Prospettive assistenziali, n. 45,
gennaio - marzo 1979
REGIONE
EMILIA-ROMAGNA - DIRETTIVE PER
Pubblichiamo
integralmente la deliberazione del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna
n. 1728 del 14 settembre 1978, che prende atto delle
funzioni di vigilanza trasferite alle Regioni.
Speriamo
che le Regioni diano sollecita e piena attuazione
all'art. 4 della legge n. 698 del 23 dicembre 1975 relativa allo scioglimento e
al trasferimento delle funzioni dell'ONMI, articolo che prevede quanto segue: «Le Regioni a statuto
ordinario, nell'osservanza dei principi fondamentali stabiliti nella legge
statale, disciplinano con legge l'esercizio delle funzioni trasferite
relativamente alla protezione e assistenza alla maternità ed infanzia in
rapporto ai servizi sanitari ed assistenziali esistenti, coordinandola con
l'assistenza all'infanzia di cui al R.D.L. 8 maggio 1927, n. 798, convertito
nella legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e successive modificazioni ed
integrazioni».
Ma
altre competenze e doveri hanno le Regioni nel rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e nell'esercizio delle funzioni
ad esse delegate. È urgente allora che le Regioni regolamentino l'assistenza agli anziani, agli handicappati e
agli altri casi assistenziali, in attuazione del D.P.R. 616 del 24 luglio 1977,
provvedendo altresì ad emanare le direttive per la preventiva autorizzazione a
funzionare e la vigilanza degli istituti di ricovero per le persone suddette.
TESTO DELLA DELIBERAZIONE
PARTE I
DIRETTIVE PER
CAPITOLO I
Direttive
generali riguardanti i servizi a carattere residenziale
per i minori
1) Indicazioni di carattere
generale
I consorzi socio-sanitari esercitano
la vigilanza e il controllo nei confronti dei servizi a carattere residenziale
che ospitano i minori.
Poiché l'attività di vigilanza e di
controllo consiste principalmente nel verificare che siano
rispettate le norme vigenti e che siano salvaguardati gli interessi e i
diritti dei minori, l'osservanza delle leggi e la tutela dei diritti dei
minori dovranno essere fatte valere da parte dei consorzi socio-sanitari
indipendentemente dalle diversità strutturali e di esperienze educative esistenti
tra gli enti e gli istituti che ricoverano o prestano servizi ai minori,
qualunque sia la forma di esercizio di tale attività.
I consorzi socio-sanitari esercitano
la vigilanza ed il controllo loro delegati innanzitutto
con la istruttoria delle domande per l'autorizzazione al funzionamento di
servizi a carattere residenziale per minori.
L'istruttoria per la concessione
dell'autorizzazione al funzionamento di servizi dovrà verificare con la
massima cura il rispetto - oltre che delle leggi che ne regolano la struttura e
l'attività - anche degli standards di queste
direttive e degli obiettivi di politica assistenziale
della Regione Emilia-Romagna.
Il controllo e la vigilanza
consistono anche nell'esame del concreto esercizio delle attività di cura e di
tutela dei minori da parte di enti, di istituti e di
privati per verificarne anche la rispondenza alle attuali esigenze sociali ed
individuali, pur nel rispetto delle diverse metodologie e dei vari
orientamenti pedagogico-culturali.
Gli standards
di queste direttive non costituiscono perciò un modello di servizio o di istituto proposto dalla Regione Emilia-Romagna;
essi tendono soltanto a garantire, nell'interesse del minore, che siano
osservate, quanto meno, condizioni minime di carattere tecnico, amministrativo,
igienico sanitario ed educativo.
Le direttive, gli obiettivi e gli standards in questo capitolo prendono in considerazione e
riguardano tutti gli istituti e tutte le forme di assistenza
residenziale riguardanti i minori, di cui ai successivi capitoli.
In relazione ai convitti-scuola che ospitano minori
dai 6 ai 18 anni, su affidamento della famiglia, si applicano solo le
prescrizioni e gli standards di cui ai paragrafi 4
(funzioni sanitarie) e 7 (struttura residenziale) di questo capitolo. Sarà
applicata la vigilanza finalizzata alla tutela dei diritti del minore e per
l'applicazione delle leggi dello Stato e della Regione Emilia-Romagna.
Ove un ente presti congiuntamente assistenza a minori e ad altre collettività
di soggetti (ad esempio adulti, anziani, ecc.) nello stesso complesso,
istituto o edificio, si dovranno creare diverse e distinte comunità educative
e assistenziali. La vigilanza dei consorzi socio-sanitari sarà esercitata in base a queste direttive per quanto attiene le competenze
delegate per i minori.
2) Adeguamento agli standards
L'adeguamento degli istituti
residenziali alle prescrizioni delle direttive e agli standards
indicati, sarà proposto dal consorzio socio-sanitario e attuato, concordandone
con i responsabili i tempi di attuazione, in un
periodo di tempo che va da uno a tre anni, in relazione al tipo di prescrizioni
e di standards da applicare e all'urgenza della loro
applicazione, in funzione del rispetto delle norme e della tutela degli
interessi dei minori.
La proroga dei termini sopra
indicati può essere consentita dal consorzio socio-sanitario solo in casi
eccezionali, per particolari, oggettive e comprovate ragioni di
impossibilità materiali non dipendenti dall'ente o dalla sua
amministrazione di portare a compimento l'adeguamento degli istituti e dei
servizi.
Gli istituti già esistenti e
funzionanti non potranno ospitare più di sessanta
minori.
Non potrà invece essere superato il
numero di 7 minori ospiti nell'autorizzazione al funzionamento
di nuovi servizi residenziali.
Ciò non esclude la gestione di più
strutture da parte dello stesso ente.
3) Organizzazione
educativa
a) Costituzione di piccoli gruppi
All'interno di ogni
comunità educativa deve essere promossa la formazione di piccoli gruppi con un
numero massimo di otto minori ciascuno.
Per i minori di età
inferiore a tre anni il gruppo non può comprendere più di cinque minori.
Il rapporto educatore-minori deve
permettere la presenza di un educatore per ogni gruppo negli orari extrascolastici
e di attività educativa dell'istituto.
Il gruppo deve, di regola, usufruire
di locali e di attrezzature per le proprie attività,
nell'ambito della comunità educativa e delle strutture dell'istituto.
b) Partecipazione alla gestione
Alla gestione degli istituti debbono essere interessate le famiglie e gli enti
affidanti, la cui collaborazione l'istituto deve promuovere.
A tal fine le famiglie e i
rappresentanti degli enti affidanti hanno diritto di accesso
alle strutture che ospitano i minori.
c) Funzioni di educatore
e di direzione
Premesso che l'educazione esige una
comunità educante, tutto il personale impegnato ai diversi livelli nei servizi
residenziali per minori svolge, pur nell'assolvimento di specifiche funzioni,
compiti educativi.
La responsabilità e la direzione
degli istituti e dei servizi destinati ai minori e delle comunità educative di
regola saranno affidate, anche per la parte tecnico-amministrativa, alla
persona o alle persone incaricate e preposte alle
attività educative dei minori.
L'educatore deve avere la maggiore
età e una specifica qualificazione pedagogica.
È fatta eccezione per le persone le
quali, per pluriennali esperienze fatte nel campo dell'educazione e le personali
attitudini dimostrate, abbiano dato prova concreta di possedere i requisiti
per lo svolgimento di compiti educativi.
Si deve favorire l'utilizzazione di personale che garantisca la massima
stabilità e la continuità del rapporto educativo.
d) Rapporto tra la comunità educativa
e l'esterno
I minori non devono essere isolati o
esclusi da contatti con le comunità del territorio e dalla
partecipazione alla sua vita sociale.
Essi, pertanto, devono poter
utilizzare, di norma, le strutture scolastiche, sportive, ricreative e gli
altri servizi esistenti nel territorio.
L'istituto deve favorire e
promuovere, d'intesa con gli enti e le istituzioni del territorio, l'uso delle
sue strutture da parte della comunità.
4) Funzione sanitaria
Le funzioni sanitarie sono svolte di
norma dalle competenti strutture territoriali le
quali devono assicurare la pronta reperibilità diurna e notturna di un medico.
Dovranno essere garantiti:
4.1) La tenuta e l'aggiornamento periodico delle schede
sanitarie individuali per i minori contenenti:
- l'esito dei
controlli periodici dello sviluppo, eseguito secondo il calendario e la
metodologia indicata dalla scheda regionale nei primi tre anni di vita e secondo le
disposizioni di legge in materia di medicina scolastica per gli anni successivi;
- gli interventi profilattici,
comprese le vaccinazioni di legge;
- gli stati morbosi e le relative
terapie.
4.2) La tenuta e l'aggiornamento periodico delle schede
sanitarie individuali del personale, con la registrazione degli
interventi igienico-profilattici eseguiti.
4.3) Le profilassi delle malattie infettive diffusive.
4.4) La vigilanza igienica e dietetica sull'alimentazione,
con particolare riguardo alla compilazione e
all'osservanza della tabella dietetica.
4.5) La vigilanza sull'igiene degli ambienti e sulla idoneità degli arredi e delle attrezzature.
4.6) La vigilanza
sull'approvvigionamento idropotabile e sullo
smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi.
4.7) La segnalazione di tutti i problemi igienico-sanitari alla direzione della struttura,
all'autorità sanitaria locale per i provvedimenti di rispettiva competenza.
4.8) La collaborazione con il restante personale
nell'organizzazione interna della struttura, con particolare riguardo ai
problemi igienico-sanitari della collettività e
individuali dei minori.
4.9) Per i nuovi ammessi dovrà esser eseguito:
- il controllo profilattico per la esclusione di malattie infettive diffusive in atto;
- il controllo delle avvenute
vaccinazioni di legge e la esecuzione di quelle
mancanti;
- il controllo del certificato di «
zona indenne » di provenienza;
- il controllo o esecuzione degli
accertamenti radiologici o tubercolinici per la esclusione di manifestazioni tubercolari in atto.
a) Prescrizioni igieniche riguardanti
il personale
Le prescrizioni igienico-sanitarie
riguardanti il personale debbono essere tassativamente
osservate e controllate dal medico e dal personale sanitario ausiliario.
Tutto il personale che a qualunque
titolo presti la sua attività all'interno della struttura deve essere in
possesso dei requisiti fisici necessari allo svolgimento delle specifiche
mansioni cui è addetto.
Il personale senza distinzione deve
essere sottoposto:
1) ad accertamento clinico-radiologico, almeno biennale,
presso un Dispensario Antitubercolare al fine di manifestazioni tubercolari in
atto;
2) ad un accertamento batteriologico
sul mucorino-faringeo presso un Laboratorio medico di Igiene e Profilassi al fine di dimostrare l'assenza del
bacillo difterico;
3) alla
vaccinazione antitifica per via orale con validità di un anno;
4) alla ricerca annuale degli entero batteri patogeni (salmonelle,
seigelle) nelle feci da eseguire presso un
Laboratorio di Igiene e Profilassi.
Il personale di cucina, in possesso
del libretto di idoneità sanitaria rilasciato
dall'Ufficiale sanitario a norma dell'art. 14 della tegge
30 aprile 1962, n. 283, deve sottoporsi, oltre agli accertamenti di cui sopra,
anche alla ricerca annuale, con esito negativo, dello stafilococco coagulasi-positivo
nel muco rinofaringeo.
Per il personale addetto alla cucina la vaccinazione antitifica deve essere effettuata
per via orale solamente nei soggetti che presentino controindicazioni all'uso
del vaccino parenterale.
La vaccinazione per via parenterale
ha validità triennale purché seguita ogni anno da una vaccinazione per via
orale.
5) Organizzazione
amministrativa
a) Regolamento
Ogni ente o istituto o servizio che
ospiti minori deve essere dotato di un regolamento che disciplini i rapporti
tra l'amministrazione, il personale, gli ospiti, le loro famiglie e gli enti,
e indichi il funzionamento del servizio e le responsabilità del personale.
Il regolamento deve riflettere gli
indirizzi e rispettare gli standards di queste
direttive.
Il regolamento deve riguardare anche
il servizio economale, ivi
comprese le rette e l'organizzazione ed il funzionamento di ogni altro
servizio.
Ogni ente o istituto deve tenere un
elenco aggiornato del personale, con le relative mansioni e responsabilità, la
documentazione sanitaria del personale e degli ospiti, ed un registro delle
presenze, sia per gli adulti che per i minori.
Devono essere annotati anche i
movimenti temporanei, sia all'interno come all'esterno dell'istituto, per
ragioni sanitarie, quali í ricoveri all'infermeria e le spedalizzazioni.
b) Rette
L'ammontare delle rette deve essere di regola uniforme per tutti gli ospiti, non deve
assumere carattere di discriminazione né consentire scelte nell'accettazione.
Una eventuale diversificazione della
retta degli ospiti dello stesso istituto può essere consentita solo in quanto
corrisponda ad un trattamento necessario per comprovate esigenze del minore.
L'ammontare della retta deve essere
comunicato al consorzio socio-sanitario nel cui territorio ha sede
l'istituto.
6) Ammissioni e dimissioni
L'ammissione e la dimissione del minore rivestono un'importanza fondamentale, per le
ripercussioni sul minore e sulla sua famiglia e per l'intervento dell'ente
locale.
La istituzionalizzazione di un minore
dovrà essere consentita solo in mancanza di ogni altro e diverso intervento
assistenziale e non altrimenti evitabile.
a) Ammissioni
1) Bacino d'utenza
I minori, di regola, devono
provenire dal territorio del Consorzio socio-sanitario o del comprensorio ove
ha sede l'istituto, salvo che comprovate, oggettive e specifiche ragioni impongano di ricoverare il minore in un istituto di un
diverso territorio.
2) Preparazione all'ammissione
Ogni richiesta di ammissione
di un minore in un istituto deve essere attentamente ed adeguatamente preparata,
con incontri tra gli operatori del consorzio socio-sanitario, la famiglia e
l'istituto, allo scopo di approfondire la valutazione del caso, anche con
rapporti diretti con il minore, se opportuno.
Una volta constatata l'assoluta
necessità del ricovero l'ammissione deve essere
disposta tenendo conto delle esigenze del minore, delle richieste espresse
dalla famiglia, o da chi la rappresenta e la sostituisce.
Nel disporre l'ammissione di un
minore in un istituto deve essere indicata la presumibile durata della
permanenza nell'istituto.
Il minore deve essere informato
delle ragioni del ricovero, della sua presumibile durata e delle
caratteristiche dell'istituto.
3) Ammissioni
Il minore dovrà essere accompagnato
nell'istituto, di regola, da un familiare o da una persona a lui nota e gradita.
L'ente che chiede il ricovero dovrà
trasmettere all'istituto o servizio di affidamento,
contestualmente all'ammissione, la documentazione in suo possesso sul minore,
la cartella-sanitaria e l'impegnativa dell'Ente per la erogazione della retta.
L'ente che affida il minore
trasmetterà all'istituto informazioni aggiornate sulla situazione della famiglia dello stesso minore, anche perché siano
valutate le possibilità della futura dimissione.
4) Comunicazione delle ammissioni
Entro tre giorni dall'ingresso del
minore in un istituto il responsabile di questo dovrà darne
comunicazione:
- al Presidente del consorzio
socio-sanitario nel cui territorio è situato l'istituto;
- al Sindaco del
Comune di residenza del minore e al Presidente del Consorzio socio-sanitario;
- al Giudice tutelare (Pretore)
competente nel territorio dove è situato l'istituto e a quello del territorio
di residenza del minore;
- al Presidente del Tribunale per i
Minorenni del territorio dove è situato l'istituto e a quello del territorio di
residenza del minore.
5) Cartella personale
L'istituto deve avere la cartella
personale nella quale devono essere riportati tutti i dati
socio educativi (evoluzione educativa del minore, rapporti con la
famiglia d'origine, comprese le visite ecc.) nonché quelli riguardanti lo
sviluppo fisico e psichico del minore ospitato.
Al momento dell'ammissione dovranno
essere annotati i precedenti familiari e sociali del minore,
le ragioni del ricovero ed il periodo programmato per il soggiorno del minore
nell'istituto.
La cartella dovrà essere
sistematicamente aggiornata.
b) Dimissioni
1) Preparazione delle dimissioni
La preparazione del ritorno del
minore nell'ambiente di provenienza o di quello che è disponibile ed idoneo ad accoglierlo, deve essere adeguatamente e
gradualmente seguita, con contatti diretti con la famiglia, con l'ambiente e
con gli operatori del Consorzio socio-sanitario, tenendo conto delle esigenze
del minore e dei suoi diritti.
2) Comunicazione delle dimissioni
Anche della dimissione del minore da
un istituto deve essere data comunicazione scritta
nei modi e alle stesse persone alle quali si è data comunicazione della
ammissione.
7) La struttura residenziale
Le strutture destinate alla
residenza di minori, costituite da un corpo unico o da un complesso di edifici, devono essere rispondenti alle norme del locale
regolamento edilizio e d'igiene -e al piano regolatore, sia per quanto concerne
I'ubicazione come per la consistenza e la
funzionalità, e devono avere ottenuto il riconoscimento da parte del Sindaco allo
specifico uso, ai sensi dell'art. 221 T.U. Leggi Sanitarie.
Anche le modificazioni che saranno
eseguite per adeguare le strutture residenziali alle prescrizioni e agli standards delle presenti direttive
dovranno essere conformi alle prescrizioni di legge e dell'autorità locale in
materia di urbanistica, edilizia ed igiene.
L'articolazione, la divisione e la
fruibilità degli spazi interni delle strutture residenziali destinate
ai minori devono superare la rigida contrapposizione e la separazione delle
aree utilizzabili dagli ospiti di un istituto, in relazione alle varie esigenze
di vita, di studio, di ricreazione e di riposo dei singoli e alle attività
della comunità e dei piccoli gruppi.
Dovrà perciò favorirsi - nell'ambito
del possibile - l'utilizzazione multipla degli spazi
esistenti da parte degli ospiti.
Per il riposo dei minori devono
essere eliminate le camerate, con la creazione preferenziale
di camere individuali o per due persone. Ove ciò non fosse possibile nella
trasformazione dei vecchi istituti si dovranno creare camere con un limitato
numero di posti letto, che non dovrebbe mai e comunque
essere superiore a quello del piccolo gruppo istituito nella comunità
educativa.
È richiesto un minimo di quattro
metri quadrati per posto-letto. L'arredamento delle camere deve essere
funzionale e possibilmente personalizzato in relazione alle
esigenze del minore; deve inoltre essere soddisfacente sul piano igienico-sanitario.
I servizi igienici debbono essere il più possibile individualizzati ed essere
direttamente collegati con le camere.
Essi debbono
comprendere servizi adeguati al numero e alle esigenze degli ospiti e debbono
rispondere alle prescrizioni del regolamento comunale di igiene.
Le camere del personale educativo debbono essere situate in prossimità delle camere dei
minori.
Anche per le camere degli educatori è
richiesto il minimo di quattro metri quadrati per posto letto.
La zona utilizzata per i pasti degli
ospiti deve prevedere un'area non inferiore a un metro
quadrato per posto.
Deve essere favorita la
distribuzione, la destinazione e l'arredamento dei locali in funzione delle
esigenze di riposo, di vita e di attività relativamente
autonoma ed autosufficiente di piccoli gruppi.
La zona destinata al riposo non
potrà essere inferiore al 60% della superficie destinata alla vita ed alla attività collettiva ed individuale diurna dei minori.
Nel locale destinato a cucina deve
osservarsi la separazione tra la zona di preparazione e di cottura degli
alimenti da quella destinata al lavaggio e al rigoverno
delle stoviglie.
La dispensa destinata agli alimenti
deve essere separata dal ripostiglio del materiale di pulizia. Devono
prevedersi servizi per il personale di cucina e di mensa.
Tali servizi e le attrezzature della
cucina devono rispondere alle prescrizioni di igiene
e di sicurezza che saranno impartite dal personale sanitario e dalle autorità
competenti.
CAPITOLO II
Servizi residenziali
per minori comprendenti handicappati
Le direttive e gli standards che precedono sono
riferibili anche agli istituti che ospitano dei minori handicappati.
In considerazione delle specifiche
esigenze degli ospiti handicappati si applicheranno le seguenti ulteriori direttive.
1) Organizzazione
educativa
Nell'istituto o servizio ove sono
presenti minori handicappati il piccolo gruppo non
può superare il numero di cinque minori con un rapporto educatore-minori che
varia da uno a due e da uno a cinque in relazione alla gravità dell'handicap.
2) Funzioni di
direzione
Negli istituti ove sono ospitati
minori handicappati la responsabilità e la direzione dell'istituto e dei
servizi destinati in maniera specifica o prevalente ai
minori handicappati devono essere affidate a persone qualificate ed esperte
dei problemi degli handicappati e dei processi riabilitativi. Negli istituti
convenzionali con il Ministero della Sanità è richiesta la presenza di un
direttore sanitario.
3) Funzioni sanitarie
L'ente gestore deve assicurare
inoltre la presenza medica giornaliera. Sarà cura del direttore di predisporre
la durata della presenza medica e la durata dei vari momenti riabilitativi
specifici secondo un'apposita tabella da esporsi. Vi
saranno assistenti sanitarie ed infermiere professionali nel numero ritenuto
necessario dall'età, dalla gravità e dal tipo di handicaps
presenti nell'istituto. L'ente gestore provvederà, per mezzo di personale
specialistico proprio o in convenzione con i servizi
del territorio, a garantire un processo di recupero dei minori prevedendo un
adeguato numero di prestazioni specialistiche tali da garantire l'effettivo
momento riabilitante.
Per quanto riguarda la cartella
personale, ai dati richiesti per tutti i minori (vedi normativa generale) va aggiunta la documentazione riguardante:
- origine e caratteristiche
dell'handicap stesso;
- diagnosi;
- terapia;
- aggiornamento della diagnosi e
della terapia.
4) Retta
L'ammontare della retta, ove siano
state stipulate convenzioni, è fissato dal Ministero
della Sanità.
5) Struttura
Per le particolari esigenze che i
diversi handicappati presentano, si devono eliminare ed evitare tutte le
barriere architettoniche che limitano di fatto l'uso
degli spazi interni ed esterni. Ove esistano, dovranno
essere apportate tutte quelle modifiche che eliminano l'inconveniente entro il
termine massimo di un anno.
L'istituto dovrà disporre
di arredamento ed attrezzature utili ad assicurare la continuità del
processo riabilitativo posto in essere dai servizi del territorio o comunque previsto
nel piano terapeutico al momento della ammissione.
CAPITOLO III
Gruppi appartamento
1) Premessa
I Consorzi socio-sanitari
eserciteranno il controllo e la vigilanza anche in relazione
ai gruppi appartamento, con riferimento alle direttive generali e alle
prescrizioni fin qui riportate, in quanto applicabili a tale forma di
intervento, che dovrà costituire entro 5 anni la risposta ai bisogni
residenziali di minori.
In considerazione delle
specifiche caratteristiche dei gruppi appartamento si applicheranno le
seguenti ulteriori direttive.
I «gruppi appartamento», devono
tendere principalmente ad evitare la istituzionalizzazione
dei minori nel territorio e a favorire contemporaneamente la deistituzionalizzazione di quelli già ricoverati.
Essi non debbono
rispondere a bisogni non risolti ad altri livelli e da altri servizi.
Deve essere esclusa la
predeterminazione di modelli e di standards
generalizzabili per i «gruppi appartamento» da parte dei Consorzi
socio-sanitari: sarà consentita solo la indicazione
di tendenze, quali desumibili anche dalle specifiche prescrizioni che seguono.
2) Utenza dei gruppi
appartamento
Nella costituzione, gestione e
funzionamento dei «gruppi appartamento» deve essere assicurato il rispetto
della territorialità dell'intervento. I «gruppi appartamento» di regola possono
ospitare solo minori provenienti dal territorio del Consorzio o del
comprensorio in cui è ubicato l'appartamento.
La deroga alla territorialità può
essere consentita solo dietro espressa richiesta dell'autorità
amministrativa o giudiziaria del territorio di provenienza, con il consenso del
Consorzio in cui è ubicato il «gruppo appartamento».
3) Formazione dei
gruppi
Il numero massimo dei minori per
ogni gruppo non deve essere superiore a sette.
La composizione del gruppo,
possibilmente disomogenea per età e sesso, deve essere fatta
dopo un esame della situazione concreta dei minori, tenendo conto delle loro
esigenze e delle richieste espresse dalla famiglia, o da chi la rappresenta o
la sostituisce.
4) Personale
Si deve favorire l'utilizzazione di personale che garantisca la massima
stabilità e la continuità del rapporto educativo.
5) Gestione
economico-finanziaria
La gestione del gruppo appartamento
deve seguire criteri di semplicità amministrativa e di partecipazione dei componenti.
6) Struttura edilizia
L'ubicazione logistica del gruppo
appartamento deve favorire l'inserimento sociale e facilitare scambi e
rapporti dei minori con il contesto sociale.
Gli appartamenti devono altresì
essere dotati di accessi e di interni funzionali e
privi di barriere architettoniche, per renderli facilmente usufruibili da
chiunque.
CAPITOLO IV
Controllo e vigilanza
sui soggiorni di vacanza per minori
1) Premessa
Per effetto dell'art. 1 secondo
comma, lett. f), del decreto legislativo 15-1-1972, n.
9, sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario le funzioni
concernenti l'attività estiva ed invernale in favore dei minori.
Tale forma di assistenza
sociale veniva esercitata anche attraverso la gestione di soggiorni di vacanza
comunemente chiamati «colonie», sotto la vigilanza, per ogni provincia, delle
Prefetture e dei Medici Provinciali.
Il regolamento «Disposizioni per la
gestione di soggiorni di vacanza nella regione Emilia-Romagna
e è stato approvato con deliberazione consiliare n. 96
del 29-3-73.
Tale regolamento viene
trascritto in quanto conserva validità, anche come direttiva per i consorzi
cui viene delegata la vigilanza su tali forme di intervento a favore dei
minori.
2) Disposizioni per la
gestione dei soggiorni di vacanza
Principi generali:
I soggiorni di vacanza per minori
nella regione Emilia-Romagna sono costituiti da case
di vacanza, pre-campeggi,
campeggi, campi solari, centri estivi diurni ed altre forme più specifiche di
soggiorno.
L'apertura dei suddetti soggiorni è
soggetta ad autorizzazione da parte della Giunta regionale. Le presenti
modalità mentre pongono alcune disposizioni fondamentali da ritenersi
vincolanti a partire dalla gestione 1973, prevedono
già, nelle parti a titolo indicativo, gli obiettivi da raggiungere, quale
termine ultimo, con la gestione 1975.
Le disposizioni di cui trattasi,
devono essere applicate per tutte le forme di soggiorno sopra citate.
Tra gli organizzatori delle vacanze
dei ragazzi, le famiglie e le rappresentanze organizzative della società
civile si deve instaurare un rapporto continuo e vicendevole di partecipazione,
affinché tutti siano corresponsabili nella organizzazione
e nella gestione sociale dei soggiorni di vacanza. In particolare:
a) sarà favorito il contatto delle famiglie
e delle rappresentanze sociali con il complesso del personale che opererà nei
soggiorni, prima della partenza per ogni ciclo di soggiorno;
b) le famiglie e le rappresentanze
sociali potranno entrare nei soggiorni, fatte salve
le essenziali norme di sicurezza e di ordine, ai fini di concorrere alla
determinazione dello svolgimento dell'attività del servizio.
Inoltre in questa prima fase di
trasformazione dei soggiorni di vacanza, si indica la
necessità che si provveda ad alcune modalità di formazione del personale,
modalità che si esplicitino almeno in tre fasi fondamentali:
1) conversazioni generali sulle
finalità socioeducative dei soggiorni di vacanza;
2) incontri della comunità allo
scopo di organizzare la vita e l'attività del gruppo,
di prendere contatto con i genitori e di acquisire elementi di conoscenza sulle
strutture e l'ambiente in cui la comunità si troverà ad operare;
3) corsi per coordinatori.
Nel rispetto della libera scelta,
che il genitore deve esprimere nella stessa domanda di ammissione
del proprio figlio ai soggiorni di vacanza, è garantita l'assistenza
religiosa.
Tutta la documentazione inerente
all'organizzazione ed al funzionamento dei soggiorni di
vacanza deve essere tenuta a disposizione per eventuali visite e controllo
da parte della Regione, degli amministratori locali ospitanti le case di
vacanza e dei rappresentanti delle organizzazioni ufficialmente corresponsabilizzate nella gestione del servizio.
Case di vacanza
La casa di vacanza è costituita da
una o più comunità. Ogni comunità è composta dalle 120 unità alle 150 unità. La comunità al suo interno può articolarsi
in due momenti organizzativi fondamentali:
a) gruppo di base o gruppo
di vita o piccolo gruppo composto dalle 10 alle 12 unità affidate ad almeno un
educatore, presso il quale il fanciullo trascorre i primi giorni del suo
soggiorno, ed in termini pedagogici i momenti fissi della giornata;
b) grande
gruppo formato da 4 o 5 piccoli gruppi (dalle 40 alle 50 unità) secondo le
scelte e gli interessi che si manifestano spontaneamente nel corso della vita
in comune. In questo più vasto gruppo gli educatori operano come animatori
delle scelte, delle iniziative e degli interessi sorti dai gruppi base.
Ogni comunità deve avere almeno:
- un coordinatore responsabile;
- eventuale personale per i servizi
propri delle comunità;
- un congruo numero di educatori.
Il rapporto fra educatori e fanciulli non deve essere superiore di 1/15, ponendo come
obiettivo il rapporto di un educatore per ogni gruppo di 10-12 unità.
Condizioni necessarie per svolgere
il ruolo di coordinatore e di educatore sono:
a) il compimento del diciottesimo anno
di età;
b) il conseguimento del diploma di
scuola media superiore.
L'organico della casa di vacanza è
costituito da:
- personale educativo e non,
relativo alle singole comunità sopra determinate;
- un economo dietista;
- personale di servizio che deve
comprendere almeno un cuoco ed il necessario numero di inservienti;
- personale sanitario composto da:
a) un medico, che di norma non deve
essere l'ufficiale sanitario del comune ove ha sede il soggiorno. La residenza
del medico all'interno della casa di vacanza non è
indispensabile; deve tuttavia essere garantita la sua tempestività e certa
reperibilità. Per gli stessi fini l'ente gestore del
soggiorno può convenzionarsi con un Ente ospedaliero che disponga di una
sezione pediatrica. Il numero dei minori assistiti nei soggiorni di vacanza,
per ogni medico, non deve superare le 500 unità;
b) assistenti sanitarie visitatrici o
infermieri professionali, nel numero ritenuto necessario. Le case di vacanza,
quando occorre, devono inoltre disporre di bagnini
diplomati.
La gestione della casa di vacanza si
realizza con la partecipazione di tutti gli adulti che operano all'interno
della stessa, dove ciascuno assolve i propri compiti
secondo specifiche responsabilità. Al funzionamento tecnico amministrativo della casa di vacanza, ove esistono più comunità, sovraintende un responsabile.
Tutto il personale che a qualunque
titolo presta la sua attività nelle case di vacanza deve essere
in possesso dei requisiti fisici necessari per lo svolgimento dello
specifico ramo di attività al quale è addetto.
Esso senza distinzione deve:
a)
sottoporsi ad un accertamento clinico-radiologico
presso un Dispensario Antitubercolare al fine di dimostrare l'assenza di
manifestazioni
tubercolari in atto;
b) sottoporsi ad un accertamento
batteriologico sul muco rinofaringeo presso un
laboratorio medico di Igiene e Profilassi al fine di
dimostrare l'assenza del bacillo difterico;
c) sottoporsi alla vaccinazione
antitifica che, con la sola esclusione del personale di cucina, viene effettuata per via orale con validità di un anno.
Il personale di cucina deve, oltre
agli accertamenti di cui sopra, sottoporsi anche:
- alla ricerca, con esito negativo, degli enterobatteri
patogeni (Salmonelle, Shigelle)
nelle feci da eseguire presso un laboratorio di Igiene e Profilassi;
- alla ricerca, con esito negativo,
dello stafilococco coagulasi positivo nel muco rinofaringeo. Per il personale di cucina
la vaccinazione antitifica deve essere effettuata per via orale solamente
nei soggetti che presentano controindicazioni all'uso del vaccino parenterale.
Negli individui di
età inferiore ai 35 anni e non presentanti alcuna controindicazione, la
vaccinazione antitifica viene eseguita per via parenterale.
La vaccinazione per via parenterale
ha validità triennale purché sia seguita ogni anno da una vaccinazione per via
orale.
Compiti del personale
sanitario
Il personale sanitario curerà che
quotidianamente venga riportato sul registro della
casa di vacanza ogni arrivo o partenza dei fanciulli ed i dati relativi a
diagnosi, terapie, profilassi eseguite.
Segnalerà immediatamente
all'ufficiale sanitario comunale ogni caso di malattia infettiva diffusa ed
ogni altro evento morboso di notevole e straordinaria importanza.
Dovrà attentamente verificare il
rispetto delle norme dietetiche, predisposte sulla base delle direttive che
Dovrà verificare inoltre
l'alimentazione della collettività ed il rispetto delle norme igieniche nella
preparazione conservazione e distribuzione degli alimenti.
Curerà che il trasferimento dei
malati contagiosi avvenga nel rispetto delle norme
igieniche oltreché di quelle medico-assistenziali.
Verificherà che venga
eseguita una accurata disinfezione, conservazione e distribuzione degli
alimenti.
Ammissione dei fanciulli alla casa di vacanza e preventive misure sanitarie
I fanciulli
da ammettere nelle case di vacanza dovranno avere l'età compresa fra i 3 ed i
12 anni. In particolare, volendo realizzare la casa di vacanza come una
comunità educativa in grado di rispondere adeguatamente ad esigenze e bisogni
derivate da motivazioni omogenee minime, si deve tendere ad escludere i ragazzi
che già hanno frequentato il primo anno di scuola media per i quali possono
essere organizzati altri soggiorni a se stanti. Per le motivazioni sopra accennate
è bene che anche per i minori in età compresa tra i tre ed i sei anni siano
predisposte forme di soggiorno specifiche.
I fanciulli
non devono essere affetti da malattie infettive diffuse, né debbono aver
subito occasione recente di contagio; dovranno pertanto produrre una
certificazione dell'Ufficiale Sanitario Comunale o Consorziale che attesti sia
la mancanza in essi di malattie diffusive, sia la provenienza degli stessi da
zona priva di malattie infettive in forma epidemica.
I fanciulli
devono essere stati sottoposti alle seguenti vaccinazioni:
a) antivaiolosa (o rivaccinazione
antivaiolosa per i bambini di età superiore agli 8
anni);
b) antidifterica (o rivaccinazione
antidifterica per i bambini di età superiore ai sei
anni e non oltre i dieci);
c) antitetanica (o rivaccinazione
antitetanica per i bambini di età superiore ai 6
anni);
d) antipoliomielitica completa delle
cinque somministrazioni.
I fanciulli
non devono presentare manifestazioni tubercolari in atto; allo scopo dovrà prodursi
certificazione dell'Ufficiale Sanitario redatta sulla base di un accertamento
radiologico recente oppure di un test tubercolinico
negativo eseguito nell'ultimo anno scolastico.
Tutti i fanciulli
ammessi al soggiorno nella casa di vacanza dovranno essere muniti di scheda
sanitaria individuale completa di tutte le notizie sopra elencate, firmata
dall'Ufficiale Sanitario del Comune di provenienza, e, se ne sono in possesso,
anche della cartella sanitaria individuale compilata dal Servizio di Medicina
Scolastica.
Strutture delle case
di vacanza
Gli spazi funzionali delle case di
vacanza, cioè quelli riservati soltanto ed
esclusivamente ai fanciulli, debbono essere determinati da un preciso
rapporto, secondo le più avanzate regole psico-pedagogiche,
tra spazi collettivi (soggiorni, ateliers,
biblioteche, refettori e servizi igienici corrispondenti) e spazi individuali
(camere notte, relativi servizi igienici).
Essi si determinano come segue: la
somma totale della superficie di pavimento dei vani da destinare alle attività
collettive non deve essere inferiore al 40% della superficie complessiva
destinata sia alle attività collettive che a quelle
individuali.
Ciò comporta di conseguenza che,
rispetto alla superficie complessiva suddetta (spazi collettivi e spazi
individuali) la superficie dei vani destinati alle attività individuali non deve
superare il 60% del totale.
Deve essere osservato tuttavia uno
standard minimo di mq. 4 per persona (posto-letto).
Per ridurre l'affollamento si deve
facilitare una organizzazione di 10-12 ragazzi per
ogni camera della zona notte e fare il possibile perché le camerate siano
ristrutturate per favorire piccoli gruppi di letti.
I servizi igienici (gabinetti,
lavandini, docce, ...) devono essere individualizzati e suddivisi per piccoli
gruppi, ubicati in vicinanza sia degli spazi personali (camere), che di quelli
collettivi (soggiorni, ateliers, refettori ...); sia
all'interno che all'esterno dell'ambiente dove si
svolge di solito l'attività educativo-formativa
(spazi scoperti in uso della casa di vacanza).
I locali di cucina devono consentire
una separazione netta (anche solo funzionale) fra la zona addetta alla
preparazione-cottura dei cibi e quella riservata al lavaggio ed al rigoverno delle stoviglie.
In ogni caso i servizi igienici e la
cucina saranno rispondenti alle norme del locale
regolamento di igiene e di edilizia comunale.
Sarà negata o, se concessa, revocata
l'autorizzazione qualora l'edificio da adibire ad uso di soggiorno
presenti uno o più inconvenienti tali da violare le predette norme
edilizie e sanitarie.
Si richiede, anche per il personale,
una adeguata sistemazione, osservando sempre lo standard
minimo di mq. 4 per posto-letto.
Ogni edificio ad uso di casa di
vacanza deve disporre almeno di un ambulatorio medico e di due stanze di infermeria per la degenza di bambini ammalati in forma
non contagiosa: il numero dei letti a disposizione deve comunque rappresentare
almeno il 4% del numero delle persone presenti a tutti gli effetti nella casa
di vacanza.
Lo spazio per ciascun posto-letto
non sarà inferiore a mq. 4, avuto riguardo alla posizione del letto in funzione
della presenza di porte e finestre.
In attesa di una diversa sistemazione
ed utilizzazione dei locali di isolamento per fanciulli colpiti da malattie
contagiose, le case di vacanza che già oggi dispongono di un reparto apposito,
devono conservarlo nelle attuali dimensioni.
Esercizio della
vigilanza
I consorzi dovranno esercitare la
vigilanza, in base a quanto indicato nelle
disposizioni sopra riportate, anche sulle nuove forme di intervento per le
vacanze dei minori, quali i soggiorni in alberghi, in appartamenti, in
campeggi, ecc.
Anche in relazione
a tali servizi i Consorzi dovranno, di norma, richiamarsi alle
disposizioni sopracitate, in quanto si ritiene
opportuno che vi siano anche per questi servizi, garanzie igienico- sanitarie,
ambientali e sociali.
Per quanto possibile dovranno
richiedersi adeguati spazi interni ed all'aperto per le attività di gruppo ed
individuali dei minori ospiti.
CAPITOLO V
Controllo e vigilanza
sugli asili-nido
Chiunque intenda gestire asili-nido
nel territorio regionale, o già li gestisca, deve rispettare la legge
regionale 7 marzo 1973, n. 15 («Determinazione dei criteri generali per la
costruzione, la gestione ed il controllo degli asili-nido di cui all'art. 6
della legge statale 6 dicembre 1971, n. 1044»), modificata con l.r. 30-8-1978, n. 36 (Modificazioni in materia di
personale alla l.r. 7-3-1973, n. 15, relativa alla
determinazione dei criteri generali per la costruzione, la gestione ed il
controllo degli asili-nido di cui all'art. 6 della legge statale 6-12-1971, n.
1044) ed il regolamento di esecuzione n. 51 del 28
dicembre 1973, per quanto si riferisce all'ubicazione degli edifici, gli standards edilizi ed organizzativi, il rapporto tra
l'organico del personale ed i posti-bambino, e la vigilanza igienico-sanitaria.
Tali norme si applicano anche agli
asili gestiti da enti pubblici e privati diversi dai Comuni, ai sensi dell'art.
17 della legge regionale citata («Le norme di cui agli articoli 10, 11, 12, III
comma, e 15 della. presente legge, si estendono a
tutti gli enti ed istituzioni sottoposte al controllo ed alla vigilanza della
Regione»).
Ai sensi della legge 23 dicembre
1975, n. 698, il controllo e la vigilanza riguardano tutti gli enti e le
istituzioni pubbliche e private che svolgono assistenza all'infanzia.
Per quanto attiene la vigilanza ed
il controllo che i Consorzi devono esercitare in proposito, si
intende come asilo-nido, a norma della legge 6 dicembre 1971, n. 1044,
ogni servizio che provveda alla temporanea custodia dei bambini da
PARTE II
IL RAPPORTO DEI
CONSORZI CON GLI ORGANI DELLO STATO E CON
CAPITOLO I
1) Premessa
Nei capitoli che precedono sono
contenute le direttive riguardanti la vigilanza
delegata, intesa in senso specifico come controllo tecnico-giuridico sugli
istituti e sugli standards da questi adottati
nell'assistenza alla maternità, all'infanzia e all'età evolutiva.
Ma si è anche accennato che vi è una
parte della vigilanza trasferita alla Regione, e da questa delegata ai
Consorzi, che non si rivolge necessariamente e
direttamente sugli istituti e sugli enti di assistenza, ma che riguarda più in
generale «l'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari in
vigore per la protezione della maternità e l'infanzia» (art. 4, n. 4, R.D.
24-12-1934, n. 2316) ai sensi della L. 23-121975, n.
698.
Tale potere concorre e coesiste con
quello di altri organi dello Stato, quali quelli
giudiziari e di polizia, che hanno il compito di vigilare sull'applicazione di
tutte le leggi ed in caso di inosservanza, di intervenire applicando sanzioni
e rendendo coercitiva l'applicazione delle leggi e delle misure previste per le
ipotesi di violazione.
In conseguenza di ciò,
l'impostazione di un continuo e positivo rapporto di
collaborazione tra i Consorzi ed i loro operatori e gli organi dello Stato
presenti nel territorio regionale e del consorzio aventi una generica o
specifica competenza sulle materie nelle quali i Consorzi sono chiamati ad
esercitare la vigilanza vera e propria, come per la protezione della maternità
e dei minori.
Risulta pertanto evidente l'opportunità che
i Consorzi prendano l'iniziativa di stabilire rapporti di collaborazione con
gli organi giudiziari, di polizia ed amministrativi presenti ed operanti nel
territorio perché, pur nelle distinte rispettive sfere di competenza, non si
verifichino sovrapposizioni o conflitti e si realizzino invece concordanze
nei criteri di svolgimento delle rispettive funzioni e si stabiliscano intese
per il sostanziale e proficuo svolgimento dell'attività di vigilanza e di
controllo.
Naturalmente l'obiettivo prevalente dei Consorzi dovrà essere e rimanere quello di agire in
modo che siano i servizi del territorio (e l'iniziativa privata che si
coordinerà con essi) ad affrontare i temi della tutela della maternità,
dell'infanzia e dell'età evolutiva, senza delegare ad alcuno la supplenza di
tale compito, e tenendo sempre presente che la vigilanza ed il controllo devono
assumere prevalentemente una funzione strumentale per i servizi ed essere un
elemento per la loro programmazione.
Va ancora ricordato che l'attività
di vigilanza dei Consorzi per il rispetto di tutte le leggi a protezione della
maternità, dell'infanzia e dell'età evolutiva, deve essere prevalentemente rivolta
alla prevenzione delle situazioni di emergenza e di
crisi, e perciò anche delle violazioni delle norme, caratterizzandosi come
intervento sulle cause, e stimolo alla loro risoluzione con la partecipazione
democratica e sociale.
2) Rapporti con gli
organi giudiziari e la giustizia minorile
In modo particolare per quanto
concerne specificatamente la tutela dei diritti dei minori, il potere di
vigilanza dei Consorzi concorre con quello degli
organi della giustizia e specificatamente della giustizia minorile, la quale
ha istituzionalmente il compito anche di curare la protezione dei diritti dei
minori.
Va rilevato che la giustizia
minorile nell'ultimo decennio, anche a seguito dell'emanazione di nuove leggi, a partire da quella sulla adozione speciale per finire con
il nuovo diritto di famiglia, sta assumendo un sempre più specifico ruolo non solo
di garanzia dei diritti, ma anche di promozione della tutela sostanziale
dell'interesse del minore.
Compete agli organi della giustizia
minorile (Tribunale per i minorenni e relativa Procura della Repubblica, che
hanno competenza in tutta
3) Rapporto con
l'Ispettorato del Lavoro
Per quanto concerne la tutela della
maternità della donna lavoratrice e del lavoro dei minori, i Consorzi dovranno
instaurare specifici rapporti di collaborazione con l'ispettorato del lavoro,
che ha appunto una specifica esperienza e conoscenza della materia e funzioni
di vigilanza amministrativa e di polizia giudiziaria.
Tutta la materia dei rapporti con
gli organi statali per l'intervento di tutela e di
vigilanza, sommariamente indicata in questa parte, costituirà oggetto
di successive istruzioni più dettagliate.
CAPITOLO II
1) Vigilanza dei
Consorzi sui poteri di tutela degli enti e degli istituti e rapporti coi Giudici tutelari
A seguito del D.P.R. 24 luglio 1977,
n.
A seguito di tale attribuzione di
funzioni i Comuni svolgono l'intervento nei confronti di minori
in situazione di abbandono e di bisogno, come proprio compito, di cui sono
socialmente e giuridicamente responsabili, senza attendere l'intervento di
altri organi.
Esercitando tale intervento assistenziale sui minori i Comuni assumono l'esercizio del
potere tutelare.
I Consorzi hanno potere di vigilanza
sull'applicazione che gli enti e gli istituti di pubblica assistenza fanno
dei «poteri tutelari» loro spettanti secondo l'art. 402 del C.C.
Tale norma prevede che «l'istituto
di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o
assistito, secondo le norme del Titolo X, Capo I di
questo Libro (343-389), fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore,
e in tutti i casi nei quali l'esercizio della patria potestà o della tutela sia
impedito. Resta salva la facoltà del Giudice tutelare di deferire la tutela
all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di
nominare un tutore a norma dell'art. 354.
Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della patria potestà, l'istituto deve
chiedere al Giudice tutelare di fissare, eventualmente, limiti o condizioni, a
tale esercizio.
Anche tale attività di vigilanza
deve essere svolta secondo i criteri generali già indicati e tenendo conto
della particolare protezione che deve essere attuata
dei diritti del minore. In modo particolare deve essere tenuto presente che si
attua il controllo e la vigilanza su una attività che
corrisponde al rapporto parentale e all'esercizio
della potestà dei genitori, nei suoi aspetti di «cura della persona» e di
rappresentanza legale del minore.
Soprattutto va ricordato che ai
sensi dell'art. 344 del C.C. «Il Giudice tutelare (pretore)
sovraintende alle tutele». Il Giudice secondo le norme del C.C. sulla tutela
(titolo X - art. 343) ha nella sostanza il potere di indirizzo,
scelta e controllo istituzionale sulla gestione dei poteri tutelari nei suoi
vari aspetti; per tali attività «può chiedere l'assistenza degli organi della
pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue
funzioni». (Art.
Tali organi ed enti nell'Emilia-Romagna, dopo l'approvazione della legge regionale
n. 22 del 10 giugno 1976 e del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sono i Comuni ed
i loro Consorzi socio-sanitari. Oltre a quanto previsto dal C.C., il collegamento è reso necessario dalle nuove funzioni attribuite
ai Comuni e dalla delega di poteri ai Consorzi socio-sanitari. I Consorzi hanno
il dovere di fare intervenire i servizi del territorio per affrontare e
risolvere i problemi del bambino istituzionalizzato. Dovranno inoltre
sottoporre agli enti, agli istituti e al Giudice tutelare concrete proposte
riguardanti la cura della persona e quant'altro è necessario per il minore, eventualmente anche
per la scelta e la nomina del tutore.
Si tenga presente che l'art. 354 del
C.C. prevede che «la tutela dei minori che non hanno nel luogo del loro
domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere
deferita dal Giudice tutelare ad un ente di assistenza
del Comune ove ha domicilio il minore o l'ospizio in cui questo è ricoverato».
L'Amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri ad
esercitare le funzioni di tutela. È tuttavia in facoltà del Giudice tutelare
di nominare un tutore al minore quando la natura o l'entità dei beni od altre
circostanze lo richiedano.
Dovrà ricordarsi ancora che ai sensi
dell'art.
n. 1 - Sul luogo dove il minore deve
essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte,
mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni 10 e
richiesto, quando è opportuno, l'avviso dei parenti prossimi e del comitato di
patronato dei minorenni», oggi sostituito quest'ultimo dal Consorzio, a
seguito della legge statale n. 698/75 e della legge regionale n. 22/76.
Sotto il profilo giuridico formale
(per la scelta del tutore e dell'indirizzo della tutela) sarà prevalente la
decisione del Giudice tutelare; sotto l'aspetto sostanziale sarà determinante per i contenuti della deliberazione del Giudice
tutelare l'iniziativa del consorzio, sia come controllo vero e proprio sugli
enti e istituzioni, sia come amministrazione attiva, sia come tramite tra i
servizi del territorio e il giudice tutelare. Anche di
qui l'importanza che l'esercizio della vigilanza sia costantemente coordinato e
collegato con il giudice o i giudici tutelari (i pretori) del territorio,
oltre per quanto si è detto nei paragrafi che precedono, per quanto si dice in
seguito.
2) Trasmissione degli
elenchi trimestrali dei ricoverati ed assistiti
Ai sensi dell'art. 314/5 Codice
civile tutte «le istituzioni pubbliche o private di protezione o assistenza alla infanzia trasmettono trimestralmente al Giudice
tutelare (Pretore) del luogo ove hanno sede l'elenco dei ricoverati o assistiti».
Il termine «assistito» si riferisce
ai minori affidati ad ente o privato diverso da quello che ne cura
l'assistenza. Esso deve essere inteso nel senso più ampio possibile e comprende
le forme di affidamento assistenziale, anche di
carattere provvisorio, a terzi, pure se parenti, compiute tramite istituti.
L'adempimento di tale dovere da
parte degli istituti pubblici o privati, serve a mettere il Giudice tutelare
ed il Tribunale per i minorenni in condizione di compiere le attività e di
prendere le proprie deliberazioni, loro esclusivamente riservate.
L'omissione dell'obbligo di
trasmissione degli elenchi deve essere severamente e
attentamente considerato dai Consorzi, potendo configurare ipotesi di
responsabilità giuridica penale e civile.
3) Denuncia della
situazione di abbandono di minori degli anni 8
Ai sensi dell'art. 314/5 Cod. Civ. «chiunque ha facoltà di
segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono
di minori di anni 8».
I pubblici ufficiali (quali sono considerati
anche gli organi delle IPAB, i funzionari e i membri delle Commissioni di
controllo e di vigilanza dei Consorzi) e gli organi scolastici «debbono riferire al più presto al Tribunale per i
minorenni, tramite il Giudice tutelare, sulle condizioni di ogni minore di anni
L'omissione di tale segnalazione può
essere penalmente sanzionata come omissione di atti
d'ufficio, sempre che non emergano più specifiche responsabilità.
Va ricordato che la situazione di abbandono va ravvisata per quei minori «privi di
assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a
provvedervi» (art. 314/4 Cod. Civile).
In particolare la legge
espressamente stabilisce che «la situazione di abbandono
sussiste anche quando i minori sono ricoverati presso pubbliche o private
istituzioni di protezione ed assistenza per l'infanzia». Pertanto è un preciso
obbligo di chi svolge attività di vigilanza verificare di propria iniziativa
se si profilino condizioni di abbandono nei minori
ricoverati o assistiti, e di segnalare all'autorità giudiziaria gli elementi
che fanno ritenere esistente tale situazione anche ove l'istituto non vi abbia
già provveduto.
L'omissione di tale segnalazione da
parte degli organi di controllo e di vigilanza può costituire anche il reato di omissione di atti d'ufficio.
Va ricordato che il giudizio sulla
situazione di abbandono di un minore degli anni 8
appartiene al Tribunale per i minorenni, e si concretizza nella dichiarazione
di adottabilità, presupposto per la successiva adozione del minore.
È ben noto come l'adozione di minori
in situazione di abbandono costituisca un fenomeno di
regola positivo per il minore, che viene reinserito in una famiglia,
eliminando così le cause della istituzionalizzazione.
4) Interventi delle
pubbliche autorità a favore dei minori
L'art. 403 Cod.
Civ. dispone che «quando il
minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali
insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza
o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica
autorità a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo
sicuro fino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione».
Tale norma ha origine e si collega
con l'art. 13 R.D. 24-12-1934, n. 2316 (Testo Unico delle leggi per la
protezione della maternità e dell'infanzia) in base al quale i Comitati di
patronato dell'ONMI, ed ora
Va infine ricordato sempre ai sensi
di tale norma, che coloro che svolgono funzioni di
vigilanza «nell'esercizio delle funzioni di protezione dell'infanzia» «possono
richiedere, ove occorra, il diretto intervento degli ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria i quali devono prestare la loro opera».
a) Affidamenti di minori da parte di istituti
Il successivo art. 404 Cod. Civ. stabilisce
che «l'istituto di pubblica assistenza, a norma delle leggi speciali, può
affidare il minore ricoverato a persona di fiducia». In proposito il Tribunale
per i minorenni dell'Emilia-Romagna, con opinione che
Al riguardo è stato da alcuni negato
il potere degli enti e degli istituti di protezione e assistenza all'infanzia
di provvedere al collocamento diretto al di fuori delle disposizioni del
Tribunale per i minorenni, cui prima ancora di pronunciare l'affidamento preadottivo, è consentito di adottare,
in sostituzione del ricovero in idoneo istituto, il provvedimento temporaneo
che reputi più opportuno nell'interesse del minore e perciò anche l'affidamento
a privati. Si è altresì ritenuto che l'istituto di assistenza
possa affidare a persone di fiducia solo i maggiori degli anni otto dato che
l'affidamento connesso a situazioni di abbandono costituisce il presupposto
della dichiarazione dello stato di adottabilità e, quindi, dell'adozione
speciale. Tuttavia, questa tesi, sebbene suggestiva,
non sembra totalmente accettabile siccome impostata ad eccessivo rigorismo con
conseguenze contrastanti con pressanti esigenze della realtà sociale, in
particolare nei casi di abbandono. Perciò, dovendosi
ammettere la permanenza di un potere degli Enti in materia, è necessario far
ricorso ad un criterio operativo che salvaguardi dette esigenze senza, però,
violare fondamentali principi. In concreto, ove si accerti una situazione di abbandono morale e materiale, da parte degli operatori
sociali, gli Enti per i quali essi agiscono possono provvedere in via d'urgenza
a ricoveri o affidamenti fiduciari, ma devono farne immediata segnalazione al
Tribunale, direttamente o tramite il giudice tutelare, per i provvedimenti conseguenziali di sua competenza, compreso quello di
disporre diversamente circa il collocamento del minore in base ad una
valutazione globale alla stregua di tutte le notizie acquisite. Del resto, proprio
a questo scopo sono preordinati gli obblighi imposti dall'articolo 314/5 C.C., a tutti i pubblici ufficiali
di riferire sulle condizioni di ogni minore in abbandono, di cui vengono
comunque a conoscenza, e alle istituzioni pubbliche e private di trasmettere
trimestralmente gli elenchi dei minori ricoverati o assistiti».
b) Adozione speciale
L'intervento del Giudice a
protezione del minore stesso può essere di varia
intensità e di varia natura, e solo alcune volte si esplica e può esplicarsi
con il ricorso alla normativa sull'adozione speciale.
Ciò perché spesso il cattivo uso
della potestà parentale non giunge a porre in essere
uno stato di abbandono.
Va detto a questo proposito che la
normativa sull'adozione speciale, per effetto dell'entrata in vigore il
26-8-1976 della legge 22-5-1974, n. 357 che reca ratifica ed esecuzione in
Italia della convenzione europea di Strasburgo 24-4-
Ciò rende necessaria la massima
sollecitudine dei Consorzi nella vigilanza diretta ed indiretta sulle
situazioni di abbandono dei minori, che deve essere
segnalata ovunque si profilino sussistere condizioni di carenza « di
assistenza materiale o morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a
provvedervi » prevista dalla legge.
c) Violazione o abusi da parte dei
genitori e decadenza della patria potestà
Va ricordato che il potere del
consorzio delegato di «vigilare sui fanciulli
adolescenti, denunciando, ove occorra, all'autorità giudiziaria i fatti venuti
a conoscenza che possano importare la perdita della patria potestà, della
tutela legale e della qualità di tutore...» riguarda
tutti i minori, istituzionalizzati o no, e va collegato con l'art.
È necessario che le eventuali
denunce dei servizi dei consorzi affrontino il
problema con l'indicazione e, se possibile, con l'apprestamento delle misure
alternative proposte per il minore.
d) Sanzioni e denunce in casi di abbandono di minori
Per assicurare la protezione dei
diritti del minore va ricordato ai Consorzi l'esistenza degli artt. 19 e 20 del T.U. R.D. 24-12-1934,
n. 2316. Sono norme impeditive del cosiddetto
«mercato di bambini» e rivolte contro gli abusi diretti a frodare attraverso
private pattuizioni le disposizioni nell'affidamento preadottivo.
Anche perché si tratta di norme la
cui violazione è sanzionata penalmente e che coinvolgono tutti i cittadini dovrà essere cura dei Consorzi divulgarne l'esistenza e
pretenderne la rigorosa osservanza.
Tali norme così si esprimono:
Art. 19 - Quando le autorità di pubblica
sicurezza o le istituzioni di beneficienza e
assistenza o le associazioni per la protezione e l'assistenza dei minori
raccolgano un fanciullo abbandonato o vengano a
conoscere che un fanciullo si trovi in stato di abbandono materiale o morale,
debbono, dopo aver provveduto al provvisorio ricovero del fanciullo, darne
subito notizia al comitato di patronato incaricato dell'assistenza nel luogo
in cui si trovi il fanciullo.
Lo stesso obbligo incombe a
qualunque cittadino che trovi abbandonato in luogo pubblico un fanciullo minore di 14 anni o venga a conoscenza che un
fanciullo trovasi in istato di abbandono materiale o
morale.
Ai cittadini trasgressori è
applicabile la pena prevista nell'art. 593, primo comma,
del codice penale.
Art. 20 - Agli effetti della vigilanza
di cui al n. 2 dell'art. 13 del presente Testo Unico allorché una persona
allevi o custodisca un fanciullo minore di
quattordici anni, fuori dalla dimora dei genitori o del tutore, deve farne
dichiarazione al locale comitato di patronato, al quale deve inoltre dichiarare
ogni suo cambiamento di residenza ed eventualmente la morte o il ritiro del
fanciullo.
Al comitato medesimo gli istituti
pubblici e privati di beneficienza e assistenza debbono comunicare l'elenco dei fanciulli in essi
ricoverati e di quelli affidati a privati allevatori e notificare le eventuali
dimissioni dei fanciulli medesimi.
Gli allevatori e custodi e i
presidenti degli istituti di beneficienza e
assistenza che contravvengano alle disposizioni del presente articolo sono
puniti con l'ammenda.
Mentre la violazione della norma dell'art.
19 va denunciata all'autorità giudiziaria (al pretore) che ha competenza in
materia, la violazione dell'art. 20, depenalizzato, è ora di competenza della
Regione, cui dovranno essere segnalati i casi
verificati nel corso della vigilanza.
e) Rapporti con i Procuratori della
Repubblica in relazione a decisioni che portino alla
decadenza della potestà parentale
Ai sensi dell'art. 22 T.U.
21-12-1934, n. 2316, i Procuratori della Repubblica presso i Tribunali ordinari
(ma anche il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni)
hanno l'obbligo di comunicare al disciolto organo provinciale dell'ONMI, e perciò
nell'Emilia ai Consorzi, «Copia delle sentenze che,
riguardo ad uno o ad entrambi i genitori, importino privazione del diritto di
patria potestà» o «della tutela dei minori...», nei vari casi previsti dalle
leggi.
Tale trasmissione ha lo scopo di
consentire ai Consorzi l'intervento assistenziale.
Appare pertanto opportuno che i
Consorzi richiedano alle Procure della Repubblica del loro territorio, e alla
Procura presso il Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna,
l'adempimento prescritto dalla legge, con la necessaria segnalazione a tali
uffici della costituzione, del recapito e della
ripartizione geografica dei Consorzi.
Infatti la tempestiva conoscenza di
situazioni pregiudizievoli per il minore, come quelle cui la norma richiamata
fa riferimento, può essere di grande utilità per un'efficace opera di prevenzione.
f) Partecipazione alle udienze penali
del Tribunale per i minorenni
Ai sensi dell'art. 16 R.D.L. 20-7-1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del
Tribunale per i minorenni) alle udienze penali del Tribunale possono
assistere, oltre i difensori ed i congiunti, anche «il rappresentante del
locale comitato di patronato dell'ONMI», cui si sostituisce oggi il
rappresentante del Consorzio socio-sanitario competente per territorio.
Poiché la sottoposizione di un
minore al giudizio penale riveste notevole importanza e significato per
l'esercizio della vigilanza del Consorzio sul trattamento dei minori, anche ai
fini conoscitivi e di prevenzione generale per quanto concerne la situazione di abbandono, appare opportuno che i
Consorzi si impegnino in tale attività, e in tale opera di presenza e di
vigilanza sociale sui fenomeni del disadattamento dei minori.
Anche in questo caso l'assistenza alle
udienze penali dovrà essere concordata con il Tribunale, anche e soprattutto in
funzione di poter intervenire socialmente e positivamente sulle cause che
hanno dato origine al fatto sottoposto al giudizio penale.
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