Prospettive assistenziali, n. 45, gennaio - marzo 1979

 

 

Libri

 

 

AA.VV., Corso per corrispondenza per genitori di bambini sordo-ciechi, Trento, Servizio di consulenza, 1978, pag. 400, gratuito.

 

G. CONTE OBERTO e L: PASCHETTA, Handicap­pati e scuola - Il bambino cieco nella scuola di tutti, Torino, Stampatori, 1978, pag. 225, L. 4000.

 

In quello che già più di quindici anni fa Gio­vanni Giraldi lamentava essere l'«hortus conclusus» della tiflologia, recintato dai «detentori di cariche e responsabilità», hanno fatto irruzio­ne recentemente due opere di indubbia utilità.

Il «Corso per corrispondenza» (che viene in­viato gratuitamente ai genitori) è la traduzione italiana del «John Tracy Clinic Correspondence Learning Program for Parents of Preschool Deaf­blind Children», un collaudato programma ame­ricano per l'orientamento delle famiglie di bam­bini portatori di minorazioni sensoriali la cui so­vrapposizione è stata a lungo ritenuta, di fatto, tanto grave da scoraggiare un programmato la­voro educativo che consentisse il pieno sviluppo delle capacità intellettuali e il raggiungimento di una sufficiente autonomia personale di chi ne è portatore. Questo nonostante che casi clamorosi di riuscita abbiano dimostrato il contrario salvo ammantarli arbitrariamente di eccezionalità. Ba­sti ricordare la celebre sordo-cieca americana Helen Keller e gli italiani Eugenio Malossi, in­ventore dell'omonimo sistema alfabetico digita­le, Sabina Santilli, dirigente dell'Unione Italiana Ciechi, Pinuccia Manenti, riabilitata dopo che un provvidenziale affidamento familiare l'aveva sot­tratta all'abbandono in istituto.

Le lezioni del corso vengono inviate periodi­camente secondo un ordine e un ritmo che ven­gono adattati alle diverse situazioni, seguite e verificate con appositi questionari; esse forni­scono ai genitori tutti i più opportuni suggeri­menti per svolgere con successo la naturale azio­ne educativa verso il loro bambino handicappato. Evidentemente il programma è ugualmente utile agli operatori sociali che affiancano le famiglie con interventi di assistenza domiciliare ai minori in età prescolare. Vengono toccati i diversi aspetti delle tappe evolutive ed i relativi obiet­tivi: l'educazione dei movimenti grossolani e fini, l'educazione del tatto, del gusto, dell'olfatto e degli eventuali residui visivi o uditivi, la comu­nicazione, l'autonomia nel mangiare, nel vestirsi, nella deambulazione, nell'igiene personale, tutto improntato da quel tranquillo pragmatismo che impronta le opere americane di questo genere e delle quali manca ancora la traduzione italiana come per esempio: «Il bambino cieco nella fa­miglia e nella comunità» di Marietta B. Spencer, o « Un bambino cieco entra a far parte della vostra classe» di Ysabel Johnson.

Molte delle esercitazioni suggerite, pur rivol­gendosi in specifico ai sordo-ciechi, sono ugual­mente valide o sono adattabili per i bambini sol­tanto sardi o solamente ciechi soprattutto in caso di difficoltà o ritardi nello sviluppo psichico. Quest'ultimo utilizzo, che richiede flessibilità e fantasia, è particolarmente raccomandabile se si tiene conto della desolante povertà di interventi istituzionali e tecnici che ancora si riscontra nel nostro paese verso i problemi di bambini ai quali l'attribuzione di un'etichetta di «gravi plurimi­norati» tradisce troppo spesso disimpegno e ignoranza di chi dovrebbe cooperare al loro re­cupero.

«Il bambino cieco nella scuola di tutti» è un compendio, dichiaratamente rivolto agli operatori scolastici, di informazioni e nozioni sulla cecità, sulla psicologia dei non vedenti, sulle modalità di approccio all'educazione integrata degli alunni privi della vista. Vi si riflette l'esperienza con­dotta dall'Unione Italiana Ciechi di Torino per l'integrazione scolastica dei bambini non vedenti fin dal '73 in un'appassionata e travagliata con­trapposizione alle pretese monopolistiche delle istituzioni speciali.

Dalle considerazioni sviluppate dal libro gli istituti per ciechi escono ancora una volta mal­conci: la piana esposizione dei principi sociolo­gici e psicologici su cui basare dei puntuali in­terventi di educazione e di assistenza alterna­tiva, l'illustrazione di semplici accorgimenti e sussidi didattici, dimostrano l'inconsistenza del­la «pedagogia speciale» e dei suoi obiettivi di «normalizzazione» della personalità perseguiti dalle strutture assistenziali per non vedenti.

Pur senza la pretesa di esaurire gli argomenti, i lettori vengono introdotti nelle principali pro­blematiche sollevate dalla presenza del bambino cieco nella classe normale: dai problemi psico­logici allo sviluppo dei processi cognitivi, dalla educazione sensoriale al linguaggio e alla socia­lizzazione. I problemi didattici sono affrontati con particolare attenzione proprio per rispondere al­le esigenze pratiche dei docenti rispetto alla lettura e scrittura, alla matematica, all'educazio­ne fisica e spaziale. Viene evidenziato come la specificità di alcuni momenti e di alcuni stru­menti non può e non deve mai cristallizzarsi in un «metodo» distinto e separato dall'approccio educativo verso tutti i bambini. Sono illuminanti in proposito gli intelligenti esempi proposti dal­la ispettrice scolastica Urbani Cittadini, riportati in appendice, i quali dimostrano come numerosis­sime attività didattiche possono essere comple­tamente comuni agli alunni vedenti e al cieco inserito fra essi. Ne risulta che, al contrario di una scuola specifica che lo isola nella sua mino­razione, «la scuola necessaria al cieco è quella in cui il bambino entra con tutto se stesso e nella quale si pone attenzione ad ogni sua poten­ziale facoltà, cercando di sviluppare l'intierezza della persona e coltivandone gli interessi e le attitudini; ma questa, ci pare, è la scuola che tutti vorremmo per i nostri figli».

FRANCO GOBETTI

 

 

M. C. BASSANINI, C. LUCIONI, P. PIETROBONI, E. RANCI ORTIGOSA, Servizi sociali: realtà e riforma, Il Mulino, Bologna, 1977, pag. 534, L. 10.000.

 

Il volume si articola in tre parti. La prima è dedicata all'esame della realtà attuale dei servi­zi in termini di ordinamento, estensione, risorse. La seconda esamina puntualmente le proposte ed i processi di riforma del sistema a livello na­zionale e regionale, con particolare riferimento alla 382, alla legge quadro di riforma, alla legi­slazione regionale di riordinamento e riforma del settore. La terza parte affronta sia pure sin­teticamente l'impegnativa questione della iden­tificazione dei bisogni sociali, della domanda

emergente, della formulazione di una ipotesi or­ganizzativa ed istituzionale per la promozione di un sistema decentrato e integrato di servizi.

Il pregio maggiore è senza dubbio la tempe­stività con cui è uscito, dopo l'approvazione dei DPR 616 e l'ampia documentazione fornita sull'attività delle Regioni, i dati forniti rispetto ai vari problemi specifici del settore assistenzia­le, documentazione che permette al lettore di fare considerazioni puntuali sulla situazione.

Non si tratta quindi di un volume che porta nuove interpretazioni o nuove prospettive, ma che riassume correttamente quanto in questi anni si è elaborato, e non solo nell'ambito dell'istituto per la Ricerca Sociale.

Il pregio può diventare a volte limite, soprat­tutto nella parte di analisi teorica, là dove si è tentata la definizione di un modello generalizzato per la costruzione dei servizi alternativi, su cui appunto l'elaborazione è ormai scontata.

Sarebbe stato invece preferibile lavorare più sul concreto, scegliendo magari alcune Regioni più significative o comunque differenziate tra loro e, partire dalla realtà che le caratterizza, per indicare le tappe da perseguire, magari uti­lizzando i documenti prodotti, da partiti, sinda­cati e forze sociali presenti in sede locale.

In alcune parti, ad esempio quando si parla di adozione e affidamento familiare, l'analisi è troppo superficiale e non tiene conto, neanche a livello di note, di quanto detto e scritto dall'ANFAA, dimostrando un utilizzo parziale della bibliografia esistente sull'assistenza oggi.

Non c'è dubbio comunque che un intervento di sistemazione, come in ultima analisi è il vo­lume, era necessario, soprattutto per chi a que­sti temi si avvicina.

ALBERTO DRAGONE

 

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