Prospettive assistenziali, n. 45,
gennaio - marzo 1979
Specchio nero
GLI ANZIANI RIFIUTATI ANCHE DAGLI OSPEDALI
La speranza che anche per gli
anziani si arrivi a dei servizi sociali alternativi all'istituzione è legata ad
atteggiamenti completamente nuovi verso di loro, che non tendano
ad emarginarli, considerandoli cronici in attesa di morte o pensionabili di
case di cura, ma cittadini la cui salute è da tutelare secondo l'articolo
della Costituzione.
Abbiamo detto in altro luogo di
questa rivista delle comunità alloggio, dei servizi domiciliari già previsti da
molti comuni in alternativa all'istituto, nella
ricerca di far sì che l'anziano si senta più sicuro e fiducioso, restando il
più a lungo possibile nella propria casa, in mezzo alle proprie cose, vicino
ai propri ricordi. Perché ciò avvenga bisogna che la vecchiaia, una condizione
già difficile per le capacità ridotte o perdute, sia vista
con giustizia, umanità e rispetto.
L'involuzione senile di un individuo
avviene in una data società e proprio per il posto che l'individuo vi occupa
dipende strettamente da essa: per capire il
significato e la realtà della condizione anziana nel nostro paese bisogna
riferirci in modo non astratto alle sue strutture pensionistiche,
assistenziali, sanitarie.
Quanti anziani, sopportata
coraggiosamente la loro diminuita capacità e la solitudine, sono riusciti a
vivere una loro vita autosufficiente senza pesare
sulla comunità, per poi sentirsi rifiutare l'assistenza e la cura in un
ospedale pubblico in caso di malore improvviso o di malattia?
Quanti si sono sentiti rispondere:
«questo non è un cronicario, si cerchi un istituto», da chi ha guardato alla
loro età prima che alla loro malattia?
Non solo a Napoli, Palermo o Roma
dove gli ospedali fanno ormai cronaca, anche a Torino (il caso è successo nel
dicembre 1978 all'Ospedale Maria Vittoria) si sono verificati casi di «vecchi»
rifiutati con la scusa che portavano via il posto ad altri come se la salute non fosse un
bene uguale per tutti e non fosse un dovere dell'ente pubblico di attenuare
anziché accrescere gli ostacoli sociali all'uguaglianza dei cittadini.
Ci troviamo davanti ad enti
ospedalieri pubblici che a dispetto della loro natura
occupano sul mercato della salute posizione analoga a quella delle case di
cura private. La massimizzazione dei profitti che può ritenersi costituire il
fine prevalente delle case di cura private è
sostituita negli ospedali pubblici con la massimizzazione della soddisfazione
(in termini di prestigio, professionalità, élite
universitaria, o di influenza politica di amministratori ed operatori
sanitari).
La riforma sanitaria deve sforzarsi
di portare un rimedio a questa situazione e impedire certi abusi, ma è un
cambiamento di vita quello che dobbiamo prospettarci se vogliamo che, come in
certi casi privilegiati, l'uomo arrivi alla vecchiaia affievolito dall'età, e
ne muoia anche, ma senza dover subire degradazioni. La scienza può curare la
malattia, aiutare a lenire il dolore, ma perché la vecchiaia diventi
sopportabile bisogna che l'anziano sia accettato tra noi, abbia una gamma di
possibilità che non lo obblighi ad affrontare la sua fine
solo e a mani vuote.
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