dei comuni, relativi
ai singoli servizi di cui all'art. 2 entro un termine non superiore a 2 anni
dalla data di costituzione dell'associazione.
In tal caso i finanziamenti
regionali, e le quote di essi, relativi ai servizi non
ancora conferiti alle associazioni, sono attribuiti comunque a queste ultime
che provvedono a ripartirli tra i comuni interessati.
Art. 30.
(Comunità
Montane).
Nelle zone coincidenti col
territorio di una Comunità montana, l'assemblea della Comunità montana medesima
delibera entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge le modalità per l'assunzione delle funzioni ad essa attribuite
a norma degli artt. 25, 4° comma, e
32, 4° comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Art. 31.
(Scioglimento
dei consorzi preesistenti).
Con l'entrata in funzione delle
associazioni intercomunali per i servizi di zona, si intendono
ad esse attribuite tutte le funzioni di cui agli articoli 25, 1° comma, e 32,
2° comma del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Con l'entrata in funzione delle
associazioni intercomunali per i servizi di zona o con l'assunzione delle
relative funzioni da parte dei comuni o delle Comunità
montane sono sciolti tutti i consorzi costituiti fra comuni o fra comuni
e province per lo svolgimento di uno o più servizi compresi fra quelli
previsti dalla presente legge.
Le rispettive funzioni sono devolute
agli enti responsabili dei servizi di zona.
I beni e il personale appartenenti
ai consorzi disciolti sono trasferiti agli enti responsabili dei servizi di
zona.
Il personale conserva le posizioni
economiche acquisite.
Lo scioglimento è dichiarato con
decreto del presidente della giunta regionale che stabilisce altresì le
modalità e i termini delle operazioni di liquidazione.
Il sindaco del comune ove ha sede
ciascun consorzio, o il presidente della provincia, ove si tratti di consorzi
di cui questa faccia parte, assume le funzioni di commissario liquidatore.
Art. 32.
(Norme
transitorie sui finanziamenti regionali).
Fino alla prima attuazione delle
norme di cui al capo III del precedente titolo i finanziamenti regionali concernenti i servizi previsti dalla presente legge sono
ripartiti fra gli enti responsabili dei servizi di zona con programmi annuali,
deliberati dalla giunta regionale, sentita la commissione consiliare
competente, entro 60 giorni dall'approvazione del bilancio regionale e concernenti
globalmente tutti i contributi previsti per il settore di intervento della
sanità e per il settore di intervento dei servizi socio-assistenziali.
Nel riparto dei contributi per il
settore dei servizi socio-assistenziali si terrà conto degli oneri gravanti sui
comuni compresi in ciascuna zona per la gestione degli asili nido ad essi trasferiti dalla disciolta O.N.M.I.
Sono fatti salvi in ogni caso i
vincoli di destinazione di somme erogate dallo Stato
alla regione per servizi compresi fra quelli di cui alla presente legge.
È previsto il fondo per esigenze
straordinarie di cui all'art. 25, 5° comma, e possono essere previsti altresì appositi fondi per il finanziamento di iniziative a
carattere sperimentale, a norma dell'art. 25, 4° comma.
Art. 33.
(Nuove
funzioni in materia sanitaria e riordino delle condotte mediche e veterinarie).
L'attribuzione agli enti
responsabili dei servizi di zona dei nuovi compiti previsti dalla legge statale
sulla istituzione del servizio sanitario nazionale
sarà disciplinata con legge regionale ai sensi e nei termini di cui alla
stessa legge statale. Con legge regionale si provvederà altresì alla revisione degli ambiti territoriali delle condotte mediche e
veterinarie, facendoli coincidere con le zone o con parti di esse, e alla
revisione della normativa concernente il servizio di assistenza
medico-chirurgica.
Art. 34.
(Partecipazione
degli enti responsabili dei servizi di zona all'attività degli enti
ospedalieri).
I pareri demandati dalla
legislazione regionale in vigore ai comitati sanitari di zona su atti o
attività degli enti ospedalieri o concernenti i medesimi sono espressi dagli
enti responsabili dei servizi di zona nel cui territorio ha sede l'ospedale
interessato.
L'ente medesimo deve essere sentito
altresì dagli enti ospedalieri prima dell'adozione di ogni
delibera concernente la proposta alla regione di esecuzione di nuove opere
edilizie e comunque di investimenti previsti nei piani regionali di riparto di
cui alla legge regionale 29 gennaio 1975, n. 27.
Art. 35.
(Funzioni
già attribuite ai comitati sanitari di zona e altre funzioni in materia di sanità).
Spettano agli enti responsabili dei
servizi di zona tutte le funzioni ed i servizi già affidati dalla regione ai
comitati sanitari di zona o ai consorzi per la
vigilanza igienico-sanitaria e per l'esercizio delle
attività di medicina preventiva, sociale e di educazione sanitaria.
I comitati sanitari di zona sono
soppressi con effetto immediato nelle zone il cui territorio coincida con
quello di un comune o di una Comunità montana, o sia ricompreso
nel territorio di questa ultima, sono soppressi a far tempo
dalla entrata in funzione dell'associazione intercomunale per i servizi di
zona o dell'assunzione delle relative funzioni da parte della Comunità
montana, o dalla data in cui il comune abbia disciplinato lo svolgimento
attraverso gli organismi del decentramento dei servizi di zona, nelle zone il
cui territorio comprenda, rispettivamente, quello di più comuni ovvero una
parte del territorio di un comune.
Art. 36.
(Deleghe
in materia di assistenza).
Sono delegate agli enti responsabili
dei servizi di zona le funzioni tuttora spettanti alla regione in materia di assistenza, e in particolare le funzioni amministrative
in materia di:
a) vigilanza sulle I.P.A.B. aventi serie nell'ambito
di ciascuna zona, ivi compresi i poteri di sospensione e scioglimento degli organi
di amministrazione e la nomina di commissari, fino a
quando sarà avvenuto il trasferimento ai comuni delle funzioni delle stesse I.P.A.B. ai sensi dell'art. 25, 5° comma, del D.P.R. 24
luglio 1977, n. 616;
b) nomina e designazione dei
rappresentanti spettanti alla regione, ai sensi delle norme vigenti, negli
organi di amministrazione delle I.P.A.B.,
fino a quando sarà avvenuto il trasferimento ai comuni delle funzioni delle
stesse I.P.A.B., ai sensi dell'art. 25, 5° comma, del
D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;
c) vigilanza sulle istituzioni private
di assistenza e beneficienza,
nonché in materia di autorizzazioni a promuovere pubbliche sottoscrizioni ai
sensi delle disposizioni contenute nell'art. 2, 2° comma, della legge 17 luglio
1890, n. 6972;
d) riconoscimento dell'idoneità al funzionamento degli istituti di ricovero per minori e relativa
attività di vigilanza sulle strutture di cui al R.D. 24 dicembre 1934, n. 2316
e successive modificazioni, nonché al regolamento di esecuzione 15 aprile
1926, n. 718, sulla base di criteri deliberati dal consiglio regionale. Nel caso
di istituzioni e strutture di rilevanza comprensoriale
o regionale, di cui all'art. 19, le funzioni di cui alla presente lettera
saranno esercitate peraltro, rispettivamente, dagli organismi comprensoriali o
dalla giunta regionale.
Ai fini dell'esercizio della
vigilanza di cui alla lettera a), le I.P.A.B. sono tenute ad inviare all'ente
responsabile dei servizi di zona nel cui territorio hanno sede, entro otto
giorni dalla loro adozione, copia delle deliberazioni soggette a controllo di
merito ai sensi dell'art. 36 della legge 17 luglio 1890, n. 6972.
Nell'esercizio delle funzioni di
vigilanza di cui alle lettere a), c)
e d) del precedente primo comma, gli
enti responsabili dei servizi di zona possono avvalersi, in base ad apposite convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 20, di
uffici e personale dipendente dalle province.
Gli enti responsabili dei servizi
delle zone di provenienza degli assistiti possono
richiedere specifici adempimenti rientranti nei compiti di vigilanza di cui
alle lettere a) e c) del precedente 1° comma.
La giunta regionale, in caso di carenza o insufficienza nell'esercizio dei compiti di vigilanza
delegati agli enti responsabili dei servizi di zona a norma delle lettere a) e c)
del precedente 1° comma, può disporre ispezioni e adottare provvedimenti in
via sostitutiva.
Art. 37.
(Asili-nido).
Nelle zone comprendenti il
territorio di più comuni, questi svolgono le funzioni ed i servizi loro
spettanti in materia di asili-nido, a norma della
legge regionale 22 dicembre 1972, n. 39 e successive modificazioni, o comunque
da essi svolti nella stessa materia, affidandoli alla associazione
intercomunale per i servizi di zona o alla Comunità montana.
Nelle zone comprendenti parte del
territorio di un comune, le stesse funzioni e servizi sono svolti da questo
affidandone la gestione, nei modi stabiliti dal proprio regolamento, agli
organismi del decentramento.
Restano ferme le norme concernenti i comitati di gestione degli asili nido. Nel
caso di zone comprendenti parte del territorio di un comune,
fa rappresentanza di questo nei comitati di gestione sarà assicurata
dagli organismi del decentramento.
Art. 38.
(Beni
e personale degli enti pubblici assistenziali e delle I.P.A.B.).
Ove il 1° gennaio 1979 non sia
entrata in vigore la legge statale sulla riforma
dell'assistenza pubblica, la legge regionale, entro i sei mesi successivi alla
scadenza dello stesso termine, disciplinerà, ai sensi dell'art. 25, 7° comma,
del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, le modalità per l'attribuzione in proprietà
o in uso dagli enti responsabili dei servizi di zona dei beni degli enti
pubblici nazionali o interregionali operanti nella materia prevista dalla
presente legge trasferiti alla regione ai sensi degli artt.
113 e 115 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 nonché dei
beni delle I.P.A.B. le cui funzioni saranno
trasferite ai comuni ai sensi dell'art. 25, 5° comma, dello stesso D.P.R. 616
del 1977; disciplinerà altresì il passaggio agli enti responsabili dei servizi
di zona del personale delle I.P.A.B. medesime.
Art. 39.
(Strutture
e servizi ex ONMI e per l'assistenza ai minori).
Gli asili-nido, i consultori
pediatrici, ostetricoginecologici, dermosifilopatici,
prematrimoniali e matrimoniali, i centri psicopedagogici,
già gestiti dall'ONMI e trasferiti ai comuni ai sensi della legge 23-12-1975,
n. 698, sono gestiti dagli enti responsabili dei servizi di zona in conformità
ai principi della presente legge.
Gli enti medesimi provvedono
ad uniformare, entro termini e secondo programmi stabiliti dal consiglio
regionale, gli standards strutturali e funzionali e
le altre modalità di gestione degli asili-nido di cui al 1° comma a qu-anto
disposto dalla legge regionale 22-12-1972, n. 39, e dai relativi regolamenti
di esecuzione.
Dalla data di entrata
in vigore della presente legge cessa, sulla gestione degli asili-nido medesimi,
ogni forma di vigilanza diversa da quella esercitata dall'ente gestore.
Gli enti
responsabili dei servizi di zona integrano la gestione dei consultori di cui
al 1° comma nell'ambito dei servizi previsti dalla legge regionale 6-9-1976, n. 44.
La regione promuove la stipulazione di apposite convenzioni fra le province e gli enti responsabili
dei servizi di zona per l'affidamento a questi ultimi dei servizi e delle funzioni
spettanti alle province e comunque da esse svolti in materia di assistenza ai
minori di qualsiasi età e condizione, ivi compresi i compiti già svolti dall'ONMI
e trasferiti ai sensi della legge 23-121975, n. 698, e per l'utilizzo da parte
dei medesimi delle strutture e del personale delle province adibiti a tali
servizi, in particolare a quelli di cui alla lettera d) dell'art. 36.
I compiti e le funzioni di cui al
precedente comma sono svolti in conformità ai principi della presente legge.
Entro un anno dall'entrata in vigore
della presente legge, la regione adotterà una legge organica per il riordino
delle funzioni e dei servizi in materia di assistenza
ai minori, adeguandone la disciplina ai principi della presente legge.
Art. 40.
(Servizio
sociale per gli assegnatari di alloggi di edilizia pubblica).
Spettano agli enti responsabili dei
servizi di zona le funzioni amministrative in materia di gestione dei centri
sociali di zona, e comunque concernenti la
realizzazione di servizi sociali a favore di assegnatari di alloggi realizzati
nell'ambito di programmi di edilizia pubblica.
Per l'attuazione del disposto di cui
al comma precedente, la giunta regionale è autorizzata a disporre il distacco,
nei modi previsti dall'art. 56 della legge 25 novembre 1973, n. 48 di personale
regionale preferibilmente scelto tra quello trasferito alla regione in
attuazione dell'art. 18 del D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036.
OSSERVAZIONI DELLE ACLI
Prima di entrare nel merito degli
articolati proposti dalla Giunta regionale riteniamo opportuno sottolineare alcuni principi generali, che d'altro lato non
sono nuovi rispetto a quanto le ACLI hanno in altre occasioni espresso, cui
dovrebbero rifarsi iniziative legislative come quelle proposte e che invece
non sembra siano recepiti dalle proposte 308 e 309.
L'elaborazione politica di questi
ultimi anni portata avanti dalle forze più sensibili ha indicato la necessità
di andare ad un decentramento delle competenze dello Stato verso le Regioni e
gli Enti locali il più ampio possibile: il D.P.R. 616/77 ha positivamente raccolto queste esigenze ed ha
prospettato un decentramento vasto e unitario che individua il Comune come
momento centrale per la gestione dei servizi di zona, fra cui certamente si possono comprendere la maggioranza delle materie oggetto del
trasferimento attuato dal 616.
Sarebbe quindi auspicabile che
Diventa comunque
irrinunciabile l'integrazione almeno di tutti gli interventi riguardanti «la
persona», come era originariamente previsto dalla bozza elaborata dall'IRS,
anche tenendo conto che i vari servizi sociali, sanitari, scolastici, di tempo
libero, sportivi, abitativi sono tra loro sempre strettamente intrecciati, al
punto da rendere spesso inutili gli uni senza l'apporto degli altri.
Questa necessità di
unificazione dovrebbe essere anche recepita da parte
dell'organizzazione interna degli organi regionali che senza ulteriori rinvii
dovrebbero operare in una logica dipartimentale, superando le resistenze settorialistiche e le concorrenze assessorili,
che chiaramente hanno pregiudicato la possibilità di proporre ieri una politica
e oggi una proposta più organica ed innovativa.
Il settorialismo ha provocato anche
gravi lacune nei riferimenti alla legislazione
statale già varato ormai di prossima approvazione (Leggi 118, 194, 180, 349),
nuovo ordinamento delle autonomie locali, riforma sanitaria. Tali testi profondamente innovativi indicano, pur con
alcuni elementi di contraddizione, con sufficiente chiarezza l'obiettivo della
gestione unitaria dei servizi di zona.
È necessario quindi rivedere
profondamente l'articolato proposto per poter approvare una legge quadro per
l'ordinamento ed il governo dei servizi alle persone, che detti
i termini istituzionali, programmatori ed organizzativi cui fare riferimento
per ulteriori interventi legislativi specifici, certamente necessari.
Legge quadro, dunque, a garanzia della organicità e razionalità dell'insieme, ma che
contenga anche precise caratteristiche gestionali, per permettere da subito
l'avvio di quel processo che porta al « modo nuovo di essere dei Comuni n
(anche nel senso di una loro rifondazione su nuove basi territoriali,
attraverso l'aggregazione di più Comuni) di cui si parla nella relazione, ma
che non compare praticamente nell'articolato.
In questa prospettiva vi è inoltre
da segnalare l'accentuata prospettiva discendente per quanto concerne la programmazione,
che dovrebbe essere invece un elemento propulsore di un diverso rapporto tra
Enti locali e Regione. È fondamentale che la logica programmatoria
trovi la sua base nel bilancio sociale di area,
elaborato a livello di zona, aggregato poi e coordinato a livello comprensoriale
e confluente nel piano regionale e non viceversa.
Da queste brevi note generali
emergono i limiti complessivi dei disegni di legge presentati, ma essi non
devono essere un pretesto per rinviare ulteriormente l'emanazione della legge
quadro. Già ora i ritardi sono notevoli e ormai i Comuni si trovano a dover
far fronte a nuovi e gravosi compiti senza avere alcuni degli strumenti indispensabili per dare risposte valide.
Con lo scadere dell'anno in corso la
situazione diventerà ancora più difficile.
Il problema quindi deve essere
quello di accelerare al massimo i tempi, ma
contemporaneamente l'urgenza non può giustificare l'emanazione di norme
insufficienti sul ricalco di impostazioni ormai vecchie.
Per sottolineare
la necessità di perfezionare la proposta della Giunta regionale e non di cassarla
riteniamo quindi utile esporre per esteso, articolo per articolo, le specifiche
osservazioni, quale contributo ad una correzione del tiro già in altra sede e
da più parti richiesta.
Artt. 1/2. - Il disegno di legge prevede solo
i servizi socio-sanitari, come già precisato in premessa; è invece
indispensabile che la riorganizzazione riguardi almeno anche i servizi riguardanti
il diritto allo studio (v. L.R. 9-9-1974, n. 59), lo
sport e il tempo libero, le biblioteche pubbliche e ogni altro servizio
culturale, l'assegnazione e l'utilizzo delle
strutture residenziali di edilizia popolare.
Artt. 3/21. - È inaccettabile che vengano messe
sullo stesso piano le strutture pubbliche e quelle private. Ferma restando la
piena libertà degli enti privati di svolgere attività nei servizi, posto che abbiano i requisiti richiesti dalle leggi vigenti, non deve
però mancare nella legge un preciso impegno nei confronti delle strutture
pubbliche per tendere a garantire nei tempi debiti una loro efficiente
presenza su tutto il territorio ed ovviare così alla loro cronica carenza. In
questa prospettiva è possibile prevedere un utilizzo degli enti privati per
contribuire a colmare lacune, rispondere a nuove
esigenze, sperimentare interventi nuovi, ma le relative convenzioni devono
essere stipulate dagli enti responsabili dei servizi di zona e ad alcune condizioni
preliminari. Si tratta quindi di stabilire quali dovrebbero essere questi
requisiti, come riferimento per l'elaborazione della programmazione sia locale
che regionale. Tra questi comunque,
oltre all'adeguamento agli standards individuali,
deve essere assicurata la possibilità per l'ente pubblico responsabile di
controllare, anche da un punto di vista contabile, l'attività di servizio degli
organismi privati come anche la possibilità di realizzare una gestione sociale
analoga a quella sperimentata nelle strutture pubbliche come la legge
regionale prevede per i centri di formazione professionale.
Artt. 5/7. - Inaccettabile l'utilizzo
ordinario delle strutture di ricovero. Il ricovero dovrebbe essere attuato solo
in via eccezionale, per il tempo strettamente necessario, nei limiti in cui non
sia possibile provvedere diversamente. Andrebbero quindi previste verifiche periodiche dei casi di
ricovero per avviare sollecitamente soluzioni alternative. Va
ripristinata quindi l'impostazione dell'art. 25 del progetto IRS.
Art. 10. - Richiamandoci alla premessa generale,
si ribadisce l'opportunità di caratterizzare meglio il
ruolo dei comprensori, soprattutto per quanto riguarda il loro ruolo
promozionale e di coordinamento tra la programmazione sociale e quella
regionale. L'articolato proposto risente evidentemente della mancata
conclusione del dibattito politico inerente le
caratteristiche e le funzioni delle articolazioni periferiche dello Stato, in
particolare per quanto riguarda l'ente intermedio. È da sottolineare
però che in linea di massima l'orientamento che emerge, anche dalle ultime
leggi nazionali approvate, sia di una ridefinizione
del ruolo delle Province, cui invece nel disegno di legge regionale si affidano
compiti (lettera b, art. 10) che non
sono affatto previsti dal D.P.R. n. 616. Si tratta quindi di accentuare se mai
le indicazioni contenute nell'ultimo comma dell'art. 10,
ferma restando la piena libertà delle Province di andare oltre, avviando
convenzioni con gli enti responsabili dei servizi di zona anche in assenza di
sollecitazioni da parte della Regione.
Art. 12. - La zonizzazione prevista dal
disegno di legge 309 comprende zone troppo ampie: su 100 zone
oltre il 30% superano i 100.000 abitanti e ben 11 superano i 140.000. Di queste
ultime poi nessuna riguarda il decentramento del Comune di Milano, per il quale
forse si sarebbero potute prevedere eccezioni. Si
ritiene quindi opportuno dimensionare le zone con un massimo orientativo
attorno ai 100.000 abitanti per evitare la burocratizzazione
immediata dei nuovi organismi e la conseguente impossibilità di creare un rapporto
nuovo tra cittadini e istituzioni, obiettivo che dovrebbe sempre essere tenuto
presente in riforme di questo tipo. Anche l'articolato della riforma sanitaria
recentemente approvato dalla Camera si muove in questa direzione e nelle
consultazioni fin qui effettuate questa critica è stata
largamente espressa dai rappresentanti degli Enti locali.
Artt. 13/29. - La gestione dei servizi deve passare
immediatamente e complessivamente agli organi consortili là dove le zone
individuate comprendono più Comuni (a quelli del decentramento là dove la
zonizzazione prevista coincide con il decentramento stesso).
Se da queste iniziative legislative
deve avviarsi il modo nuovo di essere dei Comuni non
si può indulgere a sentimenti municipalistici; si
tratterà di precisare successivamente, per quanto concerne l'organizzazione
interna dei servizi erogati nelle zone l'eventuale utilizzo di strutture amministrative
o altre già presenti.
Art. 14. - Che i componenti
elettivi dell'assemblea siano consiglieri comunali può rappresentare una
reale garanzia di collegamento tra i diversi livelli politici (Consorzi e
Comuni) e tra questi e i livelli amministrativi e tecnici. Eliminare quindi
«preferibilmente».
Art. 15. - Sarebbe opportuno prevedere che
la gestione dei servizi, sia a livello tecnico che organizzativo
sia effettuata da un organo collegiale corrispondente ad una impostazione di
lavoro per équipe.
Art. 16. - Quanto prevede l'articolo
proposto dalla Giunta regionale è chiaramente
insufficiente. La partecipazione dei cittadini deve essere una caratteristica
fondamentale dei nuovi servizi. Si tratta quindi di sottolineare
l'opportunità di attuare la gestione dei servizi di zona, con la partecipazione
delle forze sindacali e sociali operanti nel territorio, le quali devono poter
definire autonomamente le forme organizzative idonee per l'attuazione del
controllo popolare sulle scelte politiche, programmatiche ed operative della
Regione e degli Enti preposti alla gestione dei servizi. A questi organismi
autonomi deve essere garantita tutta l'informazione richiesta.
A questo proposito andrebbe anche
prevista l'apertura di tutte le strutture dei servizi agli usi di interessi della collettività locale oltre quelli
espressamente previsti: tale dizione già figurava nel progetto IRS.
Dato che spesso forme di
partecipazione portano alla disponibilità anche nei confronti di attività di servizio, sarebbe opportuno elaborare un
apposito articolo che disciplini l'inserimento di persone volontarie nelle
attività dei servizi di zona che non richiedono prestazioni da attribuire alla
competenza di personale qualificato o specializzato. Si dovrebbe però
specificare che questo rapporto non è assimilabile a quello
previsto da convenzioni con enti privati, di cui abbiamo già parlato.
Art. 18. - Anche in
questo caso si evidenzia l'impostazione settoriale che emerge dal disegno di
legge proposto. Sarebbe invece opportuno indicare con chiarezza alcune
direttive di massima per una complessiva riorganizzazione della formazione per
tutti gli operatori dei servizi di zona, correggendo anche quanto l'attuale
legislazione regionale in materia di formazione professionale prevede in ordine al ruolo dei diversi livelli di governo, perché
disomogeneo con l'impostazione del presente disegno di legge. Si ribadisce comunque la competenza in merito alla formazione
e riqualificazione degli enti responsabili dei servizi di zona, che possono
effettuarla magari anche per conto di altri, non essendoci la necessità di
individuare sedi di formazione per ogni zona.
Andrebbe inoltre specificato il
ruolo fondamentale dei bilanci sociali di area per
quanto riguarda l'individuazione del fabbisogno quali/quantitativo di
operatori e quindi di interventi di formazione o riqualificazione, anche in
una logica di mobilità.
Art. 19. - Anche in questo caso la gestione
delle strutture deve essere unificata in singoli Enti responsabili dei servizi
di zona, e non affidata ad appositi comitati di
gestione.
Si tratta se mai di individuare
idonei strumenti che garantiscano una presenza e un
coinvolgimento degli altri Enti responsabili dei servizi di zona interessati.
Per evitare eccessiva
discrezionalità sarebbe opportuno che l'individuazione delle strutture sovra
zonali avvenisse durante l'elaborazione della programmazione regionale e con
l'ausilio ed il controllo delle componenti che a
questa programmazione contribuiscono.
Art. 23. - È opportuno indicare le modalità
cui gli Enti responsabili dei servizi di zona devono rifarsi per redigere il
bilancio sociale di zona, almeno per garantire un rapporto corretto tra ente e
popolazione, in modo da recepire la domanda sociale
emergente, e non solo inventariare l'offerta e le sue dinamiche.
In questo senso si potrebbe fare un
riferimento specifico all'articolo sulla partecipazione.
Inoltre l'organismo comprensoriale
non dovrebbe essere solo un passacarte tra zone e Regione,
ma dovrebbe operare una prima sintesi dei bilanci sociali di zona per
armonizzarli con altre istanze programmatorie
che recepisce, evitando così un eccessivo centralismo regionale ed una
obiettiva marginalizzazione cui finirebbero per
essere condannati i singoli bilanci sociali di zona.
Art. 24. - Circa gli standards
definiti dal programma regionale di sviluppo è opportuno che siano di norma orientativi e non vincolanti per gli Enti responsabili
dei servizi di zona salvo esplicita affermazione in merito.
Art. 29. - Si ribadisce
quanto già espresso per l'articolo 13.
Art. 33. - Data l'imminenza
dell'approvazione definitiva delle leggi statali cui si fa riferimento e
tenendo presente quanto previsto dal testo di riforma sanitaria approvato dalla
Camera, si potrebbero già fornire indicazioni
concrete, senza rinvii ad ulteriori leggi regionali.
Artt. 34/35. - Si possono unificare.
Art. 38. - Si può abolire.
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