Prospettive assistenziali, n. 45,
gennaio - marzo 1979
NON
SOTTRAZIONE DEI FIGLI AI GENITORI MA PROTEZIONE DELL'INFANZIA PIU' INDIFESA
IGNAZIO BAVIERA
Pubblichiamo
questo intervento di Ignazio Baviera,
Presidente del Tribunale per i Minorenni di Palermo, che ribadisce l'adottabilità
per i bambini in situazione di abbandono materiale e morale.
Più volte sono comparsi, nella
stampa quotidiana e nei rotocalchi, servizi riguardanti bambini che venivano tolti dal loro ambiente originario per essere dati
in adozione a famiglie diverse.
E l'opinione pubblica si è commossa,
partecipando emotivamente alle vicende di questi bambini o, più
frequentemente, dei genitori dei bambini. Infatti lo spunto per l'informazione era dato quasi sempre
da una protesta che tali genitori portavano nelle redazioni dei giornali.
Ritengo sia doveroso precisare i
termini del problema, considerando, oltre che la situazione dei genitori che
lamentano a gran voce l'arbitrarietà e l'ingiustizia del provvedimento
(qualificato inumano) che realizza la sottrazione dei loro figli, anche la
posizione di bambini sfortunati, che stanno a lungo
privi di quel minimo di assistenza normale per ogni soggetto di tenera età,
che subiscono la più grave ingiustizia da parte del contesto sociale, che sono
ostacolati e distorti nella formazione della loro personalità, e che non
possono presentarsi nelle redazioni dei giornali per esporre le proprie ragioni
(1).
Quella stessa opinione pubblica
resterebbe inorridita nell'apprendere di bambini lasciati in casa per intere
giornate, privi di cibo, di indumenti, di pulizia o
trovati a razzolare in mezzo alle immondizie, o
avviati all'accattonaggio organizzato, o palesemente destinati alla prostituzione.
Ed è peggiore la condizione di altri bambini dimenticati in istituti di beneficenza e
privati di un proprio ambiente familiare, fattore indispensabile per una
normale crescita.
Bambini relegati nel collegio anche
il giorno di Natale, o visitati fugacemente, a
intervalli di due o tre mesi o anche di anni. Chi ha avuto modo di incontrare
queste creature si è reso conto dei dolore cocente che
esse sopportano e del danno gravissimo che ne ricevono. Che tale realtà esista frequentemente è provato dalle stesse dichiarazioni
dei genitori che ammettono di essere privi di notizie dei figli
(volontariamente relegati in istituti), per periodi che superano anche l'anno.
Chi sta un anno senza notizie dei figli non è padre,
ma solo è - o ritiene d'essere - padrone.
Si può ritenere per certo che la
vicenda narrata dal Giornale di Sicilia
del 19 agosto 1978 («si lasciava morire per mancanza di amore»)
non sia un fatto eccezionale, ma che ogni bambino relegato a lungo in istituto
di assistenza subisca una continua frustrazione e riceva un danno irreversibile
per la prolungata carenza di cure e attenzioni particolari.
Da tempo la società ha percepito
queste sofferenze e questi bisogni dei più piccoli e indifesi suoi componenti e, anche su scala internazionale, ha creato
degli strumenti legislativi rivolti a porvi un efficace rimedio.
Seguendo gli insegnamenti della
pediatria, della pedagogia, della psicologia le nazioni più evolute nel corso
di quest'ultimo trentennio hanno stabilito che i bambini che non ricevono la dovuta assistenza materiale e morale da parte dei loro
genitori, vengono tolti a costoro e, previa dichiarazione dello stato di
adottabilità, vengono affidati a famiglie riconosciute idonee a svolgere un
valido ruolo di allevamento e di educazione.
Ove si tenga presente che prima di
arrivare a tale conclusione i genitori vengono
convocati, e - se reperibili e si presentano - sono sentiti dal giudice,
esortati, diffidati, guidati per modificare radicalmente il loro atteggiamento
verso i figli, appare evidente che l'evento ultimo della sottrazione dei figli
risale, in realtà, ad una scelta volontaria di tali genitori. Essi infatti avrebbero potuto modificare la loro condotta e
mantenere i rapporti con i loro figli su un piano di normale affettuoso apporto
educativo.
Non si è mai
sentito parlare di bambini strappati dalle braccia di genitori solleciti
e affettuosi, e vicini ai loro figli.
Quali siano
le regole e le misure per determinare i bambini che rientrano nella normativa
sull'adozione speciale, e cioè che siano «privi di assistenza materiale e
morale da parte dei loro genitori» viene determinato dalla stessa società, che
col proprio comportamento costante precisa quali specifici atti concretano
quel minimo di assistenza dovuta ad ogni bambino e, per converso, quale
diverso comportamento costituisca atto di abbandono. La stessa società esprime
quindi un giudizio su ogni vicenda che si verifica in
questo campo, e pretende che ogni bambino che sia trascurato oltre un certo
limite da parte dei propri genitori venga tolto a costoro per essere affidato,
in posizione di figlio, a una delle numerosissime coppie che spasmodicamente
attendono l'assegnazione di un bambino.
È necessario perciò che la società
conosca tutti i termini della vicenda, il che non avviene se l'informazione ne espone solo un aspetto.
È noto che sono
avvenuti - in misura più o meno estesa - episodi di commercio di bambini.
Commercio di bambini significa vendita di queste creature da parte dei loro
genitori, titolari del potere di disporne. Molto spesso a portare la loro
protesta nelle redazioni dei giornali sono questi
stessi genitori che non ottengono dal Tribunale per i minorenni il crisma
ufficiale che coroni la privata cessione dei loro figli attraverso un atto che
lascia chiaramente intendere l'esistenza di una transazione di carattere economico.
L'indignazione etichettata come
protesta per la sottrazione dei figli, per la soppressione dei vincoli del
sangue, per il misconoscimento del frutto delle viscere ecc. nasconde in realtà
il disappunto per l'insuccesso di un infame mercato, e per la perdita della
relativa mercede.
Anche se non ricorre la vendita
sopra qualificata, il genitore, che pur non ha fatto nulla per il figlio ma ha la pretesa che all'allevamento provveda in modo
completo e permanente l'ente di assistenza, considera tuttavia il figlio come
una cosa in sua proprietà della quale può disporre come vuole. Normalmente vi
è un proposito di ricavarne le possibili utilità, in particolare di sfruttare
il lavoro appena il bambino sarà in condizione di svolgerne uno.
Si matura quindi una ribellione quando l'organo pubblico, con suo atto
d'imperio, sconvolge queste aspettative.
A ben guardare alla base di quel
rapporto genitori-figli non esiste
il minimo afflato d'affetto e di interesse. Solo questo spiega la cessione del
figlio a persone sconosciute, molto spesso anziane e incapaci di svolgere un
ruolo genitoriale; solo questo giustifica
la mancanza di normali frequenti rapporti dei genitori col bambino: per
esempio la mancanza di notizie per un anno!
Si deve infine respingere quella impostazione, che è stata talvolta formulata, per la
quale la dichiarazione dello stato di adottabilità di minori in situazione di
abbandono realizzerebbe una espropriazione dei figli ai poveri per darli ai .ricchi.
È questa demagogia, che vuol portare un elemento di falsa politica in una materia
squisitamente ed esclusivamente umana, in cui viene in evidenza solo
l'esigenza sociale, universalmente sentita, del migliore allevamento dell'infanzia.
La povertà è, purtroppo, una malattia molto diffusa in Italia; ma non tutti i
figli dei poveri sono tolti a costoro. Ciò avviene
solo per quei figli che vengono sacrificati, senza
possibilità di rimedio, e oltre un limite sopportabile.
Molto spesso tale situazione è solo
indirettamente collegata alla povertà dei soggetti, ma è invece la conseguenza
di una abbondante e irresponsabile filiazione, non
seguita da convenienti cure e, soprattutto, non illuminata dall'affetto.
E si deve notare che non è vero che
quei bambini sono dati ai ricchi: ma solo a coloro che
mostrano (anche attraverso la spasmodica ricerca di un bambino)
idoneità e capacità di bene allevarlo. Statisticamente sono molto più numerose le coppie del ceto operaio e lavoratore rispetto a
quelle della media o alta borghesia, mentre non si ha memoria di bambini-dati
ad una coppia ricca solo perché tale.
E se si tiene presente quella
moltitudine di bambini già dati in adozione, ove si consideri la differenza
abissale fra la loro condizione attuale di benessere e di riuscita rispetto
alla previsione che poteva formularsi per una interminabile
permanenza in collegio o in una situazione di abbandono, constatando í
reciproci rapporti di amore che immediatamente si instaurano fra il fanciullo
e la famiglia che lo accoglie come figlio a lungo desiderato, si comprenderà la
vera essenza dell'istituto dell'adozione e si pretenderà, da chiunque, che la
funzione relativa, e cioè la protezione dell'infanzia abbandonata; venga
svolta senza lassismi e senza malintese pietà.
(7) Vedi Prospettive assistenziali, n. 34.
Editoriale pag. 4: «Va ricordato che già durante le discussioni parlamentari
emerse in modo evidente che l'adozione speciale era solo
una delle risposte di una problematica sociale ben più vasta». Se è vero infatti che molti abbandoni sono dovuti a cause economiche
sociali e se è vero che le cause economiche sociali incidendo sulla
personalità degli individui li rendono passivi, è necessario lottare sul piano
politico per il raggiungimento di una società più giusta. Ma nell'immediato e
in certi contesti è doveroso e lecito intervenire sul
piano operativo in modo che siano soddisfatti il più adeguatamente possibile
le esigenze dei bambini privi di assistenza materiale e morale.
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